Anime & Manga > Magi: The Labyrinth of Magic
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Autore: Hoshi_10000    20/02/2020    1 recensioni
Ogni scelta ha un prezzo, questo chiunque lo sa, ma quale può essere il prezzo per vivere nel segreto? Quali saranno le condizioni per continuare a vivere normalmente, quando un imprevisto entra nella tua vita? E Sinbad e Ja’far saranno pronti a pagare il prezzo delle loro decisioni?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Judal, Sinbad
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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 Attacco ai confini

 



Ovviamente appena Ja’far gli aveva voltato le spalle aveva iniziato a litigare con Sinbad, come era logico che fosse. I generali avevano subito sgombrato la piazza, sconvolti dall’esito finale della discussione e Myron passandogli accanto gli aveva dato una spallata non eccessivamente delicata: se fosse per complimentarsi o per ripicca era difficile dirlo.
Rimasti soli (in realtà non sapendo dove andare Koumei si era messo a fare il soprammobile in mezzo al salotto, ma dettagli), erano partiti dall’insignificante dettaglio che rappresentava il fatto che avesse dormito con Koumei: spiegare ad un alpha geloso che aveva solo dormito con un suo ex non era cosa facile.
Esauriti gli argomenti di entrambe le parti sul primo punto lo scontro fu etichettato come pareggio e passarono al secondo, ossia “la sua inesistente capacità di fare da baby sitter”, a cui Robin prese parte iniziando a strillare come un assatanato.
Quello fu già più divertente, perché stanco di urlare ad un certo punto Judal cedette e propose una sorta di sfida a Sinbad. Doveva solo occuparsi di Robin fino a sera.
Facile: i pannolini li aveva, le tutine idem, per il latte bastava che portasse Robin a Ja’far affinché lo allattasse. Non resistette due ore.
Con uno dei peggiori mal di testa che potesse immaginare si allontanò dall’ufficio con il passeggino di Robin in testa, meditando seriamente di assumere la forma di Zepar e fare una gara di urla con il figlio. Rinunciò, spaventato dall’idea di perdere contro un bambino di pochi mesi.
Trovò Judal seduto al tavolo della cucina a mangiare pesche e giocare a battaglia navale con Koumei: non trovò nemmeno la forza di opporsi o protestare, prese Robin sotto le ascelle e glielo passò. Se a Ja’far stava bene, lui si sarebbe adeguato.
 
 


Un paio di giorni dopo aveva iniziato il duro lavoro di integrazione.
Non ne aveva parlato a Sinbad o Ja’far, certo che il primo non sarebbe stato d’accordo, mentre il secondo avrebbe approvato: dopo un calore pareva essere più dolce, meglio segnarselo per il futuro.
Dopo che Pisti lo aveva “rinnegato” e dopo il pesante litigio con i generali riallacciare i rapporti non era così semplice, e pretendere di aggiungere un elemento in più all’equazione non avrebbe fatto altro che rendere il tutto ancora più difficile, così scelse di prenderla alla larga ed iniziare appunto dalla persone ai margini del gruppo che parevano non essere arrabbiate con lui.
Quindi, appena scoprì i turni di lavoro di Dracoon non perse tempo e trascinandosi Koumei dietro, passando per infinite vie laterali, raggiunse casa sua e della moglie.
Bussò cautamente alla porta, un po’ preoccupato: Kikiriku gli aveva detto che lei era informata su tutti i dettagli della vicenda, ma non aveva specificato se aveva o meno un’opinione in merito.
Quando sentì dei passi avvicinarsi alla porta fece per darsela a gambe, ma la gravidanza lo aveva reso lento, così non fece a tempo a scappare.
-Oh Judal, da quanto tempo.-
Ecco, era fregato.
Cercando di apparire tranquillo, si rigirò verso la donna.
-Ciao Saher, tutto bene?-
La donna annuì, composta ed elegante come sempre. -Volete una tazza di té?- chiese con cortesia, e parte della tensione di Judal si sciolse: per invitarli a entrare non doveva essere troppo rancorosa nei confronti di Koumei. Era un buon inizio.
 


 
Saher non era l’esempio della loquacità, il che per i suoi scopi era orribile perché siccome neppure Koumei si prodigava in lunghi discorsi faceva un po’ fatica a farli interagire. A un certo punto tentò di lasciarli da soli con la scusa di andare in bagno -scusa un corno, all’ottavo mese ormai andava in bagno ogni mezz’ora- ma al suo ritorno, quando si fermò subito dietro la porta della cucina, senza farsi vedere, nulla era cambiato. Sentì l’irrefrenabile impulso di mettersi a dare testate al muro.
Poi Robin scoppiò a piangere, il pianto da pannolino sporco.
Aprì la porta con rassegnazione, e invece ebbe una sorpresa.
Perché di certo quei due non stavano parlando, ma Saher aveva preso il piccolo dal passeggino e lo stava dando a Koumei. La moglie di un generale, in qualche modo zia del bambino in questione, stava dando Robin in mano a qualcuno che il resto del gruppo pareva ritenere pericoloso.
Ghignò soddisfatto: ormai Koumei lo aiutava nella gestione di Robin, ma a parte Ja’far che pareva fingere di ignorare la cosa, il resto del gruppo veramente ne era all’oscuro, specie Sinbad, che se lo avesse saputo gli avrebbe tirato il collo.
Cedette volentieri l’ingrato compito a Koumei e tornò a sedersi al tavolo.
-Perché sei venuto?-
La domanda lo colse impreparato. Si era aspettato il silenzio, di bere tranquillo il proprio te, invece Saher lo scrutava, con educazione, ovviamente, da sopra la sua tazza di tè.
-Non mi interessa la politica. Per quanto mi riguarda è solo un’ospite. Se a voi sta bene, a me sta bene.-
Con la stessa velocità con cui aveva iniziato il discorso lo chiuse. Ma per quanto celere fosse stato, era portatore di buone notizie: aveva guadagnato il primo alleato.
 


 
Subito dopo Saher, tentò di avvicinare Myron.
Trovarla in un momento libero fu più impegnativo, tanto che alla fine rinunciò e semplicemente la bloccò con la magia.
-Volevo ringraziarti.- da che si era stabilito a Sindria parole come “grazie, prego, scusa o per favore” erano diventate molto più di uso comune per lui, ma ancora gli bruciava un po’ la gola a dire grazie.
Alla Fanalis di fronte a lui, d’altro canto, non pareva piacere che la gente usasse la forza con lei.
-Lasciami.- sibilò talmente piano che Judal non capì, e non capendo non eseguì l’ordine: il risultato fu che Myron si mise a fare sfoggio di tutta la sua forza cercando di abbattere il borg a calci, e se questo fosse stata opera di un semplice mago di sicuro ce l’avrebbe fatta.
Preoccupato che qualcuno potesse sentirli rilasciò la barriera e prima che potesse farci caso si ritrovò la ragazza ad un palmo dal naso, bloccata da Koumei che con una velocità assurda era riuscito a frapporsi fra loro due.
-Non l’ho fatto per te, il marmocchio mi rompeva, ma tu prova a bloccarmi di nuovo a quel modo e ti giuro che me la pagherai.- e se ne andò.
 
 
 

Persa la possibilità di attirare Myron dalla sua parte, Judal fermò il piano per un paio di giorni.
Di certo con il solo aiuto di Saher non sarebbero andati lontani, ma la mossa successiva nel suo teorico piano era pericolosa.
Perchè Saher era una donna adulta e vaccinata, e se Dracoon fosse venuto a conoscenza del fatto che le aveva parlato prima di andare ad aggredirlo si sarebbe scontrato con la moglie, e la cosa con un pizzico di fortuna sarebbe morta lì.
Ma se avesse parlato con i figli di Hinahoho? Agli occhi del padre e del resto del gruppo erano solo bambini, ancora col moccio al naso e il pollice in bocca: se li avesse usati per il suo tornaconto e Hinahoho lo avesse scoperto, cosa che dopo un po’ di tempo sarebbe certamente accaduta, lui sarebbe morto tra atroci sofferenze.
Però non poteva neppure rinunciare così: quei ragazzi erano ancora banditi dal palazzo, abbandonati a loro stessi la maggior parte della giornata, e parevano credere in lui.
L’importante era confessare di propria iniziativa il misfatto a Hinahoho e poi correre a chiedere ospitalità a Rem alla cara vecchia Sheerazard.
 



Casa di Hinahoho era grande, come ovvio per degli Imchack, con un ampio cortile che Yuyuko e Naname avevano riempito di fiori e altre piante decorative e decisamente troppo in vista: come in precedenza aveva fatto per Dracoon, si era assicurato che anche Hinahoho lavorasse, ma nonostante tutto preferiva non correre rischi.
Era un pomeriggio atrocemente assolato dei primi di aprile quando tentò di introdurre il principe, convenientemente scaricato ad un bar lì vicino, ma quando bussò alla porta di casa Imchack e Sasanato andò ad aprirgli ebbe una brutta sorpesa.
-Se cerchi Kikiriku non c’è- lo avvertì Yuyuko dal salotto, intenta a piegare i panni come una perfetta donna di casa.
D’improvviso affogarsi in mare per combattere il caldo divenne una prospettiva molto allettante agli occhi di Judal: certo, anche senza Kikiriku avrebbe potuto benissimo iniziare a fare le presentazioni, ma tolto il maggiore le gemelle diventavano molto guardinghe e diffidenti, per Sasanato, con o senza non faceva differenza: lui non pareva fidarsi di nessuno, era a suo modo equo.
-Sapete dov’è?- chiese asciugandosi il sudore dalla fronte e lanciando intorno a sé un paio di incantesimi rinfrescanti: a Kou gli avrebbero già detto di non usare la magia per cose improprie, ma andassero al diavolo non potevano vederlo e poi loro non stavano scarrozzando il giro dieci chili di scalciante ciccia.
-Prova in armeria.- suggerì Naname, scendendo le scale con una cesta del bucato tra le braccia -Di solito quando papà lavora tutto il giorno e le reclute hanno l’addestramento va lì.- il tono confidenziale parve ben strano alle orecchie di Judal, ma l’afa lo aiutò a metterlo in secondo piano e dimenticarsene.
Ringraziò, e sudato e stanco andò a riprendersi Koumei: non gli disse una parola, il principe parve capire tutto dalla sua espressione, lanciò giusto una moneta alla barista e uscirono. Robin dormiva tranquillo nel proprio passeggino, lasciato in custodia a Koumei, e il caldo pareva non toccarlo affatto.
Se il segreto era nel passeggino, allora se ne sarebbe comprato uno all’istante.
Stanco, oltremodo sudato e di cattivo umore, marciò all’interno della caserma, e la trovò vuota: generalmente si sarebbe posto non poche domande e preoccupate non poco di una simile falla nel sistema difensivo di Sindria, ma non in quel momento. In quel momento, l’unica cosa che voleva era farsi un bagno, e perfino le pesche erano in secondo piano. In terzo c’era trovare Kikiriku per poter tornare al fresco del proprio appartamento a lavarsi e mangiare.
Le chiavi dell’armeria non erano al loro posto, probabilmente qualche guardia le aveva con sé, ma Judal non vi diede peso, decidendo che piuttosto avrebbe scardinato la porta: se Myron e Ja’far potevano farlo, d’altronde, perché lui no?
Con suo grande rammarico, tuttavia, non ci fu bisogno di scardinare alcuna porta, essendo questa aperta.
La stanza era una sorta di grosso cubo, con una sola finestra orientata a sud. Le pareti erano di un bianco sporco angosciante, nascosto per lo più da una gran quantità di armi di tutti i tipi allineate contro i muri o infilate in delle casse. Era molto spaziosa, ma pure molto disordinata, e una spolveratina non sarebbe guastata.
Ma Kikiriku pareva non badarci, intento ad aggredire un nemico immaginario armato solo di una lancia, talmente concentrato da non accorgersi di loro.
-Che stai facendo?- chiese curioso, dimenticandosi per un attimo del caldo, e il ragazzo saltò terrorizzato, scattando all’indietro e battendo la testa contro una rastrelliera, fortunatamente vuota.
Quando vide che era Judal tirò un sospiro di sollievo, portando una mano a scompigliarsi i disordinati capelli azzurri -Judal, non farlo mai più.-
Il magi sorrise, e ripetè la domanda.
Kikiriku si morse un labbro, a disagio: allora aveva ragione a sospettare che ci fosse qualcosa sotto.
-Mi alleno con la lancia.- ripose in imbarazzo e Judal ridacchiò, divertito.
-Questo lo vedo, ma perché qui, nascosto da tutti? Non puoi allenarti assieme alle reclute? Sei alto e forte almeno quanto loro, non credo ci saranno problemi.-
Scrollò il capo -Papà non è molto favorevole. Non è che ha paura della armi, ma vuole insegnarci lui, solo che poi è sempre preso e alla fine non lo fa mai. Tradizionalmente a *16 anni ogni Himuchak deve abbattere un *unicorno rabbioso, per dimostrare di essere un adulto. È solo un rito di passaggio, ma comunque mi piacerebbe farlo.-
Così maturo e così tenero, sperava proprio che suo figlio/a venisse su esattamente così. Anche a costo di avere quei capelli e quell’altezza, pure un preciso clone di Kikiriku gli stava bene. Però aspetta, doveva partorirlo lui. Quanto era grande un neonato Himuchak?
Comunque, si stava distraendo.
-Beh non credo sia difficile, sali su una nave che ti porti a casa e affronta la prova, no?-
Kikiriku lo guardò con occhi tristi, un sorriso mesto in volto. -Non è il come arrivare a farlo la parte difficile: quando papà lo saprà probabilmente farà salti di gioia alti sei o sette metri almeno, chiamerà la zia e si metteranno d’accordo sulle modalità. Però non sono pronto. Non so usare una lancia, non ho mai affrontato una persona, figuriamoci un mostro marino. Mi farà a pezzi.-
Ripiegò le ginocchia al petto, nascondendo il capo fra le braccia: era piuttosto buffo vedere una persona di quella struttura fisica raggomitolata su se stessa, non lo faceva davvero così dolce. Dopo quello, voleva almeno tre Kikiriku. Anzi quattro, meglio quattro.
-Tieni la lancia in modo completamente sbagliato.- girò la testa di scatto, talmente veloce da procurarsi una fitta, e guardò Koumei come fosse un alieno: si era dimenticato che lui era il motivo per cui aveva patito tutto quel caldo, e si era dimenticato perfino la sua presenza, se per quello.
-Le mani sono troppo distanti fra loro, così non riuscirai a fare bene forza. Salti troppo, in uno scontro su degli iceberg galleggianti la cosa ti si ritorcerebbe contro, faresti fatica a tenere l’equilibrio, e anche sulla terra se ti colpissero mentre sei a mezz’aria sarebbe più difficile difenderti. Non hai visione d’insieme, e non cogli ancora i pericoli esterni, come dimostra il fatto che non ti sei accorto di noi. Inoltre, per il poco che ho visto, metti poca forza negli affondi, mentre sei molto veloce e preciso nelle roteazioni. Non so cosa preveda di preciso questo rituale, non lo conosco bene, ma più che per la lancia a mio giudizio saresti portato per l’ascia.-
Ecco. Addio possibilità di far andare d’accordo Koumei e i figli di Hinahoho! Addio, è stato bello averti inseguita.
Kikiriku era attonito, guardava Koumei con tanto d’occhi, la bocca spalancata come un pesce lesso. Koumei dal canto suo, era ritornato nel suo mondo, o per meglio dire visto il silenzio che era calato dopo il suo bel discorso si stava addormentando in piedi.
Del tutto privo di tatto, senza curarsi di nascondere la cosa, Judal gli assestò una potente gomitata nel fianco: Koumei non era cattivo, non lo era mai stato, poteva essere pigro e svogliato, ma era una persona con dei forti valori, un grande senso della famiglia, e degli obiettivi. Solo era un malefico topo di biblioteca che non sapeva quando era il caso di tacere.
Il modo in cui aveva parlato era molto arrogante, perfino un ceco l’avrebbe visto, ma il principe l’aveva fatto senza pensarci, Judal non aveva dubbi su questo, quindi forse se si fosse scusato Kikiriku l’avrebbe perdonato.
-Mi puoi insegnare?-
Riportò lo sguardo sul giovane Imchack. Aveva due occhi colmi di speranza, e guardava Koumei con devozione, come fosse un dio.
Il principe, intento a massaggiarsi le costole, guardò il ragazzo di fronte a lui, determinato. Forse non era il legame che Judal voleva instaurassero, almeno per iniziare, ma sarebbe andato bene lo stesso.
-Non posso.-
Oh, puoi eccome invece. Non mi sono fatto tutta la strada da palazzo al porto e dal porto a qui per nulla, chiaro?
-Ti prego. Solo una volta a settimana. Sarò obbediente, non mi lamenterò degli esercizi, ti pagherò se vuoi.-
Ma poteva esistere qualcosa di più innocente di quel ragazzo? Pagare un principe, era così carino.
-Non posso insegnarti, se tuo padre lo scoprisse mi ucciderebbe.-
Beh questo era vero, ma come si faceva a dire di no a quegli occhioni d’oro?
-Potremmo allenarci qui come ho fatto finora. Sono tre anni che lo faccio, ho una copia delle sue chiavi, non mi ha mai scoperto.-
Occhi d’oro e cervello arguto, ottime qualità.
-C’è troppo poco spazio, è difficile allenarsi qui, e poi in realtà non sono molto ferrato con la lancia.-
-Non importa, sai più cose di quante ne sappia io, ti prego!-
Ecco, vedere un Imchack che avanzava verso di te in ginocchio supplicando era inquietante, perché pure così Kikiriku arrivava più o meno alle loro ascelle come altezza. Ed aveva solo 14 anni.
Irremovibile, ma con una traccia di dispiacere negli occhi cremisi, Koumei scosse il capo -Ho solo un’infarinatura di ogni arma, come si confà ad ogni principe, non so insegnare e veramente la lancia richiede spazio, molto più di una spada.-
Kikiriku parve prendere nota mentalmente, e ormai arrivato di fronte a loro afferrò le mani di Koumei. Se avesse avuto un anello probabilmente lo avrebbe baciato con devozione, invece ne fece a meno.
-Andiamo sulle mura. Non ci va mai nessuno, e da sotto non si vede se su c’è gente. Per quando ci alleneremo Judal potrebbe far crescere un po’ di nebbia. Ti prego-
Guardò Kikiriku stralunato: va bene tutto, ma chi gli aveva dato il permesso di coinvolgerlo nei suoi loschi affari?
E invece, Koumei annuì.
Maledetto principe, non sapeva proprio capire certe cose.










Piccoli scleri di cui (volenti o nolenti) finirete per far parte: la puntualità ultimamente è veramente alta, non trovate? Una volta a settimana "BAM", capitolo.
Meriterei quasi un premio
   
 
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