Libri > Good Omens
Segui la storia  |       
Autore: Striginae    18/02/2020    6 recensioni
[Ineffable Husbands - Reverse!What if: Angel!Crowley/Demon!Aziraphale]
«Converrai con me nel dire che per i demoni l’acqua santa è letale. Così non è stato per te. Ergo, non sei un demone. E se non sei un demone, sei un angelo. Ovvio, no?» […]
«Se un angelo non brucia nelle fiamme infernali, è un demone.»
Punto, fine della questione.
Semplice, no?

Cosa accadrebbe se dopo lo scambio di corpi tra Crowley e Aziraphale, l'Inferno e il Paradiso traessero delle conclusioni del tutto errate e decidessero di intervenire per ristabilire l'ordine? Solo guai.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Belzebù, Crowley, Gabriele, Hastur
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo V


Londra, 01:10 p.m., 9 Agosto 2020

«Io proprio non li capisco i demoni.»

Crowley aveva ormai perso il conto delle volte in cui aveva ripetuto quella frase solo in una mattinata. Perfino le piante del suo vivaio si erano afflosciate, stufe di ascoltare l’angelo rimuginare sempre sulla medesima questione. Sembrava si fosse trasformato in un disco rotto.

«No, proprio non li capisco.»

Raccolto nei suoi pensieri, Crowley si aggirava con fare intimidatorio tra i vasi ordinati nel vivaio con il fido spruzzino stretto in mano. Stava cercando di salvaguardare le sue povere piante dalla calura estiva e nel frattempo dava voce ai suoi problemi.

Le piante erano le migliori delle confidenti. Sapevano ascoltare e sapevano come mantenere un segreto.
In una parola, erano affidabili.
Per questo motivo Crowley si sentiva libero di parlare con loro di qualsiasi argomento, senza peli sulla lingua.

Inutile aggiungere che avesse parlato loro anche dell’inconsueto comportamento del suo amico e della piega inaspettata che avevano preso gli eventi.


Dopo il loro ultimo incontro, avvenuto tre giorni prima, Crowley aveva constatato che il demone era diventato ancora più sfuggente della settimana precedente.

Per cominciare, Azirafell non gli aveva fatto visita in negozio come gli altri giorni. Ormai era diventata un’abitudine passare la mattinata insieme all’Heartly Heaven e la mancanza di Azirafell risultava quasi intollerabile all’angelo.

Probabilmente è impegnato, si diceva Crowley, cercando di non crucciarsene più del dovuto.

Quando il demone non si presentò neppure il giorno successivo, Crowley non era riuscito a fermarsi e  l’aveva raggiunto alla libreria poco più tardi, solo per ricevere un’immensa delusione.
Azirafell gli aveva sbattuto con malagrazia la porta in faccia con la giustificazione di avere molto da fare.

Da fare che cosa poi? si era chiesto l’angelo, visto che il demone si era rintanato nella sua libreria e non aveva più messo il naso fuori.

Non che Crowley lo stesse spiando! Semplicemente, dal vivaio riusciva ad intravedere l’entrata della A.Z.Fell&Co. ed era pronto a mettere la mano sul fuoco, nessuno era entrato né uscito da quella libreria. Era da tre giorni che il demone aveva chiuso i battenti e non usciva, che razza di incombenza poteva tenerlo chiuso in una libreria senza fargli prendere neanche una pausa? Gli aveva addirittura telefonato per provare ad invitarlo a cena ed aveva rifiutato!
Non è che lo stesse tenendo d’occhio… Crowley era solo preoccupato per il suo amico!


Tutto quel teatrino stava cominciando a diventare estremamente mortificante.
Sebbene fosse un angelo, Crowley non amava dare libero sfogo alle proprie emozioni. Non era rigido, ma gli piaceva avere il controllo su di sé. Infatti, sulle prime aveva provato con tutte le sue forze a comportarsi con indifferenza davanti allo stravagante atteggiamento del demone, ma davanti all’evidenza anche Crowley si era ormai arreso.

Azirafell gli stava nascondendo qualcosa. Non si trattava più di una sua impressione, era palese che fosse così e lui non sopportava di starsene con le mani in mano.

«E state dritte voi altre! Non costringetemi a mostrarvi cosa accade alle scansafatiche, non vi piacerebbe.»

L’angelo apostrofò le piante, l’afa non era una buona scusa per mancare alle proprie mansioni. E le mansioni delle sue piante consistevano nell’essere floride e gradevoli alla vista. Su questo Crowley non transigeva.

Al richiamo le piante si raddrizzarono, come un plotone obbediente richiamato all’ordine. Mai disobbedire alle disposizioni dell’angelo, sapevano che non c’era da scherzare con lui.

«Vedo che ci siamo capiti.»

In qualsiasi altra occasione, Crowley si sarebbe inorgoglito per l’autorità che mostrava di possedere sulle sue belle piante, ma in quel momento, la faccenda cadeva in secondo piano. Aveva altri pensieri per la testa.


In verità, Crowley si era fatto un’idea riguardo la causa scatenante della strana tensione che si era creata con il suo demoniaco amico e stava cominciando addirittura a darsi la colpa.

Il comportamento di Azirafell doveva essere una reazione a qualcosa che lo aveva infastidito, era arrivato ad ipotizzare l’angelo.
Per tre giorni interi aveva  provato a capire che cosa avesse fatto di sbagliato o se avesse perpetrato un torto, anche involontario, nei confronti del demone.
Non gli era venuto in mente nulla.
Tuttavia, era impossibile che il demone si comportasse in quel modo senza una motivazione, per evitarlo come la peste doveva pur avergli fatto qualcosa!

Ed effettivamente, qualcosa tra di loro era quasi successo.
Azirafell aveva cominciato ad schivarlo dopo la sua ultima visita, in cui… al sol pensiero il suo cuore iniziò a battere più forte.

Il suo amico, un demone, lo aveva quasi baciato.

Per un qualsiasi altro angelo, il sol pensiero sarebbe risultato ributtante sotto ogni punto di vista, oltre che immorale.
Un angelo non avrebbe dovuto fare amicizia con un demone.
Un angelo non dovrebbe desiderare di baciare un demone.
Era semplicemente sbagliato.

Crowley però non poteva mentire a se stesso. Quando si era trovato solo a pochi centimetri dal demone, nonostante la parte ragionevole di se stesso gli dicesse di spostarsi, non era stato abbastanza forte da resistere.
Voleva quel bacio.

Crowley sapeva di star commettendo un errore, ma ciò che si prospettava era troppo allettante per potervi rinunciare.
Che fosse quella la sensazione che si provava quando si era tentati?

Paradossalmente quando l’altro demone, Hastur, si era presentato senza preannuncio a battere i pugni sulla porta, aveva salvato Crowley dal peccare. Un demone che sventava una tentazione!
Ironia della sorte, come dicevano gli umani.

Crowley ci aveva riflettuto lungamente.
Riusciva a capire come mai i mortali trovassero così difficile sottrarsi ai vizi e ai peccati. Faceva parte del Piano Divino che il Demonio fosse così forte rispetto all’Umanità? Lui stesso, un angelo, aveva trovato difficile resistervi e nonostante tutto, non aveva alcun rimorso.

Eppure, Crowley doveva essere l’unico a pensarla in quella maniera. Azirafell non si era più fatto vivo e cercava ogni scusa per non parlare con lui, era chiaro che cercasse di tenerlo alla larga.

L’angelo non sapeva che conclusioni trarne. Gli sembrava una reazione forse esagerata, in fin dei conti non era successo nulla. Inoltre, c’era qualcosa che continuava a non convincerlo del tutto.
Che tutto fosse legato alla storia di quell’incessante mal di testa?
In quel caso, Crowley non poteva esserne il responsabile in alcun modo, quindi era scagionato. 
L’unica certezza che aveva era che continuava a non capire niente e la preoccupazione non faceva altro che aumentare.

Com’era stato possibile affezionarsi con così tanta facilità al proprio nemico? Avrebbe dovuto odiarlo!

Crowley sorrise amaramente. Odiarlo? Come avrebbe potuto odiare la creatura più gentile che avesse mai conosciuto? Neanche in Paradiso aveva mai incontrato qualcuno così buono come quel demone.
I suoi compagni angeli erano un branco di invasati intolleranti che prendevano per verità assoluta qualsiasi idea propagandistica gli si rifilasse. L’unica motivazione che il Paradiso dava a Crowley per odiare Azirafell era piuttosto discutibile: il suo vicino era un demone e in quanto angelo, Crowley avrebbe dovuto odiarlo solo per la sua natura.
 
In tutta franchezza, l’angelo trovava estremamente stupida la questione degli schieramenti. Ai superiori piaceva farsi la guerra a vicenda e né lui né il suo amico demone avevano voce in capitolo.
Per quanto gli riguardava, per Crowley i loro capi potevano continuare ad odiarsi tra di loro. Non voleva essere coinvolto in quella vecchia faida, né tanto meno gli interessava.
Non aveva intenzione di perdere un amico solo per una stupida ideologia.

L’angelo mise finalmente da parte lo spruzzino e osservò il proprio lavoro. Aveva innaffiato tutte le piante, poteva ritenersi soddisfatto.

Per forza dell’abitudine, lanciò una veloce occhiata fuori dalla vetrata verso la libreria, notando l’ombra di una figura che in fretta e furia si allontanava dalla finestra e si rintanava all’interno del negozio.

Troppo tardi, Crowley aveva riconosciuto il demone.
Che diamine stava combinando Azirafell?

Improvvisamente l’angelo si sentì furioso. Non ci pensò due volte.
Lasciò il vivaio e attraversò la strada senza nemmeno guardare, schioccando le dita con indifferenza per evitare che un’auto lo travolgesse.
Raggiunto l’altro capo del marciapiede inspirò per recuperare la calma.


«So che ci sei , Azrael.»

Crowley aveva bussato, attendendo con trepidazione che qualcuno gli aprisse.
Era la prima volta che utilizzava il vero nome del demone, invece che il nomignolo che gli aveva affibbiato quando lo aveva conosciuto. E questo non è mai un buon segno.

«Non c’è nessuno, riprova più tardi!»
La già flebile voce del demone arrivò attutita alle orecchie dell’angelo. Per tutta risposta, Crowley bussò più forte. Era stufo e poco in vena di scherzare.

«Non ho la minima intenzione di andare via!»
Aveva replicato Crowley, rivolto alla porta.

L’angelo si mise in ascolto. Poteva sentire i passi svelti all’interno della libreria, davano l’impressione che il demone stesse camminando avanti e indietro. Anche se non poteva vederlo, riusciva a percepire fin da lì il nervosismo dell’amico.

Incrociò le braccia. Non si sarebbe mosso di lì, anche se avesse dovuto aspettare per l’intera giornata. Non aveva alcun impegno, aveva chiuso il negozio e si era già occupato delle piante.

 Il demone non  aveva ancora risposto ma con titubanza aveva aperto la porta e questo a Crowley bastava.

«Oh, Crowley? Mi spiace, siamo chiusi, non posso proprio…»
Dallo spiraglio che si era dischiuso, l’angelo riusciva ad intravedere solo metà del viso del demone che già stava tentando di richiudere l’uscio. Crowley lo anticipò, mettendo il piede nell’interstizio per evitare l’ennesima porta in faccia.

«Dobbiamo parlare.»
L’angelo appariva irremovibile. Si scambiarono una lunga occhiata, come se si stessero studiando a vicenda. Alla fine, il primo a distogliere lo sguardo fu il demone che non senza qualche remora capitolò e lasciò libera la soglia. 

«Be’ se insisti… prego, accomodati.»

Crowley entrò.

Non era cambiato nulla all’interno della A.Z.Fell&Co.. Tutti i libri erano dispsoti sugli scaffali, i dischi e il grammofono erano al loro solito posto, tutto era perfettamente ordinato così come si ricordava dall’ultima volta che vi era stato.

Peccato che lo stesso non si potesse dire del suo gestore.
Crowley lo aveva avvertito fin da subito, il demone era cambiato.

Lo squadrò con attenzione. Niente occhiali e il solito soprabito nero era stato sostituito da un cappotto e un panciotto più sulle tonalità del beige che gli conferivano una certa luminosità, quasi angelica.

Non si trattava solo di un fattore estetico, l’angelo percepiva qualcosa che solo dopo aver incrociato lo sguardo con il demone riuscì ad identificare.

Riusciva a fiutarlo sospeso nell’aria…

Amore. Amore con la “A” maiuscola, un genere di sentimento che andava al di là dell’umano. Un sentimento così disinteressato e autentico da definirsi etereo. L’angelo ne era quasi inebriato.
Crowley qualcosa del genere non lo aveva mai sentito neppure in Paradiso, se non nei Cieli più alti, in cui raramente si avventurava. 

Era rimasto così sorpreso da quell’emozione che aleggiava nella stanza che sembrava perfino essersi scordato del vero motivo per cui si trovasse lì.

«Quindi, di che cosa vorresti parlare..?»
Lo sollecitò il demone. Al contrario, per lui quel silenzio stava diventando insostenibile.

Crowley trascurò la domanda, non avendola neppure ascoltata.

«Riesci a sentirlo? Posso percepire… amore, nell’aria.»
Gli occhi dell’angelo si soffermarono sull’unica altra creatura presente nella stanza, quasi in attesa di una spiegazione.

«Amore? Io non sento niente. Assolutamente niente!»
Il demone non era riuscito a nascondere la sua agitazione. Non gli piaceva per nulla dove Crowley stava per andare a parare.

«Ma c’è! Solo che non riesco a capire chi...»
Crowley si zittì, rendendosi conto di cosa implicassero le sue parole.

«E viene da te
Crowley guardava l’amico con tanto d’occhi. Era sicurissimo che fosse il demone la fonte del sentimento che sentiva così distintamente nella libreria. Anche perché, a meno che Azrael non tenesse un’alta carica angelica nascosta nello sgabuzzino, non poteva esserne nessun altro l’origine.

In un qualsiasi altro contesto, quello sarebbe stato l’inizio perfetto di una barzelletta. Un demone che prova amore. Gli angeli su in Paradiso si sarebbero fatti grasse risate al sol pensiero.

«Devi essere stanco mio caro, è impossibile, ti starai confondendo con la mia nuova colonia! Non… ancora non mi hai detto di che volevi parlarmi?»
Sebbene il demone non volesse davvero affrontare quella discussione, cercò comunque di riportare il discorso sulla questione principale. Le insinuazioni dell’angelo erano troppo pericolose.

Crowley inarcò un sopracciglio. La colonia?
No, impossibile non si sarebbe mai sbagliato.

Un altro segreto da aggiungere alla lista.

Azirafell aveva ragione, dovevano affrontare un’altra discussione. Crowley decise di lascar perdere, era meglio affrontare tutto un passo alla volta.
 
«Mi stai evitando.»
Era andato dritto al punto, senza giri di parole.

«Non ti sto evitando!»
Azirafell cercò di difendersi, spostando il peso da un piede all’altro, evidentemente a disagio.

«No? Praticamente due minuti fa mi hai detto che non c’eri per farmi andare via!»
Crowley provò a mantenere la calma. Era davvero arrabbiato con il demone, nonostante stesse facendo di tutto per dimostrare il contrario.

Il demone faceva di tutto per non guardare Crowley.
Mormorando qualche scusa, si spostò verso uno scaffale con il pretesto di doverlo spolverare, nonostante non fosse presente il benché minimo granello di polvere. Per lo meno aveva trovato qualcosa da fare che gli permettesse di non guardare l’angelo negli occhi. Se lo avesse fronteggiato apertamente avrebbe finito per dirgli tutta la verità.
Aziraphale non era sicuro che quella fosse la cosa giusta. Troppe erano le incognite e troppi i rischi.

«Te l’ho detto, è che sono… ho molti pensieri per la testa. Mi dispiace.»
Azirafell parlava in modo pacato ma qualcosa nel suo tono tradiva una nota di tristezza. Odiava non dire la verità a Crowley e ancor di più sfuggirgli come aveva fatto in quei giorni.
Non se la sentiva di avere un confronto con lui. E se avesse continuato a non ricordare dopo avergli detto tutta la verità? E se non gli avesse creduto? E anche se avesse ricordato, quanto tempo ci avrebbero messo i loro superiori prima di scoprirli di nuovo e cancellare ancora i loro ricordi?
Aziraphale si trovava in un vicolo cieco da cui non poteva uscire, ogni scelta era quella sbagliata.

Aziraphale riusciva a sentire lo sguardo di Crowley su di sé.
Perdonami, Crowley.

Crowley invece, era indeciso. O il demone era estremamente bravo a mentire o gli stava dicendo la verità.

«È per quello che è successo l’altro giorno?»
Azzardò mentre si avvicinava al demone per costringerlo a guardarlo, poggiando una mano sulla mensola del mobile in legno, tamburellando le dita sul ripiano. Finalmente l’angelo era riuscito ad esternare i suoi dubbi. Si sentiva un po’ sciocco a rivangare quella storia, ma non c’era nessun altro motivo che potesse giustificare il comportamento del demone ai suoi occhi.

«Cosa?»
Azirafell sembrava stesse cadendo dalle nuvole. Sollevò di scatto lo sguardo sull’angelo, osservandolo con aria interrogativa. Prima che Crowley potesse aggiungere altro, colto dall’illuminazione, il demone aveva già capito a che cosa stesse alludendo l’amico.

«Oh, no, no! Non è assolutamente per… quel motivo lì. Come puoi credere che sia per quello
Crowley vide il demone arrossire.

Certamente era contento di sapere che qualsiasi cosa fosse accaduta tra di loro non era la causa delle stranezze del demone, ciò non di meno, la confusione aumentava. Adesso era ripiombato nel buio più totale.

«Si può sapere allora cosa ti sta succedendo?»
Normalmente, Crowley non avrebbe insistito così tanto ma non poteva far finta di niente. Si trattava del suo primo vero amico, non poteva abbandonarlo nel momento del bisogno. Che razza di angelo sarebbe stato altrimenti?

«Io… non posso, Crowley.»
Azirafell aveva mormorato, con mestizia.

«Perché no? Voglio solo darti una mano!»
Obiettò l’angelo, cercando di incrociare lo sguardo con il suo.
Era come se un muro altissimo si frapponesse tra di loro e lui non riuscisse a scavalcarlo, Crowley riusciva a sentire quanto il demone fosse distante in quel momento.   

«Apprezzo che tu mi voglia aiutare, ma non devi preoccuparti. Io sto bene.»
Persino alle orecchie di del demone quella suonava come una bugia bella e buona. Come poteva stare bene, quando il suo migliore amico non si ricordava di lui?
 
«Mi spieghi come potrei non preoccuparmi? Sono un angelo, è ovvio che mi preoccupi per te!»
Aveva sbottato Crowley, alzando un po’ la voce, colto dall’esasperazione. Da più di una settimana il demone sviava le sue domande, era stanco di sentire scuse.

«Credi che sia solo una caratteristica angelica, per caso?»
Anche il demone aveva alzato i toni. Aziraphale se ne stupì, mai in tutta la sua vita aveva alzato la voce.
Si maledisse. Era pur sempre un demone ed era normale che fosse più incline di prima ai cattivi sentimenti, complice anche lo stato d’animo alterato.  

Neanche Crowley si aspettava una risposta tale. Cominciava a perdere il filo del discorso.

«Probabilmente anche voi demoni vi preoccupate, non lo so! Non sono un demone, non posso dirti come agirei se lo fossi!»

«Anche i demoni provano dei sentimenti, te lo posso assicurare adesso. Ti preoccupi per me solo perché sei un angelo, Crowley?»
E questa volta, era stato lo sguardo di Aziraphale ad inchiodare Crowley sul posto.

«Mi preoccupo per te perché sei mio amico… e perché sono un angelo. Entrambe le cose, è nella mia natura.»

«Giusto. È nella natura di un angelo.»
Aveva ripetuto Azirfell, con un’espressione che Crowley non riusciva a comprendere. Un sorriso malinconico e uno sguardo sconfitto, perso in chissà quali pensieri.

«Potresti per favore spiegare anche a me quello che ti passa per la testa?»
Crowley non era lì per litigare ma improvvisamente era come non stesse più parlando con il demone che aveva conosciuto ma con qualcuno che gli somigliasse fisicamente. Non sembrava più lui.

Il demone si era riscosso e guardava Crowley con un’espressione impenetrabile.

 
«Davvero non ricordi nulla dell’Apocalisse?»
Aveva chiesto il demone, cupo. Dopo seimila anni insieme possibile che Crowley non ricordasse proprio nulla? Tutto quello che avevano passato insieme era stato così semplice da eliminare?
Stava rischiando ma non riusciva più a convivere con quel peso. Doveva sapere se il suo migliore amico ricordasse anche il più insignificante dettaglio o meno.

A Crowley invece la domanda causò ulteriore insoddisfazione. Non era quello che si aspettava né che voleva sentire.

«Oh Cielo, cosa c’entra questo? E te l’ho già detto, non ricordo nulla dell’Apocalisse, sono nella tua stessa situazione!»


Ci fu silenzio.
Un silenzio di realizzazione per Crowley e carico di apprensione per il demone che si allontanò alla svelta dall’angelo.

Finalmente Crowley aveva capito che cosa ci fosse che non andava nel suo amico.

«Oh no. Tu ricordi
Disse Crowley, in tono quasi accusatorio. Cominciava a capire che cosa gli stesse nascondendo il demone.
Ora i conti cominciavano a tornare.
 
«No, no, assolutamente no! Non ricordo nulla, niente di niente!»
Si era affrettato a rispondere il demone, in preda a sentimenti contraddittori che si agitavano in lui.

«Dimmelo

«No!»

Prima che l’angelo avesse la possibilità di incalzare il demone con altre domande, Azirafell aveva capitolato.
Gli doveva una spiegazione. Non poteva continuare ad evitare l’angelo per sempre.

«Crowley, io non posso! Ci ho pensato a lungo in questi giorni. Ricordo che cosa è successo durante l’Apocalisse, hai ragione. Se lo sapessero Laggiù… oh, non oso immaginare. Tu non ricordi nulla e credimi, è la cosa migliore. Cosa cambierebbe se ti dicessi la verità? E se continuassi a non ricordare nulla? E anche se ti ricordassi, sappiamo entrambi che non si può scappare dai nostri superiori. Basta Crowley. Tu sei un angelo e io un demone. Non dovremmo nemmeno essere amici!»
Faceva male ad Aziraphale fare un discorso del genere. Avevano già litigato una volta, ripeterlo era mille volte peggio. E pensare che Crowley nemmeno se ne ricordava.

«Sono cambiate troppe cose. Cancellami dalla tua vita, dalla tua memoria, da tutto. È la cosa migliore.»
Aziraphale si costrinse a mantenere lo sguardo alto.
Lo stava facendo per lui, per non coinvolgerlo in altri guai.
Voleva solo proteggere Crowley, tutto qui.

Crowley lasciò che le parole del demone riecheggiassero nell’aria.

«Va bene, Azrael. Non mi lasci altra scelta.»

Crowley aveva già preso la sua decisione.

«Che intendi dire? Crowley! Che cosa vuoi fare?»
Chiese il demone agitandosi, mentre Crowley usciva in fretta e furia dalla libreria. Dovette rincorrerlo per stare al suo passo.

«Lo scoprirai presto!»
Disse l’angelo, attraversando la strada fino a raggiungere l’altro marciapiede senza voltarsi nemmeno a guardare il demone.  

«Crowley! Aspetta, Crowley!»

Aziraphale vide Crowley saltare a bordo della Bentley e allontanarsi a tutta velocità.  
Sperò che l’angelo non avesse in mente niente di pericoloso. In cuor suo però, sapeva che si trattava solamente di una speranza vana.



A passi veloci Crowley raggiunse la Bentley bianca, posteggiata dall’altro lato del marciapiede. Si mise comodo sul sedile, accese le radio e con un rombo del motore sgommò via.

Azirafell non voleva dargli risposte? Se le sarebbe cercate da solo. Avrebbe scoperto il perché di quei misteri, a tutti i costi.

Si sintonizzò sulla sua stazione radio preferita e la Bentley, come sempre, iniziò a trasmettere le canzoni dei Queen.


I never thought that this could happen to me
In only seven days
It would take a hundred or more
For memories to fade



«Freddie non ti ci mettere anche tu!»
Sbuffò Crowley, ascoltando i versi della canzone [1]. Perché improvvisamente sembravano tutti quanti fissati con quella storia della perdita della memoria? Anche la sua macchina pareva gli volesse comunicare qualcosa!

Francamente, Crowley non riusciva ancora a legare i puntini. Perché nessuno parlava chiaro? Non le sopportava più tutte quelle mezze verità e parole non dette.
L’unica cosa certa era che Azirafell aveva ricordato quanto successo l’anno precedente. Aveva insistito sulla faccenda dell’Apocalisse ed era evidente l’inquietudine nel suo comportamento. Che fosse in qualche modo coinvolto nella grande disfatta dell’Armageddon?

Non poteva averne certezza, per questo Crowley decise di non saltare a conclusioni affrettate.

Che cosa ricordava lui invece, si interrogò Crowley.

Niente, si rispose. Ogni volta che cercava di ricordare cosa fosse accaduto l’anno precedente, riusciva a vedere solo una luce accecante.

Con un’avventata manovra riuscì ad evitare per un pelo un pedone di cui si era accorto all’ultimo minuto.
Era estremamente frustrante, ma lui non riusciva a ricordare assolutamente nulla.

Sarebbe durato ancora per poco. Sapeva dove trovare le sue risposte, anche se ciò significava giocare il tutto per tutto.

Mentre Freddie Mercury continuava a cantare, Crowley aveva già raggiunto una delle tante entrate che collegano la Terra al Paradiso.


Ripensandoci meglio, quella era una follia. Nemmeno Crowley poteva sostenere il contrario.

Era salito in Paradiso e subito qualcuno dei suoi colleghi lo aveva fermato per parlare con lui della situazione sulla Terra, della presunta difficoltà del lavorare a stretto contatto con i mortali e quanto dovesse essere stressante cercare di fermare l’operato demoniaco. Crowley aveva fatto letteralmente slalom tra tutte quelle questioni, giustificandosi di doversi affrettare poiché doveva parlare con urgenza al Grande Capo.

No, non l’Onnipotente, sia chiaro. Crowley si riferiva a Gabriele.

L’idea gli era venuta mentre parlava con Azirafell.
Da qualche parte lì in Paradiso doveva pur trovarsi un fascicolo con tutta la questione dell’Armageddon. Erano così precisi Lassù che era altamente improbabile che non avessero speso fiumi di inchiostro per motivare il loro fallimento per poi studiarselo mille volte per evitare di cadere in fallo per la seconda volta.

Esistevano gli archivi paradisiaci, aperti a tutti, ma Crowley dubitava che una faccenda segreta come quella potesse essere di libero accesso ad ogni angelo. Immaginava più una cartellina con una scritta in rosso recitante TOP SECRET, come quelle che aveva visto nelle serie tv giù sulla Terra.
Conoscendo la scarsa fantasia dei suoi compagni angeli, non era neppure un’ipotesi da escludere.

Comunque, Crowley pensava di sapere dove poter trovare la fatidica cartellina: nell’ufficio di Gabriele, ovviamente!

Era fuori discussione chiedere all’Arcangelo apertamente di consegnargliela, aveva visto una volta soltanto Gabriele fuori di sé e guarda caso, la causa della sua ira riguardava proprio l’Apocalisse.

Crowley avrebbe semplicemente… preso in prestito il fascicolo. Una volta letto lo avrebbe restituito e nessuno si sarebbe accorto di nulla. Non poteva essere un furto se poi lo avrebbe restituito!
Doveva solo infiltrarsi nell’ufficio di Gabriele.
Piano semplice quanto rischioso.

Si fermò davanti la porta dell’ufficio del superiore. Bussò per accertarsi che non ci fosse e infatti, non ricevette alcuna risposta. Aprì piano la porta, per dare un’occhiata all’interno.
Via libera.

Non c’era nemmeno da stupirsi che la porta non fosse chiusa a chiave. Erano in Paradiso! Gli angeli non rubano! Né ficcano il naso dove non dovrebbero. Tranne Crowley, a quanto pare.

Una volta dentro si mise a cercare ovunque, assicurandosi poi con dei veloci miracoli di rimettere tutto in ordine.
Doveva fare in fretta, se Gabriele lo avesse colto con le mani nel sacco sarebbe stata la fine per lui.

Il fascicolo sembrava non essere da nessuna parte. Aveva svuotato i  cassetti, cercato nella piccola libreria dietro la scrivania, nel cestino e perfino nel distruggi documenti. Nulla! Che si fosse sbagliato e che il fascicolo non fosse lì? O che addirittura non esistesse del tutto?
Crowley cercò di ricacciare indietro lo sconforto.

Va tutto bene. Va tutto bene.

In quel momento, lo sguardo gli cadde su un’imponente Bibbia, messa in bella vista sulla scrivania, aperta sul libro della Genesi.

Ma certo!

Con fare sicuro, Crowley la sfogliò, trovando finalmente quanto cercava.
Bingo!

Dove altro avrebbe potuto nascondere Gabriele un fascicolo sull’Apocalisse, se non tra le pagine dell’Apocalisse di Giovanni?
Avrebbe dovuto pensarci immediatamente!

Senza ulteriore indugio lo infilò all’interno della giacca e controllando che tutto fosse in ordine, lasciò l’ufficio.

Era arrivato quasi alla fine del corridoio. Tirò un sospiro di sollievo. Non lo aveva scoperto nessuno.
Era salvo.


«Israfel, che sorpresa vederti quassù. Non dovresti essere sulla Terra?»

Aveva parlato troppo presto.

Meccanicamente Crowley si girò, vedendo Gabriele approcciarsi a lui con il suo solito sorriso saccente stampato in viso.

«Già. Guarda caso è lì che sto andando!»

Crowley riusciva a percepire lo sguardo impenetrabile dell’Arcangelo su di sé. Cercò di apparire tranquillo, non poteva trasmettere l’idea di voler andar via a gambe levate. Gabriele non era una cima a suo dire, ma neanche così stupido.

«Ho sentito dagli altri angeli che volevi parlare con me?»

Crowley annuì alle parole dell’Arcangelo, fortunatamente aveva preparato una scusa abbastanza convincente.

«Ah sì. Volevo semplicemente chiedere se potevo avere a disposizione qualche miracolo in più! Sai, ho un demone da contrastare adesso, devo usare tutte le mie forze per sventare le sue malefatte e nefandezze.»

Crowley sperò con tutto se stesso che Gabriele se la bevesse.

La sua era una richiesta abbastanza realistica tutto sommato. Anche se era un angelo non poteva abusare dei miracoli, ma era lecito chiederne qualcuno in più.

Gabriele continuava ad osservarlo come se stesse cercando di leggergli nel pensiero. Fortunatamente non poteva farlo, altrimenti sarebbero stati guai per Crowley.

«E sia! Andiamo nel mio ufficio, hai da firmare il documento.»

Acconsentì alla fine Gabriele, dirigendosi nell’ufficio che poco prima Crowley aveva rovistato a sua insaputa. Una volta dentro, Gabriele gli fece segno di accomodarsi sulla sedia di fronte la scrivania.

Crowley obbedì, stravaccandosi sulla sedia. Nonostante fosse appena tornato sul “luogo del delitto” dava l’idea di essere senza alcuna colpa. Era sempre stato un ottimo attore.

«Ogni cosa pur di contrastare il maligno, dico bene Israfel?»

Chissà per quale motivo, ma Gabriele aveva dato una strana inflessione a quelle parole mentre gli passava la scartoffia da firmare.

«Certamente, è per questo che sono venuto fin Quassù

Una volta firmata ogni clausola, Crowley gli riconsegnò il documento. 

«Huh, buon lavoro allora.»

Per Crowley quella frase poneva fine alla discussione. Si alzò, allargando un sorriso affettato che Gabriele ricambiò con uno smagliante dei suoi.

«Ah, Israfel. Sta’ attento ai demoni, non si può sapere mai cosa abbiano in mente. Scegli con cura i tuoi alleati.»

Detto ciò, Gabriele lo congedò.


Crowley si scrollò di dosso l’inquietudine, l’Arcangelo sapeva essere velatamente minaccioso e questo a Crowley non piaceva affatto.

Fortuna che stava per tornare sulla Terra.
 

Londra, 23:15 p.m., 9 Agosto 2020

Blindato nel suo appartamento, Crowley aveva finito di leggere l’intero fascicolo.
Lo ripose con cura in cassaforte.


Aziraphale aveva davvero molte cose da spiegargli.



[1]: In Only Seven Days, Queen. Mi sembrava adatta alla situazione.



Note finali
Io non so davvero come chiedere scusa per l'immenso ritardo. Chiedo umilmente perdono! 
Quindi... questo è il capitolo! Avevo finito di scriverlo ad agosto e se non l'ho pubblicato prima... era perché davvero non mi convinceva. Non mi convince neanche adesso a dire il vero, temo di essere andata totalemente OOC e in questo caso, chiedo nuovamente scusa. Ho cercato di fare del mio meglio, ahimè. 
Non so quando uscirà il prossimo capitolo. Sono in piena sessione e il tempo è veramente poco, ma spero di non far passare mesi come questa volta. Ci proverò, non ho intenzione di lasciare in sospeso questa storia, anche perché nella mia testa è tutto ben definito, devo solo avere il coraggio di scriverlo. 
Ho anche un sacco di ff da recuperare e recensire, in questi giorni cercherò di darmi una mossa. 
A presto e grazie a tutti per aver letto fin qui! <3

P.S. Ho cambiato nickname, sì. Quello di prima non mi piaceva proprio più. 
P.P.S. Scusate ancora per l'attesa!
   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Good Omens / Vai alla pagina dell'autore: Striginae