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Autore: Roiben    19/02/2020    0 recensioni
[Arsène Lupin (Maurice Leblanc) – Sherlock Holmes (Arthur Conan Doyle)]
Quando si ha per le mani un caso delicato e la concreta possibilità di fallire, nella migliore delle ipotesi, o di venire arrestati nella peggiore, in che modo risolvere un problema che sembra non avere sbocchi? A chi chiedere un estremo aiuto? Quando un uomo probo è disperato, prende decisioni disperate.
|Revisionata 11.08.2020|
Genere: Avventura, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, John Watson, Sherlock Holmes
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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30 - Burrascosa convalescenza 

 

 

 

 

 

«Il manoscritto» sono le prime due parole che escono dalla bocca di Lupin, impastata e dal disgustoso sapore amarognolo ristagnante, non appena sveglio dopo la bellezza di due giorni dallincrescioso avvelenamento. 

 

«Sì, lo sappiamo» conferma Holmes, posando con inusuale delicatezza una mano sulla sua spalla. 

 

«Mi scoppia la testa» lamenta il ladro francesestrizzando più volte gli occhi. 

 

«Quello è un effetto collaterale dellantidoto. Ma è temporaneo; i suoi strascichi dovrebbero attenuarsi e scomparire nel giro di poche ore» assicura Watson, offrendo un sorriso un po tremolante. 

 

«Dame! Confortante» borbotta Lupin in un soffio sfiatato, distogliendo lo sguardo e scoprendo, malauguratamente, di essere sotto lesame ossessivo di una quantità anormale di gente, tra cui Caitlin e Cyril. «La fortuna gira» commenta con amarezza, richiudendo gli occhi e decidendo di voler riposare ancora un po. 

 

 

 

Il suo secondo risveglio è accompagnato da unemicrania nuova di zecca e da un senso di nausea che gli fa storcere il naso. Con qualche tentennamento riapre gli occhi e, di nuovo, si riscopre scrutato con ansia da qualcuno, nel caso presente dalla sola Caitlin, raggomitolata su di una poltrona accanto al letto e a quanto pare decisa a non perderlo di vista un solo istante. 

 

«Bonjour, ma petite» soffia a stento, tentando un sorriso senza ottenere alcun risultato di rilievo. 

 

«B-bonjour. Come vi sentite?» domanda la sua voce tremolante in un pigolio mogio. 

 

«Posso affermare senza tema dessere smentito di aver visto giorni migliori. In definitiva: uno strazio» commenta asciutto. 

 

«Un ottimo riassunto della situazione» replica la voce non troppo distante di Holmes. 

 

Volta un poco la testa, provando a individuare il proprietario della voce, ma non vi riesce, e allora sbuffa, annoiato. «Non ho idea di dove vi siate nascosto, così come non ho idea di quale sia la situazione di cui parlate. E, sacrebleu!, non ho la più vaga idea di cosa io ci faccia nel vostro letto!» sbotta, sibilando subito dopo a causa dellemicrania. 

 

«Non vi agitate. Siete ancora in via di guarigione» supplica la vocetta di Caitlin. 

 

Si sta accingendo a chiedere delucidazioni, o in alternativa mandare tutti al diavolo, quando unilluminazione lo coglie. «Norreni malfidenti: mi hanno intossicato!» realizza, rammentandosi delle ultime peripezie. 

 

«Proprio così» conferma Holmes. «Siete fortunato, però: avevate indosso i miei guanti. Con buona probabilità, senza, avreste riportato conseguenze ben peggiori». 

 

«Siete sempre di un ottimismo così incantevole, Monsieur Holmes. Mi domando come si possa resistere al vostro innegabile charme» bercia sarcastico. 

 

«Molto divertente» borbotta Holmes, sbuffando. 

 

 

 

«Ecco qui, prendete» lo invita il dottor Watson, porgendogli un bicchiere con dellacqua nella quale ha in precedenza disciolto qualche genere di sostanza. 

 

Lupin arriccia il naso, dubbioso. «Prendere cosa? Che cè lì dentro?». 

 

Watsosorride, divertito dalla diffidenza del giovane uomo. «Un composto che servirà a far scendere la vostra temperatura corporea. Acido salicilico, per lesattezza, estratto...». 

 

«Dalla corteccia del salice» completa per lui Lupin. 

 

Il dottore ammicca, sorpreso«Esatto, è proprio così. E voi come lo sapete?» indaga, più incuriosito chsospettoso. 

 

«Durante il periodo di praticantato in ospedale. Non è che abbia passato il mio tempo a rincorrere le sottane delle infermiere... O meglio, anche quello, ma certo non sempre» spiega, abbozzando un lieve sorriso. 

 

Watson ride e scuote la testa. «Buon per voi. Io al contrario sono finito in mezzo a una guerra». 

 

«Ero troppo giovane, allora. E comunque chi mai vorrebbe spedirmi nel mezzo di qualche insulso combattimento, potendomi invece avere intorno?» esclama sogghignando. Uno sbuffo esasperato proviene da poco distante. «Non fingete di essere scandalizzato, Monsieur Holmes. Ho sempre avuto una certa predisposizione per la bella vita ma, come sono sicuro ben sappiate, i talenti bisogna coltivarseli con amore e dedizione». 

 

«Ma certo. E voi ce li mettete entrambi senza lesinare». 

 

«Hein! Ovvio che sì!» conferma, gonfiando un poco il petto con compiaciuto orgoglio, salvo poi doversi piegare in due e tossire anche lanima. 

 

«Ve lo dissi già in precedenza, ricordate? Dovreste cercare di preservare con maggior attenzione la vostra salute» lo bacchetta Watson. 

 

«Giusto, come dimenticarselo» replica Lupin, ansante e appena un pizzico scontroso«Alors, date qui» chiede, allungando una mano per prendere il bicchiere quasi dimenticato nel recente trambusto. 

 

 

 

«Per lamor del cielo, che cosa state facendo?» sbotta Holmes, dopo essere rientrato in camera propria e avervi trovato Arsène Lupin in bilico precario sullorlo del materasso, tutto intento a giudicare le distanze tra sé e il pavimento. 

 

«Sto cercando di rimettermi in piedi. Non è forse evidente?» replica il ladro francese, senza degnare dun solo sguardo linvestigatore, ma fin troppo impegnato nel mantenere lequilibrio. 

 

«Ma naturale che lo è. Da qui infatti sembra proprio che intendiate saggiare la robustezza del mio parquet» sibila, marciando irritato incontro al giovane uomo e obbligandolo a tornare verso il centro del letto. «Si può sapere che vi è saltato in mente?» ringhia innervosito. In luogo dellattesa risposta impertinente riceve in cambio uno sguardo mesto e ostinato silenzio. Fatto che lo invita ad approfondire la faccenda. «Gentilmente, vorreste chiarirmi la vostra posizione?» insiste, incaponendosi nel voler incrociare gli occhi sfuggenti dellaltro. 

 

«Accampato nel vostro letto, attualmente. Che io sappia, è esattamente questa la mia posizione» espone atono. 

 

Assottiglia gli occhi, ma è indeciso; non si sente affatto sicuro che, in quel momento, lintenzione di Lupin sia di prenderlo per i fondelli; per la verità non ne ha laspetto. Forse dovrebbe mandare a chiamare Watson. Forse si tratta di una questione medica, o comunque più idonea a essere esaminata da quel punto di vista. Eppure latteggiamento preso da quel francese da strapazzo lo impensierisce e incita a vederci chiaro. 

 

«Non ho idea di cosa intendiate dire. Temo dovrete essere più specifico perché possa esservi di aiuto». 

 

«Non ho mai asserito di volerlo» replica Lupin, causando altra irritazione a Holmes. 

 

«Mi state dando sui nervi» lo avverte infatti di buon grado. 

 

«Me lo posso immaginare senza problemi» commenta, senza tuttavia sembrare intenzionato a chiarire i dubbi dellinvestigatore. 

 

«Per Dio, si può sapere che diamine volete ottenere in questo modo?» si altera infine Holmes. 

 

Questa volta Lupin solleva gli occhi di sua spontanea volontà, intrecciandoli con quelli delluomo. «Per la verità, dato che non sono riuscito a raggiungere da me luscita, speravo di convincervi con le cattive a buttarmi fuori». 

 

Holmes sgrana gli occhi, boccheggia, impreca, si scompiglia i capelli e sbotta «Siete un idiota!», ricavandone solo una poco partecipativa scrollata di spalle. «E io con voi» soffia, lasciandosi cadere pesantemente sul bordo opposto del materasso. 

 

«Non direi. Magari solo un pochino legnoso quando si tratta di analizzare il lato emozionale di una situazione» offre, stiracchiando un penoso sorriso. 

 

«Legnoso?» sbuffa Holmes, guardandolo in cagnesco. 

 

«Sono stato generoso» sogghigna debolmente Lupin. 

 

Rotea gli occhi, esasperato, ma infine espira a fondo e si sposta sulla poltrona che da qualche giorno dimora nella sua camera da letto. «Rimettetevi comodo, per cortesia. Poiché non ho nessuna intenzione di permettervi di uscire da qui prima che ne siate in grado con le vostre gambe, dovrò per forza di cose fornirvi una buona alternativa. Parliamo degli ultimi cinque giorni» annuncia con decisione. 

 

«Hélas! Non conosco molto di quel che è accaduto negli ultimi giorni, vous savez. Lunico fatto certo è che sono stato imbecille a sufficienza da avvelenarmi con un manoscritto vecchio di qualche centinaio danni e ho buttato al vento una quantità considerevole di tempo» riassume in modo impietoso. 

 

«Hum! Avete senzaltro il dono della sintesi, non lo nego. Tuttavia va anche aggiunto che non è del tutto esatto ciò che avete detto. Voi non vi siete avvelenato, signor Lupin; siete piuttoststato intossicato da del veleno, e ciò è accaduto indipendentemente dalla vostra volontà» puntualizza. 

 

«Non cambia di una virgola la conclusione» insiste con leggero fastidio. 

 

«La conclusione forse no, ma non potete negare che vi si giunga in un modo differente. Da come lo impostate voi si direbbe che ve ne addossiate la responsabilità. Posso assicurarvi che non è per nulla così. Al vostro posto, sarebbe accaduto anche agli esperti del British Museum e, siatene certo, perfino al signor Barnellche si trova a capo della sezione scientifica di Scotland Yard, il quale di certo è lieto di essere stato preventivamente messo in guardia sui rischi di maneggiare quel manoscritto» spiega Holmes con una pazienza abbastanza inedita e inquietante. 

 

Per tutta risposta Lupin arriccia il naso«Buon per il vostro signor Barnell, ma è comunque possibile che, applicando un certo grado di discernimento, avrei potuto benissimo evitare le conseguenze aggirandone la causa stessa» si intestardisce. 

 

Con suo sommo sgomento, Holmes scoppia a ridere, placandosi però molto in fretta dopo aver sbirciato lespressione piccata e risentita del ladro francese. «Scusate, non intendevo burlarmi di voi. Il problema è che non siete per nulla obiettivo. Nessuno sarebbe arrivato allaffatto ovvia conclusione che quel vecchio ammasso di carta ingiallita fosse potenzialmente mortale, non senza averne alcun indizio per lo meno; né voi, né il caro signor Barnell, né tanto meno io stesso. È quindi perfettamente inutile che vi ci spacchiate sopra la testa. È semplicemente accaduto e possiamo solo ringraziare la vostra buona sorte che siate ancora tra noi per parlarne». 

 

Arsène Lupin, lespressione crucciata e un po offesa, è occupato nel tentativo di venire a patti con le proprie responsabilità, quando in un lampo unidea lo scuote. Sgrana gli occhi e inspira bruscamente. «Crebleu, quel imbécile je suis!» sbotta con sbigottimento, picchiandosi un palmo sulla fronte. «Il taccuino, ce lavete ancora voi?». 

 

«Sì, ma...» tentenna Holmes, senza poter seguire i suoi contorti cambi di direzione. 

 

«Nom dun chien, prendetelo invece di fissarmi con quellocchio da triglia». 

 

Linvestigatore assottiglia le labbra, intenzionato a insultarlo a sua volta. Ma infine decide di essere più interessato a scoprire che altro è passato per la testa bruciata del francese piuttosto che a ricoprirlo di male parole. Così, scrollando le spalle, si avvia per recuperare ciò che gli è stato chiesto con ben poco garbo. 

 

«Tutto vostro» strascica dopo averglielo quasi gettato in grembo. 

 

Disinteressato alle recriminazioni dellinvestigatore, il ladro francese si mette di buona lena a sfogliare le pagine che ha trascritto solo pochi giorni prima, cercando, spulciando con gli occhi febbrili, fino a giungere ad alcuni caratteri che attirano la sua attenzione. «Ah, le voilà!» esulta, apparendo soddisfatto e pieno di una strana energia. «Il nome completo del cancelliere che vi ha ricevuto, ve lo rammentate nest-ce pas?». 

 

«Naturalmente» replica Holmes, la fronte aggrottata a causa dello sconcerto per quella curiosa domanda. «Mi era parso in effetti di avervene accennato: Edmond Holstein, in base a quanto mi ha riferito la principessa Alexandra». 

 

Con sua sorpresa, Lupin sogghigna e annuisce, per farsi subito dopo mortalmente serio. «Lo stesso nome. E nessuno si è mai posto domande. Cè della gente ben poco accorta alla corte danese, a quanto sembra». 

 

«Di cosa parlate?» chiede Holmes, spazientito dal non aver ancora compreso dove porta il filo dei pensieri del ladro francese. 

 

«Parlo del cancelliere. Quell’uomo occupa un posto piuttosto singolare, ma sospetto che intenda puntare ad altro; probabilmente non la corona, ma la reggenza di sicuro. Scommettete che, da qualche parte, c’è un figlio o un nipote che attende ignaro una svolta del suo destino?». I suoi denti scintillano alla luce della lampada mentre si esibisce in un largo sorriso sfrontato e posa il taccuino sulla coperta, aperto sulle pagine nelle quali ha annotato alcune parole, fra le quali ne indica una in particolare. «Lo stesso nome, in norreno. Nel caso ve lo stiate chiedendo: non ho trascritto in modo errato; così era riportato sul manoscritto». 

 

Holmes boccheggia, fissandolo stravolto. «Avevate accennato al fatto che si parlasse di regnanti ed eroi, in quel libro» lamenta, già prevedendo il seguito. 

 

«Esatto. E, indovinate: questo nome, che coincide con quello del cancelliere, apparteneva a una personalità della dinastia regnante di Danimarca di quel tempo. Voi che cosa ne deducete?». 

 

«Un possibile pretendente al trono» soffia linvestigatore, sentendosi lo stomaco attorcigliato. 

 

«Proprio così. E notate il caso: se ne sta appiccicato alla principessa Alexandra e si interessa in modo quasi ossessivo ai suoi affari, lettere compromettenti comprese. A vostro parere, che cosa avrebbe in mente? Per conto mio, qualche buona idea lavrei». 

 

«Si potrebbe credere chegli sia implicato nelle macchinazioni di sir Dominick» affanna Holmes. 

 

«Bah! Quel che crediamo noi ha ben poca importanza. Chi siamo mai, dopo tutto? Però sarebbe interessante sapere che cosa ne penserebbe la vostra futura regina di questa scoperta, nest-ce pas? E può darsi che al di lei padre interesserebbe sapere che qualcun altro sta facendo un pensiero sul trono che occupa». 

 

«Lo farebbe impiccare» prevede Holmes. 

 

«Probabile. Tuttavia parliamo di Cristiano IX di Danimarca. Forse, giocandosela con un po di abilità e astuzia, potrebbe levarsi dalla testa una poltrona già occupata e accontentarsi di un compromesso». 

 

«Uno dei tanti regni con i quali si è unito legando la sua progenie con quella degli altri regnanti» concorda linvestigatore. 

 

Lupin annuisce e, piano, richiude il taccuino. «Sempre che ne valga la pena, si capisce. Un soggetto del genere del cancelliere in pochi lo vorrebbero legato a un qualsiasi regno. Poiché, però, non sarà di certo lui a salire al trono ma uno dei suoi discendenti diretti, qualcuno dovrà occuparsi di costui e scoprire se è affidabile e...». 

 

«Manovrabile» completa per lui Holmes. 

 

«Giusto. In quanto al cancelliere stessosospetto che non vivrà comunque abbastanza a lungo da scoprire se i suoi intrighi hanno portato qualche beneficio». 

 

Holmes scuote la testa. «Lo giustizieranno seduta stante. Cè solo da scoprire se se ne incaricheranno i danesi o lasceranno lonore a noi». 

 

«Quale onore?» mormora Lupin, arricciando il naso e scuotendo la testa. 

 

 

 

Holmes non era per nulla propenso allidea, anzi, per dirla in termini spicci, era brutalmente contrario. Per sua sfortuna non è mai davvero riuscito a far deviare il demonio francese dalle sue idee, una volta che la decisione è stata presa, e quel caso non si discosta di una virgola dai precedenti. Poiché, a sentire Lupin, non cera un solo minuto da perdere, è stato costretto a uscire di casa per procurarsi una nuova udienza, questa volta direttamente con la principessa Alexandra. A nulla sono valse le sue proteste, per quanto sensate fossero. Vero è che, senza una buona motivazione, è poco probabile che la loro richiesta di udienza venga accettata; altrettanto vero è che, se anche avessero linattesa fortuna di ottenere il permesso, il giovane uomo difficilmente sarebbe nelle condizioni di presentarvisi di persona, poiché non si è ancora ristabilito a sufficienza; vero è inoltre che il manoscritto, per volontà del ladro stesso, si trova ora al museo, e per questo motivo sono impossibilitati a presentarlo come prova a testimonianza delle loro asserzioni. Tutto questo però non sembra toccare minimamente Lupin, né la sua idea fissa di portare la questione direttamente allattenzione dellinteressata. 

 

«È unassurdità» rimarca per lennesima volta Holmes. 

 

«Lo sarebbe senzaltro se fossero illazioni campate in aria. Poiché così non è, ne deriva che non può trattarsi affatto di unassurdità» replica Lupin, la cui testardaggine è persino superiore a quella dellinvestigatore. 

 

Holmes sospira. Ci ha provato, lui, ben più duna volta e in più di un modo. Ha tentato con la logica, con le minacce, con le lusinghe, ha perfino cercato di prenderlo per sfinimento. Nulla di tutto ciò ha però funzionato, e Lupin è ancora fisso sullidea iniziale. Quello sciocco francese gli ha addirittura suggerito di restarsene a casa, se proprio non se la sente di correre rischi. Restarsene a casaLui? Quando è Lupin quello con ottime ragioni per rimanersene tranquillo e fuori dai guai. Cè mancato appena un soffio che gli si avventasse contro per strangolarlo, altro che rimanere in casa. 

 

E ora sono entrambi barricati nel proprio cupo mutismo e nei propri pensieri ronzanti, decisi a non incrociare per nessun motivo i loro sguardi, con la probabile conseguenza di tornare ad accapigliarsi come due lattanti. Watson si è momentaneamente trasferito nel suo studio medico poiché Holmes occupa attualmente la sua camera sopra quella che usa di norma e che invece ospita ancora Lupin. A dire il vero Watson, nonostante si senta un poco in colpa, è anche piuttostsollevato dal non dover dividere lappartamento del 221B con il suo amico in quei giorni, perché è insopportabile, e con lui lo è anche il ladro francese. Di fatti, a sostegno della sua tesi cè la prova che perfino Cyril e Caitlin si guardano bene dal farsi vedere troppo spesso in Baker Street, con la pietosa scusa di non voler attirare lattenzione degli spioni del quartiere. Così in casa sono rimastsolo la signora Hudson, linvestigatore e il ladro. Inutile sottolineare che la padrona di casa non è per nulla felice di quel cambiamento; è già piuttosto pesante dover gestire due scapoli notoriamente portatori di guai, ma ora ci si aggiunge anche un francese che i guai non si limita a portarli, li attira a sé come una di quelle calamite potenti. La signora Hudsosta prendendo in seria considerazione lidea di un viaggio di piacere fuori città; magari una visita ai parenti che vivono in Galles, perché no? 

  
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