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Autore: BeaterNightFury    19/02/2020    0 recensioni
«Tra un po' di tempo in stazione passerà il mio amico Sora...»
«Lo scemo?» Shiro rispose quasi di scatto.
Riku dovette trattenersi per non darsi una manata in testa.
«In effetti è un po' scemo.» Si costrinse a sorridere, poi si tolse un borsellino dal mantello. «Dagli questi soldi, e prendi assieme a lui e ai suoi compagni il treno che parte dal binario zero.»

Sora apre gli occhi dopo un anno di sonno, e si accorge immediatamente che qualcosa è cambiato.
Riku abbraccia il suo nuovo scopo e la sua missione, guardando ad essi per non vedere sé stesso.
Un Nessuno guarda negli occhi la sua vittima, e trova le risposte ad una tragedia di una vita prima.
Una studentessa di una città che non dorme mai incontra un ragazzo dai confini delle tenebre, e la scintilla tra i loro cuori prelude ad echi di una vita mai vissuta.
Viaggi cominciano, continuano, e si concludono, o forse non sono che piccole tappe di un'unica, grande avventura.
Ricominciare a viaggiare non è poi così difficile...
(Sequel di "Legacy" - ancora non sono riuscita a metterle come serie...)
Genere: Avventura, Fantasy, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Axel, Kairi, Nuovo personaggio, Riku, Sora
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Kingdom Hearts, Kingdom Hearts II, Più contesti
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Journey – Capitolo 3
La Mia Famiglia
 
Axel era fin troppo prevedibile.
Lo era sempre stato, anche quando Lea era stato un bambino che spariva quasi ingoiato dal banco della scuola elementare. Fin da quando aveva asserito la prima volta che voleva un fratellino, Isa lo aveva visto mandare pagine su pagine di lettere dalla grammatica e dalla grafia inintelligibile a Babbo Natale, al Signor Cicogna e a chiunque gli potesse dare retta scrivendo di volere un fratello minore.
Salvo poi arrivare a scuola con il broncio per parecchi giorni quando aveva scoperto che “suo fratello Kai” era sua sorella Kairi.
Quando Lea, quando Axel, si era fissato su qualcosa, c’era ben poco che lo avrebbe fatto demordere.
Saix non sapeva se essere felice che il suo vecchio amico stesse mostrando di nuovo la sua vecchia cocciutaggine, che sembrava aver perso assieme al suo cuore.
In quel momento, se avesse provato qualcosa, sarebbe stata soltanto furia.
«Prima che io sparisca… c’è qualcosa che io devo fare.» Axel stava dicendo, trascinando una ragazza per il polso.
Saix, nascosto dalle tenebre, quasi fece un salto all’indietro quando la vide in faccia. Non poteva essere… la ragazza era identica all’aspetto che il Numero XIV aveva preso secondo i rilevamenti dei computer… all’aspetto che avrebbe avuto leise
«… qualcosa che ho bisogno del tuo aiuto per portare a termine, Kairi.» Axel si voltò verso la ragazza, il suo tono duro come se avesse appena ingoiato un boccone amaro. La sua espressione, per chi lo conosceva, non lasciava spazio ad equivoci, ma la ragazza non sembrava battere ciglio.
Axel alzò una mano, e Saix vide segni di morsi su di essa. No, non poteva essere, davvero. La scena davanti a lui aveva tutti i numeri per sembrare una farsa e concludersi in tragedia.
Axel aveva rapito una ragazza.
La ragazza si chiamava Kairi, dimostrava quindici anni e aveva i capelli rossi.
Voleva farle qualcosa per riavere Roxas.
La ragazza gli aveva morso la mano!
Saix ricordava benissimo tutte le volte che Kairi, la Kairi di Lea, aveva morsicato le mani a qualcuno. Era stata solita farlo tutte le volte che si sentiva minacciata da qualcosa, quando faceva i capricci, quando qualcuno cercava di trattenerla suo malgrado. Un sacco di volte, la signora Edith e Lea erano stati chiamati all’asilo perché Kairi aveva morso un compagno, o una maestra, o un bidello.
Il giorno che era successo tutto quanto era stato uno di quelli – Kairi aveva dovuto passare il resto della giornata con sua nonna perché aveva litigato con un bambino nella sua classe (Bickson forse? Qualcosa del genere?) e il bulletto da campo giochi aveva finito per necessitare dell’infermeria della scuola.
Neanche qualche ora dopo, e Kairi aveva morso qualcun altro – aveva morso Xehanort per cercare di difendere Isa e Lea.
Avrebbe dovuto essere l’ultima volta che quella bambina avrebbe morso qualcuno…
… eppure era lì, diversa, cresciuta, ma inequivocabilmente lei.
E Saix poteva essere cambiato, ma non avrebbe lasciato che il suo migliore amico distruggesse l’unica famiglia che gli rimaneva.
Schioccò le dita.
Un Berseker emerse dalle pieghe del Corridoio e spinse via Axel di lato.
«Fine della corsa, Axel. Consegna la Principessa a me.» Saix evocò la sua claymore e marciò verso i due.
Avrebbero ricostruito Kingdom Hearts.
E sarebbe tornato tutto com’era stato.
 


Shiro dismise il Keyblade e si guardò intorno.
Il Comitato di Restauro aveva liberato sempre più zone nei giorni in cui era stata lì, ma il disordine che Leon attribuiva alla creatura misteriosa ancora non era cessato. Non era neanche un Heartless, questo era certo, o i sistemi di sicurezza di Cid lo avrebbero fritto come facevano con le creature del buio, e la ragazza era più che certa che il coso stesse mutando. Aveva iniziato a trovare ciuffi di pelo, in un caso persino nel lettino di Finn.
Shiro aveva provato a chiedere al pupo cosa fosse successo, ma lo scarso vocabolario del marmocchio si era limitato ai versi “uo-uo” e a uno spruzzo di saliva, e il giudice non aveva visto nulla.
Nel frattempo, a quanto pareva, erano tornati sia Sora che Cloud, ma lei non aveva avuto neanche il tempo di salutarli.
«Sai, credo che quella storia del devastatore di computer e cartelli stradali sia una frottola. Non mi stupirei se Leon ti stesse dando questo incarico per tenerti tranquilla e lontano dai guai.»
Shiro aveva seguito le impronte e i peli della creatura fino all’entrata posteriore del castello quando una ragazza vestita di nero con i capelli dello stesso colore la raggiunse con un sorrisetto beffardo.
Non era la prima volta che Shiro la vedeva: se non ricordava male, il suo nome era Tifa ed era una vecchia amica di Aerith. Una volta l’aveva vista far volare uno Shadow oltre le mura con un solo calcio.
Shiro non disse nulla e continuò a guardarsi attorno, limitandosi a trarsi dalla tasca il ciuffo di peli blu che aveva trovato in casa del giudice.
«Shiro, potrebbe essere anche stato Vostro Onore. Si era fatto la barba l’altro giorno.» Tifa insistette. «Comunque, visto che sei qui… ho sentito che Cloud è tornato. Tu dormi a casa del giudice come lui, no? È passato di là?»
«Anche Sora è tornato, ma non ho visto nemmeno lui.» Shiro riprese a seguire la pista. «E comunque dormo da Aerith. È che Vostro Onore di tanto in tanto mi chiede di tenergli d’occhio Finn.»
Tifa annuì e le andò dietro. Evidentemente sperava di trovare Cloud nella stessa direzione, o forse il castello era uno dei luoghi che non aveva perlustrato.
«Ora che metto le mani addosso a Cloud, io gli…» La ragazza mugugnava tra i denti. «Crede seriamente di poter scappare così soltanto per fantasmi di cui non vuole nemmeno parlare? Questo è esattamente come quando si rifiutava di giocare a baseball perché sua madre non si poteva permettere mazza e guantone!»
«Baseball?» Shiro si strinse nelle spalle.
«È un gioco. Magari quando riapre la scuola possiamo provare a formare un’altra squadra. Cloud era l’asso della classe. Qualcuno diceva che era stato lui a cavare l’occhio al vecchio Braig con una pallonata, quando aveva tredici anni, ma lo escludo… una palla da scuola media non fa quei danni, e Aerith mi menzionò soltanto che gli aveva fatto un bernoccolo. Accadde soltanto più o meno nello stesso periodo, pochi giorni prima che le guardie del re ritrovassero te nella piazza.»
«Braig? Intendi Xigbar, vero?» Shiro non riconobbe immediatamente l’anagramma, ma la sua coscienza glielo portò alla mente. Sembrava più zitto negli ultimi tempi, ma a volte era come se ricordasse di esistere. «Ti ricordi com’è successo?»
«Io non lasciai il campo, ma Cloud stava male quel giorno, vomitò per i nervi. Il suo migliore amico, Zack, o meglio si conobbero quel giorno, lo portò a prendere un po’ d’aria, e gli fece riprovare il tiro in piazza. A quanto pare Braig passava di là e venne colpito dalla palla che cadeva. Due compagni di Zack stavano cercando di ritrovare la palla e invece Braig trovò loro.»
«Quindi si sono conosciuti così… e poi avete conosciuto me.» Shiro ricordava che Saïx, prima che accadesse quel che era accaduto, aveva cercato di raccontarle delle loro avventure, ma erano anni ormai che non sentiva quelle storie. «Mi chiedo se a questo punto non stia proprio cercando Zibibbo. Scommetto che lui sa cosa potrebbe essere successo a Zack… e perché è sparito senza lasciare tracce!»
Tifa aggrottò le sopracciglia e scosse la testa. Erano nei corridoi del castello, una specie di labirinto buio con alcune delle pareti crollate. La calce sparsa sulla soglia era stata calpestata da più piedi, e quando Shiro accese la torcia che portava in tasca, impronte di vari piedi, zampe e stivali apparvero candide contro le mattonelle plumbee del pavimento.
«È Sephiroth che sta cercando… il capitano delle guardie cittadine.» Tifa le rispose. «Cloud mi ha detto che quando la Fortezza è caduta, divenne pazzo. Che lui e Zack si salvarono per miracolo cercando di contenerlo… e adesso ho paura che Cloud rischi la vita di nuovo.»
«Sephiroth… hm…» Shiro esaminò le impronte. Riconobbe le scarpe di Sora in mezzo alla confusione della polvere, e le zampe palmate di Paperino… e delle zampe tozze a quattro dita che non sembravano appartenere né a cittadini, né a Heartless. «Però devi fidarti, Cloud è forte. Salva le persone, no? E non credo che Aerith lo lascerebbe fare se non avesse fiducia in lui. Io vorrei tanto cercare gli altri come fa Sora e invece mi chiedono di fare queste cose e di allenarmi…»
«Lo so che Cloud è forte, ma…» Tifa strinse gli occhi e tirò un sospiro, continuando a camminare tenendo la mano destra sempre addossata alla parete.
«Vedrai, non si caccerà nei guai.» Shiro fermò Tifa per un polso e le sorrise. «Come dico a Puzzetto, i miei amici sono i migliori!»
«Puzzetto?»
«Finn. Quando fa i capricci gli racconto un po’ di storie. E beh, non gli posso raccontare sempre di Axel e Saïx.»
Le impronte strane portavano verso un corridoio a sinistra, ma Tifa non diede accenno di scollarsi dalla parete destra. Shiro notò che le impronte di Sora e Paperino andavano dalla sua parte, così come delle impronte di scarpe lunghe che non potevano che appartenere a Pippo.
Shiro puntò la torcia verso le impronte strane e fece un sorrisetto a Tifa.
«Sei ancora convinta che il mostro vandalo sia un’invenzione di Leon?» Prese il corridoio di sinistra, poi salutò Tifa con la mano. «Porta i miei saluti a Sora!»
Si addentrò nel corridoio buio, puntando la torcia davanti a sé. Oh, se Leon sarebbe stato soddisfatto di lei… magari l’avrebbe lasciata occuparsi pienamente degli Heartless assieme agli altri guerrieri…
Ad un certo punto, le impronte svanirono interamente dal pavimento… come se il loro artefice fosse sparito. Cosa… come poteva essere possibile? Forse il loro padrone poteva volare?
Shiro, Keyblade.” La sua coscienza le suggerì. “Qualsiasi cosa sia, non è lontano. E se tieni la luce accesa, ti vedrà.”
Shiro spense la torcia e se la infilò nella tasca della felpa, poi tese la mano destra ed evocò il Keyblade.
Al momento le avrebbero fatto comodo anche i pugni di Tifa…
«Corro nel buio… eh-eh-eh-eh-eh…» una voce nasale e quasi animalesca borbottava sopra di lei. «Corro nel buio…  è stato qui»
«Cosa?» Shiro scattò di colpo osservandosi attorno. «Chi sei? Fatti vedere
Non poteva essere un Heartless. Gli Heartless non parlavano. E avrebbe riconosciuto la voce di un Nessuno maggiore, ma questo non lo era sicuramente.
Sentì il rumore di una ventosa che si staccava, e qualcosa le piombò pesantemente addosso facendola cadere distesa per terra. Zampe morbide le placcarono le spalle, e qualcosa di umido e viscido le arrivò in faccia.
«TERRA! TERRA!» La stessa voce di prima le urlò nelle orecchie.
Shiro cercò di dibattersi, ma qualsiasi cosa fosse quella creatura, la stava stringendo forte nelle zampe. Un momento, forte? E come l’aveva chiamata…?
«Cosa… io non… aspetta, hai detto Terra
Il coso la lasciò andare, e Shiro colse l’occasione per riaccendere la torcia.
Davanti a lei c’era una specie di bestiola blu-grigio decisamente pelosa, con un paio di orecchie enormi e gli occhi neri come il carbone. Aveva la bocca larga, un naso talmente grosso da sembrare una palla schiacciata, quattro zampe, un accenno di coda, righe scure sulla schiena e nonostante tutto l’aria carina. Se davvero Finn lo aveva preso per un cane, Shiro iniziava a capire perché.
«Terra? Amici?» La creatura borbottò di nuovo. Prese distrattamente a scaccolarsi con la lingua.
«Tu conosci Terra? Lo-lo hai visto?» si abbassò scrutandolo attentamente portando una mano in tasca «Aveva uno di questi vero?»
Il coso fissò il Trovavia come se fosse un tesoro.
«È stato qui. Sento il suo odore. Terra.» Arraffò la stella di vetro e metallo, ma la tenne nella zampa cautamente, come se temesse di romperla, poi la annusò e la rimise in mano a Shiro. «Tu sei sua ‘ohana?»
«Io… mi chiamo Shiro.» La ragazza non comprendeva. «Terra è il mio papà.»
«’Ohana, sì. Significa famiglia.» Il mostriciattolo fece sì con la testa. «Come Puzzetto e Vostro Odore.» Scoprì in un sorriso due file di denti aguzzi, poi tese di nuovo una zampa. «Mio nome Stitch!»
 
«Non ne vuole sapere di arrendersi…»
Non c’era molto da fare mentre Tifa metteva a soqquadro lo studio alla ricerca di qualsiasi persona stesse inseguendo – aveva preso a spaccare e lanciare oggetti, e Sora non riteneva affatto una buona idea rimanere sul suo cammino, se non altro per evitare di vedere le stelle.
«Dovremmo fare come lei!» Paperino suggerì, infilandosi nello studio noncurante del macello.
Nel frattempo, la ragazza aveva preso il ritratto di Xehanort dalla parete e lo aveva tirato giù neanche fosse il poster di un cinema, rivelando una serie di scritte sbiadite sulla parete, ma dal livore che aveva sul volto sembrava quasi lo volesse sfondare con un pugno.
Un rumore di passi affrettati fece girare la testa a tutti, e Tifa mormorò: «Ah, a proposito, Shiro è nel castello.»
Una creatura ricoperta di pelo bluastro attraversò la stanza a passo di corsa, borbottando qualcosa che suonava molto come: «è stato qui, è stato qui…», poi puntò il ritratto appoggiato al pavimento, sgranò gli occhi, e quasi ci si lanciò sopra urlando «TERRAAAAAA!»
Fu allora che Shiro entrò nella stanza.
«Stitch… ho capito che cerchi Papà, ma aspettami!»
«Stitch?» Tifa portò lo sguardo da Shiro alla creatura, che stava fissando il quadro, poi fece per capire qualcosa e fece una inequivocabile smorfia di disgusto.
«Ahem… ho trovato il combinaguai!» Shiro si strinse nelle spalle e fece un sorrisetto furbo, poi si fece seria quando vide il ritratto.
«Ciao, Shiro!» Sora la avvicinò e dovette trattenere per un momento l’istinto di abbracciarla. L’uomo nel ritratto – Xehanort, l’impostore che si era spacciato per Ansem – non aveva ingannato soltanto lei. E avevano una password da ritrovare per poter aiutare Tron a riconquistare il computer. «Uhm… è un po’ complicato. Ma potresti darci una mano?»
«Cosa vi serve?» Shiro affiancò Sora, e passò lo sguardo dal ritratto alle scritte che avevano trovato sul muro dietro di esso.
«Leon ha trovato il computer di Ansem… il computer principale del castello.» Pippo prese a spiegare. «Potrebbero esserci i piani della città, come pure delle registrazioni di quel che è successo…»
«Terra è stato qui! Terra!» Stitch schiamazzò di nuovo.
«A quanto pare lo ha fiutato. E conosceva mio padre.» Shiro mugugnò, senza togliere lo sguardo dalle scritte. Era chiaramente il dataspazio di Tron, pensò Sora, ma gli indizi finivano lì. E c'era sempre più urgenza di risolvere l'arcano, specialmente ora che il nuovo amico di Shiro sembrava avere un certo naso per le tracce. Se davvero aveva sentito l'odore di Terra in quel posto, probabilmente le telecamere in alcune delle stanze lo avevano ripreso.
Avrebbero avuto forse la soluzione di quel mistero a portata di mano… se soltanto ne avessero avuto la chiave.
«Il sistema operativo si chiama DTD.» Sora indicò tre lettere sulla parete. «Door To Darkness. Questo disegno…»
«Ehi, ragazzi, qualcuno ha parlato di Door To Darkness?» Una figura minuta coperta da una cappa nera si stagliò nella porta.
Una figura familiare.
Shiro borbottò: «chi è stat…?», ma Sora, Paperino e Pippo riconobbero immediatamente Re Topolino – Paperino e Pippo gli lasciarono a stento il tempo di chiudersi la porta alle spalle e togliersi il cappuccio prima di placcarlo in un forte abbraccio.
«Avete menzionato la Door To Darkness?» il Re chiese loro non appena venne lasciato andare.
«Lo assalgono sempre così?» Shiro chiese a Sora, leggermente rossa in volto e con una mano a strofinarsi la nuca.
«Non lo so, è la prima volta che glielo vedo fare.» Sora sorrise imbarazzato. «Vostra Maestà, stiamo cercando una password.»
«Vuoi dire, tipo un codice?» Topolino rispose. Sembrava perplesso, ma a giudicare dalla sua espressione allegra doveva aver capito qualcosa. «La Porta dell’Oscurità. Ricordate? Può essere aperta soltanto dalle Sette Principesse!»
«Sappiamo i loro nomi?» Shiro chiese alle persone nella stanza.
Sora prese a contare sulle dita. «Biancaneve, Cenerentola, Aurora, Alice, Jasmine, Belle, e Kairi.» Abbozzò un sorriso. «Torniamo da Tron, possiamo sbloccare tutto!»
Shiro diede un’altra occhiata al quadro e alle scritte, poi prese la mano di Sora e lo tirò verso il corridoio.
«Non perdiamo tempo, andiamo, su!»
«Shiro, aspetta.» Topolino le fece gesto di fermarsi. «Forse ho messo insieme i pezzi!»
«… i pezzi?» Sora non capiva, ma dal tono di voce del Re, doveva esserci dietro qualcosa di grosso.
«Ragazzi, voi andate. Sarò di nuovo qui quando sarete di ritorno.» Il Re fece un sorriso rassicurante. «Questa è una questione tra me e Shiro, per adesso.»
 
Sora girò i tacchi e sparì con Paperino e Pippo per il corridoio, lasciando Topolino e Shiro soli con Stitch e la ragazza in nero.
«Non è la prima volta che vengo qui.» Topolino prese a camminare avanti e indietro, cercando di non calpestare i cocci di vetro sul pavimento. «L'uomo che si è spacciato per Lord Ansem, il giovane, mi hai detto che il suo nome era Xehanort, giusto Shiro?»
Shiro fece di sì con la testa, ma Stitch, seduto ai piedi del ritratto, borbottò «Terra!», dando una zampata alla cornice.
«DiZ lo chiamava Xehanort.» la ragazza ribatté alla creatura.
«Terraaaaa…» Stitch colpì di nuovo la cornice. «Finito marrone!»
«Il ragazzo di Aerith, Zack, diceva di conoscere un Terra.» Tifa, che era rimasta in silenzio a guardarsi attorno fino a quel momento, intervenne nella conversazione. Topolino avrebbe voluto poter aiutare, ma non ricordava realmente quale fosse l’aspetto di Terra – solo che era una figura imponente con i capelli castani. Lo aveva incontrato soltanto di sfuggita, nei cortili della Torre Misteriosa, e non poteva dire di ricordarlo bene in volto.
«Zack conosceva Papà?» Shiro si fece pensierosa. «Stitch, in che senso è finito il marrone?» Sembrava impegnata nel voler risolvere la situazione quanto lo era Topolino, ma non doveva ricordare molto di suo padre – aveva avuto poco più di un anno quando era sparito, dopotutto.
«Terra marrone.» Stitch zampettò al centro della stanza. «No grigio, bleah. Marrone.»
«Credo volesse dire che lo ricorda con i capelli castani. In questo devo dargli ragione.» Topolino portò una mano al mento. «Corrisponderebbe alla descrizione di lui che mi hanno fatto Aqua e il Maestro Yen Sid. Ma sei sicuro che riconosci il suo volto, il colore dei capelli a parte?»
Il testone di Stitch ondeggiò rapidamente su e giù. «IH. Terra
«Mi ha quasi scambiata per lui… per l’odore a quanto pare. E se è vero che Stitch riconosce la sua faccia… ed è sicuro che fosse lui… avrebbe senso.» Shiro indicò il quadro. «Aerith dice che sono cresciuta qui, nel castello. Potrebbe avermi portata lui qui.»
«Le voci in città parlavano di un uomo e di una bambina, trovati nella piazza con visibili segni di lotta.» Tifa si portò una mano al mento. «A scuola la chiamavano la storia maledetta… chiunque provasse a venirne a capo indagando, spariva. Primi tra tutti le guardie cittadine. L’unico che forse ci ha ficcato il naso ed è ancora vivo per raccontare la storia…» La giovane sogghignò. «Beh, è Cloud
Camminò verso la porta ed uscì nei corridoi.
Dall’altro corridoio, quello che portava alla sala computer, si sentì un rumore di passi e Leon rientrò nello studio.
«Sora è tornato. Abbiamo accesso al computer!» Annunciò.
«Bene! Se c’è qualcosa che potrebbe darci delle risposte, è quel computer!» Topolino commentò allegramente. «Andiamo, Shiro, forse stavolta è quella buona!»
Trovarono Sora in piedi tra Paperino e Pippo davanti allo schermo, visibilmente perplesso. Non doveva essere molto esperto di tecnologia complessa, ma d’altra parte, Shiro non aveva mai visto computer tanto grossi – nemmeno quello di Saïx al Castello che Non Esiste reggeva il confronto.
«… ehi, ci vuole tempo per queste cose, sai?» Sora stava rimproverando Paperino, che era visibilmente impaziente.
«Credo che voglia sapere cosa vogliamo sapere noi.» Pippo commentò mentre Shiro si avvicinava con il Re.
«Riku e Kairi…» Sora mormorò, pensieroso… per poi scuotere la testa. «Sarebbe troppo bello, eh?»
«Risale a dieci anni fa. Dubito che il computer ne abbia notizie.» Topolino confermò i dubbi di Sora. «Ma potrebbe essere che Kairi vivesse qui una volta. Riku mi ha menzionato che non ha sempre vissuto alle Isole.»
«Terra.» Shiro suggerì quasi senza pensarci.
«Terra?» Sora la guardò. «Pensi che potrebbe trovare tuo padre?»
«Beh, è sparito undici anni fa. Magari se è vero che questo computer è collegato alla porta dell’oscurità…» Senza aspettare che Sora digitasse la ricerca, Shiro si infilò tra lui e Pippo e prese a formulare la richiesta lei stessa.
Il monitor venne invaso da una scheda, e partì quello che sembrava un vecchio filmato di sicurezza. Due ragazzi, visibilmente di età diverse, stavano parlando in quello che sembrava un cortile deserto. Lo spezzone finì, e riprese con il più alto dei due che parlava con il signor De’ Paperoni e con Merlino.
«Sapevo che sono stati qui. Questo non ci dice nulla di nuovo.» Topolino aggrottò le sopracciglia. «La storia maledetta di cui Tifa parlava. So come andò. Aqua e Terra erano in una piazza, di notte.»
Rimase in silenzio, come se ci fosse qualcosa che non riusciva a dire. Poi si infilò tra Sora e Shiro e digitò nella barra di ricerca: “Telecamere Sicurezza Piazza Principale”, per poi inserire un intervallo di date che risalivano a circa undici anni prima.
Una serie di files apparve sullo schermo, ma anche un messaggio di errore.
ATTENZIONE - DATI FILMATO CORROTTI.
«E ti pareva!» Paperino sbottò, visibilmente contrariato dall'ennesimo ostacolo.
«Tron ha parlato di un Master Control Program. Siamo riusciti a ripristinare Tron, ma quel farabutto è ancora qui dentro.» Sora ammise. «Probabilmente quei dati sono ancora in mano sua.»
«Non darti colpa, Sora.» Topolino gli poggiò una mano su un gomito. «Per quanto ne sappiamo, potrebbe essere stato Xehanort stesso… o qualcuno che ha collaborato con lui… a bloccare i dati. Sarebbe stato troppo ovvio o troppo facile trovare in bella vista una registrazione esatta.»
Prese nuovamente i comandi e aprì il filmato immediatamente successivo a quello corrotto. Si aprì un'altra finestra, che mostrò il filmato di una piazza illuminata dal sole del mattino, con la pavimentazione e le aiole danneggiate da quello che sembrava essere stato un combattimento in piena regola.
«E questo spiega la versione che conoscevo.» asserì il Re. «Soltanto due Maestri del Keyblade, o qualcuno a quel livello di esperienza, riuscirebbero a spaccare la strada in quel modo.»
«Io però non ho capito una cosa.» Sora fece una smorfia. «Questo tipo che si chiama Xehanort sembra un altro tipo che si chiama Terra e si fa chiamare Ansem. È come se avesse rubato il nome a qualcuno e la faccia a qualcun altro. Adesso poi sappiamo che Terra è stato qui ma un filmato in cui lo si vedeva combattere nella piazza è sparito dal computer.»
Sembrava voler giungere ad una conclusione, ma era come se non volesse dire la risposta a cui stava per arrivare. Che temesse anche lui la storia maledetta?
Topolino abbassò la testa, mogio.
«Già… Xehanort. Forse ha davvero rubato il nome a qualcuno e la faccia a qualcun altro.» Fu lui ad arrivare alla conclusione per Sora. «Conoscevo uno Xehanort, anni fa. Ma non era un ragazzo… era un vecchio, forse prossimo alla morte. E i Maestri del Keyblade possono…»
Non ebbe il tempo di rispondere: un boato echeggiò di fuori, e il castello venne scosso da tremiti.
«… ci attaccano!»
Topolino si avviò verso il corridoio che portava fuori a passo di corsa, poi giunto alla porta girò lievemente la testa.
«Sora, va’ a cercare Riku e Kairi. Shiro, corri al sicuro!»
«Cosa…?» Sora fu il primo a sbottare, contrariato, ma Shiro avrebbe felicemente protestato a sua volta.
Corri al sicuro. Ricordava quel che le aveva detto Tifa, sul fatto che il vandalo della Fortezza fosse un’invenzione di Leon. Stitch si era dimostrato essere reale, ma Shiro aveva i suoi dubbi sul fatto che avesse avuto intenzioni malevole.
Adesso quello. O come Yen Sid, anche dopo che lei avesse mostrato un Keyblade, non avesse fatto molto più che lasciarla in città e al massimo tenerla in allenamento. Adesso la città era in pericolo, e a lei veniva detto di correre al sicuro.
Sia lei che Sora corsero dietro a Paperino e Pippo, fuori dal castello, attraverso la zona di restauro con gli Heartless che sciamavano attorno a loro. Le creature dell’oscurità avevano aperto una breccia nella cinta muraria che proteggeva la città e il castello – doveva essere stato quello il boato che aveva scosso tutto – e fortunatamente il cancello di ferro che proteggeva il borgo era ancora intatto.
Shiro notò da subito che Paperino e Pippo, normalmente sempre addosso a Sora, stavolta erano davanti a lei, pronti ad intercettare qualsiasi cosa fosse troppo vicino.
«Sai, Paperino, credo che Sora abbia bisogno di cure!» Shiro si decise finalmente a commentare quando, a pochi passi dal cancello che portava al borgo, notò che Paperino ancora si ostinava a fulminare i Cavalieri Corazzati che le si avvicinavano troppo, mentre Sora aveva iniziato a zoppicare leggermente e stringere i denti.
«Starà bene. Tu corri!» Paperino ribatté, indicandole il cancello del borgo. «Noi ti copriamo!»
«Starò bene anche io.» Shiro sibilò a denti stretti, ma continuò a correre nella direzione indicatale dal papero. Avrebbe protestato ancora, e nella sua mente aveva un bel po’ di cose che avrebbe voluto dire ai tre, al Re, e persino a Leon, ma sembrava quasi che la sua coscienza, che di quei tempi era rimasta zitta e calma, in quel momento avesse preso a tenere zitta e calma lei.
Shiro, ragiona. Non ti vogliono tenere da parte come un bambino piccolo. C’è gente che non può combattere in città. Vostro Onore, Finn, il signor De’ Paperoni, i bambini che Cloud ha salvato. Chi pensa a loro se tutti i combattenti sono fuori dalle mura?” La coscienza prese ad asserire.
«Se tutti i combattenti sono fuori dalle mura, allora non passa nessun Heartless!» Shiro ribatté, riuscendo a fermarsi davanti al cancello.
Shiro, nessuno di loro è infallibile. Non Leon, non Merlino, non Sora. Andiamo dentro. Fallo per il borgo.
Un Cavaliere Corazzato si buttò verso di lei, talmente veloce che per Shiro sarebbe stato tropp…
… il suo corpo si mosse senza che lei lo comandasse, e prima di accorgersene era balzata di lato, aveva schivato l’affondo, e tirato un fendente che polverizzò il suo aggressore.
Poi venne il dolore. Entrambe le gambe e il braccio destro di Shiro esplosero in fitte di dolore talmente forti che la ragazza dovette mordersi il labbro.
Dentro, dentro, dentro!” la sua coscienza esclamò di nuovo, e Shiro prese un momento fiato, poi si girò, aprì il cancello, entrò nel borgo e lo richiuse.
«Cosa è stato?» mormorò appoggiandosi alla parete. Non le era mai successo prima – un momento prima era stata rapida e precisa come non lo era mai stata, un momento dopo sembrava che ogni muscolo che aveva mosso le fosse stato tirato fin quasi al limite.
Colpa mia.” La coscienza non disse altro. Il suo tono di voce era quello di qualcuno che stava morendo di vergogna.
«Che vuoi dire?» Shiro si cercò nelle tasche fino a trovare una Pozione, la stappò e la bevve. Il dolore prese a scemare, abbastanza per poter camminare normalmente e allontanarsi.
Ti ho fatto fare qualcosa che era troppo per le tue forze. E adesso hai male come se ti fossi allenata tutto il giorno.
Shiro provò a chiedere qualcos’altro di quanto fosse successo, ma la sua coscienza sembrava di nuovo sparita, lasciandola con più domande che risposte.
Aveva letteralmente controllato il suo corpo, perché Shiro non ricordava di aver mai imparato a muoversi in quel modo.
Per giunta, Shiro comprese con una fitta di paura, quello era la prova che Leon, il Re e Paperino avevano ragione. Non era pronta. Nonostante tutto l’allenamento che aveva fatto con Yuffie e Merlino, ancora non era pronta per combattere là fuori.
Avrebbe voluto piangere. Era ancora inutile, nonostante il Keyblade.
Fuori dal cancello infuriava la battaglia, e solo due dei combattenti avrebbero potuto distruggere gli Heartless per sempre.
Questo perché lei era ancora incapace.
«Shiro!»
Per un momento, le sembrò di vedere Saïx e il suo sguardo di disapprovazione. Sbatté le palpebre e si rese conto che si sbagliava: il giudice Ilyas, con la toga di traverso, aveva aperto la porta di casa sua e le stava facendo gesto di entrare in casa.
Shiro si diede un’occhiata attorno e varcò l’uscio. Con Ilyas a chiudere la porta dietro di lei, azzardò un «Permesso…» a cui l’unica risposta fu il «Bahhh!» di Finn, in piedi in un box nel soggiorno e circondato da giocattoli.
Ilyas tirò un sospiro, poi si sedette sul divano, a un passo dal box dove giocava il piccolino.
«Là fuori se le danno di santa ragione, eh?» Aveva abbozzato un sorriso, ma Shiro ne aveva visti parecchi di sorrisi falsi come quello – il giudice era preoccupato, e non voleva darglielo a vedere.
«Non mi piace per niente…» Shiro si sedette sulla poltrona davanti e si strinse nelle spalle. Non poteva evitare di avere un brutto presentimento. «Io posso stare solo qui e proteggere voi, ma non so nemmeno se ci riesca in realtà.»
Ilyas prese Finn dal box, lo abbracciò forte e lo lasciò sedere sulle sue ginocchia.
«Quando accadde dieci anni fa nessuno si aspettava che la situazione sarebbe precipitata. Io stesso dissi al fratello di Finn che non aveva niente da temere...»
Tirò un sospiro.
«Credo che quella volta la sapesse più lunga di me. Con quello che si è saputo sull'usurpatore e Lord Ansem… probabilmente Isa stava cercando di impedirlo.»
Shiro si morse il labbro. Avrebbe voluto dire al giudice che il suo maggiore era là fuori… ma come avrebbe fatto a spiegargli che era dalla parte di quelli che l’avevano rapita e cercata di usare? No, doveva rassicurarlo in un altro modo. Il giudice doveva sapere che stavolta c’erano Custodi del Keyblade che stavano combattendo, che sapevano chi avevano davanti – anche grazie a lei.
«Questa volta ci sono io e… lo so che non sono Sora o Cloud ma… nessuno farà qualcosa a voi o a Finn, signore. Servirà pure a qualcosa se ho una chiave con me no?»
«Cloud è stato un bambino come lo eri tu, Shiro. Prima o poi…» Ilyas fece per dire, ma si irrigidì di colpo quando una pozzanghera di tenebre comparve nell’altro angolo della stanza. Prima che il Corridoio Oscuro finisse di formarsi, scattò in piedi e mise Finn nelle braccia di Shiro, poi si parò davanti a loro.
Una figura incappucciata comparve nella stanza.
«Basta giochetti, Shiro.» Il Nessuno tese la mano, e Shiro riconobbe la voce di Saïx. «Torna da noi e più nessuno si farà male.»
«Corri.» Ilyas sibilò tra i denti, rivolto a Shiro.
«No… correte voi!» Shiro guardò il giudice, si mise in piedi a sua volta, tenendo ancora Finn nelle braccia, poi sostenne lo sguardo di Saïx con aria di sfida. «Puoi scordartelo
Saix schioccò le dita e un Berseker prese il giudice e lo intrappolò dietro al suo spadone.
«Non costringermi alle maniere forti!»
Shiro strinse Finn con un braccio e girò i tacchi, correndo verso la porta che dava sul retro. Attraversò di corsa il cortile posteriore, con Finn che le stringeva le braccia quasi attorno al collo e chiamava il padre, cercando di ricordarsi quali vicoli avrebbero portato a casa di Aerith o da Merlino. Non conosceva bene la strada da quel lato della casa… era sempre entrata e uscita dal davanti…
«Pa, pa, pa…» Finn borbottò in tono contrariato, indicando con la manina la direzione di casa sua.
«Sta’ tranquillo, gnomo, ci sono io con te. Adesso andiamo al sicuro.» La ragazza lo rassicurò.
La stradina non era una che Shiro ricordava, ed era stranamente silenziosa, con gli echi della battaglia fuori dalle mura sempre più lontana. Stavano forse vincendo?
«Dove credi di andare
Saïx comparve dal nulla davanti a loro. Shiro ricordò che se c’era qualcuno che conosceva la strada, non poteva che essere lui. Era il quartiere dove era cresciuto.
«Lontana da te!» Cercò di sfidarlo lo stesso. «Non mi riporterai al castello, e non farai del male a Finn!»
Probabilmente, se le cose si fossero guastate abbastanza, la coscienza le avrebbe fatto poggiare Finn sulla strada e ci avrebbe pensato lui a combattere, anche se Shiro non sapeva quanto male avrebbe potuto farle un simile intervento.
«Pensi davvero di riuscirci?» Saix si avvicinò a lei, con una smorfia di falso disgusto. «Forse qualche giorno in mezzo ai Qualcuno ti ha insegnato soltanto a sognare un po' troppo.»
«Io sono un Qualcuno!» Shiro tenne Finn con la sinistra e alzò il braccio destro di lato. «E sono una Custode del Keyblade!»
Aiuto. Qualcuno. Chiunque.
Un altro Corridoio si aprì tra Shiro e Saïx, e ne uscì Axel, con il cappuccio portato all’indietro, un paio di lividi sulla faccia, di cui uno a cerchiargli un occhio, e i capelli più arruffati che mai.
«Cosa ACCIDENTI STAI FACENDO?» latrò contro il suo amico di un tempo, alzando i chakram come Shiro aveva alzato la mazza giocattolo qualche giorno prima per difendere Roxas.
«Axel!» Shiro fece un passo indietro. Era ancora vivo. Era lì!
Lui girò la testa verso di lei e le fece un sorriso.
«Ciao, funghetto.»
Aveva sicuramente visto giorni migliori a giudicare dallo stato della sua faccia e dei suoi vestiti, e aveva delle croste su una mano dove qualcosa o qualcuno doveva averlo morsicato, ma il suo sorriso era vero.
Era realmente felice di vederla.
Axel girò di nuovo la testa verso Saïx, stavolta con aria di sfida.
«Guarda un po’ chi si fa rivedere.» Saïx non batté ciglio, anzi aggrottò le sopracciglia. «Falle mollare il moccioso, portala al Castello e potrei non memorizzare quello che hai combinato nelle ultime settimane.»
Axel sbuffò.
«Il moccioso, dice lui.» Rimase in silenzio per un momento, fissando Saïx negli occhi, poi riprese a parlare, a voce molto più alta. «QUEL BAMBINO È TUO FRATELLO, IDIOTA!»
Quasi ci fosse stato un segnale da parte di Axel, o forse semplicemente perché l’ex Numero VIII stava urlando, Finn nascose la faccia contro la spalla di Shiro e si mise a piangere forte, urlando che voleva suo padre.
Saïx rimase fermo per un momento, fissando Shiro e il piccolo che teneva ancora in braccio, poi si evocò un Corridoio Oscuro sotto i piedi e svanì.
«Spero che Sora li tenga tanto alle corde da fare in modo che non ti diano più fastidio.» Axel ansimò e scosse la testa. «Demyx è andato. Doveva prendere lui te e Sora… ma credo che Sora abbia preso lui.»
«Oh.» Shiro a stento registrò l’informazione. Finn stava ancora piangendo, anche se non forte come prima.
Axel fissò il bambino e sorrise, sbuffando rumorosamente col naso.
«L’ho lasciato io sulla porta di Vostro Onore,» confessò. «Lui e gli altri bambini della strada. Volevo fargli capire che eravamo ancora in circolazione. Non immaginavo che lo avrebbe adottato.»
«Axel, io… non voglio tornare.» Shiro cercò di spiegarsi al meglio che poteva. «Però… resta…»
Cercò di pensare ad un modo per convincere il suo amico a rimanere.
«Potresti esserci d’aiuto. Sei bravo a combattere, la città ha bisogno di un guardiano…»
Axel rimase a fissare il punto dove Saïx era sparito, poi si girò verso Shiro e Finn.
«Questo non è più il mio posto, Shiro.»
Abbassò lo sguardo.
«Ho fatto un macello… di nuovo
Aprì a sua volta un Corridoio, e anche lui scomparve nel nulla.
   
 
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