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Autore: moira78    16/02/2020    4 recensioni
Questa storia è nata grazie a una fanart bellissima presente sul gruppo Facebook N di Nibunnoichi. Inizialmente doveva partecipare a un contest su San Valentino, ma i personaggi non erano d'accordo e le cose hanno preso una piega diversa!
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: mousse/shan-pu
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Shampoo ruotò su se stessa e cominciò a colpire un avversario immaginario, tirando calci e pugni mentre gridava ad ogni affondo. Se fosse stata di ben altro umore, avrebbe notato la bellezza dei fiori, il loro profumo inebriante e i colori accesi in contrasto con il verde brillante dell'erba alta: la primavera era esplosa in tutta la sua bellezza e lei aveva solo voglia di distruggere tutto.

Voleva che quel mondo diventasse grigio e la inghiottisse, così non avrebbe dovuto convivere con quel pugnale affondato nel cuore: a ogni battito, a ogni respiro si sarebbe ricordata di ciò che aveva perso per sempre. Avrebbe sanguinato senza sangue, sarebbe soffocata senza che mancasse ossigeno e il dolore l'avrebbe travolta senza che avvertisse dolore fisico.

L'aria era troppo inconsistente. Aveva bisogno di sentire la solidità di qualcosa che si rompeva dietro le sue nocche, così cominciò a tempestare di pugni un albero, ferendosi con la corteccia e alternando con calci volanti. Ogni volta che veniva sbalzata indietro dalla robustezza del tronco faceva una capriola in aria e ricominciava con il suo attacco furioso. A mani nude, per sanguinare davvero. Per sentire del vero dolore.

I fiori del ciliegio cominciarono a piovere sull'amazzone accecata dalle lacrime, ma lei se ne accorse a malapena e tentò, senza successo, di artigliare i petali per disintegrare quella loro bellezza struggente. Con un ringhio di frustrazione, ne afferrò al volo una manciata e li sbatté contro il tronco, ricominciando a picchiarlo come se fosse stato in carne e ossa.

***

Mousse la osservava da lontano già da qualche minuto, ma non ebbe il coraggio di avvicinarsi. Nonostante fosse distante parecchi metri e, dietro i suoi occhiali spessi, la vedesse come una figura sfocata, avvertiva l'aria vibrare del suo dolore e della sua rabbia.

Avrebbe dato la sua stessa vita per farsi carico della sofferenza di colei che amava più di sé, ma la verità era che i loro sentimenti erano molto simili, in quel momento: lo stesso senso di perdita, di ineluttabilità, di fine di un sogno impossibile.

Perché era certo che Shampoo lo avesse sempre saputo. La sua storia con Ranma era impossibile. Eppure, proprio come lui, l'amazzone del suo cuore si era aggrappata come una disperata all'idea che, finché non fosse stato di nessun'altra, avrebbe avuto ancora una flebile opportunità che potesse appartenere a lei, un giorno.

Ma oggi, in quella splendida giornata di primavera che sembrava volersi fare beffe della sua disperazione, Ranma Saotome aveva deciso di sposare l'unica donna che avesse mai amato, come era prevedibile. Quando Obaba gli aveva confessato con un sorrisetto malizioso che Shampoo era corsa alla cerimonia per impedirla, in Mousse si erano accavallati due sentimenti: il timore e la speranza.

Temeva che potesse fare gesti inconsulti e ferire Akane Tendo, o persino ucciderla, ma una parte infantile e stupida di sé gli gridava che sì, finalmente Ranma non sarebbe stato più un ostacolo fra loro. Illuso, idiota. Eccolo, Ranma Saotome, più presente che mai in quei calci, in quei pugni, in quelle urla di rabbiosa disperazione che Shampoo stava riservando al ciliegio in fiore.

Vederla così, annientata e bella in mezzo ai petali di ciliegio, gli provocò un malessere tanto forte che credette di morire di crepacuore. Non gli interessava più di averla persa per sempre, non aveva più importanza il fatto che non l'avrebbe mai amato. Ora come ora, Mousse voleva solo che Shampoo ritrovasse la serenità e la gioia di vivere. Si sarebbe ucciso pur di saperla felice.

***

"Vieni fuori!", gridò a denti stretti avvertendo la presenza sgradita di Mousse. Si sarebbe sfogata su di lui, lo avrebbe ridotto a uno straccio come il proprio cuore. Come osava avvicinarla in un momento simile? Lo vide farsi avanti con aria circospetta, quasi avesse paura di lei e per qualche motivo questo la fece infuriare di più.

"Shampoo, io so come ti senti, se vuoi...".

"No, che non lo sai!", gli urlo annullando la distanza tra loro con un calcio nello stomaco. Mousse non fece niente per difendersi e cadde a terra come un sacco di patate. Bene, cominciava già a sentirsi meglio. "Alzati!".

Lui si tirò su senza parlare, continuando a guardarla e Shampoo iniziò a tempestarlo di pugni come aveva fatto poco prima con l'albero di ciliegio. Sentiva i suoi muscoli contrarsi per assorbire i colpi e per lo sforzo di rimanere in piedi sotto la sua furia: lo stava praticamente usando come un sacco da boxe.

"Reagisci, dannazione!", lo incitò perché ormai non traeva più nessuna soddisfazione da quella lotta univoca.

"Non voglio farti del male", rispose lui con una voce talmente calma che sembrava stesse discutendo tranquillamente con lei al Nekohanten.

"Non dire idiozie, nessuno può farmi più male di così!", gli gridò cominciando a mirare alla sua faccia. Lui cominciò a difendersi, perlomeno, tentando di evitare i pugni.

Per un attimo a Shampoo parve che stessero facendo una specie di strano ballo, con lei che cercava di colpirlo in faccia e lui che alzava i gomiti e si spostava velocemente.

"Se potessi prendermi il tuo dolore lo farei, credimi. Sarei disposto a servirti Ranma Saotome su un piatto d'argento o a uccidermi pur di vederti sorridere ancora una volta". Nonostante il fiatone, Shampoo avvertì la nota amara ma sincera in quelle parole e per un attimo rimase spiazzata. Totalmente.

"Smettila di dire sciocchezze, non puoi fare niente per me. Non voglio niente da te, né da nessun altro!". Gli si avvicinò avvertendo la rabbia ribollire in lei a livelli intollerabili, come una lava incandescente che stia per straripare da un vulcano. Finalmente riuscì a colpirlo con un pugno e lo fece con forza, con cattiveria e con una maligna punta di soddisfazione. Soprattutto quando vide sprizzare il sangue dal suo naso e gli stupidi occhiali spessi come fondi di bottiglia volare via, perdendosi nell'erba alta.

"Io voglio solo morire!", gridò con tutto il fiato che aveva in gola, tanto che le fischiarono le orecchie.

Mousse, che sembrava essersi arreso alla sua furia, improvvisamente si animò e fece un gesto così veloce e repentino che non riuscì a parare il colpo. Rimase in piedi per un soffio, anche se non le aveva dato nulla di più che una spinta, come se fossero ancora due mocciosi in pieno litigio infantile.

"Non dire mai più una stupidaggine simile!", sbraitò sputando una nuvola di sangue dal labbro che gli aveva rotto. "Se mi fossi dovuto uccidere tutte le volte che tu mi hai rifiutato non sarei qui a farmi pestare da te!".

Finalmente Shampoo capì e questo rinvigorì la sua rabbia: "Osi paragonare il tuo dolore al mio?!", s'inalberò e si fece ancora avanti per colpirlo, roteando su se stessa e centrandolo con un calcio sulla mascella. Ora Mousse era di nuovo in difesa e non tentava più di attaccarla.

Con un sorriso, lei ne approfittò, provando una perversa soddisfazione che la elettrizzò in modo quasi sensuale. Qualche colpo gli arrivò sullo stomaco, altri all'altezza delle costole, ma la maggior parte erano rivolti al viso, che ormai era diventata una maschera di sangue su cui spiccava solo il verde intenso dei suoi occhi miopi.

Shampoo caricò un altro destro micidiale, con l'intento di fargliene diventare nero almeno uno, ma qualcosa la bloccò. Perché quell'idiota aveva reagito solo quando gli aveva detto di voler morire? Possibile che quella frase sconclusionata di poco prima fosse una rozza dichiarazione di amore, diversa dalle solite?

Mi ama fino a questo punto?

Scosse la testa, frustrata dalla propria titubanza e desiderò ardentemente che la colpisse. Voleva sentire di nuovo il dolore, perché fargli male non le bastava già più. "Avanti, uccidimi! Hai detto che volevi vedermi sorridere? Bene, sorriderò solo a un passo dalla morte, stupido Mousse!".

Lo avvertì irrigidirsi e, quando si accigliò e cominciò ad avvicinarsi, lesse nel suo sguardo che aveva mangiato la foglia: Mousse aveva capito benissimo che le sue parole erano state dette col preciso intento di farlo reagire e questo non doveva essergli piaciuto. Gli diede un altro pugno, centrandolo su una guancia già livida ma lui le rimase a pochi centimetri di distanza: "Cosa posso fare per farti felice mentre sei in vita, Shampoo? Dimmelo e lo farò. Vuoi continuare a picchiarmi? Fallo. Vuoi ammazzarmi di botte e ballare sul mio cadavere? Bene, te lo concedo. Ma tu devi smetterla di soffrire per un uomo che non avrai mai. Sono l'ultima persona sulla Terra a doverti dire una cosa simile, ma della mia sofferenza non mi curo, come d'altronde non ti sei mai curata tu. Però devi a te stessa più rispetto e io voglio aiutarti".

Il suo amore è così grande...?

Stava succedendo di nuovo. Shampoo era ancora una volta senza parole e non sapeva come reagire di fronte a quel nuovo Mousse che non la implorava di amarlo, né s'inginocchiava davanti a un albero abbracciandolo e invocando il suo nome. In quel momento aveva davanti un uomo talmente innamorato da offrirle persino la sua stessa vita in cambio della sua felicità.

Così grande...

La rabbia nera che l'avvelenava da dentro esplose in un'ultima, grossa bolla e tentò di cancellare quel volto sanguinante e sincero che la stava confondendo con un pugno più forte degli altri. Evidentemente colto alla sprovvista per la distanza così ravvicinata, Mousse volò letteralmente all'indietro con un verso di dolore che per un attimo la fece sentire in colpa. Forse si aspettava un abbraccio, o addirittura un bacio, quello stupido!

***

Mousse cercava di trattenere la sofferenza, evitando di sfogarla sulla donna che amava. Poco prima le aveva dato una spinta, ma se avesse potuto avrebbe combattuto contro di lei fino a farle male veramente, pur di farla diventare quella di una volta.

L'amazzone fiera e combattiva che lo scherniva ma che amava la vita; la donna che, nonostante lo rifiutasse e disprezzasse ogni singolo giorno, gli aveva catturato il cuore definitivamente. Non la donna fragile e rabbiosa che voleva smettere di vivere. Non l'illusa innamorata di un uomo sposato a un'altra. Non l'arrendevole amazzone decaduta che voleva dare e ricevere dolore.

Sentiva di aver mosso qualcosa dentro di lei, a livello profondo, di aver toccato corde mai sfiorate con le sue parole. Era il suo modo estremo di palesare quell'amore infinito che Shampoo si rifiutava di accettare. Erano così vicini che poteva sentire il suo respiro acre di adrenalina investirlo a ogni ansito e mescolarsi con il sapore del sangue che gli colava in bocca.

Avrebbe voluto baciarla, stringerla a sé, prenderla su quel prato con la violenza e legarla al suo destino con la forza. Allo stesso tempo, avrebbe voluto che capisse di quanto amore poteva essere capace, se solo gli avesse permesso di dimostrarlo e gli avesse concesso una possibilità.

Inaspettatamente, invece, Shampoo lo aveva colpito di nuovo, con una forza tale che, nel millesimo di secondo prima di perdere i sensi, pensò che probabilmente aveva davvero seguito il suo suggerimento di ucciderlo.

***

Shampoo rimase con il braccio steso. I muscoli le bruciavano e le mani le sanguinavano copiosamente. In un gesto lento, piegò il gomito per guardarsi le nocche e si chiese quale sangue fosse il suo e quale di Mousse.

L'ho ucciso. Ho ucciso il mio amico d'infanzia.

Fece qualche passo nell'erba alta, sentendo tutta l'adrenalina scemare d'improvviso, lasciandola debole e vuota. Pensò che sarebbe svenuta quando vide tanti punti neri danzarle davanti agli occhi, ma barcollò appena.

Il mio amore per Ranma è mai stato altrettanto grande?

Sbatté le palpebre, stupita. Le parve che quella domanda non fosse neanche scaturita dal suo cervello, ma gliela stesse ponendo qualche entità malvagia scesa sulla Terra per l'occasione.

Ranma l'aveva sconfitta in più di un'occasione e quello che prima era un semplice senso di dovere verso le regole del proprio villaggio si era trasformato in ammirazione. Si era invaghita o innamorata di Ranma? Lo voleva, lo voleva con tutto il suo cuore, di quello era sicura. Ma Ranma, lo aveva sempre saputo, amava quella sciocca di Akane e così lei, come anche Ukyo o Kodachi, rimaneva solo una povera illusa.

Quella mattina, come tante altre, voleva solo riprenderselo. Era persino disposta a uccidere la sua rivale per farlo, come una vera amazzone. Ma aveva pensato, solo per una volta, ai sentimenti di Ranma? No, mai in tutto quel tempo, men che meno quel giorno.

L'unica cosa che contava era averlo, con le buone e con le cattive, che lui la volesse o no.

Era fuggita da quella stupida festa di matrimonio senza neanche essere vista, spaventata da quello che avrebbe potuto fare. E questo non aveva fatto altro che renderla ancora più furiosa: all'ultimo momento, le era mancato il coraggio di agire.

Mentre camminava, urtò qualcosa con la punta del piede e abbassando lo sguardo vide gli occhiali di Mousse, incredibilmente integri: probabilmente l'erba alta ne aveva attutito la caduta. Li raccolse e si rese conto che la mano le tremava. Lui giaceva qualche metro più in là e quando lo sentì tossire debolmente provò un sollievo inaspettato: allora non lo aveva ucciso, dopotutto.

Mousse non aveva mai fatto niente per ingannarla. L'aveva sempre corteggiata in quel suo modo goffo e incondizionato, ben lieto di farle da zerbino pur di starle accanto. Non condivideva tutta quella accondiscendenza, che ai suoi occhi lo rendeva solo un debole, ma ora capiva la differenza tra loro due.

Shampoo agognava la propria felicità, senza mai soffermarsi nemmeno lontanamente su quella degli altri. Mousse si preoccupava della sua sopra ogni cosa.

Forse amare è proprio questo.

Rimase ferma a pochi passi da lui, con gli occhiali in mano e il vento gentile che le scompigliava i capelli sudati. Guardò il ragazzo tanto disprezzato tirarsi su a fatica, ripulendosi la faccia sporca di sangue con la manica e poi piantare su di lei quegli occhi che avevano lo stesso colore dell'erba novella: "Sh...Shampoo?", mormorò con il fantasma di un sorriso.

L'ho massacrato di botte e lui mi sorride. Dev'essere matto.

"Tu sei pazzo, Mousse", gli disse facendo eco a quel pensiero, senza riuscire a trattenere, a sua volta, un sorriso.

Lui si alzò in piedi tremando, come se fosse ubriaco, e ripeté il suo nome come se ne avesse sete e fame allo stesso tempo. Le venne incontro e lei, ancora una volta spiazzata, si mise prima in guardia e poi si ritrovò a sorreggerlo quando se lo ritrovò addosso in una sorta di goffo abbraccio. Sopraffatta dal suo peso inerte e dalle fatiche di poco prima, cadde all'indietro, trascinandolo con sé. Mousse era svenuto di nuovo e ora era steso su di lei come un amante inconsapevole.

Sfinita, approfittò dell'erba morbida per riposare qualche istante, cercando di respirare nonostante il ragazzo gravasse su ogni centimetro del proprio corpo. "Razza di stupido, abbracci sempre gli oggetti o le persone sbagliate quando hai questi aggeggi sul naso e ora che ti ritrovi senza mi cadi addosso", disse alle nuvole che viaggiavano pigre.

Un sussulto le indicò che, finalmente, lui si stava riprendendo. Accolse con sollievo il movimento che le alleggerì le costole e si ritrovò a fissare la faccia rossa di Mousse. Non capì se fosse rossa per il sangue, i lividi o l'imbarazzo, ma così da vicino non lo aveva mai visto e solo ora lo notava: Mousse era bello da togliere il fiato senza occhiali.

Quel pensiero, unito alla posizione compromettente in cui si trovavano, la spaventò e allungò una mano per rimetterglieli. Lui la fermò a mezz'aria, senza spostarsi di un centimetro.

"La-lasciami, togliti di dosso, pervertito!", tentò ma senza provare vera rabbia. La realtà era che adorava sentire quel calore, quel coinvolgimento fisico e spirituale, e non andava bene. Non andava bene per niente.

Mousse rimase fermo e Shampoo si ritrovò a chiudere gli occhi, pensando con orrore che se l'avesse baciata non glielo avrebbe impedito. Sentiva il suo respiro caldo sulla bocca e, d'istinto, la schiuse persino. Poi avvertì solo l'alito del vento e il suo corpo fu libero. Non aveva più gli occhiali in mano e Mousse era in piedi, spazzolandosi la tunica dall'erba e dalla terra. Aveva le maniche sporche di sangue e i lunghi capelli più spettinati dei suoi.

Si sentì quasi oltraggiata per non essere stata baciata e questo la rese di nuovo furiosa. Si alzò in piedi nuovamente desiderosa di fare a pugni, ma in quel momento lui parlò: "Ti senti meglio, ora? Ti ricordo che oggi apriamo anche a pranzo e la vecchia Obaba mi darà il resto se non mi presento al locale, quindi se hai ancora voglia di picchiarmi dovrai aspettare domani", dichiarò.

Shampoo aprì la bocca per rispondergli, ancora più arrabbiata di prima, ma la richiuse e decise di alzarsi. Aveva i vestiti strappati, le mani sanguinanti e petali di ciliegio, fiori e fili d'erba ovunque: "Devo farmi una doccia", fu l'unica stupidaggine che riuscì a dire.

Mousse si volse per guardarla: "Allora vieni con me?".

Non le allungò la mano, né fu particolarmente amichevole nella sua richiesta buttata quasi lì per caso. Eppure, Shampoo vi colse tutti i sottintesi e i non detti di cui era carica.

Vieni con me, lasciati amare. Seguimi, anche se non vuoi ricambiarmi. Lascia che ti renda felice anche solo facendomi picchiare. Io sarò sempre al tuo fianco, qualunque cosa accada.

Ranma era perso per sempre, ma lei avrebbe dovuto continuare a vivere. Per se stessa, innanzitutto. E poi, forse, un giorno...

"Sì, andiamo", rispose velocemente passandogli davanti a testa alta, di nuovo fiera come l'amazzone che era sempre stata.
   
 
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