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Autore: _Kalika_    16/02/2020    1 recensioni
*Questa fanfiction partecipa alla challenge Chocolate Box, indetta dal forum FairyPiece - fanfiction&images*
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Se vuoi qualcosa che non hai mai avuto, devi fare qualcosa che non hai mai fatto. [Thomas Jefferson]
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Ma il massimo a cui arrivava il cervello di Eustass Kidd a fine giornata e dopo diverse birre era che voleva baciare l’uomo addormentato accanto a lui, e che voleva farlo in modo non violento. (…)
Kidd voleva baciarlo lentamente per il solo gusto di farlo, per avvicinarsi un po’ a quei lineamenti splendidamente scolpiti, per cedere un po’ di colore a quel volto altrimenti monotono, e tutto ciò era male perché per quanto si sforzasse riusciva a trovarci una sola spiegazione: coinvolgimento emotivo.
Genere: Azione, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Eustass Kidd, Killer, Penguin, Shachi, Trafalgar Law | Coppie: Eustass Kidd/Trafalgar Law
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Coppia: Kidd/Law
Numero Citazione: 2
Se vuoi qualcosa che non hai mai avuto, devi fare qualcosa che non hai mai fatto. [Thomas Jefferson]

 
 
Sentimenti? E poi che altro, amore?
 

«Questa cosa che – hic! – che un’isola ha sempre la stessa stagione tutto l’anno è – hic! – è un sacco utile» Shachi mosse la mano sinistra verso l’alto, allungandola verso la luce di un lampione che illuminava i ciottoli su cui strusciava i piedi. Si appoggiò di peso a Penguin prima di continuare la sua argomentazione. «Non devi comprare tanti vestiti – hic! – perché fa sempre o caldo o freddo.»
«O tiepido» aggiunse convinto l’altro, con quella moderata quantità di alcol in meno in corpo che gli aveva consentito di non collassare sotto il peso del compagno. Alle brutte si sarebbe sempre potuto appoggiare a Bepo o a Ikkaku, che li accompagnavano verso il Polar Tang dopo aver passato la serata su Rogaku Island.
«O tiepido» confermò il rosso annuendo convinto, abbassando finalmente la mano per farla ciondolare a peso morto. «E poi l’autunno di quest’isola è bello… Pensaci, Pen. Pen…saci. Pen. Eheh.» Iniziò a ridere alla sua stessa battuta, costringendo Pen a fermarsi quando, ancora ridente, si staccò da lui per sedersi per terra. Bepo gli si avvicinò premuroso mentre il rosso scuoteva la testa come un cagnolino appena uscito dall’acqua. «Ah, ragazzi… mi sa… mi sa che sono ubriaco.»
La piccola comitiva ridacchiò di fronte alle capacità deduttive dell’amico. «Eh, già.»
«Perché sono ubriaco?» Borbottò Shachi tirandosi su. «Ah… abbiamo incontrato Kidd?»
«Eh, già.» ripetè Pen.
«Aah…»
«No, aspettate» Ikkaku si inserì nella conversazione mentre offriva una spalla su cui appoggiarsi al nakama. «Cosa c’entra Kidd?»
«C’entra, c’entra…» borbottò Pen cercando di organizzare un discorso completo mentre Shachi ricominciava a ridacchiare. «C’entra che ogni volta che quello lì e il nostro fratellino si incontrano in qualche locanda, io e Sha li osserviamo» sentenziò come se avesse appena rivelato la verità sull’ubicazione del One Piece.
«Io osservo il Captain e Sha osserva Kidd» continuò sotto lo sguardo divertito dei compagni «e ogni volta che si insultano..»
«O ammiccano»
«Già, già. Se si insultano o ammiccano o palpano o cose così…»
«Noi beviamo.»
«Noi beviamo. Sì. Se volete potete unirvi a noi la prossima volta.»
Bepo scosse la testa in silenzio, mentre Ikkaku sbuffò una risata. «Non sono sicura di voler sapere che cosa fa quella testa rossa al nostro Capitano»
Pen scosse la testa con enfasi, finendo con lo sbandare a destra e a sinistra. «Aah, gli fa di tutto. Ma il mio fratellino risponde, eccome! Alla fine, sono allo stesso livello. Ma non capisco cosa ci trovi in quello là.»
La ragazza concordò. «Appunto. Non mi sembra il suo tipo. Eppure da quando ha visto la sua nave ormeggiata accanto alla nostra sembrava quasi di buon umore. E ogni volta che si incontrano finiscono col prendersi una camera, e non è un segreto cosa ci facciano dentro.»
«Ah… Io lo so perché gli piace Eustass-ya.» Shachi interruppe all’improvviso facendo ciondolare la testa verso i nakama.
«Perché?»
Il ragazzo guardò i compagni il più serio possibile prima di indicarsi i capelli. «…perché è rosso.»
 
 
 
L’Old Helm Inn non era tra le locande più gettonate sull’isola di Rogaku. Il pub al piano terra era frequentato da gente non esattamente perbene, ma la birra era buona e a buon prezzo. In poche parole, quel locale di nicchia era luogo di ritrovo delle ciurme di quei coraggiosi fuorilegge che, dopo qualche mese di navigazione nel Nuovo Mondo, trovavano Rogaku Island sulla rotta.
Quindi, tra le economiche camere e l’aspetto diroccato, Kidd non si era neanche stupito quando si era accorto dell’assenza di acqua calda nella stanza che aveva affittato qualche ora prima, così come del nido di rondini sulla finestra e quello di topi che, a giudicare dai rumori che sentiva, doveva essere dentro al muro. Con un asciugamano sulla testa e solo un paio di calzoni addosso, l’uomo uscì sbuffando dal bagno della camera. Era notte fonda, ma non faceva freddo. Si avvicinò alla finestra e la aprì di uno spiraglio, poi accese la lampada sul suo comodino. E allora lo notò.
«Ma che cazzo!»
Trafalgar Law, che dopo l’amplesso di quella notte non se n’era andato dalla stanza mentre Kidd si lavava, dormiva invece nel letto. Nel letto della camera che Kidd aveva pagato.
 E non era neanche la prima volta! Quel dottorino del cazzo aveva l’anima di un bastardo che non si faceva problemi a scroccare da dormire, sapendo che avrebbe potuto ripagare con una bella scopata. Ma appunto perché erano solo scopamici, Kidd non riusciva proprio a capire che diavolo gli costasse prendersi un’altra camera di quella baracca. E per due soldi, poi!
Ma ormai il danno era fatto, e Kidd non aveva proprio voglia di svegliarlo e sorbirsi chissà quale sermone riguardo qualcosa su cui aveva ragione. Suo malgrado si infilò nel letto, si mise su un fianco e, non avendo sonno, si mise a osservare l’altro pirata.
Trafalgar Law era indubbiamente attraente. Se non si consideravano quelle perenni occhiaie che gli davano un’aria costantemente annoiata, aveva sicuramente un bel viso e non era un segreto che fosse desiderato da molti. Questo pensiero aleggiava nella mente di Kidd – probabilmente nell’inconscia volontà di compiacersi di essersi fatto un uomo del genere, o come blanda motivazione al perché non lo avesse ancora spinto a terra per dormire in tutto il letto che si era pagato – quando un particolare lo colpì.
Trafalgar aveva delle belle labbra. Erano molto diverse dalle sue, sottili e tinte di rosso; quelle di Law erano un po’ più carnose, e avevano una tonalità tenue quanto il resto del suo viso. Normalmente le avrebbe considerate anonime, e invece adesso aveva voglia di baciarle. E a quel pensiero, si allertò.
 
A Kidd, Trafalgar Law piaceva e neanche poco. Eustass era un uomo che sapeva quel che voleva, e quando per la prima volta aveva messo gli occhi su quel culo perfetto e quelle gambe chilometriche, aveva capito che una bella scopata con lui se la sarebbe fatta volentieri. Così era stato, e i loro incontri iniziavano a non potersi più contare sulle dita delle mani; e nessuno dei due sembrava esserne seccato.
Ma la questione era che a Kidd, di Law, quasi quasi piaceva anche il carattere. Perché se da una parte era un cinico bastardo divora-libri che mai e poi mai qualcuno avrebbe potuto trovare interessante o dalla compagnia anche solo minimamente piacevole, dall’altra parte quella sua aria di superiorità e la sua lingua viscidamente tagliente gli permettevano di non offendersi agli insulti di Kidd, e anzi di rispondergli per le rime. E per quanto questo lo facesse arrabbiare, Eustass non era stupido e riconosceva che una persona in grado di fornirgli un continuo testa a testa era molto, molto meglio di un uomo o una donna strisciante ai suoi piedi pronto ad ammirarlo e a dire sempre di sì. Aveva già la sua ciurma per quel genere di cose.
Insomma Eustass non era stupido, ma non era neanche un genio. E se avesse avuto un minimo di spirito d’osservazione in più, si sarebbe potuto accorgere che tutta quella faccenda sul carattere impossibile e sugli insulti reciproci non era totalmente a senso unico. Perché se Kidd e Law continuavano a incontrarsi durante i loro itinerari, a incrociarsi nelle locande, a prendersi per il culo e poi inevitabilmente a copulare in una camera delle suddette locande, e se nessuno dei due aveva mai voluto tagliare i ponti a quella strana scopamicizia che loro malgrado diventava sempre più intima, allora forse qualche legame c’era. E se Kidd ci si fosse messo a pensare su almeno un attimo, si sarebbe accorto che di partner occasionali Law avrebbe potuto ottenerne in ogni locanda in cui metteva piede, se avesse voluto.
Ma il massimo a cui arrivava il cervello di Eustass Kidd a fine giornata e dopo diverse birre era che voleva baciare l’uomo addormentato accanto a lui, e che voleva farlo in modo non violento. Non desiderava mordere le labbra carnose dell’altro fin quasi a farle sanguinare, non desiderava ingaggiare un duello tra le lingue che avrebbe loro tolto il respiro. Non desiderava fare tutto ciò mentre con le sue mani palpava e saggiava il suo corpo fremente.
No, Kidd voleva baciarlo lentamente per il solo gusto di farlo, per avvicinarsi un po’ a quei lineamenti splendidamente scolpiti, per cedere un po’ di colore a quel volto altrimenti monotono, e tutto ciò era male perché per quanto si sforzasse riusciva a trovarci una sola spiegazione: coinvolgimento emotivo.
Eustass Kidd era un uomo di mondo e non riusciva a capire perché mai il piacere umano dovesse andare il piano fisico. Eppure adesso si rendeva conto che l’idea di andare a letto con qualcuno che non fosse Law non gli andava più così a genio. Poteva ripetere quanto voleva che era perché quel bastardo soddisfava pienamente i suoi bisogni e le sue fantasie sessuali – e in effetti era così –, ma non avrebbe mai convinto sé stesso.
Ma tanto, finché continuavano a vedersi e insultarsi e scopare, che importava?
E anche se Kidd era solito affrontare ogni questione di petto, questa volta si limitò a girarsi sul fianco opposto e chiudere gli occhi.
 
 
 
«Vuoi qualcos’altro oltre al caffè? Biscotti?»
Law si portò la tazza di caffè – o ciò che la donna al bancone chiamava caffè – alle labbra, soffiandoci appena sopra prima rifiutare l’offerta. «Basta il caffè. Non mi serve altro.»
«Neanche un po’ di pane?»
«Specialmente il pane. E metta il caffè sul conto della camera 103.»
La barista si allontanò e il pirata poté rilassarsi e concentrarsi sul suo caffè, che contro ogni pronostico non era affatto imbevibile. Controllò l’ora: mancava qualche minuto alle 7.
La città iniziava ad animarsi, ma il Pub era quasi deserto. Quale pirata o navigatore che aveva deciso di fare tappa su un’isola si sarebbe mai svegliato di prima mattina, dopotutto? Non fosse stato per la sua fisiologica incapacità di dormire per più di cinque ore di fila, avrebbe approfittato anche lui dell’occasione.
Ma probabilmente doveva essere già grato del fatto che si fosse svegliato su un comodo materasso e non per terra. Con Eustass-ya accanto a te, gli suggerì una flebile vocina nella mente che si sbrigò a far tacere.
Ormai era la quarta volta che provava il trucco della sera precedente per passare la notte a spese del rosso, e aveva sempre funzionato. Stava quasi diventando un’abitudine, pensò con un ghigno sulle labbra.
Bevve un altro sorso del caffè quando dei passi pesanti scesero dalle scale con ritmo fin troppo accelerato e interruppero le sue elucubrazioni mattutine.
«Trafalgar!» Il pirata alzò lo sguardo al riconoscere la voce di Kidd, che però lo chiamava non tanto con la nota di rabbia che aveva immaginato, quanto più irritato e agitato. Il rosso era truccato di tutto punto ma mentre scendeva si stava ancora infilando il cappotto, come se fosse stato chiamato mentre non aveva ancora finito di prepararsi. Prima ancora di aver finito le scale, riprese a ringhiare: «Il tuo pinguino ti sta cercando, è in pericolo!»
Teneva in mano il cappotto e il Den Den Mushi di Law, quest’ultimo accesso, e glieli lanciò non appena lo individuò.
Law occhieggiò per un istante il Den Den Mushi preoccupato prima di rispondere con voce chiara: «Pen?»
«Captain! Abbiamo dei problemi!»
Si sentirono in lontananza il rumore di detonazioni e di Pen che correva, dei passi sul terriccio, poi il pirata riprese a parlare. «Ci sono due Pacifista! Hanno trovato il Polar Tang e la Victoria Punk.» Urlò qualcosa di incomprensibile prima che il segnale si ristabilisse. «Ci attaccano!»
Law si precipitò fuori dalla locanda seguito a ruota da Kidd. «Quanti siete?»
«Io, Shachi e Ikkaku! Bepo è andato a vedere se c’è qualcuno sulla Victoria ma non è ancora tornato.»
Kidd si avvicinò al Den Den Mushi. «Non troverà nessuno! I miei uomini sono tutti sull’isola!»
«Cosa facciamo allora?» Altre esplosioni.
«Se potete, allontanateli dalle navi o divideteli. Siete in grado di sconfiggerne uno se non ha aiuti esterni. Noi arriviamo il prima possibile.»
«Ricevuto!»
Law aprì la Room prima ancora di chiudere la chiamata. «Non posso includere tutta l’isola nella Room o non avrei forze per combattere una volta arrivati sul posto. Faremo diversi viaggi.»
Kidd alzò il braccio destro, e in attimo vari tubi e attrezzi di metallo si unirono al suo arto. «Vorrà dire che farò rifornimento ad ogni tappa. Ma sbrigati! La mia nave è in pericolo!»
Il pirata Heart poggiò una mano su Kidd per consentire lo Shambles «Anche i miei nakama» sibilò mentre attivava il suo potere.
 
 
 Il Polar Tang e la Victoria Punk erano ormeggiate in una piccola baia lontana dalla città e priva di installazioni umane. Apparentemente era sembrato un ottimo punto per buttare l’ancora senza farsi notare, e in effetti sarebbe stato davvero efficace se nessuno avesse avuto come obiettivo scovare minacce nascoste.
Ma a quanto pare i Pacifista mandati da Vegapunk in giro per il mondo avevano esattamente quello scopo, quindi si erano subito attivati non appena avevano riconosciuto non una, ma ben due imbarcazioni pirata.
«Il Polar non  può sopportare molti di quei raggi laser.» Nascosto da alcuni arbusti presenti sulla spiaggia, Penguin valutava la situazione ad alta voce.
I Pacifista sembravano rispondere a qualsiasi stimolo proveniente dalle navi o dai pirati. Quando Bepo era uscito dal Polar Tang per raggiungere a nuoto la Victoria Punk, i nemici avevano immediatamente risposto cercando di colpirlo, ed era stato necessario che Pen facesse da esca, scendendo anche lui dal sottomarino e distraendo i cyborg nuotando fino al bagnasciuga. I Pacifista lo avevano colpito con un raggio al braccio, che ora sanguinava copiosamente, ma era l’ultimo dei suoi problemi. Prima o poi il suo nascondiglio sarebbe stato scoperto e se così non fosse stato, allora il Polar Tang sarebbe stato affondato con Shachi e Ikkaku sopra.
Dividere i Pacifista era impossibile, ma forse potevano farli concentrare su obiettivi diversi per evitare di essere colpiti da due nemici contemporaneamente. Dopotutto i pirati presenti erano quattro, ma i nemici non lo sapevano ancora.
Era l’unica possibilità. Pen iniziò ad avvicinarsi alla Victoria mentre contattava Bepo e Shachi per esporre il piano.
«L’obiettivo è sconfiggerne uno, così potremo occuparci dell’altro con meno problemi.»
«Sono d’accordo. Non credo ci siano altre opzioni.»
«Infatti. Contate fino a 10 e date il via al piano.»
Bepo fu il primo a muoversi. Attirò l’attenzione dei Pacifista dalla sua posizione sulla Victoria, e loro non appena lo individuarono iniziarono a sparare nella sua direzione. Si lanciò in acqua e iniziò a nuotare verso la riva. I raggi laser lo sfioravano ogni volta che riemergeva per prendere aria, ma continuò imperterrito a nuotare.
A pochi secondi di distanza, Ikkaku ripetè le azioni di Bepo dal Polar Tang.
Entrambi i Pacifista la puntarono e iniziarono a sparare, salvo poi concentrarsi su Bepo quando questo riemerse dall’acqua. E intanto Ikkaku si era già tuffata in mare, diretta anch’essa verso la spiaggia.
Avendo due obiettivi a disposizione, i Pacifista tentennavano. Andava tutto secondo i piani.
Nel momento in cui Bepo arrivò a riva, Penguin uscì urlando dal suo nascondiglio. Il Pacifista a lui più vicino lo puntò, quello più lontano si concentrò invece su Ikkaku.
Adesso inizia la parte difficile, rifletté Pen. Distrarre i Pacifista per non far loro notare l’arrivo del quarto del gruppo.
Penguin corse verso il suo nemico, saltò, cercò di arrampicarsi su di lui. Arrivò sul suo braccio, certo che non sarebbe stato colpito dal suo raggio. Ma non aveva considerato la forza mostruosa del Pacifista, e si accorse dell’errore solo quando sentì Bepo urlare il suo nome e poi la sua gamba destra venire stritolata dalla mano gigante del nemico. Soffocò un grido e la vista gli si appannò per un momento, ma continuò a salire sul corpo del cyborg fino ad arrivare al collo. Ci mise le gambe attorno e coprì gli occhi al Pacifista, che reagì all’istante muovendosi in modo irregolare per cercare di far cadere il pirata.
Ikkaku, intanto, era quasi arrivata alla riva. Bepo attirò l’attenzione del secondo Pacifista, che iniziò a puntarlo e sparargli contro, e la ragazza ne approfittò per correre dietro le spalle del nemico e assestare un fendente lungo la schiena con la sua katana. Sapeva di non essere in grado di lacerare con un solo colpo il corpo metallico del cyborg, ma iniziò a colpire ripetutamente il nemico. Questi lasciò perdere Bepo e cercò di individuare la sua posizione, e allora lei gli scivolò tra le gambe e continuò a colpire. Cercò di tagliargli le caviglie, ma il Pacifista sembrò non perdere neanche un grammo del suo equilibrio. Tuttavia a causa della sua stazza non riusciva a capire dove si trovasse Ikkaku, che stava usando tutte le sue energie in quella raffica di fendenti. «Bepo, vai da Pen!»
Bepo obbedì, vedendo che Ikkaku se la cavava bene. Raggiunse l’altro Pacifista, a cavallo del quale Pen restava stoicamente aggrappato per impedirgli di vedere. Sicuramente aveva altri sensori per individuare le minacce vicine, dato che cercò di sparare al visone, ma questo non gli impedì di entrare nella guardia del nemico e colpirlo a entrambe le gambe. Il cyborg cadde sulle ginocchia con un tonfo e come risposta all’attacco iniziò a lanciare raggi in tutte le direzioni. Bepo sentì la sua pelliccia bruciarsi in più punti ma continuò il suo attacco, speranzoso di riuscire a finire in breve tempo il primo Pacifista.
Poi, un urlo.
La voce di Ikkaku che si modulava in uno straziante e arrabbiato «No!», e né Penguin né Bepo capirono subito il suo motivo. Poi lo videro, a pochi metri dall’acqua, barcollante. Shachi, con un buco sulla parte destra dell’addome il cui sangue aveva già raggiunto le estremità della tuta bianca. Mosse un altro passo e crollò a terra, e un istante dopo un altro raggio laser colpì il punto in cui era caduto, sollevando una nuvola di sabbia da cui non si riusciva a distinguere niente.
Impossibile per i due Heart capire da quale dei Pacifista fosse venuto il colpo. Ikkaku invece lanciò un altro grido e si pose di fronte al suo Pacifista, in un azzardato affondo verso il collo del cyborg. Lui si limitò a prenderla per il busto e lanciarla via, facendola atterrare a pochi metri da Penguin e Bepo.
Penguin sentì il dolore del suo corpo accendersi tutto in una volta. Mentre il Pacifista analizzava la situazione e si avvicinava verso il compagno inginocchiato, il pirata si accorse che era difficile respirare.
Con la coda dell’occhio recepì Bepo che tentava di colpire il nemico e veniva cacciato indietro senza pietà. E il Pacifista avanzava verso di lui, perché era la minaccia maggiore al momento: era quello che stava impedendo al suo alleato di vedere cosa stesse succedendo.
Una volta che fosse stato allontanato dagli occhi del nemico, allora entrambi i Pacifista sarebbero tornati a piena potenza e non ci sarebbe stato nessun brillante piano da mettere in atto.
Il Pacifista aprì la bocca per emettere un raggio verso di lui, e Penguin ebbe solo il tempo di allungare gli occhi su Shachi, ancora inerte in una pozza di sangue. Qualunque cosa fosse successa, non avrebbe mai lasciato la presa sugli occhi del cyborg.
Il Pacifista finì di caricare il colpo. Prese la mira.
Poi sparì.
Sentì il rumore di un’enorme collisione, poi il familiare suono della Room di Law. Abbassò lo sguardo, e vide in che condizioni era la sua gamba, ormai violacea e piegata in maniera innaturale. Era confuso, ma capiva che le cose stavano andando per il meglio.
E mentre il rumore della Room si ripeteva un’altra volta provò a muovere la gamba rotta, apparentemente senza motivo, e una scarica di dolore si diramò per tutto il suo corpo fino al cervello. La vista divenne nera e perse ogni cognizione dei suoi pensieri.
 
 
Kidd assestò il colpo finale, che staccò di netto la testa all’ultimo Pacifista.
«Ah! Finalmente ce ne siamo liberati! Pensavano davvero di poter competere con noi?!»
Esaltato dalla vittoria Kidd si mise a camminare di fianco a Law, che procedeva spedito verso il punto in cui i suoi nakama stavano fornendo un primo soccorso a Shachi e Pen.
«Oi oi! Che ti prende? Sei preoccupato per la tua ciurma?»
Trafalgar lo guardò di striscio. «Naturalmente. Sono stati feriti gravemente. Ma non so se un rozzo come te può capire, Eustass-ya.»
«Che ragionamento del cazzo è?» Lo prese per una spalla, costringendolo a rallentare il passo. «Non eri il miglior medico del mondo? E allora di che ti preoccupi? Tanto li puoi salvare!»
Il capitano degli Heart sbuffò una risata nervosa. «È un modo di pensare molto superficiale.»
Il rosso scrollò le spalle. «Sarà. Ma è giusto. E risparmia preoccupazioni.»
Eustass Kidd non era affatto abituato ai sentimenti, quindi non capì perché gli venne voglia di sorridere non appena si accorse di aver appena avuto una sorta di conversazione normale con Law. Eppure capiva benissimo che cosa voleva fare in quel momento.
E dato che Eustass era abituato a prendersi ciò che voleva, non esitò neanche un istante a prendere di nuovo per le spalle Trafalgar e, non appena questo si girò, a poggiare senza preavviso le labbra sulle sue, premendo flebilmente. Una mano si appigliò ai capelli corvini dell’altro, che inaspettatamente rispose al bacio. Schiuse appena le labbra e la lingua di Law si intrufolò furtiva nella sua bocca senza trovare alcun ostacolo, e allora Kidd si accorse che era troppo dolce. E per quanto non gli dispiacesse, si rendeva conto che era decisamente troppo strano per lui. Allora si avvicinò ancora di più al moro con il proprio corpo e intensificò il bacio, cercando di contrastare la lingua dell’altro, poi ritirandola e mordicchiandogli le labbra. Ma se avesse avuto gli occhi aperti avrebbe saputo che Law lo aveva sempre osservato, e non si era perso neanche per un secondo l’espressione rilassata e felice che il rosso aveva quando aveva iniziato quel singolare contatto.
E così il chirurgo si staccò poco dopo, fingendo la solita indifferenza, e aumentò il passo verso i suoi nakama.
Eustass Kidd osservò la sagoma dell’uomo che camminava sulla sabbia e non seppe se compiacersi o maledirsi per la cazzata che aveva appena fatto.
 
 
 
Nelle ore serali, l’Old Helm Inn era traboccante di gente tanto quanto la camera di Law lo era di libri. Law, Ikkaku, Kidd e Killer erano seduti a un tavolo, impegnati a trangugiare le numerose portate che avevano ordinato.
«Come stanno Pen e Shachi?»
«Pen sta benone» rispose Ikkaku a Killer con un lieve sorriso. «Law gli ha sistemato gamba e braccio in un istante, ma ha bisogno di fare un po’ di esercizi per riprendere a muoversi come prima. Shachi invece è stato più complicato» sospirò poi. «L’intervento è durato parecchie ore. Mi ha ricordato quella volta con Mugiwara…» scosse la mano come per allontanare un brutto pensiero, poi riprese a raccontare «..ma ormai sono passati due giorni. Dorme la maggior parte del tempo, ma sta bene.»
La ragazza prese un lungo sorso di birra mentre Killer rifletteva ad alta voce. «Certo che siete stati sfortunati. Due Pacifista da affrontare voi quattro… e poi chi se lo aspettava che lo avrebbe colpito subito!»
«Oh, beh» Ikkaku addentò una coscia di pollo mentre iniziava a parlare, e Law sospirò di fronte alla totale mancanza di buone maniere che gli Heart Pirates avevano trasmesso anche alla donna del gruppo. «In realtà avremmo dovuto aspettarcelo. Insomma, pensavo che continuando ad attaccarlo l’avrei distratto, ma non è che avessimo potuto testare la teoria.»
«Comunque probabilmente è solo questione di tempo prima che la distruzione di due Pacifista venga segnalata.» Si introdusse Law nella conversazione «Noi partiamo domani mattina.»
«Sì, anche noi!» Killer rispose con entusiasmo. Nonostante non fosse mai stato particolarmente espansivo, messo accanto a Kidd che quella sera sembrava particolarmente taciturno, Killer pareva essere la felicità fatta persona. «Ormai le riparazioni della nave sono finite, quindi partiamo il prima possibile.»
Law annuì, e per il resto della serata si limitò a seguire le conversazioni che spaziarono sui più vari argomenti.
 
 
Gli Heart Pirates e i Pirati di Kidd erano sparsi sulla lunga spiaggia, chi salutando gli amici dell’altra ciurma, chi già preparandosi a salire sulla propria imbarcazione.
Kidd osservava i due gruppi mescolarsi con la testa persa in ben altri pensieri. Il bacio che aveva impulsivamente rubato a Law la mattina dello scontro era stato più intenso e piacevole di quanto immaginava. Eppure non riusciva in nessun modo a dare una spiegazione a tutto ciò: aveva usato meno lingua, meno impeto e meno sensualità di sempre. E allora, perché? Perché era stato così bello, anche se non aveva motivo d’esserlo?
Sapeva di starsi perdendo in questioni del cazzo che non lo avrebbero portato da nessuna parte, ma gli risultava difficile ignorare ciò che i suoi sensi avevano provato. Ma visto che non era in grado di darsi una risposta, aveva deciso di seppellire tutti i suoi pensieri e tornare a essere quello di sempre senza porsi più domande.
Peccato che quei maledetti pensieri gli tornassero in mente ogni volta che vedeva Law. Quel bastardo non avrebbe mai smesso di procurargli problemi.
E con quest’ultimo pensiero Kidd si accorse di aver camminato fino ad avvicinarsi ai Pirati Heart, e più precisamente a Law, che stava fissando da chissà quando.
Eh no, cazzo. Basta con ‘ste stronzate.
Con tali delicati pensieri, non appena Trafalgar ricambiò il suo sguardo con un’occhiata passiva, Kidd semplicemente si voltò e iniziò a camminare verso la sua nave, allontanandosi dalla massa di pirati.
«Ehi, Kidd! Vieni a salutare!» Killer lo chiamò, lui non rispose né cambiò andatura.
«Eustass-ya?» La voce atona di Trafalgar gli arrivò alle orecchie. Kidd si limitò a sollevare una mano in segno di saluto.
Shambles.
Trafalgar Law si trovava ora davanti a Kidd, e lo osservava serio. Il rosso ricambiò lo sguardo con cipiglio infastidito.
«Eustass-ya.»
Poi Law si alzò sulle punte e baciò Kidd, posandogli le braccia attorno al collo. Perché esattamente come Kidd, anche Trafalgar Law andava a prendersi ciò che voleva, e ciò che voleva in quel momento era un bacio.
Non violento ma neanche troppo delicato, non eccitante ma neanche smielato: una perfetta via di mezzo che Eustass ricambiò con enfasi e con una punta di felicità che non avrebbe mai ammesso a nessuno di aver provato. Le loro labbra si allontanarono e poi Law le riavvicinò di nuovo per un breve momento, come a cercare, inutilmente, di riprendersi quel frammento di anima che aveva lasciato dentro di Kidd. Si avvicinò all’orecchio del rosso e sorrise, sapendo che nessuno l’avrebbe visto, mentre sussurrava: «Ci vediamo alla prossima isola, Eustass-ya.»
Poi si allontanò da lui e aveva la stessa espressione atona di sempre, come se non fosse successo niente. E invece qualcosa era successo, qualcosa di nuovo per entrambi i pirati. E avevano appena tacitamente deciso di far crescere per davvero quella miscela di stronzate e sentimenti che qualcuno chiamava amore.
 
 
Penguin era appoggiato al parapetto del Polar Tang, un binocolo in mano e l’espressione stupefatta. «Che roba, Sha…» Corse verso l’interno dell’imbarcazione alla ricerca della camera del compagno. «Sha! Abbiamo di che ubriacarci per mesi!»
 
 
 
 
 
 
***Angolo dell’autrice***
Dire che ho il fiatone è dire poco! Ho scritto circa quattro quinti della storia nella giornata di oggi, e ciò significa che ho scritto per qualcosa come 8 ore… quindi non rispondo pienamente di ciò che ho scritto, abbiate pietà.
Sono consapevole che la scena del combattimento è davvero penosa, magari se avrò l’ispirazione giusta la sistemerò. Ma al momento sono già felice di aver finito la Ff in tempo per la Chocolate Box Run.
Come sempre vi invito a lasciarmi una recensione se volete farmi sapere cosa ne pensate della storia o se avete qualche consiglio o critica!
A presto,
Kalika
   
 
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