Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: LadyPalma    16/02/2020    16 recensioni
Prima classificata a "Il contest degli haiku" indetto da Juriaka sul forum
| Questa storia è candidata agli Oscar della Penna 2022 indetti sul forum Ferisce più la penna
/ Era Lo, semplicemente Lo al mattino, ritta nel suo metro e quarantasette con un calzino solo.
Alastor/Dolores
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Alastor Moody, Albus Silente, Dolores Umbridge
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, II guerra magica/Libri 5-7
- Questa storia fa parte della serie 'Alastor&Dolores'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
Calura:
nei miei occhi trema ancora
un viso che ride





Lolita
 




 
Era Lo, semplicemente Lo al mattino, ritta nel suo metro e quarantasette con un calzino solo.
 
Dall’inizio dell’estate, ovvero da quando erano praticamente andati a vivere insieme nella dimora di campagna della famiglia Moody, i passi confusi e goffi di Dolores erano diventati la sua sveglia quotidiana. Alastor apriva stancamente gli occhi, con una smorfia infastidita, e puntualmente se la ritrovava davanti con lo sguardo agitato che vagava per tutta la stanza –tranne che nella sua direzione.
“Dov’è finito il mio calzino?” si lamentava con la voce un po’ più stridula del solito.
Alastor sbadigliava, sbuffava e brontolava, ma riusciva sempre a trattenere un ghigno. Sarebbe stato molto più semplice e veloce agitare la bacchetta e appellare quel maledetto calzino rosa, piuttosto che piegarsi, piccola e rotonda, sul pavimento. Ma quella vuota ricerca era una rimanenza sottile dell’infanzia babbana che detestava e lui, non importava quanto stanco o irritato potesse essere, non le avrebbe mai fatto notare l’incoerenza. Adorava provocarla e farla arrabbiare, ma non sarebbe arrivato a dire qualcosa che avrebbe potuto ferirla sul serio.
Di solito, nascondeva la testa sotto il cuscino e riprendeva a dormire, ma quella mattina fece qualcosa di diverso. Allungò la mano sul comodino e afferrò la macchina fotografica che si era abituato a tenere sempre vicino. Gli piaceva scattare fotografie, a tal punto che se non avesse superato l’esame finale di abilitazione ad Auror previsto per quell’inverno avrebbe considerato una carriera da fotografo per la Gazzetta del Profeta. Tra tutti, lei era il suo soggetto preferito, soprattutto per il modo in cui ogni volta reagiva a uno scatto.
Click. Lei dritta in fondo al letto, con la leggera vestaglia rosa, i capelli arruffati, un calzino rosa e il piccolo piede nudo leggermente sollevato dal pavimento.
“Come ti permetti? Sei completamente senza ritegno! Giuro su Merlino che la prossima volta che mi scatti una foto, brucio quella dannata macchina!”
Gli si lanciò addosso come una furia, per tentare di strappargli la foto dalle mani. Alastor ridacchiò e, dopo aver infilato la preziosa istantanea in movimento sotto il cuscino, la afferrò inaspettatamente per i fianchi facendola ribaltare sul letto.
“Sei tu che dovresti mettere di starnazzare come un’oca di prima mattina, Lo!”
“Non mi piace questo nomignolo, non mi piace…”
Oh, lo sapeva benissimo, non le piaceva praticamente nessun vezzeggiativo, a parte quelli tipici da coppia come amore e tesoro che lui non si sarebbe mai abbassato a pronunciare. Proprio per questo ripeté quel casuale Lo, ancora e ancora, per poi soffocare le sue inevitabili lamentele con il primo aggressivo bacio della giornata.
 


 
Era Lola in pantaloni.
 
“Ehm ehm!”
Nella calura di quel luglio particolarmente afoso, Dolores emerse dalla casa con un una camicetta verde pallido e un paio di pantaloni scuri con un risvolto esagerato. Era la priva volta che la vedeva senza i suoi stupidi tailleur rigorosamente rosa, e appariva imbarazzata mentre fissava quasi disgustata i pantaloni che lui le aveva prestato. Non puoi andartene in giro con la gonna in aperta campagna, Doll – le aveva detto più volte, cambiando di volta in volta il nomignolo, finché lei alla fine aveva ceduto.
“Ce ne hai messo di tempo! Mi stavo per addormentare, cazzo!” esclamò Alastor, seduto a gambe incrociate tra le spighe di grano. “Non dirmi che quella camicetta è tua!”
Proprio come previsto, la vide spostare lo sguardo dai pantaloni alla camicia con i gattini rosa ricamati sopra, che effettivamente gridavano Dolores Umbridge in ogni silente miagolio.
“Perché?”
Alastor espresse il suo divertimento in una sorta di grugnito. “Perché è oscena, diamine!”
Voleva farle distogliere l’attenzione dai pantaloni, ma lei alzò semplicemente le spalle a quel commento, ignorandolo e riconducendolo anzi al suo unico punto di interesse.
“Allora sta benissimo con questi pantaloni, che superano il concetto di osceno. I pantaloni per una donna sono una moda così tanto babbana e-"
Alastor roteò platealmente gli occhi, senza ascoltare una parola in più. Poi prese la macchina fotografica e gliela puntò contro come un’arma.
Click.
“No! Non con questi pantaloni! Tu… Tu sei più disgustoso di un centauro e io…”
Lui si mise in piedi di scatto e interruppe prontamente. “Tu cosa? Prova a prendermi, Lola!”
Senza sorpresa, la vide adombrarsi e stringere i pugni. I nomignoli non facevano di certo per lei.
“Che c’è? Lola non ti piace… Oh, beh, neanche a me. Preferisco Lolita!”
Ripeté quel nuovo soprannome più volte, scandendo ogni sillaba lentamente per farla innervosire ancora di più.
Lo-li-ta.
Al terzo “Lo” la vide portare la mano alla bacchetta, al terzo “ta” iniziare a muoversi contro di lui per rincorrerlo. Era una gara persa in partenza: entrambi sapevano che lei, anche con i comodi pantaloni, non sarebbe mai stata abbastanza veloce da raggiungerlo.
Ma non importava, perché lui per lei era sempre pronto a rallentare.
Lui da lei si faceva prendere sempre.



 
Era Dolly a scuola.
 
Alastor non si chiedeva spesso come accidenti fossero finiti in quella situazione, perché farlo avrebbe significato rendersi pienamente conto di quanto il loro rapporto fosse assurdo. Cos’erano? Amici durante il periodo di Hogwarts, amanti da qualche mese… E ora? Erano ancora vagamente amici che dormivano nello stesso letto. E dopo? Francamente non sapeva dire se sarebbe rimasto qualcosa di loro al termine di quell’estate. Lui sarebbe diventato un auror a tutti gli effetti mentre lei avrebbe iniziato a lavorare al Ministero, e allora si sarebbero visti sempre meno e le loro divergenze sarebbero emerse ancora di più.
Ma tra i dubbi del presente e le incognite del futuro, anche gli artigli del passato si allungavano di tanto in tanto su quella dimora di campagna.
“Hai ricevuto la lettera?” esordì il ragazzo rientrando dopo una giornata di corso e trovandola sul divano intenta a sfogliare il catalogo della linea Felini Felici.
Dolores sollevò lo sguardo verso di lui e gli rivolse un sorriso gelido. “Sì, puoi trovarne le ceneri nel camino” rispose, con un risolino stridulo, prima di portare alle labbra una tazza di tè.
Lui aggrottò le sopracciglia, perplesso. “Non vuoi più trovare agganci per diventare il nuovo Ministro della Magia?” la canzonò in tono divertito. “Una cena a Hogwarts per gli ex studenti mi sembra l’occasione perfetta. Magari qualcuno dei nostri compagni o anche dei professori potrebbe mettere una buona parola e…”
“Stai zitto!” lo aggredì improvvisamente, con gli occhi verdi fiammeggianti di rabbia autentica. “Se metterò di nuovo piede in quella scuola, sarà solo per raderla al suolo…”
Alastor roteò gli occhi al cielo. “Oh, certo, ti ci vedo proprio a mandare via Silente dal suo posto grazie al tuo super potere  dei fiocchetti rosa e delle urla stridule!”
Di fronte a quell’ironia, lei posò delicatamente la tazzina e, per una volta, parlò con calma e in tono pacato. “Non sottovalutarmi mai, Alastor, tu non lo sai di cosa sono capace” sibilò lentamente, assomigliando all’improvviso più al serpente della sua casa che ai dolci e sfuggenti felini che voleva emulare. “Lo so che non sembra, ma ho una dignità. Non arriverò mai a ringraziare chi mi ha sempre chiamato Dolly il rospo”.
Lui la fissò e per un attimo si sentì turbato. Mai in tanti anni che la conosceva aveva scoperto in modo così palese la cattiveria, l’odio e il dolore nel suo sguardo. Sembrava quasi che la maschera da bambola sciocca e debole fosse caduta, per lasciare spazio a qualcosa di inaspettato – e di spietato.
Ma la maschera poteva avere due lati e quello spiraglio di nudità rivelava anche altro.
Le si avvicinò e si sedette sul divano. Lentamente, quasi avesse paura di farle male. Quasi avesse paura di farsi male.
“Preferisci Lolita la campagnola?”
Usò un tono schietto, noncurante, ma dentro era in fibrillante attesa. Di una risata o di un attacco di isteria. Andavano bene entrambi, purché non ci fosse più quell’agghiacciante espressione che  la facevano sembrare il simbolo del male.
Trascorsero alcuni secondi prima che, finalmente, lei si mese a ridacchiare, rivelando uno di quei rari e autentici sorrisi che non concedeva troppo neanche a lui. Uno di quelli che la rendevano quasi bella e che sarebbe stato perfetto da immortalare.
Ecco perché fu forse l’unica volta che le non scattò una foto.



 
Era Dolores sulla linea tratteggiata dei documenti.
 
“Sarà difficile per Remus ora che è passata questa legge” mormorò Arthur in tono pensieroso. “Certo che la Umbridge sta diventando assai pericolosa…”
Alastor Moody gli strappò la copia della Gazzetta del Profeta letteralmente dalle mani e, senza proferire parola, scrutò l’intera pagina con l’occhio vero, mentre quello finto balzava sul foglio alla ricerca di un solo dettaglio. Ed eccola lì: la firma riprodotta fedelmente in fondo al testo della legge di restrizione per i licantropi. Dolores Umbridge, un nome conosciuto e una grafia conosciuta… Ma chi era la donna nella fotografia che ridacchiava nella fotografia allegata? Si soffermò per un attimo su quella foto, l’unica che vedeva di lei che non era stata lui stesso a scattare, l’unica che riproduceva quell’odio che solo una volta gli era stato concesso di vedere. Com’era quella foto? Diversa, ma non sapeva dire quanto. Era l’unica vera o l’unica falsa? Sentiva solo che non aveva nulla a che vedere con quelle che lui ricordava.
“È ora di muoversi, Weasley. I mangiamorte non verranno certo a bussarci alla porta” grugnì d’un tratto, chiudendo rapidamente il giornale.
Se solo fosse stato così semplice chiudere allo stesso modo lo spiraglio della memoria.

 

Ma la tra le mie braccia era sempre Lolita.
 
Alastor rivide Lo con il suo calzino singolo, Lola nei pantaloni e Dolly tra i banchi di scuola, e quando fu tirato a forza fuori dal Pensatoio rimase per un lungo attimo disorientato.
Ne uscì talmente scosso da esserne disgustato. Non da se stesso o da lei, ma da quello che non c’era più e dall’uomo che continuava a usare i rimasugli di niente come se potessero servire a salvare tutto.
Perché non c’erano più tracce di quello che erano stati lui e la donna che dicevano chiamarsi Dolores.
Niente, tranne una casa di campagna in cui da quella lontana estate non aveva messo più piede.
Una scatola di foto che preferiva fingere di non sapere dove fosse finita.
E quei maledetti ricordi che ora Albus Silente cercava di usare come arma.
“Sei un grandissimo stronzo, va bene? Io ho il fegato di dirtelo!” sbraitò con un ringhio. “Ti approfitti degli altri e li sfrutti, è questo che sai fare meglio, non è così? Non è questo ciò che sei? Eccolo: il più grande mago di tutti i cazzo di tempi! Il più grande mago e il più grande stronzo!”
Il preside di Hogwarts parve non accorgersi neanche degli insulti e lo fissò con un’espressione che non esprimeva altro se non tristezza e compassione.
“Oh, Alastor, amico mio. Tu non sei davvero arrabbiato con me, ma con te stesso” esordì nel consueto tono pacato. “Ti ho solo mostrato il tuo passato e tu sei in collera perché non sai affrontarlo. Ma bisogna farlo. Dobbiamo tutti imparare prima o poi a guardare in faccia i demoni del nostro passato e le persone sbagliate che abbiamo amato”.
L’auror esitò prima di rivelare un mezzo ghigno quasi animalesco. “Così hai fatto con Grindelwald, non è vero, eh?”
Per un attimo, solo per un attimo, un lampo di ira attraversò gli occhi cristallini di Silente, ma sparì rapidamente con un semplice battito di ciglia dietro gli occhiali a mezzaluna.
“Dovresti parlare con lei” riprese, ignorando non senza uno sforzo quella provocazione. “Prevedo il declino della nostra scuola ora che la Umbridge comanda in nome del Ministero. Se c’è qualcuno che può capire cosa ha in mente, quello sei tu. Tu la conosci…”
Un nuovo ricordo improvviso attraversò la sua mente, una reminiscenza talmente vivida da oscurare ogni altra parola per fare posto ad altre.
Non sottovalutarmi mai, Alastor, tu non lo sai di cosa sono capace. Se metterò di nuovo piede in quella scuola, sarà solo per raderla al suolo…
Forse la risposta che Silente cercava da lui era già contenuta nella sua memoria, nell’unica immagine di lei che restava coerente nel tempo, in quel frammento strappato al passato che poteva presagire il futuro. Come poteva lui fare la differenza? Non era riuscito a trattenerla allora, non ci sarebbe riuscito adesso. Non ne aveva mai avuto il coraggio, non ne aveva ora la voglia.
“Non la conosco” borbottò alla fine, in tono brusco e stanco. “Non ho mai conosciuto questa Dolores Umbridge” ripeté, sputando fuori quel nome quasi fosse stata un’imprecazione.
E non mentiva. Del resto, per lui era stata sempre e solo Lolita.












 
NDA: Ci tengo a dire che non mi prendo sul serio: davvero, anche se la storia è seria (e non comica), ho citato forse il prologo più bello della letteratura senza nessuna pretesa ma solo perchè il collegamento era troppo bello per non sfruttarlo. Quindi, scusa all'anima di Nabokov e scusa a voi lettori.
Mi stupisco di quante angolazioni riesco a trovare per questa coppia (ahimè, dovete sopportarmi per un po'). In questo caso ho voluto scrivere tutto dal punto focale di Alastor, che spero di aver reso sufficientemente bene. 
Spero si sia capito che tra le prime tre scene e le altre due c'è un salto temporale (che fa scattare, appunto, il meccanismo del ricordo). Mi piace immaginare che Silente (a conoscenza di questa eventuale relazione, ovviamente) la sfrutti per cercare informazioni, come è abituato a fare con tutti ahah 
Le indicazioni del pacchetto scelto per il contest erano:
Tematica generale: ricordo
Luogo: montagna / campagna
Prompt: un personaggio ha una passione per la fotografia
Stagione: estate

Anche l'haiku posto all'inizio è preso dal contest di Juriaka.
Fun fact: Ogni storia su questa ship mi è nata dall'ascolto di una canzone di Lorde, la mia cantante preferita. In questo caso, oltre a Nabokov e al contest, non posso non citare come ispirazione "The Louvre", che mi ha tenuto compagnia mentre scrivevo.

 
   
 
Leggi le 16 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: LadyPalma