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Autore: Io_amo_Freezer    14/02/2020    0 recensioni
Spoiler manga 260. Ma il resto è tutto improvvisato e di mia invenzione.
Dabi cede al suo solito autocontrollo, fiondandosi verso l’ospedale nel capire il pericolo imminente, nel concepire che potrebbe perdere tutto soltanto per colpa sua, per una sua scelta che aveva portato ad avere tra le fila un traditore; che li aveva condotti a questo. Dannazione! Non c'era tempo! Doveva fare in fretta!
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Altri, Dabi, Endeavor, Shōta Aizawa, Shigaraki Tomura
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Continuò a scrutare con meraviglia la sua creazione, ancora in fase di sviluppo ma che dava e avrebbe dato grandi risultati. Con la schiena un po’ ingobbita e lo sguardo manicale e ambizioso dietro gli occhiali circolari, sorrideva sotto i baffi con arguzia e una sicurezza limpida nonostante tutto il baccano e il forte frastuono che proveniva al di fuori di quel laboratorio. Doveva abbandonarlo, ormai era ovvio. Non poteva più rimanere, tanto meno salvare le opere che lui e All For One avevano creato assieme.
-Io… Mi preoccupo solo per il mio capolavoro, Shigaraki Tomura…- brontolò saputello e con le mani unite davanti alla pancia, voltandosi subito dopo indietro, con uno sguardo risentito quasi ma quieto al tempo stesso; inquadrato dalla luce che proveniva dalla capsula in cui vi era il soggetto della sua frase; ma che lo lasciava, al contempo, in uno stato ombroso che inquadrava il suo sguardo ossessivo e dissennato; a rimirare lo spettacolo di cavie che risiedevano nella medesima capsula del primo; rimirando quei Noumu per l’ultima volta prima di continuare a parlottare tra sé e sé, anche se diretto a quegli idioti di eroi professionisti che avevano tentato di sabotarlo. -Tutto il resto l’ho affidato alla mia copia. Non lo sapevate?-
Lasciando quindi la sagoma magra e sottile a galleggiare ancora, dentro, nel liquido limpido e verde; dalla chioma bianca fluente verso l’alto per l’assenza di gravità, con solo dei pantaloni addosso; e decorato, fuori, da mille macchinari e tubi che si spargevano ovunque da sembrare infiniti; grigi e cupi in quella stanza buia, illuminata solo dalle luci all’interno di esso e che si proiettavano feroci davanti agli occhi del dottore Daruma Ujiko, dal vero nome Kyudai Garaki; e che fu costretto ad abbandonare la sua postazione di corsa, momentaneamente; saettando e balzando sopra una poltrona con tanto di rotelle e che avanzò in avanti per la spinta datagli, filando sul pavimento come una trottola, conscio comunque di avere ancora tempo, in quanto i suoi Noumu fossero già stati sguinzagliati e pronti all’azione.
-Eppure… Questi eroi bastardi! Non voglio dover rinunciare all’ospedale!-
Arrivando poi a una stanza diversa anche se pressoché identica, con altri mille container di Noumu lì attorno, e in più degli scaffali ricoperti da contenitori in vetro, con dentro sieri e DNA di ogni quirk esistente e forte raccolto fino a quel giorno. Ripercorrendo con lo sguardo ogni momento passato a studiare e disinstallare, a replicare ogni cellula e sangue, assieme al suo padrone, il suo possente capo mentre, con la sedia, si allontanava roteando. Quegli stupidi degli eroi non potevano capire il sudore e la dedizione che ci aveva messo, assieme ad All For One; e quanti strumenti e tempo riservato solo per la creazione di mille ripetizioni di quirk diversi. Lagnandosi anche di quanto avesse dovuto faticare anche per il solo ricercare dei quirk simili e così potenti!
Abbandonando la sedia, che ormai si era fermata, iniziò a correre più veloce che poteva nel suo corpo ossuto e paffuto, continuando a girare in quel laboratorio silenzioso, ma che lasciava udire i rimbombi dei colpi della lotta che era situata all’interno di quell’ospedale, mentre lui, ancora rimuginava su ciò che aveva creato lì dentro, lì dove aveva tutto! Il lavoro di una vita passata a cercare e ricreare la formula perfetta per riuscire ad accumulare tutto quel potere! Compresi i giorni sereni, nonché quelli massacranti, tra successi e fallimenti; il tutto assieme ad All For One! Tutto! Era tutto lì dentro! Ma quei maledetti eroi avevano deciso di far crollare tutto, di disintegrare il suo castello di carte e di annientare la sua fatica ripagata, e tutto in un soffio.
-È una scelta difficile, ma…! Questo è il capolinea, piccolo John!- esordì, con le braccia chiuse contro il suo petto, celando ciò che avrebbe portato via mentre si avvicinava a un Noumu sorridente, accanto alla porta e attaccato a un lungo e resistente filo, con la testa rinchiusa in un contenitore di vetro ma con tre siringhe che perforavano il suo cervello mentre avanzava verso il suo creatore attraverso le sue uniche due zampe, rinchiuse in delle scarpe da ginnastica.
-Fallo! Teletrasporta sia me che Shigaraki!- urlò, lasciando intravedere un tono insicuro e preoccupato nel mentre prima che, sgranando gli occhi, vide la sagoma di John venire schiacciata, ascoltando l’ultimo verso gracchiante e intenso di dolore che produsse come ultimo suo respiro; premuto contro il terreno dalla possente entrata in metallo, spaccata in due mentre la seconda anta volava in alto, spinta dal calcio dell’eroina appena entrata con irruenza. Con un tale impatto da aver fatto rovesciare persino gli scaffali ripieni di barattoli di vetro, contenenti le sue ricerche finite.
-Sei tu, quello vero?- esordì la ragazza, l’eroe coniglio Mirko; sicura di sé nella sua tenuta attillata, un body bianco e senza maniche; dai contorni viola scuro mentre il suono di vetri rotti si sovrappose nell’aula assieme all’urlo angosciante del dottore Kyudai, trasalito e già con le lacrime agli occhi, contornati dagli occhiali rotondi che circondavano la sua testa; mentre il sudore angosciante gli percorreva il volto e il capo pelato sopra la sua bocca, deformata in un urlo assordante e agghiacciante per la paura.
-No! No! Maledizione!- indietreggiò fino a cadere, ma tenendo ancora tra le mani il barattolo prezioso, di vetro, tra le braccia che coprivano la visuale su ciò che conteneva.
Mirko atterrò con le sue gambe muscolose e atletiche, al pari delle sue braccia mentre le orecchie da coniglio, sulla sua testa, ondeggiarono lentamente. Esaminò il luogo abbastanza scrupolosamente prima di balzare sul posto e riversarsi in fretta contro il nemico, pronto a stordirlo con uno dei suoi ponderosi calci, ma, abbastanza frettolosamente, il dottore si mise in piedi, un po’ scosso e tremolante; mancando il colpo per una frazione di secondo mentre vide il pavimento creparsi e spaccarsi sotto la pressione di quella zampa ponderosa.
-No!- continuò a urlare, il baffuto, correndo poi nella direzione opposta, ancora con la capsula in mano; nella speranza di arrivare in tempo addosso ai container dei Noumu, per quanto ancora incompleti, nella speranza di accumulare tempo.
-Non te lo permetterò!- brandì lei, tornando a balzare nella sua direzione ma il dottore, approfittando dei vari ostacoli all’interno del laboratorio, corse serpeggiando tra le sue creazioni, per quanto fu doloroso sentire i vetri spaccarsi a ogni impatto, mentre allungò una mano per andare a pigiare vari pulsanti sulla piattaforma sotto le sue opere migliori, liberandole sotto il suono dell’acqua che diminuiva in ogni involucro, e scrutando di sottecchi il vetro aprirsi mentre, decise, di correre nuovamente verso Shigaraki.
Doveva avvisare il rifugio sulla montagna, e in fretta. Dovevano subito accorrere in loro aiuto ormai: non poteva fare altrimenti.
-Fermo ho detto!- inchiodò con forza, a mezz’aria dopo aver piegato la testa di uno di quei strani Noumu muscolosi e alti, ma frenò di colpo, rallentando la sua avanzata nel puntare i piedi al primo tubo resistente che si trovò davanti, così da schivare in tempo un altro di quegli essere, stavolta volanti, arrivato così d’impatto da averla presa alla sprovvista; e che procurò una turbolenza violenta con un paio di colpi delle membrane che componevano quelle ali, scacciandola indietro. Con una giravolta, allora, Mirko riportò le zampe a terra ma, purtroppo, aveva perso di vista il nemico. Venendo scossa da un pugno che scombussolò la sua mente e la sua schiena, portandola a cadere, con il volto verso il cielo vuoto, e gli occhi spalancati mentre cacciò un grumolo di saliva rossa dalle labbra, si permise di adagiare solo le ginocchia a terra prima di premere le falangi dei piedi contro il terreno, sfiorando con le dita delle mani il terreno; dandosi così la spinta, in un attimo, con le sue zampe, e finendo in aria per schivare in tempo un attacco combinato di altri due Noumu, uno più magrolino del secondo. Vide, con pupille tremolanti e un tono passivo, abbassato dal fremere e il dolore della sua spina dorsale, che gracchiava lentamente per ogni suo movimento; come aumentavano sempre più, quegli esseri abominevoli e raccapriccianti, completamente neri, e alcuni smilzi e asciutti; accerchiandola e chiudendola in una trappola. Ma non demorse: era una Pro!, e chinandosi verso il basso si diede un nuovo slancio, giusto per colpirne due in una volta sola, rimbalzando su una testa che esplose e ricadendo sulla seconda come rimando, e continuando poi a colpirli, osservando come, di certo, fossero tra i più deboli, dato come, la possenza dei suoi calci, riuscisse a metterli al tappeto nonostante tutto. Lasciandola sorridere vittoriosa prima di concepire che, sotto suoni di mugugni graffianti e lenti; tutti insieme, si stessero rigenerando.
 
 
Non c’era molto tempo, e non poteva più utilizzare il teletrasporto, non essendoci Noumu che fungessero per quello, almeno non lì vicino. Affannato si guardò intorno, alla ricerca della sua postazione, contornata da schermi e tastiera mentre sorvolò, oltrepassando la sagoma, ancora a riposo, di Shigaraki e pizzandosi davanti alla sua scrivania con fare scettico e nervoso mentre iniziò a digitare sulla tastiera con fare sempre più angosciato più i suoni dell’eroina alle sue spalle si facevano sempre più agguerriti e vicini: si stava facendo strada tra le impervie nonostante la rigenerazione delle sue creature.
-Tranquillo Shigaraki, non permetterò che intacchino la mia meraviglia.- esordì sicuro, anche se il sudore sulla sua pelle ancora imperlava la sua fronte, dimostrando quanto non riuscisse a reggere una tale pressione. Lui era uno scienziato, per quanto messo alle strette, poteva solo affidarsi alla sua genialità. Digitò sempre più in fretta allora, terminando il tutto con un ultimo e deciso tasto, prima di sobbalzare e indietreggiare di colpo fino a crollare nuovamente a terra nel vedersi Mirko arrivare con un nuovo e ponderoso calcio, che frantumò il tavolo sottostante, sotto le uniche luci sempre più fioche e intermittenti dei computer che, alla fine, si spensero con un suono gracchiante e piccole scintille che fuoriuscirono da alcuni schermi rotti, quasi da temere che sarebbero esplosi.
E mentre il dottore, incerto della riuscita dell’invio della richiesta di aiuto, decise di scattare nuovamente verso il tavolo per riacciuffare il barattolo di vetro dall’importanza spiccata e che, per chissà quale segno del destino, non era stato vittima del colpo irruente della ragazza; ritornando poi per terra, preferendo scappare a gattoni, volendo approfittare della completa oscurità. Sperando che i Noumu non fossero già stati sconfitti, decise che la miglior cosa fosse allontanarla al più presto dalla sua ultima creazione ancora incompleta e che non doveva essere intaccata in alcun modo dalle mani squallide e incompetenti degli eroi. Shigaraki Tomura doveva splendere, e quella bastarda non doveva avvicinarsi in alcun modo!
Ancora a carponi, camminando terrorizzato e accorto a ogni minimo suono alle sue spalle, nel mentre che l’eroina, inconscia della sua posizione attuale, richiamava il suo nome intimandolo dal tono in cui perseverava il coraggio e il senso di un eroe; Kyudai continuava il suo cammino nella speranza di trovare un qualsiasi giaciglio, sempre con le braccia ben strette attorno alla sua creazione nel mentre che, passando all’angolo della scrivania, alzò un braccio il giusto per afferrare un telecomando, portandoselo vicino e lasciandolo sul pavimento. Affrettandosi poi a digitare un codice senza nemmeno controllare i numeri sulla tastierina, ben consapevole di quali fossero, sapendoli ormai a memoria. Presto avrebbe avuto ciò che meritava, quella piccola e ignobile guastafeste.
-Vedi di arrenderti! L’ospedale è circondato, e presto arriverà qui anche la seconda squadra di eroi!-
Nel sentire quelle parole, però, Kyudai mostrò un agghiacciante quanto pressante sorriso sotto i suoi paffuti baffi bianchi, consapevole che, se non fossero già lì era per un motivo pressoché ovvio, ed era strano che quella non fosse già arrivata alla conclusione, che i primi Noumu mandati fossero i migliori. E presto, avrebbe dovuto lottare anche lei contro quei mostri, e un gancio ben ponderato non sarebbe servito contro il gene di rigenerazione che le sue creature possedevano. Sarebbero tornate a combattere più forti e agguerrite di prima. Infondo, con molte probabilità, se il messaggio era arrivato al mittente, l’unica cosa che poteva fare era attendere un salvataggio. Di sicuro Gigantomachia sarebbe accorso per difendere il suo re e lui appena appresa la notizia, quindi, facendo un calcolo approssimativo; nonostante gli ottanta chilometri che li dividevano, con la velocità che possedeva, sarebbe arrivato in trenta minuti, se non ancor meno.
-Trovato!-
-Ah! No!- protestò impaurito, scattando e sobbalzando mentre si voltò in un balzo, indietro, finendo disteso a terra e con le braccia in avanti sul volto, come una tartaruga che non sapeva rialzarsi, mentre, per l’enfasi di quello spavento, aveva perso anche una pantofola, volata via chissà dove, al contrario del barattolo che giaceva sotto la scrivania, al sicuro; mentre Mirko cacciava dalla sua cinta un paio di manette con volto sicuro e spavaldo.
Ma si fece perplessa prima di potersi chinare in avanti per compiere il suo arresto, disturbata dal sorriso sempre più crescente del pelato, illuminato a tratti da quei pochi schermi intatti che, riavviandosi da sé, tornarono a emettere luce, per quanto a intermittenza, lasciandola così con uno strano senso di brivido sotto la pelle. Trattenne il fiato allora, spalancando gli occhi e voltandosi per resistere, posizionando le mani guantate in avanti, ma il pugno di un Noumu, possente e grosso, la trascinò contro il pavimento, schiacciandola e premendo contro il suo stomaco sotto i suoni del terreno che si sgretolava per la pressione esercitata. Non capiva nemmeno da dove fosse spuntato mentre, ancora sotto la sua mano rozza e mastodontica, che spezzava la sua cassa toracica, lasciandola senza fiato e con occhi sempre più vacui, sotto l’unico suono che poteva sentire; una risata grottesca e acuminata permise al suo animo integro di tremare ma che, lentamente, andava sempre più lontana da lei. La pressione di quell’arto continuava a schiacciarla però, e i suoi occhi e la sua vista si annebbiavano sempre più mentre delle ombre sfocate da sembrare illusioni, in lontananza, si rialzarono, avvicinandosi come degli zombie appena resuscitati. L’aveva lasciato scappare. Aveva perso.
 
 
Per quanto avesse guadagnato tempo, non poteva rallegrarsene troppo. Non poteva ancora spostarsi come voleva, e quell’eroina non aveva torto: presto anche Endeavor e altri Pro sarebbero sopraggiunti in quel luogo, se non subito; e per lui sarebbe stata la fine. Lo stesso per Shigaraki.
Doveva solo sperare di resistere, sia lui che i Noumu rimasti a difenderlo; il tempo giusto prima dell’arrivo di rinforzi del Fronte di Liberazione, o, ancora meglio, Gigantomachia. Quest’ultimo però, sarebbe accorso di certo, era ovvio: non poteva non difendere il suo nuovo padrone; continuò a ripetersi, per darsi sicurezza, per calmarsi, mentre ancora difendeva il contenitore di un quirk, tra le sue braccia.
Pazientare, era quella la parola d’ordine. Pazientare, doveva fare solo quello. Lanciò uno sguardo indietro, paranoico, ma la porta era troppo lontana per poter vedere chi sarebbe stato il prossimo ad arrivare, e il silenzio nuovamente presente lo rinchiuse in una bolla vuota, in cui solo il suo battito energico era vivo. Puntò poi gli occhi al Noumu che lo aveva affiancato, dalle tre bocche, una lunga e affusolata e le altre due che sbucavano sul collo; con il capo basso da far sembrare che non avesse una testa; e che gli venne dietro nonostante l’assenza di occhi. C’era un altro Noumu che avrebbe potuto teletrasportare sia lui che Shigaraki, ma per raggiungerlo doveva andare in un’altra stanza per risvegliarlo, costringendolo quindi a lasciare incustodito la sua futura realizzazione, anche se con i Noumu nei paraggi. Per quanto forti, contro Endeavor e le sue fiamme non sapeva quanto avrebbe funzionato la rigenerazione… Ma non c’era altro modo, non poteva fare altro mentre attendevano Gigantomachia. Avrebbe fatto in fretta. 
Così, con ancora lo sfinimento a imperlarli lo sguardo e l’animo, si affrettò a dirigersi con furore al di là di quella sezione piena di cabine di vetro, contenenti altri Noumu ma tra i più avanzati per quanto, purtroppo, ancora incompleti. Se sarebbe stato necessario, avrebbe dovuto usarli. Anche se con rimorso, in quanto rappresentavano un esercito che sarebbe servito in futuro a Shigaraki per i suoi sogni… Ma, ormai erano stati scoperti, e purtroppo avrebbe dovuto abbandonarli in ogni caso… Che situazione tremenda!
 
 
-Quello vero deve essere qui!- tuonò, con le fiamme a decorare il suo volto che risalivano verso l’alto, coprendogli gli occhi con furore mentre il fuoco disegnava, su di sé, baffi e barba, evidenziandoli mentre, la cicatrice sulla parte sinistra del volto, era diventata meno visibile per via dei tratti fiammanti del suo potere. Poi, con passo frenetico, avanzò sopra i resti di quella porta che cigolò, tremando contro il terreno per il peso controbilanciato. Squadrando il tutto con sguardo accigliato e serio, tenne pronto la sua stranezza, ben preparato a uccidere i nemici incenerendo le loro cellule proprio come aveva fatto con quei Noumu bastardi che gli avevano dato il benvenuto poco fa.
Aizawa decise di andare per primo insieme a Present Mic, analizzando il posto mentre il biondo dal ciuffo rivolto verso l’alto restò per la prima volta senza parola, con una smorfia raccapricciata davanti a un tale spettacolo abominevole, di cavie e mostri in ogni dove, lasciati all’interno di una moltitudine di cabine in vetro. Raggiunti da Rock Lock subito dopo, accigliato quando l’eroe numero uno, e disgustato quanto Mic mentre, Aizawa, ora alla guida del gruppo, continuava, cauto, a guardarsi attorno, subito raggiunto dal resto dei combattenti, mentre i poliziotti e Tsukauchi rimasero indietro.
-Attenti!- avvisò in fretta, il moro, attivando il suo quirk, con i capelli cremisi che volteggiarono in aria assieme alla corda che attorniava il suo collo come una sciarpa, indietreggiando poi di scatto per evitare un pugno ponderoso di quello che, comprese, fosse un Noumu. Il prof scrutò l’enorme crepa e fossa appena creata mentre atterrò su un tubo dall’ampio spessore prima di lanciargli addosso la corda in suo possesso, stretta nella mano mentre aveva, ormai da tempo, lasciato ricadere i capelli nell’annullare il proprio quirk, inutilizzabile su un essere come quello. E poi, doveva preservarlo per possibili nemici che ne avessero uno. Non poteva sprecarlo, dato il tempo ridotto in suo possesso.
Osservò come la sua arma di acciaio intrecciata in nano fibre di carbonio tranciò di striscio il braccio muscoloso del mostro, che scattò con il secondo arto, poi, verso Present Mic, già pronto ad azionare le sue urla, ma che fu preso di petto senza che se lo aspettasse, e nonostante la distanza accurata che aveva preso; lanciato poi contro una di quelle cabine, dal vetro che si intaccò, gracchiando assieme al verso sorpreso del biondo, che scivolò poi a terra mentre una lieve e forte fontanella fuoriuscì dal quasi inesistente buco che si era creato, inzuppandolo leggermente mentre, a terra, cercava di riprendersi sotto i fasci di fuoco che Endeavor iniziò a scagliare, aiutato da Aizawa che continuò a ferire, anche se di poco, il corpo di quel mostro, con la propria sciarpa; saltando sempre agilmente per evitare contrattacchi. Ma, sebbene questo, quel gigante continuava a rigenerarsi nonostante il calore generato dall’eroe di fuoco, afferrando poi in fretta Rock prima che potesse fare una qualunque mossa, che, agguerrito, era piombato contro di lui solo per essere stritolato in quella grottesca e possente mano. Subito però si apprestarono a correre in suo aiuto, con Present Mic che, riempiendosi i polmoni, dopo essersi alzato in piedi anche se zoppicante, aveva dato mostra della sua possente voce, cercando di stordire quella creatura mentre, un altro eroe al suo fianco, saltò agilmente in avanti, anche se addolorato per il forte suono si fece forza stringendo i denti, aggrappandosi al polso mastodontico di quel Noumu e ferendolo con un coltello con audacia, in una mossa istantanea; liberando così il coetaneo, e entrambi, mugolanti, caddero entrambi a terra, restando distesi e con i gomiti a rialzarli dal pavimento, a trattenere il fiato ma continuando a resistere anche se la fatica di quell’urlo ancora si faceva sentire nelle loro orecchie, fino al cervello rimasto scombussolato mentre ogni cosa vorticava. Ma, lo stesso dolore valeva per il mostro che, agitandosi per quelle onde vocali che ricevette, e che lo fecero urlare in un ruggito agonizzante. Present Mic continuò a dare tono ai suoi polmoni per qualche altro secondo, così di impeto da distruggere come bicchieri di cristallo, ogni capsula contenente altri Noumu, che si riversarono a terra in un lago di acqua cristallizzata e verde. Il biondo si allontanò in tempo però, tappandosi la bocca e scattando indietro nel vedere, il nemico impazzito, divampare la sua rabbia contro tutti loro, colpendo anche Endeavor e lasciandolo atterrare contro il terreno di petto con un tonfo eccessivo, ma che subito diede fuoco, in una scia che andava inevitabilmente a colpire l’unica preda lì presente mentre Aizawa, anche lui colpito da un gancio di quel mostro, si teneva la spalla malconcia, stringendo un occhio tremante mentre si allontanava dalle fiamme assieme al resto della combriccola.
Ma il Noumu si innalzò anche da quell’ennesimo attacco, felice e esprimendolo a parole; entusiasta di aver trovato un eroe così forte; ma, la cosa peggiore, fu che i restanti mostri caduti a terra si stavano, man mano rialzando, intanto che anche altri giunsero decretando così un pessimo scenario per gli eroi, sempre più scombussolati e inchiodati in quel conflitto.
 
 
Passandosi una mano tra i mori capelli appuntiti sbuffò indispettito, squadrando con noia l’esercito di mocciosi futuri eroi e di quelli che già lo erano, che continuavano ad avanzare per impadronirsi del loro fortino. Peccato per loro che non si aspettassero la forza di Gigantomachia, che aveva già spazzato via almeno un decimo degli eroi più forti, per non parlare dell’esercito di Twice… Francamente, non capiva dove volessero andare a parare con quell’attacco “misero” per un esercito come il loro… Certo, c’era da dire che, ora come ora, Dabi iniziasse a comprendere che Hawks, quel pennuto spennacchiato; avesse giocato con lui alle sue spalle, divertendosi solo per poi tradirlo… E anche l’uccisione di Jeanist doveva essere stato un inganno, anche se non capiva come; dato la morte che alleggiava in quel cadavere che gli aveva portato… Non era importante, non ora in cui, in ogni dove, erano circondati da vili e stupidi eroi bastardi. Almeno potevano contare sul numero di soldati in loro possesso e nei loro quirk…
-Successore!-
Dabi spalancò le palpebre di scatto, voltandosi in un istante mentre la fiammata blu si espandeva davanti al suo corpo, investendo alcuni ragazzi della UA, di prima, e che aveva già incontrato, ma che schivarono prontamente l’attacco nonostante tutto. Scorse attentamente, poi, il gigante possente che gridava al cielo il suo dolore, mentre la radio appesa al suo collo emetteva quello che, persino lui, accorto com’era da quell’urlo inaspettato e nonostante la distanza che li divideva anche se non eccessiva, poteva sentire: una richiesta di soccorso dall’ospedale. Le sue pupille si ridussero a due puntini, impauriti dalla possibile verità che sarebbe venuta fuori… Ma non ebbe il tempo di avanzare verso il mostro che lo vide lanciarsi nella fuga, scendendo dalla montagna più veloce di quanto uno della sua stazza fosse in grado di fare, e spezzando gli alberi nel suo cammino nel mentre, oltre che lanciare e colpire qualche eroe durante il suo cammino.
Cazzo! Cos’era? Un doppio attacco contemporaneo? Era quella l’idea? Bastardo di un Hawks, e bastardo lui che si era fidato! Era ovvio che fosse colpa di quel bastardo!, si gettò a capofitto al suo seguito, senza però comprendere come avesse fatto Hawks a scoprire le informazioni riguardo l’ospedale, dato come erano stati scrupolosi a tenere nascosti le nozioni più importanti. Non sapeva nemmeno dove fosse, e se fingeva di lottare con loro, avrebbe arrostito quelle ali al punto da fare in modo che le piume non sarebbero più ricresciute.
Sì, forse doveva rimanere. Sì, forse Gigantomachia era più che sufficiente… Ma se invece non fosse stato così? Beh, non glie ne fregava più nulla! Il cuore martellava alla strenua di una pallina da tennis ripetutamente colpita, alla consapevolezza di Tomura in pericolo.
Sarebbe accorso in fretta e sarebbe ritornato per spellare quell’uccellaccio di merda! E pensare che era stato così coscienzioso nella scelta, nel fargli superare delle prove, anche atroci come uccidere il proprio compagno! Quel maledetto! Mettere in pericolo Shigaraki! Quel fottuto figlio di…! Ah, ma non gli avrebbe permesso di farlo una seconda volta: anche se Hawk sarebbe fuggito, lo avrebbe ritrovato per dargli fuoco, per vederlo incenerirsi davanti ai suoi piedi, con le sue stesse mani! Anzi, ma che diceva! Gli avrebbe, in più, iniettato anche quel fottuto siero come cura, conservato da Tomura, e che avrebbe capito di sicuro! Così avrebbe smesso di svolazzare in giro, e ci avrebbe pensato meglio la prossima volta che voleva prendersi gioco di lui e della sua autorità! Cos’è, aveva sottovalutato la sua persona solo perché aveva fatto in modo che si unisse a loro? Non l’avrebbe passata liscia!
E così, nel mentre che andava dietro la scia di Gigantomachia, ormai troppo lontano, e sotto le voci soprese e confuse di Toga e degli altri comandanti, perplessi della sua fuga come per quella del gigante; avvolse le mani in un turbine blu, pieno di calore mentre espanse l’ondata di energia per ricoprire il terreno alle sue spalle, volendo, al tempo stesso, uccidere e ferire gli eroi che avevano osato attaccarli così impudentemente. Con la punta dell’occhio notò anche Baguko, altro bastardo che avrebbe fatto fuori un’altra volta mentre, le sue pupille azzurre si incrociarono furtivamente, con quelle di un verde acceso di un certo Deku, e ironizzò tra sé e sé, Dabi, per come stesse incontrando solo gentaglia che il suo Tomura odiasse particolarmente, ma a cui non poteva concedere del tempo al momento.
Sperava solo di arrivare in tempo, doveva. E doveva accelerare, più di quanto le sue gambe gli permettessero, mentre l’affanno nei suoi polmoni si fece sentire, in quella notte stellata e chiara.
 
 
Il dottore continuava a digitare con impeto, con energia, sicuro di sé mentre, in una stanza anonima e accartocciata su sé stessa come uno sgabuzzino leggermente più ampio, esaminava con gli occhi un prototipo del piccolo John all’interno di un altro contenitore di vetro ripieno di acqua. Era un Noumu più piccolo e con tanto di braccia oltre alle gambe, per di più era migliore: poteva teletrasportare più persone anche più volte al giorno, senza effetti collaterali come la tonsillite…
Sobbalzò ai suoni sempre più graffianti e rumorosi di fuori, che interrompevano il suo genio, ma, purtroppo, il tempo di risveglio del Neo John era quasi di trenta minuti, troppi per far sì che rimanessero vivi fino ad allora, e anche se fosse stato possibile, avrebbe dovuto rimanere accorto e in quella stanza in attesa, ma non poteva: doveva controllare Shigaraki!
-Maledizione!- gemette, a pugni chiusi mentre lasciò la barra di caricamento a riempirsi, incisa sullo schermo del computer da sola insieme al piccolo a cui, in quel momento, affidava tutta la sua vita più quella della sua futura creazione.
Con un piede scalzo e una ciabatta corse nuovamente al punto di partenza, tornando da Tomura per controllare l’andatura dei suoi sistemi, le terminazioni nervose e il suo battito, volendo assicurarsi che andasse tutto bene. Per fortuna non era attaccato ai computer andati distrutti, si disse per consolazione mentre, affannato, raggiunse la meta, chinandosi poi in avanti a riprendere fiato sotto il frastuono di metalli dibattenti e tubi che si infrangevano. Il combattimento andava per le lunghe… Nonostante fossero Noumu migliori, anche se incompleti, non riuscivano a sconfiggere un gruppo di comuni eroi, per quanto fossero i più forti.
Quanto tempo era passato dal messaggio inviato a Gigantomachia? Dieci minuti? Nel migliore dei casi quindici, ma non aveva calcolato lo scorrere delle lancette, ed era l’ultimo dei suoi problemi. Sperava solo di sbagliarsi: non poteva rimanere fermo, in attesa, nell’angoscia, tra il caricamento del secondo John e l’apprensione per la sua creatura Shigaraki.
Sorrise però, gettando il capo al cielo e sospirando di gratitudine mentre si eresse dritto con la schiena, per quanto perennemente ingobbita; nell’udire delle urla, un ruggito, che sovrastò persino le mura, attraversandole da fuori. Fu davvero grato di quel suono: Gigantomachia era arrivato! Era lì, e avrebbe difeso lui e Shigaraki!
Sarebbe scoppiato a ridere ma era meglio non farsi localizzare da nessuno, soprattutto Endeavor e le sue fiamme che potevano raggiungere tutto il laboratorio. Per non parlare di Aizawa e del suo quirk fastidioso: doveva fare in modo che non intralciasse Gigantomachia, che di certo si sarebbe fatto strada tra le mura, spaccandole per arrivare. Ne era sicuro, anche per via di come si sentiva la sua ferocia e la sua istanza, tra grida che avevano messo tutti in allarme, e il suono delle pareti che venivano giù, massacrate dalla possanza del gigante, disintegrate sotto il suo cammino.
Ah, la felicità che circondava il suo petto di tranquillità, che quasi si accasciò a terra con un sospiro grato, sereno di potersi dire finalmente al sicuro, in attesa che il secondo John si svegliasse. Certo, avrebbe dovuto fare in modo di portar via anche Gigantomachia, ma ne valeva la pena, gracchiò enfatizzante, troppo emozionato dalla situazione che, alla fine, si era capovolta nuovamente a loro vantaggio.
 
 
Quel dannato di Gigantomachia era scomparso nel nulla, ma, forse era un bene: magari era già lì, e quindi il suo intervento non sarebbe servito a un emerito cazzo, come al solito! Nemmeno a trovare un fottuto alleato! Invece, poteva tornare indietro, e dar man forte all’esercito di liberazione, ammazzando quel bastardo traditore! Diamine se gli prudevano le mani!
Però il cuore palpitava ancora, e il solo pensiero di fare marcia indietro lo uccideva. E poi, in quella discesa friabile e scoscesa, la sua corsa era ormai irrefrenabile; le sue gambe andavano da sole aiutate in velocità solo per la strada che stava facendo, e ormai, l’edificio in cui sostavano non si vedeva più, e nemmeno si sentivano gli echi della battaglia, tanto lontano era arrivato ad essere e immerso com’era nell’ampia foresta. Anche se, purtroppo, mancava ancora molto, troppo, prima di giungere alla sua meta. Ma non poteva demordere. Sentiva il bisogno irrefrenabile di dare fuoco a chiunque si fosse avvicinato troppo a Tomura, al punto da sentire le scintille azzurre pizzicare e fremere sulle dita.
Doveva assolutamente accorrere lì. Anche perché, non poteva sopportare l’idea di non sapere la posizione del suo capo. Quel dottore da strapazzo dove lo avrebbe portato? Di certo non sapeva che fossero stati attaccati su più fronti, non solo all’ospedale o alla base… Ma che! Da ciò che aveva capito, anche le altre postazioni alleate erano sotto attacco. Avevano progettato il tutto nei minimi dettagli quei bastardi e inutili eroi! E di certo il dottore non lo sapeva! Doveva avvisarlo, ecco! Adesso almeno aveva un motivo utile per correre da loro, per proteggere Shigaraki per davvero!
Di sicuro le sue fiamme non avrebbero potuto fare granché in confronto a quell’energumeno di Gigantomachia, ma almeno sarebbe andato lì, sarebbe stato un palo per il capo, e poi, poteva approfittarne anche per rivederlo, per quanto il momento non fosse tra i più opportuni. Cavolo, erano tre fottuti mesi che non lo rivedeva, a quel bastardo! Non credeva che quella faccia orrenda potesse mancargli così tanto! Per non parlare di quella labbra screpolate, di quel semplice neo che decorava quel volto pallido, e quel cespuglio di capelli che gli copriva perennemente gli occhi contornati da rughe. Ah, per quanto fosse un orribile schizzato era bellissimo!
 
 
Gracchiando divertito, ammirò con fierezza, il dottore, l’avvicinarsi della vittoria; se da prima colpito da un nuovo attacco di panico nel vedersi arrivare dinanzi Endeavor, con sguardo feroce e imperdonabile, e un passo talmente pesante da scuotere il terreno, sicuro di poter mettere fine a tutto con la sua cattura; ora era sicuro sempre più nel vedere le fiamme dell’eroe numero uno essere vane dinanzi a Gigantomachia, che, snervato e impensierito della sorte del suo padrone, continuava a colpire con energia il nemico senza frenarsi, possente in quanto era anche il doppio di lui mentre gli altri eroi erano ancora alle prese contro i suoi meravigliosi Noumu, che avevano lasciato a terra alcuni, tra cui anche Aizawa, riverso in una pozza di sangue dovuta al suo braccio rotto; per sua grande gioia, così che non avrebbe dovuto preoccuparsi del suo quirk neutralizzante sugli altri. 
-Gigantomachia, allontanati per favore! O le fiamme guasteranno i tubi, mettendo in pericolo Shigaraki! Porta via questi eroi!- urlò allora, Kyudai, con un sorriso trionfo sotto i baffi mentre vide il gigante ruggire di dispiacere prima di lanciarsi contro l’eroe, che balzò indietro per poi far esplodere il proprio corpo in fiamme, che si riversarono nella stanza circostante, volendo colpire a tutti costi l’obbiettivo appena udito e facendo trasalire il dottore che gemette portando le braccia davanti al proprio volto e strizzando gli occhi per l’impatto della forte luce e per la consapevolezza che, per via delle sue parole che avevano attirato a sé l’eroe, stava per morire. Poteva solo udire la voce spezzata e spaccatimpani di Gigantomachia, disperato e in lacrime, richiamare con foga il suo padrone. Ormai era la fine, era ovvio!, si strinse nelle spalle, aspettando quelle fiamme rosse come il sangue, ma che tardarono sempre più ad arrivare. Ancora con il fiato trattenuto e il tremore che circondava tutto il suo corpo, aprì le palpebre perplesso, ingigantendole però nel rimirare il furore del blu che impossessò la sua visuale e che, come una muraglia, si stagliava imperterrito a difenderlo da morte certa, assieme alla sua creazione mentre si meravigliò di scrutare, poco lontano, la sagoma nera e rivestita dal lungo cappotto del medesimo colore, puntare ancora il braccio nella sua direzione, ma abbassando le fiamme lentamente mentre, dietro di lui, aveva i resti carbonizzati di coloro che, prima di ciò, erano stati poliziotti.
-D… Dabi!- cinguettò in un urlo espansivo e gratificante, esultando alla vista di un ennesimo aiuto, per quanto esagitato e tremendamente affannato, nel tono e nello sguardo sfinito, fosse il ragazzo dal potere di fuoco azzurro.
-Ehi gente! Meno male che ho fatto in tempo a non perdermi la festa, eh?- espose un ghigno superbo, mandando poi uno sguardo subdolo alla sagoma possente di Endeavor, l’eroe numero uno con un quirk estremamente potente e diverso dal suo. Ma non gli diede più peso di quanto meritasse, preferendo invece concedere gli occhi sulla cabina d’acqua in cui riversava un assopito e tranquillo Shigaraki, con indosso solo dei pantaloni e delle strane imbragature sulle spalle, di cui non ne conosceva l’utilità, ma, sospirò internamente nel vederlo lì, all’oscuro di tutto ciò che stava accadendo: stava bene. Stava bene! Nonostante il luogo fosse un laboratorio in rovina, dai tubi squarciati, lastre rotte e un liquido appiccicoso e disgustoso che si attaccava alle suole di chiunque; quello lì era sano e al sicuro, ancora dentro quella barriera, quell’involucro di vetro. Doveva raggiungerlo, così da poter fare di più.
Dabi sospirò, dando uno sguardo al terreno nel ritrovarsi davanti il corpo esamine e ferito, insanguinato, di Present Mic, lasciandolo lì poi e camminando tranquillo, sicuro anche perché Gigantomachia, approfittando del suo arrivo che aveva distratto il numero uno, lo aveva spintonato di botto contro un muro, che era crollato come cartapesta.
Era un peccato, si sentì di pensare, dispiaciuto di non poter affrontare un essere così potente e con un quirk, a tratti affine al suo, eccetto per il fatto che, per quanto quello lo usasse, non ustionava la propria pelle. In un certo senso, quasi lo invidiava per questo, ma, era certo che, il suo potere era più intenso e immenso rispetto a quello dell’eroe; anche se incontrollabile e pericoloso per sé stesso.
-Allora? Come sta il capo?- sbottò, dando una veloce occhiata al dottore che, dall’aspetto distrutto, non aveva smesso di parlare per un minuto ma, francamente, non aveva udito nemmeno una sillaba delle sue cretinate che gli aveva riversato addosso, forse sul suo tempismo o sul suo aspetto trasandato, non sapeva dirlo con certezza. Almeno i polmoni avevano ripreso a respirare regolarmente.
-Bene! Ma, ahimè, non so come fare per portarlo via. Serve ancora del tempo prima che il secondo John possa portarci tutti via.-
-Almeno sai dove? Siamo tutti sotto attacco. Sono venuto solo per assicurarmi che ne venissi a conoscenza, dato che Gigantomachia basta e avanza contro questi eroi.- sbottò, anche se non aveva calcolato la presenza dei Noumu, che erano andati dietro Endeavor per dargli man forte, mentre, il dottore, si incupì, volgendo gli occhi al terreno e frenando la sua estasi nell’apprendere tale verità.
-Bene! Allora faremo così: teletrasporterò solo me e Shigaraki, in un rifugio che All For One ha lasciato proprio per evenienze come queste, in più contiene un altro laboratorio: così la mia creazione potrà riemergere e sbocciare in tutta tranquillità!- esordì vittorioso, con una risata gutturale e gli occhi al cielo, proprio in uno stile da scienziato pazzo; e che ignorò l’occhiataccia di Dabi, infastidita da quel termine usato, come se Shigaraki fosse un’altra delle sue cavie da laboratorio e non il suo padrone indiscusso.
Non aveva un minimo di rispetto? Per quanto fosse in una specie di incubatrice e non potesse sentirlo, se ne stava approfittando troppo. Era pur sempre il capo! Per quanto fosse apatico, era fedele a ciò che credeva e seguiva, ergo, non accettava questo tipo di atteggiamenti talmente ipocriti… Okay, era meglio calmarsi; scuoté il capo prendendo fiato: non era il momento né il luogo adatto per certi sentimenti e per questa rabbia incondita.
-Okay. Dove si trova questo luogo?-
-Vi contatterò io appena le acque si calmeranno.- assicurò sotto il frastuono che non smetteva di farsi udire, lasciando intendere come, nonostante la forza di Gigantomachia, quel numero uno meritasse tale titolo. -Approfitto della tua presenza per andare a controllare John, tu tieni d’occhio Shigaraki.-
Alzò un sopracciglio, ancora con una facciata apatica sebbene tutto il resto che lo circondava, e inserì le mani in tasca con uno sbuffo, non potendo credere che adesso gli toccava fare davvero da palo. Lanciò un’occhiata fugace al muro gettato a terra e che aveva sparso polvere ovunque, che si era poi accasciata in ciò che rimaneva del pavimento, ormai annerito dai segni di bruciato a cui era stato sottoposto. Non riusciva a vedere gli alleati e tanto meno i nemici, mentre si ricordò, voltandosi velocemente, che ce ne fossero sparsi in giro anche lì, e digrignò i denti in una smorfia divertita, allietato all’idea di potersi divertire con loro, arrostendoli per benino ora che erano ancora a terra… Ma, l’idea di Shigaraki accanto allietò quell’idea malsana, così punto i suoi occhi azzurri contro la sagoma ancora fluttuante nell’acqua dell’albino, troppo assopito per rendersi conto di tutto. Tra l’altro, gli venne in mente, stranito, il motivo di quel ritardo: avrebbero dovuto essere già scappati a quel punto, ma, di certo, dato il casino, quel “secondo John”, come aveva potuto udire, era quello di riserva. Cazzo, quegli eroi bastardi avrebbero potuto togliere dalle sue mani il suo Shigaraki in qualsiasi momento senza che lui avrebbe potuto fare nulla!, con le spalle chiuse, tremanti dal nervoso per quella rivelazione amara e che aveva soltanto scartato fino all’ultimo, tenuta chiusa nella mente ma ora, finalmente lasciata espandersi per riversarsi sui colpevoli; lanciò addosso a quei futili eroi tutte le sue fiamme lampanti e lampeggianti di furore addosso, godendo nel poter vedere quella pelle scurirsi, imputridirsi e seccarsi, tra le sue risate e il suo sorriso più cordiale che potesse mai fare davanti a uno spettacolo talmente raccapricciante e che aveva anche destato, troppo tardi; quegli eroi, da cui poteva udire i versi doloranti e sorpresi, le urla sempre più forti per quanto incavate nella gola prima che cadessero in uno stato di incoscienza sempre più lontano dal risveglio, delle sue vittime e lasciando che Dabi ammirasse la sua arte appena non rimase altro che fumo, lasciando che degustasse del sapore amaro e forte di bruciato lì attorno, e della pelle rimasta, ormai inguardabile, staccarsi sempre più da quei corpi morti e secchi finché non rimase poco più di qualche carbone.
Fiero del suo operato, orgoglioso di aver rimosso dalla faccia della Terra delle sagome e delle persone che avevano osato azzardarsi a venire lì per catturare il suo capo; e in più tra quegli essere vi era anche Aizawa, quel bastardo che la prima volta era riuscito persino a scampare a quella fine; adesso tutti giacevano a terra, nella morte, e nell’amarezza di essere eroi inservibili e inutili. Eroi che avevano perso; gongolò con una luce malata nei suoi occhi azzurri, mentre ancora una mano produceva calore e una forte vampata di fiamma per ciò che aveva commesso, un altro crimine ben servito mentre il sorriso nevrotico sul suo volto, che mostrava i denti accanto a quella pelle decadente e ustionata attaccata a quella sana da delle graffette; vincesse su quello scenario incomprensibile.
-Adesso possiamo stare tranquilli. Manca solo quello stronzo di Endeavor.- esordì tranquillo, lanciando nuovamente uno sguardo in fondo alla sala, da dove Gigantomachia era uscito; conscio dell’ultimo e primo ricordo che aveva con quell’eroe, quando lo aveva attaccato assieme ad Hawks, con così tanto impeto prima che arrivasse quella Mirko dalle gambe da coniglio a rovinargli la festa. Beh, non c’era gusto però a interrompere sul più bello, continuò a pensare tra sé e sé, consapevole che avrebbe ucciso entrambi quel giorno, nonostante il fatto che quell’uccello lavorasse per lui già allora. Quel tipo, Endeavor, doveva morire per mano sua… E sarebbe stato così, ma ancora sentiva i rimbombi dei colpi di fuoco.
Si passò una mano attorno al collo, massaggiandoselo con noia, mentre, il pensiero di aver visto quell’eroina vestita da coniglio da qualche parte mentre veniva nella direzione del dottore, gli passò nella mente: era parecchio malconcia, di sicuro aveva bruciato anche lei. Sbuffando leggero girò il capo verso Tomura, ampliando però le palpebre nello scrutare due occhi rubino che ricambiavano il suo sguardo, anche se meno accessi, ancora troppo assopiti da, forse, non vedere per davvero.
-Ehi ehi, capo.- si congratulò, avvicinandosi sicuro, sereno di poterlo vedere, soprattutto completamente e senza quelle dolci ciocche a coprirgli il volto, o quella mano impagliata rimasta tra le tante che si portava dietro, come suo solito. -Ti sei goduto lo spettacolo?- esordì sereno, rimettendo un arto in tasca e inclinando il capo su un lato, scrutando l’altro che, per la prima volta, era leggermente più alto di lui per via della posizione in cui si trovava all’interno di quel guscio di vetro. Esaminò a fondo quegli occhi stanchi e spossati dal dolore, ma che si limitarono solo a continuare a mantenere fissi i loro sguardi perennemente, non volendo lasciarlo andare. Quell’elettricità trasmessa valeva anche per Dabi, che, sospirando avvicinò una mano aperta sulla superfice liscia e trasparente, restando fermo ancora, a studiare l’altro come se fosse la prima volta che lo vedeva, e in un certo senso era così. Era da troppo, troppo che non si vedevano. Gli era mancato, per quanto questi pensieri se li sarebbe tenuti per sé; invece, con un ghigno, si espresse sicuro con un quasi ironico, anche se non lo era, commento, fin troppo esplicito per loro:
-Vederti così è eccitante, a quanto il prossimo round, piccolo?-
Notò chiaramente un tremore e una risposta di sufficienza nelle palpebre di Shigaraki, più per il soprannome demente che per la frase a scopo sessuale di per sé; e in un istante Dabi scoppiò a ridere leggero, calmando anche l’altro quasi subito e che gradì di poter udire una tale musica in un momento tanto caotico e sofferente per il suo corpo.
-Bene allora, vado a vedere che succede di là, così partecipo anche io. Ci vediamo presto, capo.- esordì, distaccandosi con malavoglia poi, e con un sospiro teso alla fine, conscio che, molto probabilmente, al suo ritorno avrebbe ritrovato il nulla. Non che fosse una cosa orribile, anzi, così lui sarebbe potuto tornare a dare man forte agli altri alla base, insieme a Gigantomachia, e Shigaraki sarebbe stato al sicuro nel suo involucro in un posto ancora più segreto mentre lui avrebbe potuto divertirsi con quell’eroe pennuto. Però, il sapore di un nuovo distacco da parte sua feriva sempre. Ma poteva dirsi più che soddisfatto alla fine, no?, volse il capo nuovamente verso l’albino, e non poté resistere, mostrando un nuovo sorriso nel comprendere come lo stesse seguendo con lo sguardo, con quegli occhi rossi che, nonostante la stanchezza, continuavano ad andargli dietro, volendo, di certo, esaminarlo e imprimere la sua immagine, il suo volto e la sua schiena, nella mente come consolazione, in attesa che il mese passasse, in attesa che uscisse da quel rivestimento, da quella gabbia protettrice e dolente.
Già, poteva andare più che bene così. In un contesto del genere non era nemmeno rilevante e importante dirselo; lo sapevano bene entrambi cosa pensassero in quel momento: Almeno si erano incontrati.
Perfetto, pensò tornando a fissare avanti con decisione, conscio che presto sarebbe finito anche quel giorno, e forse nel migliore dei modi. Bene, si sgranchì le braccia, portandole sopra la testa, lasciando che afferrasse un gomito con un palmo e distendendo l’altro arto nel mentre; e ora andiamo ad abbrustolire per bene quel coglione di Endeavor; ghignò, lo avrebbe ucciso con le sue stesse mani.
 
Fine.

 
  
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