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Autore: Iaiasdream    21/02/2020    2 recensioni
Davide Campana è un nobile proprietario terriero, dal carattere arrogante ma ambizioso. Deluso dalla sua vita che lo ha messo a dura prova dall’età di diciotto anni, passa le sue nottate fra bordelli, pretendendo da ogni donna solo piacere fisico, fino a quando non incontrerà Rebecca, una semplice cameriera che nasconde un amaro passato. Quando le loro vite si incrociano, nessuno dei due sa che l’una lavora per l’altro, e per uno strano scherzo del destino, la loro relazione verrà inghiottita da una turbinosa odissea.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 8
 
Le lenzuola non erano più avvolte dall'ombra notturna, un fascio di luce le illuminava facendo risplendere il candido colore. Sotto di esse il corpo ben fatto e libero da indumenti della giovane cuoca si muoveva incerto dal risveglio. Rebecca distese il braccio lungo il materasso, alla ricerca di quello di Davide, ma sentendo il vuoto davanti a sé, aprì gli occhi e voltò la testa; Davide non c’era, allora si alzò, mettendosi a sedere e si guardò intorno.
<< Sono qui >> udì dalla parte dov’era la finestra << questa volta sono rimasto, non volevo lasciarti sola, volevo salutarti da sveglia >> aggiunse il giovane passandosi una mano fra i capelli.
<< Buongiorno, allora >> rispose lei sorridendo, appoggiando di lato la testa sulle ginocchia raccolte in petto per poi guardare il suo amato con occhi sognanti. Davide ricambiò quel sorriso, si avvicinò a lei chinandosi per baciarla. << Ora dovrei proprio andare >> le sussurrò sulle labbra.
<< Anche io >>
<< Sapere che dovremo vederci solo di domenica mi fa sentire il cuore a pezzi >>
<< Potremmo vederci giovedì, vengo in paese per i rifornimenti del magazzino >>
<< Allora a giovedì. Ci incontreremo giù, nella sala d’aspetto. >>
Detto questo, si alzarono e si prepararono per andar via.
Passando davanti al letto disfatto, lo sguardo di Rebecca fu catturato da qualcosa che spiccava fra le bianche lenzuola: una macchia rosso scuro. Rebecca rimase a guardarla per un po', ricordando la stessa macchia che giorni addietro aveva visto sull'intimo di Marina. Subito venne avvolta da una strana sensazione che ricacciò subito via sibilando << No, lui è diverso >> sorrise, poi usciti insieme dalla camera, scesero e lì Rebecca si accorse che alcune cameriere la guardavano in modo strano, lei fece finta di niente, poi Davide si allontanò recandosi alla portineria. Rebecca lo aspettò guardando con la coda dell'occhio le due cameriere che bisbigliavano qualcosa. Cercò di sentire cosa si stessero dicendo, era certa che stavano parlando di lei perché sentì dire:<< Hai visto? È di nuovo lei. È molto strano perché prima non le aveva mai riportate una seconda volta >>
Quella frase fece trasalire la ragazza che iniziò a guardarsi intorno smarrita cercando di focalizzare il giovane, che dopo un po' la raggiunse sorridendo e invitandola ad uscire, ma lei esitò.
<< Che cos'hai, Rebecca? >> chiese lui preoccupato.
Rebecca lo guardò smarrita, poi balbettando disse che non aveva niente. Davide l’accompagnò davanti alla fermata della corriera, la vide pensierosa e cercò un'altra volta di sapere che cosa la turbasse.
<< Davide, io non sono la prima ragazza della tua vita? >> esordì allora la giovane.
<< Perché adesso mi fai questa domanda? >>
<< Ti prego rispondimi >>
Prima di farlo, Davide la fissò a lungo cercando di capire per quale motivo fosse diventata tutto ad un tratto strana, poi sospirando disse << Ero fidanzato, cinque anni fa. Eravamo sul punto di sposarci, ma non fu così, il fidanzamento durò pochi mesi, poi lei mi lasciò. A causa di un grande errore di mio padre, la sua famiglia non volle avere più niente a che fare con me. Lei non batté ciglio e mi fece capire che non era la moglie adatta a me e che non era neanche la donna che amavo veramente. Dopo di lei ci sono state altre donne, ma erano tutte delle semplici avventure, tu sei la prima e l'unica donna per la quale sento davvero qualcosa di forte, e penso di avertelo dimostrato >>
<< Scusami, non volevo riaprirti alcune ferite del passato, è che ho avuto, per un momento, ho... >>
<< Spero che adesso sia passato tutto >> la interruppe accarezzandole il viso.
Rebecca lo guardò negli occhi, poi sentendosi rassicurata dal quel dolce sguardo grigio-azzurro, e dal calore della sua mano, sorrise annuendo.
 
 
Quando Davide tornò a casa e si recò nel soggiorno, vide con sua sorpresa che la tavola per la colazione era già occupata dalla sua famiglia e a uno dei tanti posti vuoti c'era il suo amico Acquaviva.
<< Non mi sono accorto di aver fatto ritardo >> si giustificò mostrando quel suo sorriso beffardo.
<< Non ti preoccupare Davide >> rispose Angelica << hai solo cinque minuti di ritardo >>
<< Forse ti starai chiedendo che ci faccio io qui? >> intervenne Gabriele.
<< Puoi venire quando vuoi, sei il ben venuto >> rispose Davide.
<< L’ho invitato io >> intervenne la madre << tu hai sempre da fare, e volevo qualcuno che mi accompagnasse in paese. Voglio comprare qualcosa per Mattia >>
<< Mamma! >> esclamò Angelica << posso venire anche io? Ho visto un bel parasole in una rivista, e voglio assolutamente comprarlo! >> disse con supplica.
<< Angelica… >> rispose la mamma << abbi un po’ di contegno. Devi controllarti figlia mia, soprattutto quando ci sono estranei >>
<< Ma ti prego! >>
<< Tu non andrai da nessuna parte signorinella >> intervenne Davide con in mano la tazza del caffè << devi riprendere gli studi, il tuo precettore sarà qui tra poche ore >> continuò sorseggiando fiero la sua bevanda. La sorella lo guardò accigliata, ma non parlò, non ebbe il coraggio di ribattere, perché sapeva che suo fratello avrebbe avuto la meglio, allora non le restò che sprofondare sulla sedia, rassegnata.
Dopo colazione, Clara si congedò, andandosi a preparare per uscire, Angelica filò in camera sua, offesa, seguita dal fratellino e Davide con Gabriele si fermarono nel grande salone a parlare.
<< Oggi ti vedo diverso dal solito >> disse Gabriele << è successo qualcosa? >>
<< No… >> rispose Davide con aria indifferente.
<< Avanti… >> continuò l’amico << a me non la dai a bere, ti conosco fin troppo bene da capire che stai nascondendo qualcosa. Hai un’aria così luminosa da far invidiare il sole. Racconta, cos’è successo? >>
Davide sorrise, poi abbassando lo sguardo mormorò << ho conosciuto una ragazza >>
<< Ma bene, vecchio mio. Hai deciso di piantare radici, chi è la sfortunata? Una contessa, una baronessa, una vecchia ereditiera? >> chiese Acquaviva beffardo.
<< Smettila! Sto parlando sul serio. Ho conosciuto una ragazza, una semplice cameriera >>
<< Ma come, questo significa che non si tratta più di una semplice avventura? Da quando hai lasciato Virginia, non hai fatto altro che darti alla pazza gioia con le ragazze del bordello e se adesso mi stai dicendo che hai conosciuto una ragazza e hai quel viso così luminoso, significa che… ti sei innamorato? E per giunta di una cameriera! >> Gabriele scoppiò a ridere.
<< Abbassa la voce! >> sussurrò Davide << che importanza ha se è una cameriera? È dolce, gentile, sincera e anche generosa. Pensa che la vidi alle prese con un vigliacco nel tentativo di difendere l’onore della sua amica. >>
<< E quando l’avresti conosciuta? >>
<< Quella domenica al concerto, quando uscii per strada, la vidi sotto la pioggia e le prestai il mio ombrello. Da allora ci siamo visti altre due volte. Ci siamo dati appuntamento per domenica >>
<< Come puoi essere sicuro che ciò che provi sia amore? Andiamo! Ti facevo più intelligente. >>
<< Non so spiegarmelo nemmeno io… eppure, dovresti vederla per capirmi. >>
<< E bravo Campana! >> esclamò Gabriele allibito << sono fiero di te, finalmente hai deciso di mettere la testa a posto con le donne >>.
Davide lo interruppe, facendogli segno che la madre era arrivata.
Clara indossava un bel vestito ocra con il corpetto sul celeste chiaro e le maniche a tre quarti ornate di merletti azzurri. Aveva infilato un paio di guanti di pizzo ocra e volto lo sguardo verso Acquaviva lo invitò ad andare. Gabriele dapprima rimase a guardarla incantato, poi dati due colpi di tosse, si alzò e le si avvicinò. Davide lo imitò, salutando la madre con un baciamano e avvisandola che dopo l’arrivo dell’insegnante di Angelica, sarebbe uscito anche lui per chiudere l’affare della vendita delle olive, poi entrò una cameriera annunciando che la carrozza era pronta. Acquaviva e la donna uscirono salutando un’ultima volta.
Arrivati alla carrozza Gabriele l’aiutò a salire, e prima di imitarla, ordinò al cocchiere di recarsi in paese. La carrozza partì. Durante il tragitto i due rimasero in silenzio, Clara fissava il paesaggio in movimento, Gabriele faceva lo stesso anche se alle volte voltava lo sguardo verso la donna guardandola con incanto, senza, però, farsene accorgere.
Quando giunsero in paese, fu lei a dar ordine di fermare la carrozza.
<< Voglio fare due passi >> mormorò al giovane. Senza rispondere, Gabriele acconsentì e sceso dalla carrozza allungò la mano permettendole di fare lo stesso. Passeggiarono a lungo. Gabriele Acquaviva era immerso nei suoi pensieri, e solo dopo qualche ora si accorse che non si erano ancora recati in un emporio di abbigliamento. Volse lo sguardo verso la donna e la vide sorridente, la piccola mano che aveva appoggiata sul suo braccio la sentiva fiduciosa e calda e in quel momento gli ritornarono alla mente antichi ricordi che avevano segnato una parte della sua vita. Ripensò alla notizia di Davide. L’amico, dopo la burrascosa rottura del fidanzamento con Virginia Spadieri, aveva abbandonato ogni interesse per l’amore, congelando a poco a poco il suo cuore e soltanto una semplice fanciulla dopo cinque anni glielo aveva riscaldato.
Gabriele sapeva bene cosa si provava, perché anche lui un tempo era stato innamorato, anche lui aveva provato ciò che adesso stava provando Davide, e anche lui, cinque anni fa aveva dovuto rinunciare a quello che in quel periodo gli stava più a cuore. Rivolse lo sguardo a Clara, e questa volta le chiese per quale motivo non aveva ancora fatto i suoi acquisti. Clara lo guardò sorridendo, poi stringendo dolcemente la presa sussurrò << non lo hai capito? >>.
Gabriele rimase fermo per ricambiare lo sguardo e, fissando quegli occhi, iniziò a comprendere che in cuor suo, qualcosa di assopito si stava risvegliando.
La tavola era stata preparata per il pranzo, una cameriera aspettava soltanto l’ordine di servire, ma purtroppo la famiglia Campana non era riunita. Davide era appena ritornato dal suo lavoro e, seduto sul divano nel salone leggeva il giornale in compagnia di un bicchiere di liquore; in biblioteca, Angelica stava finendo di seguire una noiosissima lezione di geometria e Mattia approfittava del pallido sole assieme a una cameriera.
Davide guardò più di una volta il suo orologio da taschino, meravigliandosi che sua madre non era ancora ritornata. Posò il giornale sul tavolino e si alzò iniziando a camminare avanti e indietro. Nel salone era entrata la cameriera chiedendo al suo padrone se doveva servire il pranzo. Davide rispose di attendere il ritorno della madre, poi spostò la sua attenzione sul maggiordomo che aveva appena fatto la sua comparsa.
<< Giacomo, dove siete stato? Vi stavo cerando >>
<< Ditemi signore? >> chiese l’uomo impassibile.
<< Sai per caso se mia madre e il signor Acquaviva sono tornati? >>
<< Che io sappia, no signore >>
<< Va bene. Per favore andate a chiamare Angelica e mio fratello e ditegli che il pranzo è pronto. >>
<< Certo, signore. >> e detto questo uscì dal salone. Quando uscì anche Davide, la porta d’ingresso si aprì ed entrò Clara Giuliani con il viso afflitto. Il giovane si fermò a guardarla cercando di capire che cosa fosse successo. La donna rimase ferma sulla soglia della porta incantata a fissare il corridoio.
<< Madre? >> esclamò Davide facendola trasalire << cos’è successo? Avete un’aria alquanto strana >>
<< Niente >> mormorò con voce tremante, Clara.
<< Ma dov’è Acquaviva? Non vi ha riportata lui a casa? >>
<< Gabriele aveva da fare in azienda >> balbettò la madre allontanandosi dalla porta << è pronto il pranzo? >> chiese cambiando discorso.
<< Sì >> rispose Davide accettando quel ragionamento ma rimanendo sospettoso. La madre non aggiunse altro, si avvicinò a un tavolino, prese la campanella, la scosse lentamente e attese l’arrivo di una serva per liberarsi degli accessori da passaggio; dopodiché si recò in sala da pranzo prendendo il suo posto a sedere. Era talmente immersa nei suoi pensieri, da non accorgersi dell’arrivo fragoroso dei suoi due figli e della domanda che Mattia le pose, volenteroso di sapere cosa gli avesse comprato.
Davide a quel punto si insospettì ancor di più. Per quale motivo era uscita allegra, e adesso sembrava avvilita? Provò a richiederle che cosa avesse, ma la donna rispose soltanto con un sorriso che era stanca per la lunga passeggiata. Dopo quella risposta, il giovane non ci pensò più, e la piccola famigliola poté consumare il pranzo in silenzio.
Per tutta la giornata, Clara stette silenziosa e assorta nei suoi pensieri, aveva il volto ancora più pallido, quasi cereo, gli occhi sembravano colmi di lacrime pronte per traboccare e dar sfogo a un triste pianto. Nessuno le chiese cosa avesse, neanche Davide, malgrado la sua immensa curiosità, tacque e decise di lasciarla in pace, uscendo per i suoi affari.
La donna rimase sulla poltrona del salone a lungo, fissando il vuoto. Solo verso sera riprese un po’ di colorito e i suoi occhi ridiventarono lucenti e freschi, quando vide ritornare a casa Davide in compagnia del suo amico Acquaviva.
Appena i due entrarono, lei si alzò dalla poltrona, si avvicinò ad uno specchio, si aggiustò l’acconciatura e con le mani si stirò la lunga gonna, poi tirando un lungo respiro, aspettò che i due si avvicinassero, come una ragazzina ansiosa di vedere il suo amore.
Quando Gabriele la vide, il suo sguardo fu gelido, e lo volse subito da un’altra parte, Clara se ne accorse e si rattristò. Davide, invece, non si accorse di nulla, salutò la madre e invitò l’amico ad accomodarsi. Clara ricambiò il saluto, poi voltandosi verso Gabriele disse quasi con preghiera << Buona sera Gabriele >>.
<< Buona sera >> fu la risposta secca, fredda e tagliente di Acquaviva. La donna ebbe come un gemito, le tremavano le labbra, si sentiva la gola bloccata da qualcosa di pungente, gli occhi le bruciavano per quelle lacrime che erano ritornate e questa volta per fuoriuscire per davvero.
Senza dire una parola, uscì dal salone con passo svelto e, quando fu lontana da occhi e orecchie indiscrete, appoggiò la mano sul viso e diede sfogo ad un pianto soffocato.
Gabriele, con sguardo impietosito, fissò la porta, forse aspettando il suo ritorno.
<< Gabriele >> lo chiamò, a quel punto, Davide attirando la sua attenzione << dimmi la verità, è successo qualcosa a mia madre? >>
Gabriele lo guardò sfuggente << ch’io sappia no >> disse balbettando. Poi cercando di scoprire se Davide aveva qualche dubbio chiese il perché.
<< Da quando è tornata a casa, per pranzo, ha un’aria, triste avvilita >>
Gabriele ritornò a guardare la porta con lo stesso sguardo di prima.
<< Di solito… >> continuò Campana << fa così, quando le ritornano in mente ricordi della vita passata con mio padre. Non si è mai ripresa da quell’orrendo abbandono. Mio padre è stato solo un vigliacco, la lasciò in cinta per andarsene dietro a una, una… >> sbuffò al pensiero. Gabriele si girò di spalle all’amico stringendo gli occhi come se stesse contraddicendo tutte quelle parole. Lo lasciò sfogarsi e vagò col pensiero a ricordi lontani, a quei ricordi che erano emersi la mattina di quello stesso giorno e che avevano portato il giovane ad avere un comportamento gelido con Clara Giuliani.
A cena, il giovane Acquaviva accettò a malincuore, senza farlo notare, l’invito del suo amico. Si sedette al suo solito posto, di fronte alla triste padrona di casa e per tutta la serata i due si ignorarono.
Davide alle volte volgeva lo sguardo verso sua madre, notando che i suoi occhi erano gonfi e rossi, intuendo che aveva pianto, e anche molto. Ma per rispetto al galateo, non fece nessuna domanda a proposito del suo stato d’animo. A cena finita, il giovane Campana e Acquaviva si recarono nel salone per consumare un digestivo ed assaporare un sigaro. I bambini si ritirarono nella loro stanza e anche Clara si congedò dicendo che aveva un forte mal di testa, ma il suo barcollante allontanamento non fu ignorato né da suo figlio né dall’invitato che discretamente la seguì con lo sguardo fino a quando non scomparve dietro l’angolo.
I due parlarono di affari per qualche ora, poi Davide invitò l’amico a passare la notte in casa sua, dato che il giorno dopo sarebbero dovuti andare a dare un’occhiata ai rispettivi terreni per controllare come andava la raccolta delle olive. Gabriele acconsentì ma prima di ritirarsi chiese a Davide se poteva prendere qualche libro dal suo studio per combattere l’insonnia. Davide accettò, dicendo che era libero di prendere ciò che voleva.
Quando Gabriele arrivò davanti alla porta, vide una sagoma femminile la cui ombra proiettata sul muro dalla luce della candela, sfoggiava forme seducenti ricoperte da una vestaglia di pizzo e raso color panna.
<< Signora? >> mormorò Gabriele guardandosi intorno << Che cosa ci fate qui? >>
<< Gabriele >> sussurrò lei con voce tremante. Il giovane per non attirare l’attenzione di qualcuno, la prese per un braccio ed entrarono nello studio, dopo aver dato un’ultima occhiata al corridoio, per essere sicuro che non li avesse visti nessuno e chiuse la porta. A quel punto si volse verso di lei la quale appoggiò la candela su un mobiletto e gli si avvicinò.
<< Che cosa volete? >> chiese ancora lui freddamente.
<< Non parlarmi così, Gabriele, te ne prego! >> esclamò buttandosi fra le sue braccia e aspettando di essere ricambiata ma inutilmente << perché fai così? >> chiese disperata.
Gabriele le afferrò i polsi e lentamente la distaccò da sé allontanandosi.
<< Per favore… >> mormorò lui.
<< Ti prego >> lo interruppe << dimmi che è una bugia ciò che mi hai detto questa mattina! Dimmi che stavi scherzando >> pianse cingendogli le spalle. Gabriele strinse gli occhi dal dolore << non stavo scherzando signora >> disse secco.
<< No, ti prego, chiamami Clara. Non darmi anche questo dolore. Chiamami come mi hai sempre chiamata, non farmi questo. >>
Gabriele si svincolò bruscamente, volgendole uno sguardo tagliente << Ma non lo capisci? Ci stiamo soltanto rovinando. Per cinque anni abbiamo tenuto nascosto questo segreto, e che cosa ne hai ricavato tu stessa? Insulti e offese da tuo fratello e bisbigli strafottenti da parte di tutta la maledetta borghesia di questo paese >>
<< Non mi importa niente di quello che pensano le persone! >> ribatté lei.
<< Ed io? Io che cosa ne ho avuto? Rimorsi che mi divorano l’anima. Insonnia che assedia il mio sonno. E la colpa che assilla la mia mente ogni volta che vedo Davide e che lo sento maledire tuo marito. Ma chi sa la verità? Soltanto noi due! E io non posso… >> disse avvicinandosi lentamente alla donna << non voglio, e non ce la faccio a vederti e a non poterti toccare e baciare. Questa è la mia più grande colpa, il più grande peccato che ha lasciato una macchia enorme sulla mia anima: ignorare la ragione e abbandonarmi all’egoismo di saperti mia e di volerti possedere ogni qualvolta che ti vedo o che ti penso! >> detto questo l’afferrò bruscamente dal cinto e la baciò con veemenza. La donna non gli resistette, poiché aspettava quella reazione, con bramosia. Concesse la sua bocca fresca, abbandonandosi a quel tempestoso abbraccio che a poco a poco diventava più dolce e più passionale.
La piccola fiamma della candela si muoveva a ritmo di un’immaginaria danza orientale, illuminando l’intero studio di una luce soffusa e calda che avvolgeva i due amanti in un abbraccio complice, a poco a poco, però quella lenta danza si trasformò in un ballo frenetico, la fiamma venne agitata dal vento entrato dalla porta spalancata da qualcuno che apparve all’improvviso interrompendo il romanticismo dei due amanti colti in flagrante.
Clara trasalì balbettando << Davide! >>.
Gabriele Acquaviva, con respiro affannoso taceva, fissando il suo miglior amico che aveva la luce ballerina della candela sul volto livido, e gli occhi pieni di rabbia e di odio che guardavano ora la madre ora il suo amante i quali aspettarono con ansia una sua reazione.
Il giovane entrò nello studio chiudendosi la porta alle spalle, poi senza togliere gli occhi fissi su di loro chiese con voce rauca << Da quanto? >>
<< Non arrivare a conclusioni affrettate >> balbettò la madre tremante.
<< Da quanto tempo va avanti questa storia!? >> esclamò il giovane con rabbia facendo trasalire la donna, la quale iniziò a piangere. << In casa mia… pensavi che non mi sarei accorto dei vostri comportamenti? >> continuò il figlio << come hai potuto? >> chiese rivolgendosi a Gabriele.
<< Non è come sembra >> affermò serio quest’ultimo.
<< Non è come sembra? >> ripeté Davide strafottente << e allora com’è?  Spiegamelo tu Gabriele, perché non capita tutti i giorni di vedere una madre fra le braccia del migliore amico di suo figlio >>.
Gabriele si preparò a rispondere, ma Clara lo interruppe, dicendo che avrebbe spiegato lei ogni cosa, dicendo tutta la verità.
<< Non serve più a niente mentire >> disse Clara << lo abbiamo fatto per troppo tempo, e prima che Davide arrivi a conclusioni sbagliate, è meglio che sia lui a scoprire per primo la verità >>.
Davide incrociò le braccia al petto, pronto per ascoltare sua madre.
Gabriele rimase lì fermo sentendosi impotente e anche a disagio. Clara, invece, tremava, non capendo se quella che sentiva era ansia o paura. Si allontanò lentamente dal suo scoperto amante e si recò alla grande finestra, rimanendo di spalle ai due giovani, iniziò a raccontare con voce tremante.
<< Io… non ho mai amato tuo padre, e neanche lui amava me. Il nostro è stato soltanto un matrimonio riparatore, come sostenevano mio fratello e mia madre, ma io sapevo benissimo che era soltanto uno di quei matrimoni di convenienza. Vincenzo Campana era molto ricco anche se soltanto un semplice borghese senza titoli nobiliari, aveva ereditato un’intera fortuna, e fortunatamente per i miei parenti, che erano sul lastrico, tuo padre era anche in età da moglie >> si volse verso il figlio e lo guardò con un sorriso malinconico << A mia insaputa, all’età di quindici anni ero diventata la signora Campana. Poiché che ero ancora minorenne, e quindi impossibilitata a firmare, mia madre e mio fratello dovettero farlo al mio posto. >> una lacrima le scivolò su viso, e le labbra iniziarono a tremare << non ebbi neanche il diritto di esprimere il sì che tutte le ragazzine di quell’età sognano di dare all’uomo della loro vita. Ma secondo mio fratello, Vincenzo Campana, era il mio. >> si fermò per riprendere fiato, poi voltandosi di nuovo verso la finestra continuò << ma si erano sbagliati di grosso. Io non provavo niente per quell’uomo, e neanche lui per me, Vincenzo aveva molte amanti, lasciava una per prendersi un’altra, non era mai presente in casa. Mi lasciava sempre sola. E questa storia durò un anno. >> si volse ancora una volta verso il figlio e si andò a sedere su di una poltrona. Prima di continuare, guardò le dita delle sue mani che si intrecciavano fra loro in maniera quasi autonoma, poi continuò col pianto in gola << ormai sei grande, Davide, e certe cose le capisci anche tu >>.
Davide la guardava serio, non lasciava traspirare nessun frammento di emozione, dimentico della presenza di Gabriele, era solo concentrato ad ascoltare la madre che sempre piangendo disse cercando di guardare il figlio negli occhi.
<< Sai in che modo sei stato concepito? Non fu una notte d’amore o per soddisfare i suoi… porci bisogni >> fissò Davide, lasciando che la sua mente vagasse nell’immaginazione per la risposta. Davide capì al volo, ma non lo diede a vedere.
<< Dopo che per un anno mi aveva ignorata, una notte si ritirò ubriaco da una delle sue tante scappatelle… neanche lui ebbe rispetto di me, e dei miei sentimenti… >> si fermò ancora cercando di placare il pianto. Ma non ci riuscì << Avevo solo sedici anni… non avevo nessuno con cui sfogarmi, mia madre e tuo zio non mi capivano, davano soltanto la colpa a me del comportamento che aveva tuo padre. Pensavano solo ad arricchirsi sul mio dolore.
Solo dopo la notizia della tua attesa, Vincenzo sembrava cambiato, era più affettuoso, non usciva più ogni sera, si dedicava solo e soltanto al suo lavoro e a me. Per poco, si fece voler bene, tanto da farmi dimenticare come mi aveva trattata, ma mi sbagliavo. Quel comportamento non era altro che una maschera indossata nel primo tempo si uno spettacolo teatrale fatto a regola d’arte. Dopo la tua nascita, iniziò a comportarsi come il primo anno. Iniziai a chiedermi per quale motivo mi avesse sposata. Al contrario della mia famiglia lui aveva tutto quello che poteva desiderare, questo matrimonio non lo aveva portato a niente. Perché mi aveva sposato, se il lato del suo letto era sempre vuoto, perché l’aveva fatto, se donava il suo affetto ad altre donne? A cosa gli servivo io?
Con il passare degli anni e crescendo, iniziai a capire che lui aveva scelto me come avrebbe scelto qualunque ragazzina gli avessero presentata, soltanto per dare degli eredi al nome Campana, e la famiglia Giuliani, anche se non più ricca, era una delle poche famiglie per bene che si trovavano nel nostro piccolo paesino. Questa storia che era ricominciata dopo solo un anno, continuò per ben cinque lunghissimi anni. Poi arrivò Angelica. Ti starai chiedendo come abbiamo fatto a concepire un altro figlio se tra noi non c’era amore? Beh, successe, perché quando quella notte entrò nella nostra stanza, sembrava ritornato ad essere affettuoso, io non mi opposi alle sue carezze, perché anche io avevo bisogno d’affetto. Quella volta, anche se sapevo che era tutta una farsa, mi sentii un po’ amata. Ma non mi meravigliai di certo quando il giorno dopo l’incanto svanì. E la storia si ripeté anche con l’attesa di tua sorella. Per un certo periodo era affettuoso, poi ridiventò freddo e scostante. Ormai era un monologo che avevo imparato a memoria. Ma non mi sentivo più sola, perché sapevo che c’eravate tu e tua sorella a riempire la mia solitudine e a rendere felice i miei giorni tristi.
Quando ormai mi resi conto che, con tuo padre non c’era più speranza, dopo tre anni dalla nascita di Angelica, tu mi portasti a casa il tuo migliore amico. Me lo presentasti come il tuo maestro degli affari. Gabriele >> disse volgendo lo sguardo verso Acquaviva. << Io avevo ormai ventinove anni e Gabriele ne aveva ventidue, e in lui trovai uno spiraglio di speranza. Essendo coetanei, mi trovavo bene con lui, e quel bene alla fine divenne amore. Con Gabriele mi sentii veramente amata e apprezzata. Ci amammo perdutamente. Tuo padre continuava ad essere assente, ma a me non importava più nulla perché sapevo che il mio vero amore era finalmente apparso nella mia vita >>
<< Noi non vi bastavamo? >> chiese Davide con voce rauca.
<< Perché la fai a me questa domanda? Hai sempre saputo che tuo padre mi tradiva. Perché non l’hai mai fatta a lui? Voi avete riempito la mia solitudine, avete ridato gioia al mio cuore, ma Gabriele, Gabriele è stato l’uomo che l’ho ha fatto palpitare dopo quattordici anni di tristezza e di dolore >>.
Davide si avvicinò alla poltrona e facendo ciondolare le mani si sedette e guardò la madre con occhi seri << Se avevate capito di amare Gabriele, per quale motivo avete accettato di concepire anche Mattia? >> chiese tutto d’un fiato.
Clara trasalì cercando di sfuggire allo sguardo severo del figlio << Mattia… >> balbettò.
<< Mattia è mio figlio! >> esclamò Gabriele volgendosi a Davide esasperato.
A quella rivelazione, Davide sentì in petto qualcosa che si gonfiava per prepararsi ad esplodere, il suo respiro si fece più pesante e i suoi occhi cercarono un luogo lontano da quelle due figure, dove poter trovare appoggio per dare alla mente il tempo di collegare i fatti. Le sue orecchie percepirono qualcosa, una voce femminile che diceva:
<< Dopo due anni passati ad amarci, rimasi in cinta. Non potevo ingannare tuo padre perché sapeva benissimo che il figlio non era suo, e non volevo neanche farlo. Così gli dissi tutta la verità, nascondendola, però, a Gabriele. Facendo così, pensai che tuo padre avesse continuato la sua solita vita dato che della mia e quella dei figli non gliene importava granché. Lo faccio solo perché non voglio far cadere in basso il tuo nome, gli dissi. La reazione che ebbe non me la sarei mai aspettata. Scoppiò in una risata strafottente. Mi tirò uno schiaffo e se ne andò. Solo dopo due giorni scoprii cosa aveva fatto. Si era infangato da solo il suo nome andandosene con quella soubrette e con i suoi stramaledetti soldi. Non si era neanche preoccupato della sorte dei suoi figli. >>
Clara si alzò dalla poltrona recandosi alla finestra << nessuno sa questa storia. Avrei potuto finire l’opera di tuo padre continuando a infangare il nome dei Campana, dicendo che Mattia non era suo figlio. Ma non lo volli fare, e tutt’ora non so il motivo per il quale tacqui la verità. Anche Gabriele venne a sapere solo dopo tre anni la nascita del bambino >>.
Senza dire una parola, Davide si alzò e si recò alla porta. Gabriele lo fermò chiamandolo, Davide si girò con sguardo minaccioso e mormorò freddamente << Io non ho mai sentito questa storia, voi, Acquaviva non conoscete né me e né mia madre e per tanto vi voglio fuori da casa mia e lontano dalla mia famiglia! >> detto questo uscì dallo studio sbattendo la porta. Gabriele rimase fermo mentre Clara uscì correndo per raggiungere il figlio.
<< Davide, Davide fermati! >> lo implorò.
<< Tacete! >> esclamò lui bruscamente aprendo la porta della propria camera.
<< Perché non riesci a capire anche tu? >> chiese la madre entrando e chiudendo la porta.
<< Cosa dovrei capire? Che per tanti anni vi siete presi gioco di me? Vi ricordo che non eravate solo voi a soffrire. In questa maledetta situazione mi trovavo anche io! Avete tradito la mia fiducia! Voi per prima vi siete approfittata dell’amicizia che mi legava a Gabriele per alleviare la vostra solitudine nel lato vuoto del letto. Mio padre è stato un vigliacco, ma voi vi siete messa alla pari! >>.
<< Non parlare così! >> urlò Clara tra i singhiozzi << Tuo padre non ha mai amato le sue amanti! Io invece amo e ho sempre amato Gabriele, e anche lui ama me! >>
<< Non venitemi a dire che mio padre è scappato con quella… puttana, solo per ripicca al vostro tradimento! Siete fatti tutti e due della stessa pasta. Egoisti, e vigliacchi. Avete pensato solo e soltanto a voi stessi, non accorgendovi che accanto avevate due figli e che un terzo era in arrivo, legittimo o no. Avete lasciato tutto sulle mie spalle >>
<< Sei stato tu a voler prendere le redini di tutto da ragazzino e a volerle ancora mantenere>>
<< E a chi avreste dovute darle? A vostro fratello? O pensavate che anche io sarei dovuto essere tanto egoista da pensare soltanto alla mia giovane età!? >>.
<< Hai ragione. Ma ti prego, lascia fuori Gabriele, lui non ha colpa >>
<< La colpa di Gabriele e quella di amare una donna sposata e più grande di lui. La colpa di Gabriele è di avermi ingannato anche lui! Gabriele non ci ha mai conosciuti e Mattia è figlio di mio padre! >> esclamò Davide sbattendo un pugno sul tavolino e facendo tremare il candelabro d’argento.
<< Ti sati comportando come tuo padre! >> ribatté Clara << pensi solo e soltanto a difendere il buon nome della famiglia, pensi solo a te stesso >>.
Davide lanciò un’occhiata minacciosa alla madre, poi avvicinandosi a lei, l’afferrò per un braccio e disse << Per cinque lunghissimi anni, ho ascoltato il nome Campana precipitare nel fango da bocche ipocrite e moraliste, e non mi sono mai interessato di quello che la gente potesse pensare di me stesso. Sono stato cacciato, abbandonato e insultato, ma ho continuato a ricostruire quello che vostro marito aveva distrutto. E adesso voi mi venite a dire che io sto agendo come lui, preoccupato per il buon nome della famiglia? >> spinse bruscamente la madre lasciandole il braccio << guardate madre, sono talmente preoccupato, che vi sto offrendo la possibilità di lasciare questa casa e andarvene anche voi con il vostro amante! Ma vi avverto. Se voi uscite da quella porta, e lo farete da sola, vi assicuro che non vedrete mai più né me né i vostri figli! >> disse serio. Clara non ebbe neanche il tempo di difendersi che il figlio le ordinò di uscire dalla stanza.
Clara tacque. Sapeva che suo figlio aveva ragione e, senza ribattere, si voltò raggiungendo la porta supplicando il figlio di perdonare sia lei sia il povero Acquaviva, dopodiché uscì.
Davide strinse gli occhi sentendo le lacrime bruciare. Esausto sprofondò sulla poltrona e, mantenendosi il viso tra le mani, diede inizio ad un pianto silenzioso. 

 
   
 
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