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Autore: Melanto    17/02/2020    4 recensioni
[Soulmate Series - #5.6]
La Famiglia.
Mamoru e Yuzo le attribuiscono ruoli completamente differenti.
Per Mamoru è il suo 'guardaspalle': qualcuno che può lasciare indietro, ma su cui sa di poter contare e che non è lì per tarpargli le ali, quanto per aiutarlo a spiegarle.
Per Yuzo è il nido che saprà sempre tenerlo al sicuro, quando fuori c'è la tormenta, e di cui essere grato ogni giorno.
Fiducia. Rispetto.
Proprio la famiglia è al centro di questa piccola raccolta: cinque one-shot per nove personaggi... e cinque aspetti fondamentali dei rapporti famigliari.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Mamoru Izawa/Paul Diamond, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Soulmate Series'
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Family... forgiveness

Note Iniziali: ed ecco finalmente la shottina sul ‘perdono’ che sarebbe dovuta arrivare la settimana scorsa. XD

Ma qua le storie fanno quello che vogliono, mi mettono nei guai e io devo correre ai ripari!

Che pazienza! \O/

 

Buona lettura :*

 

 

...forgiveness

Soulmate series - #5.6.3

 

 

 

 

Per tutto l’allenamento era stato nervoso.

Parte della sua testa – e il cento per cento del suo corpo – era rimasta ancorata alla presenza di Mamoru, al suo profumo, alla voce, al tocco delle mani. L’altra parte era stata occupata dal rientro a casa di quel pomeriggio: quando avrebbe aperto la porta e avrebbe trovato di nuovo suo fratello.

Non si erano più sentiti, neppure per messaggio, dal sabato mattina in cui l’aveva raggirato alla stazione. Era stato tentato di chiamarlo, ma poi la presenza di Mamoru e la voglia di passare insieme ogni istante aveva assorbito tutte le sue attenzioni. Infine, doveva ammettere di avere una paura fottuta di trovare Shuzo arrabbiato, offeso o comunque risentito nei suoi confronti. Certo, suo fratello si era scusato nel messaggio che gli aveva mandato mentre era sul bus, ma poi… E se l’avesse detto tanto per dire e il rapporto tra loro fosse cambiato? Magari divenuto più freddo, distante.

Anche nelle migliori famiglie ci si spezzava con un niente.

Per tutto questo, Yuzo era rimasto teso come una corda di violino, tanto che addirittura il preparatore dei portieri gli aveva fatto notare la sua legnosità.

Troppo riposo, eh? Aveva ridacchiato, sornione. Se solo avesse saputo che sì, si era felicemente intrattenuto, ma con Mamoru Izawa, per un giorno e tre quarti in cui l’unica attività non sessuale che avevano fatto era stata mangiare, magari gli sarebbe preso un colpo. O gli avrebbe fatto l’applauso.

Anche a quello aveva ripensato durante l’allenamento, ma non era diventato legnoso per colpa di un durello!

Lui e Mamoru erano stati imbarazzanti. Forse a causa del fatto che non si vedessero da tre mesi e avessero le pile caricate a palla, ma davvero non si erano dati tregua. E, come sempre accedeva quando Mamoru si prefiggeva un obiettivo, lo portava a termine: avevano quindi fatto sesso dappertutto, in quella casa, varandola come con una nave. In cucina, sul divano, nella vasca, a terra, contro il muro del corridoio, in camera. Non c’era stato un posto che non si fosse salvato dalla loro passione. Tanto che quando si erano salutati sulla porta e lui si era proposto di accompagnarlo almeno al parcheggio, Mamoru aveva rifiutato, abbozzando un sorriso.

«Meglio di no. O finisce che ti carico in macchina e ti porto via.»

Anche lui aveva sorriso, con la tentazione di dargli un ultimo bacio, ma erano già sulla soglia di casa; c’era il mondo fuori, a cominciare dai vicini. Aveva avuto la sensazione che Mamoru desiderasse quell’ultimo contatto e allo stesso modo si aspettasse di non riceverlo. La separazione era stata devastante, più del sesso. Si era sentito così solo da desiderare di avere attorno suo fratello, ma chiamarlo sarebbe stato egoista visto che era stato proprio lui a mandarlo via. Così aveva vagato per casa, sistemato, pulito, cambiato le lenzuola del letto e fatto il bucato. Eppure, l’odore di Mamoru era rimasto, lui era riuscito a percepirlo ovunque, anche addosso dopo aver fatto la doccia. Ed erano rimaste le memorie che avevano richiamato momenti di fuoco per tutta la casa. Ovunque si girava, divampava l’incendio.

Quella notte non era riuscito a dormire. Sarebbero dovuti trascorrere un paio di giorni prima che tutto tornasse alla usuale e solitaria normalità. Poi, il mattino aveva portato la ventata d’ansia dovuta al rientro di Shuzo, giusto perché non aveva già abbastanza cui pensare.

«E così mi è capitato di incontrarla fuori dall’ospedale, mentre andavo a trovare il mio nipotino, e con la scusa di farglielo vedere, ne ho approfittato per fare due chiacchiere.»

«E…?»

Takeshi nascose il sorriso imbarazzato nel girare il viso dal lato opposto con finta distrazione. «L’ho invitata a uscire.»

«Finalmente!» Yuzo rivolse un rassegnato sospiro al cielo. Aveva il borsone caricato sulla spalla, mentre camminavano lungo la via di casa dopo l’allenamento. La vita a Shimizu-ku aveva fatto loro compagnia nel gradevole traffico serale del centro, dove fila di macchine andavano e venivano da Shizuoka City.

«Non era così facile come credi.»

«Invece sì. Ti è bastato chiederglielo e lei ha accettato.»

«Sì, ma non sei tu quello innamorato perso di lei.» Takeshi sospirò. «Ero convinto mi dicesse no.»

«Ma se ti abbiamo sempre detto che Kumi chiedeva di te quando non c’eri?»

«Be’, ma che c’entra? Magari chiedeva per cortesia.» Takeshi scrollò il capo. «E poi siamo usciti solo due volte… una cena, un gelato. Non credo sia cambiato molto.»

«Non fasciarti la testa. Vedi come si evolvono le cose e nel frattempo che sei qui chiamala e scrivile. Così le fai capire di essere davvero interessato.»

«Lo farò, questo è certo.» Takeshi annuì. «Con tanti ringraziamenti a mia sorella che ha partorito con un tempismo perfetto! Mio nipote mi ha portato fortuna!»

«Allora dovrai essere un ottimo zio.»

«Farò del mio meglio. Ma dimmi del tuo week-end: com’è andato?» Takeshi gli diede di gomito e lui si irrigidì. «Ti ho visto un po’ stanco. Ti sei tenuto impegnato?»

«Ah, i-io… ecco… è che è arrivato mio fratello.»

«Ma non doveva trasferirsi il prossimo mese?»

«Sorpresa.»

«Dai! Grandioso! Lo troveremo a casa, allora?»

«Credo di sì, non so se è già in giro. Devi capire che è un tipo un po’ particolare.»

«A me non è sembrato tanto male.»

Ovvio, pensò Yuzo, solo perché Takeshi era un semplice ‘amico’, quindi suo fratello non aveva avuto motivo di sfoggiare il peggio del proprio repertorio.

Arrivati davanti casa, le luci accese del salotto confermarono che Shuzo era tornato e Yuzo prese un profondissimo respiro. Takeshi lo anticipò nell’aprire sia il cancello che la porta, quindi fu il primo a entrare in casa.

«E se questo profumo non è di cibo preso al take-away, direi che quello più felice di saperti con noi sarò io!» esordì. «Tra te e Yuzo, penso di essere finito nella migliore cucina casalinga in cui potessi sperare. Non rimpiangerò mia madre!»

Takeshi rise, Shuzo gli andò incontro per accoglierlo. Lui ebbe un sussulto.

«Bella, Takeshi. Felice di rivederti.»

«Mai quanto me, credimi. Che hai cucinato?» Si scambiarono un ‘cinque’ blando che sfumò in pugno. Takeshi aveva già il naso per aria.

«Sto facendo takoyaki e shirataki udon con verdure e salsa tom-yum

«Gli dèi benedicano i fratelli Morisaki. Ragazzi, sono disposto a pulire il cesso due volte a settimana, purché cuciniate voi! Farò crepare di invidia Ryo! Urabe dice che è negato in maniera totale.» Takeshi sghignazzò, poi si soffermò su un particolare. «Ehi! E questa sobrietà di colori? Non avevi un arcobaleno in testa fino a poco tempo fa?»

Fino a sabato, avrebbe voluto sottolineare Yuzo, ed era il motivo per cui era trasalito appena entrato in casa: Shuzo aveva tagliato i capelli in un mohawk molto ordinato e sfumato, non troppo lungo. Della tinta arcobaleno mezza slavata non era rimasto nulla. Sembrava quasi una persona seria e, soprattutto, la loro somiglianza ne era uscita ancora più marcata.

«Sì, ma oggi ho parlato con il maestro.» Shuzo si strinse nelle spalle. «Abbiamo chiarito un po’ di posizioni riassumibili in: lui ordina, io eseguo

«Ahia! Non suona per niente bene, sembriamo noi col mister. Benvenuto nella vita da subordinato!» Takeshi gli diede una pacca al braccio e lo superò muovendosi verso le scale. «Vado a posare la roba e a fare una telefonata. Se non sono ancora sceso per quando è pronto, datemi una voce!»

Il difensore della S-Pulse sparì in fretta al piano superiore, mentre quello inferiore divenne solo loro. Yuzo era fermo con le spalle alla porta di casa, mentre Shuzo aveva infilato le mani nelle tasche dei pantaloni della tuta e lo fissava con quell’aria arrogante di chi si aspettava la prima mossa. L’aveva uguale a quando era bambino: sogghigno, mento sollevato. Un’espressione che il proprio specchio non avrebbe mai restituito. Shuzo sapeva sempre come fargli pesare l’errore, anche senza dire nulla.

Yuzo passò una mano dietro al collo, schivò lo sguardo inquisitore. «Mi spiace per i capelli.»

«Pazienza.»

«Allora è davvero così severo il maestro?»

«Mah, più che severo, è il prototipo dei rompicoglioni vecchio stile, sai, quelli che non si mangiano una risata nemmeno pregando gli dèi.» Shuzo gli passò davanti, deviò per la cucina e riempì l’aria con un gesto della mano che riassumeva noncuranza.

Yuzo gli tenne dietro, dopo aver lasciato il borsone accanto alla porta. Osservò Shuzo raggiungere i fornelli e dare una rigirata agli udon, prima di spegnere la fiamma. Poi passò la mano sopra la piastra dei takoyaki per valutarne il calore. Ci spruzzò dell’olio alla rinfusa e lo distribuì in maniera più uniforme con un pennello da cucina. Yuzo si fermò poco distante, rimase a osservarlo. Ai fornelli erano piuttosto bravi, per tutte le volte che avevano aiutato la mamma quando era impegnata tra clienti e lavori. Erano diventati autonomi in fretta e in cucina si erano sempre divertiti parecchio – compresi i tentativi involontari di mandare tutto a fuoco.

«Severo o no, non voglio che cerchi di cambiarti.»

«Ma non vuole cambiarmi.» Shuzo lo guardò con una luce di sfida negli occhi. «Vuole vedere fino a quanto resisto. Sta testando la mia volontà, il che significa che la faccenda dei capelli è stata solo l’inizio. Ma se pensa che io molli così in fretta, vuol dire che starà a me insegnargli la testa dura della nostra famiglia.»

«Lo hai messo in guardia?»

«Sei matto?! Se alzo troppo la cresta è capace che mi prende a bastonate!» Shuzo scosse il capo, lanciando pezzi di polipo nelle formine semisferiche della piastra. Ci sparse sopra manciate di erba cipollina sminuzzata, zenzero rosso e del tenkasu, prima di ricoprire con mestolate di pastella. Riempì l’intera piastra e tutto sembrava galleggiare in una forma indistinta. Appoggiò entrambe le mani sul bordo del ripiano e tornò a guardarlo. «Okay che io sono stronzo e tendo a mettermi sempre contro chi è più grande di me, ma contro di lui, col cazzo proprio.»

Yuzo trattenne a stento la risata. «Non ne avrai mica paura?»

«Eccome!» Shuzo recuperò delle bacchette dal cassetto delle posate e le lasciò accanto alla piastra. L’impasto sfrigolava, si levava qualche bolla. Shuzo gli diede le spalle e incrociò le braccia al petto. «Dovessi vedere che gente gira nel locale.»

«Poco di buono?»

«Vecchi yakuza.»

«Non mi piace…»

«Ma se è una figata!» Gli occhi di Shuzo brillavano di aspettative; lo stesso entusiasmo che aveva avuto lui quando aveva firmato per la S-Pulse. «Mori-horishi li tiene in riga con uno schiocco di dita. A volte penso che lo sia pure lui… ma col cazzo che glielo vado a chiedere!» Sospirò, abbassò lo sguardo al pavimento. «Vedessi che lavori fa…»

Yuzo studiò meglio il profilo di suo fratello, a partire da quel taglio di capelli tanto ordinato quanto aggressivo in cui non soffocava la propria personalità, ma la teneva a bada, disciplinata. Si soffermò poi sullo sguardo dagli occhi ben aperti su un punto imprecisato del pavimento: ci vedeva oltre, già; ci vedeva il futuro, e infine il mezzo sorriso di chi smaniava per mettersi al lavoro. In pochi minuti, aveva dato al suo maestro del musone, del retrogrado e dello yakuza; aveva detto che gli faceva paura e che di sicuro lo avrebbe preso a mazzate una volta o l’altra, eppure continuava a sorridere e ad aspettare il giorno dopo per poter iniziare il suo percorso di apprendista tatuatore.

«Lui ti piace.»

«Mori-horishi?» Shuzo si girò. L’impasto sfrigolava vivacemente e lo separò con abilità lungo la linea centrale; poi, con la bacchetta e movimenti rapidi, iniziò a rigirare ogni formina affinché i takoyaki prendessero la loro classica forma sferica. «Lo ammiro: ha un’abilità incredibile. I suoi movimenti sono eleganti e precisi; e il suo pessimo carattere ha trovato pane per i suoi denti col mio. Insomma, non è quel genere di pessimo che ti fa dire: ‘cazzo, zio, sopprimiti!’. È più un tipo autoritario, molto vecchia scuola, per quanto credo abbia l’età di papà, o giù di lì; ed è imperturbabile come le montagne. Non posso dire che mi faccia impazzire, ma… non mi dispiace.» Shuzo tornò a dare le spalle alla piastra dopo aver girato tutte le palline. Gli lanciò di nuovo lo sguardo supponente, accompagnandolo con un’occhiata in cui lo squadrava dall’alto in basso che tornò a mortificarlo. «Piuttosto, avete recuperato come si deve, questo week-end? So che non ci sarebbe bisogno di chiederlo, visto che quel succhiotto parla abbastanza da solo.»

«Eeeh?! Cosa?! Dove?!» Yuzo coprì d’istinto il collo con la mano. Gli avvertimenti a Mamoru di non lasciare segni in posizioni troppo visibili non erano serviti un granché.

Shuzo girò il viso verso il pavimento, ridacchiò. «Fesso.»

«Ehi, la cosa è seria. Mi sono addirittura trattenuto più a lungo in campo per poter fare la doccia da solo! Ho costretto quel poveraccio di Takeshi ad aspettare un sacco di tempo!»

«Credi davvero che avessi voluto sapere i particolari trucidi di quello che hai fatto con il maniaco? Era piuttosto palese come sarebbe finita; quello non vedeva l’ora di saltarti addosso.» La coda dell’occhio di suo fratello tornò a colpirlo come uno spillo. «Carino il trucchetto alla stazione.»

«…sei arrabbiato?» Yuzo abbassò lo sguardo e inclinò leggermente il capo come un cane bastonato.

«No.»

«Sicuro? Non è che lo dici, però poi non ti fidi più di me?»

«Veramente sei tu che hai detto di non fidarsi più.»

«Ce l’avevo con te…» Yuzo avanzò di un paio di passi per arrivare a essere uno di fronte all’altro. «Sai che non lo penso affatto.»

«Sì, e so di essermelo meritato. Sono stato stronzo a intromettermi così tanto, però… vedermi scalzato da quel tipo mi fa davvero incazzare.» Shuzo arricciò le labbra, sollevò lo sguardo al soffitto. «Hai preferito lui e fregato me. Non posso sprizzare gioia nel sapere di essere al secondo posto.»

«Non ci sono posti! Voi due siete sullo stesso livello, ma in modi differenti. Tu sei mio fratello, mentre Mamoru…»

Già, Mamoru cos’era? Che ruolo occupava davvero nel suo cuore? Yuzo avrebbe potuto rispondere, ma a che serviva imbucarsi in un senso unico? Abbassò il braccio che aveva sollevato nel gesticolare e sospirò.

La notte di Natale, la mattina dopo e ogni volta che si vedevano Mamoru diceva delle cose bellissime, lo toccava e guardava come fosse davvero prezioso, come fosse importante. La notte di Capodanno glielo aveva anche detto, e gli aveva detto di essere geloso dei suoi ex… ma lui perché non riusciva ad adagiarsi su quei gesti, discorsi e rassicurazioni?

«Mentre Mamoru?» Shuzo lo incalzò, dimostrandogli un affetto così radicato da non avere alcuna pietà per i suoi sforzi. «Credevo fosse chiaro cosa significasse per te.»

«Lo è, infatti. Ma non so quanto io significhi per lui.»

«Come sarebbe? Mi ha minacciato lo stesso giorno che ci siamo conosciuti! Direi che abbia delle certezze. Ma se non sei sicuro, significa che invece avevo ragione io, dopotutto. No?»

«Non lo so. È tutto così perfetto, adesso, che sembra debba spezzarsi da un momento all’altro. Non posso dargli un nome che magari non accetterebbe.»

«E questo ti sta bene?» Shuzo fece un passo verso di lui. Occhi negli occhi alla stessa altezza, precisa al millimetro. Stesso colore, stessa forma. Luci e ombre completamente diverse. «Una relazione a tempo determinato non suona bene per un tipo come te. Vedi che ti fai male.»

«Ne sono consapevole, però… è mio, ora, capisci? Ci siamo girati attorno convinti di disprezzarci a vicenda, e invece volevamo solo avvicinarci il più possibile. Forse va bene che non sia ‘per sempre’, l’importante è che sia ‘adesso’.» Perché ora non poteva farne a meno. Probabilmente anche in futuro, ma sembrava così lontano. Quando sarebbe stato futuro se nel momento in cui arrivava diventava presente?

«Non hai mai rischiato tanto per gli altri, né hai mai preso in giro me. Questo dovrà pur significare qualcosa, e la risposta è abbastanza ovvia. Allora, se credi di esserne capace, vivila come ti pare. Io me ne starò in un angolino.» Shuzo lo canzonò, e poi fermò le mani ai lati del suo viso. «Resterò nei paraggi per qualsiasi cosa, fratello, se ne avrai bisogno. E anche se non ne avrai. Ma se poco poco farà lo stronzo, lo ammazzerò. Patti chiari.»

Yuzo sorrise e si sentì rincuorato dal sapere che Shuzo sarebbe sempre stato al suo fianco, gli diede la dose di sicurezza di cui aveva disperato bisogno. Rimboccarsi le maniche, essere positivo, pensare al presente e vivere la sua relazione come stava facendo: lasciandosi travolgere ogni giorno dai sentimenti che aveva dentro e beandosi della voce di Mamoru, anche se filtrata da un telefono.

Shuzo si girò di scatto nello sfrigolare troppo forte della piastra. Imprecò, dando un’ultima girata a tutti i takoyaki alla velocità della luce. «Merda! Per poco non li faccio attaccare! Hai visto? Mi hai distratto!»

«Grazie, bro!» Yuzo lo abbracciò mentre gli dava ancora le spalle.

«Ehi! Ehi! Non vedi che sto lavorando?! Ruffiano. Sei un ruffiano.»

«Solo un po’.»

«Un po’ tanto!»

«Scusate se ci ho mes-… uoh!» Takeshi si fermò a un passo dalla porta della cucina. Inarcò un sopracciglio su un mezzo sorriso di disagio. «Non riesco ancora a capire in che misura mi disturbi questa immagine di voi due abbracciati. Ma giuro che in questo momento il pensiero che ho avuto mi ha fatto sentire sporco dentro.»

Shuzo era piegato dal ridere; lui non lo mollava.

«Esagerato. Anche tu hai una sorella.»

«Sì, ma siamo un po’ allergici a tutto questo affetto. E poi lei ha sei anni in più di me.»

«È lui il ruffiano», precisò Shuzo indicandolo col pollice.

«Scusami tanto se ti voglio bene!»

«E io mi sento di nuovo sporco dentro. Facciamo che vi aspetto in salotto, okay?» Takeshi fece dietro front e lasciò la cucina con lo stesso passo deciso di come vi era entrato.

«Aspetta! Ti aiutiamo ad apparecchiare! La cena è pronta! Oh-… e mollami, bro

«No!»

«Ruffiaaano.»

Yuzo si lasciò trascinare come faceva fin da bambino: le braccia al collo del fratello e la testa tra le spalle. Aveva finanche le punte dei piedi che strisciavano sul pavimento, e seguitava a ridacchiare di quello sprazzo di infanzia che li coglieva a momenti alterni; un po’ lui, un po’ Shuzo. Nel frattempo, pensò che Takeshi avrebbe dovuto abituarsi in fretta se avesse voluto sopravvivere all’affetto dei fratelli Morisaki, ma forse sarebbe stato meglio parlarne con la pancia piena.

 

 

 

 


 

 

Note Finali: dopo gli Izawa bros, mancava l’altra coppia di fratelli! :D

I Morisaki hanno un rapporto molto affettuoso tra di loro, anche a livello fisico: si abbracciano, fanno la lotta, cercano il contatto. Insomma, il modo in cui dimostrano la loro unione è a 360° gradi.

Yuzo sa di poter contare su Shuzo per qualsiasi cosa, e viceversa. Si coprono a vicenda, si consigliano a vicenda e si raccontano praticamente tutto, senza alcuna remora; diversamente dai fratelli Izawa, in cui vige una leggera disparità dovuta anche agli anni di differenza tra Mamoru e Sen. I Morisaki, invece, per quanto abbiamo caratteri differentissimi ne discutono e si confrontano di continuo: i piani su cui viaggiano sono gli stessi.

E i fratelli sanno sempre perdonare un inganno, se è a fin di bene! X3

 

Infine… a chi sarà dedicata la penultima shot di questa brevissima raccolta?

Dopo i ‘moniti’, i ‘pettegolezzi’ e il ‘perdono’ ci ritroveremo la prossima settimana per scoprire i ‘Family… concerns’, cioè le ‘preoccupazioni’. :3

Stay tuned! :D



PS: non ricordo se lo avevo spiegato, ma 'horishi' è il termine tecnico con cui si identifica il maestro tatuatore; cioè è proprio specifico di quel mestiere.

 

 

 

   
 
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