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Autore: Giandra    16/02/2020    1 recensioni
❧ Crowley/Aziraphale
Crowley si tolse gli occhiali da sole [...] e lo guardò [...], con quegli occhi gialli e penetranti che agli altri sarebbero risultati senz'altro inquietanti ma che per lui ormai erano una rassicurante abitudine. Rivolse la copertina del libro nella sua direzione: « Romeo and Juliet » di Shakespeare.
«Oh!» Aziraphale era piacevolmente sorpreso. «È la mia preferita di William.»
«William? Lo hai conosciuto?»
«Ma sì, era proprio un bravo ragazzo.»
«Aspetta... William... il ragazzo di Henry Wriothesley?»
Aziraphale arrossì e lo guardò storto, prima di girarsi dall'altra parte.
Non poté vederlo, ma fu piuttosto sicuro che Crowley stesse ghignando. «Come la pensate voialtri su queste cose? Non l'ho mai capito.»
«Quali cose, Crowley?»
«Omosessualità e simili.»
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Romeo and Juliet

 
Aziraphale si sentiva veramente bene accanto a Crowley, anche se non lo avrebbe ammesso nemmeno per i successivi dieci secoli — che, sicuramente, avrebbero passato assieme come i precedenti —, specie non a lui, poiché aveva già un ego piuttosto smisurato senza di lui a rincarare la dose.
Semplicemente ormai loro due erano arrivati a un punto in cui condividevano tutto. Si trovavano nel XXI secolo, un'epoca quantomai strana, e non era più raro che Crowley si rintanasse nella sua biblioteca per lamentarsi di quanto gli umani riuscissero a superarlo sempre più brillantemente in quanto a cattiveria, o che Aziraphale si domandasse fino a che punto valesse la pena fare un miracolo a destra se a sinistra, in alto, in basso e nei lati ce ne sarebbero voluti altri dieci. 
In altre parole, erano un diavolo e un angelo piuttosto stanchi del loro lavoro, che ormai compivano quasi esclusivamente quando erano a conoscenza che l'altro fosse nelle vicinanze, per fare scena; o per ricordare a se stessi che fossero effettivamente un angelo e un diavolo.
Si stavano avvicinando sempre di più agli esseri umani, forse perché li preferivano a quelli come loro, specie dopo quella che Crowley chiamava "La-quasi-Apocalisse", dove l'avverbio centrale era più che fondamentale.
Ne avevano passate talmente tante, e adesso si sentivano talmente soli, che la presenza dell'altro per entrambi era diventata indispensabile; o, almeno, per Aziraphale, che quasi contava i giorni quando l'altro andava via dalla sua biblioteca, svegliandosi dai suoi lunghi letarghi — dove se ne stava acciambellato sul suo letto in forma di serpente e, in sporadiche occasioni, permetteva persino all'altro di fargli le coccole; Aziraphale a volte quasi si aspettava di sentirlo miagolare, poi si ricordava di aver sbagliato animale.
Quel giorno, finalmente, tornò. 
«Salve, angelo» lo salutò, entrando dalla porta della sua piccola attività senza bussare, e si spaparanzò comodamente sul suo divano come se fosse a casa propria.
«Ciao, Crowley.»
Aziraphale, nonostante avesse sentito una linfa di felicità scorrergli nelle vene nell'esatto istante in cui l'altro gli aveva parlato, in cui aveva sentito di nuovo la sua voce, principalmente lo ignorò, per non interrompere il lavoro di archivio a cui si stava dedicando. 
Finì solo quasi un'ora più tardi, un'ora di silenzio rilassato nel quale, si accorse, l'altro si era messo a leggere uno dei suoi libri.
Aziraphale rimase a bocca aperta. Non lo vedeva da più di due mesi e non se lo ricordava così... estremamente attraente. C'era qualcosa, attorno a Crowley, un'aura di carisma e di fascino che lo rendeva così dannatamente irresistibile. L'aveva sempre avuta, persino da serpente. In più il corpo che si era scelto non poteva essere criticato praticamente per nulla. 
Su di lui però non aveva mai fatto effetto. O forse gli aveva sempre fatto effetto, e non se ne era mai accorto, e se ne accorgeva giusto ora.
«C-Cosa leggi?»
Crowley si tolse gli occhiali da sole — come faceva a distinguere per bene le parole del testo con quei cosi sulla faccia? — e lo guardò per la prima volta in più di sessanta giorni, con quegli occhi gialli e penetranti che agli altri sarebbero risultati senz'altro inquietanti ma che per lui ormai erano una rassicurante abitudine. Rivolse la copertina del libro nella sua direzione: « Romeo and Juliet » di Shakespeare. 
«Oh!» Aziraphale era piacevolmente sorpreso. «È la mia preferita di William.»
«"William"? Lo hai conosciuto?»
«Ma sì, era proprio un bravo ragazzo.»
«Aspetta... William... il ragazzo di Henry Wriothesley?»
Aziraphale arrossì e lo guardò storto, prima di girarsi dall'altra parte.
Non poté vederlo, ma fu piuttosto sicuro che Crowley stesse ghignando. «Come la pensate voialtri su queste cose? Non l'ho mai capito.»
«Quali cose, Crowley?» 
«Omosessualità e simili.»
L'angelo ruotò il capo di novanta metri, abbastanza da osservarlo e lasciarsi osservare. «Dipende, non la pensano tutti allo stesso modo» rispose.
«E tu come la pensi, angioletto?»
Si accorse che Crowley aveva riposto il libro sul tavolo, con un segnalibro circa a metà delle pagine.
«Io penso che l'amore degli umani sia una cosa meravigliosa» confessò in un sussurro, ma con voce ferma, «ma il mio parere non è niente in confronto al Suo.»
«Ma tanto lui è ineffabile, no? Non lo puoi sapere il suo parere.»
Aziraphale sbuffò. Crowley rise. 
«E tu?» gli chiese il biondo.
Il diavolo si mise le mani dietro la testa e poggiò i piedi sul piccolo tavolino in legno parzialmente ricoperto di libri. «Oh, a me non interessa. Se fa arrabbiare qualche angelo, tanto meglio.»
«Giusto.»
Aziraphale di nuovo si girò, ancora rosso in viso, e gli domandò: «Che ne pensi di "Romeo and Juliet"?»
«Penso che hai di meglio tra tutti questi scaffali.»
«Non ti piace?»
«Non è che non mi piace» chiarì Crowley, «semplicemente, questi due sono due idioti. Ecco il difetto degli umani. Non so chi è peggiore tra coloro che vogliono obbligare gli altri a fare qualcosa e coloro che obbediscono.»
«A volte devono obbedire per forza» ribatté Aziraphale, «o perderebbero la vita.»
«E che vita è una giostrata dagli altri?»
L'angelo stette in silenzio. Rifletté un momento, prima di parlare, perché ci teneva a dire la cosa giusta, perfetta; ci teneva a difendere la sua opera preferita del suo giovane vecchio amico William. «Romeo e Juliet sono ostacolati dai genitori e loro amano i loro genitori, nonostante tutto. Non vogliono disobbedire. Sanno di essere innamorati dell'unica che persona che si chiede loro di odiare. È una tortura, sono vittime di forti conflitti interiori...»
«Sembri capirli piuttosto bene.»
Aziraphale sussultò. «Come?»
Crowley si alzò. «Perché sei tutto rosso in faccia, angelo?»
L'interpellato avvertì le proprie guance andare a fuoco e fissò l'altro particolarmente irritato. «Perché... mi emoziono sempre a parlare di loro due, e...»
«Come mai?»
Era una sua impressione, o Crowley si stava facendo sempre più vicino? Passo dopo passo, strisciava di più nella sua direzione, nella sua vita, come il dannato serpente che era.
«Perché!» esclamò. «Perché tutte queste domande?»
Crowley prima lo scrutò in volto, muovendo il capo in varie direzioni come a coglierne ogni sfaccettatura, poi fece scorrere lo sguardo sulle sue mani che si torturavano a vicenda e sulle gambe incrociate; i suoi occhi caddero sulle sue labbra e infine li incastrò in quelli dell'altro. Dopodiché ghignò, mefistofelico, con l'aria di chi la sa lunga. 
Quando lo guardava così, Aziraphale sapeva che non c'era più niente da dire, ma solo molto da fare.




 
   
 
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