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Autore: dracodraconis    21/02/2020    1 recensioni
mi sono decisa a scrivere qualcosa di breve e leggero, per riprendermi dalla stesura della mia opera prima (l'ottavo anno); siamo alla fine del sesto anno, ma questa fanfiction non tiene conto del sesto libro... harry ha appena scoperto che il biondo Serpeverde non gli è poi così antipatico... ma... dite che ce la faranno a capirsi, prima o poi? forse sì, se qualcuno decide di dargli una mano!
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Pansy Parkinson | Coppie: Draco/Harry
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da VI libro alternativo
Capitoli:
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Sono tornata dopo una discreta assenza, dovuta a beghe ma soprattutto a una tendinite bastarda che rende lo scrivere alla tastiera un supplizio: a breve dovrei iniziare la cura e quindi essere in grado di pubblicare, io spero, con più regolarità.
Intanto aggiorno questa storia, spero con domenica di aggiornare anche l’altra.
Vi ringrazio per i vostri commenti, sia qui che là: mi sto rimettendo in pari anche su quel versante, rispondendo a commenti e messaggi privati… Ancora grazie!
 
La canzone che fa da sfondo al capitolo è questa:
https://www.youtube.com/watch?v=VnL3NfhOsBM
 
Questo capitolo sarà croce e delizia, vi avverto…
Dopo averlo scritto ho deciso di alzare il rating ad arancione.
I miei commenti in fondo, as usual.
Buona lettura, Puffole Pigmee!
 
 
 
 
 
 
 
Appena fuori dal salone, Harry non era riuscito ad aspettare un secondo di più per trovarsi solo con l’altro e li aveva Smaterializzati entrambi in camera, dove la luce della luna entrava tenue, appena un passo dietro la porta: Draco aveva barcollato, colto di sorpresa, divaricando le gambe per tenersi in piedi e finendo con la schiena contro il battente in pesante legno bianco, in una postura senza baricentro che non avrebbe potuto mantenere se non fosse stato appoggiato contro qualcosa. Aveva già gli occhi chiusi quando Harry invase il suo spazio vitale, posizionandosi tra le sue gambe, abbastanza vicino da sentirne il calore ma non il contatto; poté percepire il movimento del braccio con cui Harry si tese per chiudere a chiave la porta: ritirando la mano la portò a stringere quella di Draco in una presa calda e delicata.
Ogni gesto era lento e dilatato, e sembrò che i loro visi rimanessero vicini perché si potessero respirare e annusare per un tempo indefinito, chiedendosi come mai tutto fosse così normale e leggero e spontaneo.
Una parte di loro ancora attaccata alla realtà forse registrò la stranezza del frangente e Draco tentò un movimento in avanti, con tutta probabilità un tentativo di sottrarsi alla situazione: invece ottenne solo di finire contro il petto di Harry, che strinse di rimando la mano nella sua e si lasciò sfuggire un breve singulto a labbra serrate, tra l’esasperato e l’appagato.
Quello fu il segnale che la mente di Draco stava aspettando: si fece da parte, rassicurata sul fatto che le cose stavano andando esattamente come dovevano andare.
C’era ardore, ma non fretta; anticipazione ma non urgenza; desiderio ma non smania.
Harry si sporse verso la bocca di Draco, ma all’ultimo momento cambiò un poco la propria traiettoria e baciò quell’angolo dove le labbra si incontravano e che tanto bene sapeva piegarsi in una smorfia deridente: rimase appoggiato lì in un tocco lieve soffiando aria calda sulla pelle di Draco con tremula soddisfazione e spostò la presa della mano per far aderire i loro palmi e intrecciare le loro dita.
Draco gli accarezzò l’interno del polso con il pollice in un movimento ripetuto e ipnotico.
I loro cuori, dopo un attimo di frenetico martellare contro la cassa toracica, battevano calmi e regolari come l’atmosfera al centro dell’occhio del ciclone.
Draco alzò le dita della mano libera per farle scorrere negli indomiti capelli corvini e ne tastò la consistenza tra i polpastrelli, come se fossero filati di pregio: solo in quel momento Harry abbassò le palpebre; Draco si chiese che sensazione gli avrebbero dato quelle ciglia sulla pelle e di conseguenza gli sfilò gli occhiali, girandoseli tra le dita come se fossero una bacchetta. Li appoggiò con un movimento alla moviola su un qualcosa che stava a portata di braccio.
E ancora rimanevano prossimi, quasi del tutto immoti, nel godimento dell’attesa, dilatandola e dipanandola.
Harry inclinò il viso e accarezzò la guancia di Draco con la propria, esalando il suo sospiro lentamente, Draco piegò la propria testa sul collo come un fiore che riposa per prolungare quella carezza e fece un verso molto simile alle fusa.
Era tutto così sospeso, così rarefatto.
I loro volti si strofinarono uno sull’altro e fu quasi solo per caso che le labbra si incontrarono in uno sfioramento delicato. Lo ripeterono ancora e ancora, dondolando le teste quasi seguissero una melodia sottintesa.
Le ciglia di Harry erano davvero carezzevoli come era sembrato.
I reciproci aneliti appena accennati erano gli unici rumori che contavano e che li irretivano.
All’ennesimo sfioramento Harry lambì con la punta della lingua il contorno del labbro superiore di Draco, là dove la carne creava un piccolo avvallamento e trovò meraviglioso che le due parti sembrassero fatte per essere complementari. Draco di rimando assaggiò la fessura tra le labbra dell’altro, con l’accortezza che si possa avere per un cibo squisito ma ancora troppo caldo per essere degustato; poi la sua attenzione venne calamitata dal lieve tremore che il corpo di Harry ebbe un attimo prima che il ragazzo percorresse la breve distanza che si trovava dalla bocca di Draco al suo mento, dove posò un bacio leggero, il primo di una lunga e flemmatica sequenza che si protrasse per tutta la linea della mandibola fino al lobo dell’orecchio: lo prese tra i denti con tale accortezza che la sensazione di piacere fu come le increspature a pelo d’acqua dopo il lancio di un sasso, superficiali e continue ed espanse.
La mano di Draco, che aveva ripreso a filare i capelli di Harry, scese a percorrere la giugulare con il suo battito da tamburo tribale e le lunghe dita di Draco si avvolsero intorno alla spalla: non per trattenerlo o per attrarlo, quanto per saggiare la consistenza della sua carne.
Harry espirò alito caldo vicino all’orecchio di Draco e ritornò sui suoi passi, ripercorrendo all’indietro la scia di baci.
Tornarono uno di fronte all’altro, talmente tanto vicini che, quando aprirono gli occhi, Harry non ebbe nessuna difficoltà a mettere a fuoco le iridi grigie e quelle pupille dilatate come se dovessero ingoiare il mondo intero.
Fu Draco a muoversi per primo, lento e indolente come una tigre al sole: reclinò il capo all’indietro, senza perdere nonostante tutto il contatto visivo, unendo i piedi per recuperare un po’ di altezza, offrendo, adesso davanti alla bocca di Harry, la gola: arresa, candida, vulnerabile e desiderabile.
Harry vi si piegò sopra come se fosse un’ape e Draco il nettare di un fiore.
Appena ne lappò la pelle, Draco si fece scivolare lentamente a terra, seduto contro la porta, con Harry che lo seguì in quel movimento aggraziato e quasi pigro e quasi casuale per ritrovarsi accoccolato vicino alle sue gambe lievemente flesse, un po’ a sovrastare il biondo.
Poteva essere un segno di conquista, di dominanza. O magari di protezione e deferenza.
Le loro mani erano ancora intrecciate saldamente, il loro mondo sospeso nel tempo e nella delicata reciproca scoperta.
Mentre Harry lo assaggiava, Draco mosse impercettibilmente il viso per godere della carezza che la capigliatura scomposta di Harry gli faceva.
Poi Harry fu di nuovo davanti a lui e gli prese il viso tra le mani: pareva fosse una coppa a cui dissetarsi.
E le loro bocche combaciarono con naturalezza, risultando combacianti come due pezzi di puzzle.
Si presero tutto il tempo di pregustarsi e assaporarsi con dedizione in una reciproca offerta di sé: soavi baci a fior di pelle, quasi neghittosi nella loro lentezza e nel loro, in un certo senso, candore; senza fretta, totalmente immersi nell’emozione del momento, che scorreva al rallentatore.
Ognuno dei due emetteva piccoli suoni di apprezzamento, lievi controllati singhiozzi appena accennati, sospiri appena più carichi di suono ovattato.
Harry spostò una mano di lato alla testa di Draco, la carta da parati contro il palmo, per sostenere la propria posizione e gli fece scivolare l’altra dietro il collo con un tocco delicato. Draco reagì a quel movimento con rilassatezza, cambiando angolazione del proprio volto per accogliere quella mano contro la propria pelle; così facendo aprì le labbra e inaspettatamente un gemito gutturale e roco ne fluttuò fuori, qualcosa di primordiale e animalesco, strappato dal centro del suo stesso essere, che riverberò contro Harry come un incantesimo potente, come una scudisciata di sensualità che neanche avrebbe pensato potesse esistere.
 
La delicatezza si infranse, come un sottile strato di ghiaccio sotto il peso di un macigno di passione.
 
Harry strinse entrambe le mani, quella sul muro grattò con le unghie la carta da parati, l’altra artigliò il collo di Draco tirandoselo contro.
Dove c’era stata lenta scoperta ci fu divampante bramosia; se prima era stata anticipazione ora prevaleva lo slancio.
Draco spinse avanti il petto puntellandosi sulle mani per fare forza e approfondire il bacio, facendo saettare la lingua in profondità nella bocca di Harry, che si aprì per accoglierlo come se in vita sua non avesse fatto altro e contemporaneamente torreggiando per poter ricambiare con altrettanta veemenza.
Ma non era una posizione soddisfacente e allora Harry lo tirò lontano dalla porta piazzandogli una mano alla base della schiena e facendolo slittare sul tappeto per spingerlo contemporaneamente sdraiato con il solo impeto del bacio: l’unica accortezza che ebbe fu quella di riparare la testa di Draco con la seconda mano perché non si facesse male; gli si mise cavalcioni, ma ancora non bastava e la distanza era davvero troppa per non essere gelosi dell’aria che li divideva.
Così Draco interruppe il bacio per far scorrere i denti sulla gola di Harry e ne approfittò per dare un colpo di reni che lo portò sopra al moro e ora andava di sicuro meglio, con le gambe intrecciate e molte parti dei loro corpi a contatto e la lingua di velluto di Draco che leccava Harry per strappargli la sanità mentale attraverso i pori della pelle, facendolo inarcare sotto di sé per avere ancora più contatto, ancora più Draco addosso.
Draco si fece spazio scansando il colletto del serafino di Harry e ne sganciò i bottoncini per avere maggior pelle a disposizione: parve soddisfatto di poter suggere la clavicola che affiorava una volta slabbrato il cotone.
Harry uggiolò di piacere e alzò la maglia di Draco per affondare i polpastrelli nei muscoli dorsali in quello che sarebbe potuto sembrare un massaggio se non fosse stato troppo spasmodico per essere definito tale.
Pareva che non riuscissero a trovare requie, che niente fosse abbastanza, e quindi finirono per aggrovigliare le magliette in alto senza avere il raziocinio di sfilarsele, perché in tal caso avrebbero dovuto separarsi troppo e troppo a lungo.
Harry, probabilmente perché trovava inaccettabile non assaggiare Draco in posti che prima gli erano stati irraggiungibili, ribaltò le loro posizioni e si dedicò a leccare lo sterno e l’addome del biondo, che in cambio ne graffiò la schiena mugolando la sua approvazione a quanto gli veniva fatto.
Fu quando Harry risalì per baciare nuovamente Draco sulla bocca che entrambi presero coscienza, con uno strusciamento che inviò scariche elettriche ai loro nervi, delle rispettive parti basse.
La presa di coscienza si tradusse per Harry in un verso a metà tra un singhiozzo e un muggito, accompagnato da un movimento ampio, deciso e oscillatorio del bacino; Draco invece lasciò totalmente perdere la schiena dell’altro e gli infilò di prepotenza entrambe le mani dentro i jeans, sotto i boxer: se le riempì delle natiche di Harry per aumentare la frizione di quell’oscillazione, premendosi contro il corpo del moro.
Questa mossa soddisfò entrambi e cominciarono a ripeterla con l’unica variante di Harry che si puntellò con le mani ai lati della faccia di Draco per poterlo baciare a fondo: fu ancora meglio, perché l’inclinazione dei due corpi fece aderire meglio le loro erezioni e impresse più violenza agli affondi di Harry.
La luna era tramontata, nella stanza regnava il buio ma i due ragazzi non avevano bisogno della vista, guidati come erano dalle sensazioni e dai loro respiri affannati, soprattutto quando le spinte non furono abbastanza e Harry si decise a staccarsi rotolando su un fianco: fu come strapparsi una maglietta bagnata di dosso, ma ora poteva arrivare alla patta dei pantaloni di Draco, perché il ragazzo lo aveva seguito nel movimento e giacevano sdraiati uno di fronte all’altro, le mani che lottavano contro cerniere e bottoni e stoffa, quel tanto che bastava per arrivare ad afferrare, a carezzare, a palpare.
Si dovettero aggiustare dimenandosi un po’ per raggiungere il vicendevole miglior contatto, ma trovarono ben presto il giusto compromesso tra distanza fra i loro corpi e capacità di movimento delle mani.
Le loro magliette in quella manovra erano ridiscese a coprire gli addomi, ma poco importava dal momento che avevano entrambi conquistato un premio più ambito, più sensibile e più soddisfacente.
Avrebbero dovuto prendersi il tempo per studiarsi e conoscersi, ma non ne avevano la capacità; rallentare non era più un’opzione, moderarsi non più concepibile, trattenersi neanche a parlarne.
Erano quasi speculari: una mano nei capelli dell’altro stretta con inconsapevolezza quasi a impedirne la lontananza e una mano avvolta intorno alla parte dei loro corpi in cui tutto sembrava raccogliersi e concentrarsi: il calore, le sensazioni, il movimento.
I loro cuori sarebbero esplosi, i loro cervelli erano mesmerizzati, poteva anche essere che non avessero più confini fisici, a parte quei due fulcri bollenti che li ancoravano alla realtà con gesti sempre meno misurati e più frenetici.
Non finirono esattamente insieme, ma poco ci mancò: e l’apice del godimento fu talmente forte che non si accorsero di quel piccolo slittamento tra i due orgasmi mentre si inarcavano uno verso l’altro per ottenere di più, quando più di così non si poteva ottenere.
Draco sporcò sé stesso e la mano di Harry, e rotolò supino gemendo forte e tentando di recuperare fiato.
Harry macchiò il tappeto finendo prono proprio un secondo dopo che il biondo aveva liberato le proprie dita dall’intrico dei suoi vestiti, anche lui boccheggiando di piacere e dispnea: trascorse pochissimo prima che un pesante torpore lo avvolgesse: la rilassatezza dei muscoli e dei nervi lo cullò trasportandolo rapidamente tra le braccia di Morfeo.
Draco senza guardarsi intorno si alzò e andò in bagno.
 
Draco aprì gli occhi trasalendo, perché durante il sonno aveva avuto la sensazione di star precipitando, e scoprendosi a mollo nella vasca: l’acqua era oramai poco più che tiepida e trasmetteva un senso di fastidio alla sua pelle, nonostante fosse estate.
Si afferrò la radice del naso tra indice e pollice con forza, tentando di far mente locale.
Ma quanto aveva bevuto per essersi dimenticato della sera precedente? E che ore erano? E che ci facevano i suoi vestiti galleggianti a pelo d’acqua?
Era buio pesto e se era lì da solo significava che Potter doveva al massimo trovarsi nella stanza accanto.
Riprese a far scorrere l’acqua calda; l’unica spiegazione era che fosse entrato in vasca vestito e si fosse spogliato solo dopo. Per le palle di Zeus, doveva aver bevuto come una spugna: sperava solo di non aver fatto qualcosa che potesse averlo messo in imbarazzo. Comunque, si sentiva stranamente rilassato… E molto insonnolito.
Si sciacquò, più per riscaldarsi che per lavarsi, visto che era rimasto immerso per un tempo indefinito.
La sbronza sembrava passata, almeno per quanto riguardava la coordinazione motoria e la lucidità, ma rimanevano quel senso di ovattata distensione e la necessità di dormire.
Lasciò gli abiti bagnati in bagno e si asciugò pelle e capelli.
Quando tornò in camera per recuperare un pigiama e mettersi a letto vide distrattamente il corpo di Potter riverso sul tappeto, la testa girata dalla parte opposta rispetto a dove si trovava lui, una mano vicino al viso e l’altra incastrata sotto lo sterno. Anche lui doveva aver bevuto parecchio per essere crollato addormentato in quel modo sul pavimento. Ma Draco sentiva il bisogno di dormire e non si perse dietro ad altre considerazioni: si infilò il pigiama, strisciò tra le lenzuola e sprofondò in un sonno pesantissimo.
 
Harry si destò di soprassalto con la sensazione che ci fosse qualcosa di sbagliato. Pur nella nebbia del risveglio capì abbastanza velocemente cosa fosse: qualcosa che si era seccato e rappreso nei suoi boxer.
Si alzò carponi guardandosi intorno perché, se lui si trovava lì, Malfoy non poteva essere lontano; infatti lo vide nel suo letto, girato su un fianco a volgergli la schiena: aveva il respiro lento e pesante di chi sta dormendo profondamente.
Fu istantaneamente orripilato dalla situazione: non ricordava niente, ma era abbastanza sicuro di essersi masturbato e poi di essersi addormentato proprio lì sul tappeto, sul luogo del misfatto.
Con Malfoy nella stanza!!!
Chiuse gli occhi, ondeggiando brevemente sotto la consapevolezza crescente di quello che aveva fatto.
E dove diavolo erano i suoi occhiali? Tastò intorno, ma non li trovò; recuperò invece la propria bacchetta e con un flebile “Lumos Minor” ne fece debolmente illuminare la punta.
Appellò gli occhiali, che afferrò come fossero un Boccino d’Oro appena arrivarono alla sua portata.
Subito dopo provvide a lanciare incantesimi per pulire sé stesso, i propri vestiti e poi… Oddiomioavevasporcatoiltappeto!
Gettò più “Evanesco” e “Gratta e Netta” che in tutto il resto della sua vita e alla fine la superficie risultò linda.
Gli fu impossibile ricostruire l’accaduto, non ricordava niente; ma cosa gli avevano dato da bere? E, soprattutto, quanto?
L’unica cosa che riuscì a capire fu che Malfoy non aveva colto cosa fosse successo, altrimenti Harry si sarebbe ritrovato morto. O, peggio, preso in giro per il resto della sua vita. Se Malfoy ronfava beato nel suo letto, allora la… Ehm, distrazione che Harry si era preso doveva essere accaduta dopo che l’altro si era addormentato.
“Harry, ogni tanto qualche botta di fortuna capita anche a te”, si disse, a metà strada tra la mestizia e il divertimento.
In ogni caso, avvertiva ancora la necessità di dormire: seguendo l’esempio del suo compagno di stanza si cambiò infilandosi il pigiama e si accomodò tra le lenzuola, sprofondando in un sonno profondissimo subito dopo aver posato gli occhiali sul comodino.
 
-Ma Hermione-, si lamentò Ron. -Potrebbero essere morti!-
Hermione si tenne la testa tra le mani, premendo con forza gli indici e i medi sulle tempie.
-Ronald, abbassa la voce se non vuoi che ti silenzi con un incantesimo-, lo ammonì. -Se sei così preoccupato vai a controllare-.
Il rosso indietreggiò negando che avrebbe fatto una cosa del genere con il rischio di trovarsi davanti a scene che non sarebbe più riuscito a cancellare dalla propria mente. Girò speranzoso gli occhi su Blaise, che però scosse la testa.
-Non entrerei in quella camera neanche in catene: che stiano succedendo cose belle o cose brutte, non voglio finirci in mezzo. Uh, arriva Pansy con i biscotti!-
Ron sussultò e diventò rosso come un peperone fino alla radice dei capelli, assomigliando a una grossa e impacciata Salamandra di Fuoco.
Hermione lo studiò assottigliando gli occhi: tutti si erano risvegliati con un motivo di imbarazzo riferito alla sera prima e un gran mal di testa, ma oramai era pomeriggio inoltrato ed erano scesi a patti con quello che era successo. Solo Ron persisteva in quel suo atteggiamento di disagio appena Pansy compariva nella sua sfera personale; ma dal modo in cui la guardava sembrava che sotto il disagio covasse la gioia.
Avevano trascorso una giornata in un ozio indolente a smaltire gli effetti della sera e notte precedente, aspettando che Draco e Harry facessero la loro apparizione; tuttavia all’ora del tè ancora di loro non vi era traccia.
Pansy entrando lanciò un’occhiata nella stanza, individuò Hermione, posò i biscotti sul tavolino e le fece cenno di seguirla: aveva impiegato un certo lasso di tempo a rovistare nella dispensa per recuperare i dolcetti, tempo che le era servito per racimolare il coraggio della confessione; del resto, era convinta di non poter scantonare oltre, di sicuro Hermione aveva intuito qualcosa, era troppo intelligente per non aver riconosciuto i sintomi e gli effetti collaterali della pozione che lei a cena aveva versato nel succo di zucca.
E come si era aspettata, Hermione non la prese bene.
Pansy tentò comunque di minimizzare.
-Andiamo, Hermione, ne avevamo tutti bisogno! Ron era teso come una corda di violino, Ginny aveva l’atteggiamento di chi aspettasse un attacco alle spalle e Blaise…-
-Discuteremo un’altra volta dell’etica di drogare i tuoi amici a loro insaputa-, sentenziò l’altra di rimando, con una smorfia rigida.
Pansy stava per dirle che in realtà, a vari livelli, questo accadeva abbastanza spesso tra i Serpeverde senza grandi conseguenze e senza che nessuno ne facesse una tragedia, però si rimangiò la frase sul nascere: Hermione assomigliava pericolosamente alla McGranitt e a Pansy la severa professoressa aveva sempre istillato un certo timore.
Era evidente lo sforzo che Hermione stava compiendo per andare avanti nella discussione.
-D’altronde, non posso biasimarti, perché… Perché anche io ho fatto lo stesso: ho corretto le bevande di Harry e Draco con del Distillato Sviante-, sbotto tutto d’un fiato: via il dente, via il dolore.
Tralasciando il resto, si guardarono spaesate, senza il coraggio di dar voce ai loro pensieri: cosa sarebbe sortito fuori da quella combinazione?
“Niente di buono, sospetto”, si risposero entrambe.
Forse era meglio se qualcuno fosse salito a controllare.
 
Era toccato a Luna, alla fine: era montata a cavallo di una scopa e aveva spiato la situazione da fuori della finestra, riferendo che i due dormivano tranquillamente, ognuno nel proprio letto, come due bambini. Li aveva definiti “teneri”.
Hermione e Pansy strinsero le labbra in un’espressione scontenta e delusa: non era servito a niente.
 
Harry stava sognando: era a cavallo della sua amata scopa e stava andando a salvare Malfoy legato al pinnacolo; ma quando arrivava alla giusta altezza, Malfoy era vestito con uno smoking ed era per niente incazzato: anzi, gli stava sorridendo mentre gli diceva: “tu lo sai cosa succederà, è come se fosse già successo”; poi Malfoy si tirava la maschera da Mangiamorte sul viso e gli sfilava la scopa da sotto; mentre Harry precipitava sentiva Malfoy che parlava: “il problema non è la caduta, ma l’atterraggio”; a quel punto Harry si schiantava sul tappeto, che però era morbido, e non si faceva male: si trovava nella camera della villa di Blaise e accanto a lui c’era la maschera da Mangiamorte; Harry la prendeva e mentre la indossava entrava Hermione che tirava fuori una sciarpa con i colori di Serpeverde e gli raccomandava di imparare cosa si provasse a stare dietro le maschere degli altri; a quel punto il tappeto prendeva vita e si avvolgeva intorno a Harry che iniziava a dibattersi nel tentativo di liberarsi e…
Una mano lo scosse con fermezza.
-Se continui ad arrotolarti così nelle lenzuola finirai per strangolarti. E i tuoi amici daranno la colpa a me per la tua morte. E anche Voldemort darà a me la colpa della tua morte. Un sacco di gente si incazzerà. Questo mi renderà piuttosto difficile continuare a vivere. Dato che vivere mi piace, potresti per favore stare fermo in modo che io possa liberarti?-, disse Malfoy in tono piatto.
Harry aprì un occhio nella luce che entrava obliqua e bassa in stanza e guardò verso il Serpeverde tentando di metterlo a fuoco con scarsi risultati, riuscendo a realizzare solo di trovarsi dalla parte sbagliata di una bacchetta puntata contro di lui.
Tuttavia, prima che potesse reagire, Malfoy bisbigliò un incantesimo e le lenzuola si ricomposero sul corpo di Harry come se il letto fosse appena stato rifatto da mano invisibili. Il moro allungò una mano verso i propri occhiali senza profferir verbo e, solo dopo averli inforcati, riportò la sua attenzione sul viso dell’altro: Malfoy, vestito di tutto punto e in ordine, lo osservava con un’aria a metà strada tra il puerilmente divertito e il canzonatorio. Harry pensò che fosse bello come una statua marmorea, ma si tenne quel pensiero per sé e si limitò a dargli un buon giorno che suonò alle sue stesse orecchie più cordiale di quanto si aspettasse: per un attimo il ragazzo sdraiato guardò quello in piedi e percepì una sorta di appagamento, come se qualcosa fosse andato al proprio posto senza sapere cosa e quando.
Si sorrisero, complici, e si stupirono di quella complicità: per cui, entrambi la ritirarono indietro e tentarono di intavolare una conversazione spicciola.
-Sembra tardi-, buttò lì Harry alzandosi.
-In effetti è tardi, abbiamo dormito per gran parte della giornata: ieri sera dobbiamo aver bevuto molto-.
Rimase un qualcosa di sospeso nell’aria, come se Malfoy si aspettasse una conferma da Potter, il quale lo accontentò.
-Immagino di sì-, disse, recuperando il sorriso di poco prima, anche se incerto. Si passò una mano tra i capelli, riavviandoli all’indietro e gonfiando il torace mentre si stiracchiava. Lo sguardò di Draco vagò per una frazione di secondo e si assottigliò impercettibilmente.
-Preparati-, lo esortò senza animosità. -Ho fame e voglio scendere dagli altri-.
Lo seguì quindi in bagno e si accomodò su uno sgabello vicino alla porta, appoggiandosi con la schiena al muro: sembrava stranamente rilassato.
-Ehm-, tentò Harry.
-Sì?-
-Non c’è bisogno che stai qui mentre mi lavo. Puoi… Sai, puoi aspettarmi di là-, concluse Harry con un’increspatura di imbarazzo. Non era la vicinanza di Draco a metterlo a disagio: era il fatto che il biondo sembrasse, cazzo, mansueto. Forse stava architettando qualcosa di maligno.
Malfoy sorrise.
-Ve bene così. Intanto possiamo fare due chiacchiere-.
Dentro di sé, Draco sobbalzò, pur riuscendo a mantenere all’esterno un’aria compassata: che gli succedeva? Sembrava che Potty lo avesse di nuovo trascinato in quel gorgo di bontà sentimentale come quando erano usciti insieme; solo che adesso Draco ci si sentiva… A proprio agio. Tentò di ignorare il tutto e cominciò a parlare a caso, anche per eliminare dalla faccia di Potter quel sentore di sospetto: lo infastidiva, ecco, gli sembrava un passo indietro rispetto a… A che cosa? Ma che gli era successo durante la notte?
-Quindi… Uhm… Combatti il male?-
Forse non era stato un esordio impeccabile.
Harry lo guardò perplesso, l’acqua che gli gocciolava dal viso appena lavato: Malfoy tentava di fare della conversazione?
Draco però fraintese la sua espressione, pensò che forse non era il caso di affrontare quell’argomento, con la storia di suo padre che aveva tentato di ucciderlo e sua zia che gli aveva ammazzato il padrino.
Fu in quel momento che gli cadde lo sguardo sugli occhiali dell’altro.
-Hai mai pensato di eliminare quei cosi? Non ti da fastidio essere mezzo cieco quando non li indossi?-
Harry abbandonò la perplessità e gli rispose: da quando si era risvegliato si sentiva, sorprendentemente, molto a suo agio con l’altro; qualunque cosa stesse spingendo Draco a interagire, era una piacevole novità.
-Certo che mi da fastidio, ma al San Mungo mi hanno detto che bisogna essere maggiorenni per potersi sottoporre all’incantesimo di guarigione che mi fa recuperare la vista del tutto; l’anno scorso mi spiegarono che devo apporre delle firme: lo potrebbero fare i miei tutori, ma visto che i miei zii sono Babbani non possono assumersi questo incarico; non che lo farebbero, eh. In ogni caso, fra poco compirò diciassette anni, me ne andrò da quella stupida casa, butterò i miei stupidi occhiali e andrò incontro al mio stupido destino-.
C’erano così tanti punti dolenti in quella breve spiegazione, entrambi lo sapevano: il suo tutore mago morto, i suoi orribili zii e l’orribile vita che aveva fatto, lo spettro della morte per mano dell’Oscuro Signore. Proseguire quella chiacchierata poteva diventare complicato: dovevano letteralmente fare lo slalom tra le questioni spinose, sia esplicite che implicite.
Harry se ne rese improvvisamente conto e volse le spalle a Draco con il pretesto di asciugarsi il viso e preparandosi mentalmente a incassare la frase successiva.
Draco rimase a guardare la schiena nuda e stranamente graffiata di Harry, si accigliò pensieroso e domandò di getto quello che gli stava passando per la testa.
-Hai paura per quello che accadrà?-
Neanche finsero di non sapere a cosa si stesse riferendo.
-Sì-, confessò Harry con il viso contro il tessuto di spugna. -E vorrei che tutto fosse diverso: vorrei poter girare le spalle a questa cosa e forse lo farei, se non sapessi con assoluta certezza che non risolverei sicuramente niente: Voldemort non mi lascerebbe comunque in pace, neanche se giurassi di non volerlo combattere. A volte mi pare di essere sopravvissuto solo per questo: per mettere fine alla sua follia-. Si voltò verso Draco e lo fissò con improvvisa aria di sfida. -E puoi avere tutte le idee da Purosangue che vuoi, ma non dirmi che non è folle-.
Vibrava, Harry.
Vibrava di tale furioso convincimento che Malfoy si ritrovò senza possibilità di replica: quando suo padre parlava dell’Oscuro Signore aveva negli occhi una sorta di calcolato invasamento; ma gli occhi verdi di Harry sfolgoravano di giusta ira, di giusta certezza.
Draco si ritrovò privo di una risposta adatta, ma archiviò quel momento dentro di sé per rifletterci in seguito: per la prima volta tentennò sul proprio ipotetico schieramento, ma non lo volle ammettere neanche a sé stesso.
-Ho lo stomaco troppo vuoto per parlare di cose tanto serie-, Replicò invece con tranquillità. -Che ne dici se scendiamo e ne riparliamo in un altro momento?-
Harry rimase in silenzio qualche momento, poi spianò le rughe della propria fronte e, un po’ incerto, acconsentì; dopo essersi vestito si avviarono al piano di sotto.
 
Hermione li stava osservando di sottecchi: quei due erano arrivati poco prima di cena; le sembravano… Strani. La ragazza si disse che avrebbe dovuto trovare un termine più adatto, non era da lei essere tanto vaga e generica, ma davvero non riusciva a inquadrarli, soprattutto non con Blaise che le accarezzava il palmo della mano con il pollice, in un tocco tanto leggero quanto coinvolgente.
Gli rivolse un sorriso mesto.
-Hanno perso quasi tutto il sabato, e la situazione non sembra essersi smossa in maniera significativa-, commentò.
Ma lui le rivolse un sorriso che, di contro, era rassicurante.
-Per questo dopo aver mangiato andremo tutti fuori nel parco a vedere le stelle: è una cosa molto romantica e rilassante, sortirà qualche effetto. Anzi, meglio: mangeremo direttamente lì, come un pic-nic-.
Lei arrossì: la sera precedente l’osservazione delle costellazioni da parte di loro due era presto stato abbandonato e la volta celeste era solo stata spettatrice di uno spettacolo ben molto meno contemplativo e ingenuo.
-Come le abbiamo viste noi?-, domandò sottovoce guardandolo da sotto le ciglia abbassate.
Lei voleva apparire imbarazzata, lui la trovò splendida e seducente.
-Ammetto che la frase “farti vedere le stelle” non sia il massimo della galanteria, in una sua accezione; ma i miei intenti di ieri sera erano innocenti. O almeno lo credevo; ritrovarsi al buio con te è stato un po’ più travolgente di quanto mi aspettassi-.
Hermione si disse che si sarebbe dannata prima di dirgli della pozione nel succo di zucca: lei e Pansy avevano giurato di portarsi quel segreto nella tomba.
Le era piaciuta come era finita la serata. Però come sarebbe andata senza a pozione?
Blaise interruppe le sue insicure considerazioni.
Le stava rivolgendo un sorriso di quelli da far tremare le ginocchia.
-Questa sera ho intenzione di portarvi tutti fuori, e osserveremo davvero il cielo: ho dei telescopi incantati che possiamo usare. Ma non ho niente in contrario se poi noi due decideremo di allontanarci; o, meglio ancora, di tornare in camera-, concluse infondendo al sorriso tanta malizia da colmare la mente di Hermione espellendo ogni reticenza, e si chinò a baciarla.
 
Draco gettò uno sguardo alla sala, adocchiando il suo amico che baciava la Granger e Pansy che, molto meno morigerata, era letteralmente seppellita con il viso nel collo di Lenticchia.
-Potter, devono essere successe un sacco di cose ieri notte, mentre io e te dormivamo. Ci siamo persi il fulcro dell’azione, a quanto pare. Cos’hai da sorridere?-, chiese girandosi a guardarlo.
-Niente. Sono solo felice per i miei amici. Tu no?-
-Mhmmm-, fu la sibillina risposta di Draco. -Vieni, andiamo a sentire cosa c’è per cena-.
 
Ghisten aveva, su richiesta di Blaise, preparato una cena al sacco che aveva provveduto a caricare su una specie di grande carretto, posto appena oltre la soglia di casa e ricolmo di coperte e tovaglie, torce dal lunghissimo manico, cestini, bottiglie, frutta, telescopi, cuscini.
Non appena Harry e Draco avevano raggiunto gli altri, era stato loro spiegato che avrebbero mangiato in una particolare radura nel parco, invece che a tavola.
Harry a quel punto aveva appellato da camera sua la scatola deluxe di Fuochi Forsennati Weasley e l’aveva aggiunta alle cose già presenti sul carretto.
Ron si era avvicinato tutto contento: adorava i fuochi d’artificio dei suoi fratelli.
-Miseriaccia, Harry, che bella idea portarli!-, si era complimentato incuneandosi fra il suo amico e Malfoy, che si era scansato infastidito da quella presenza: il biondo dal suo risveglio si sentiva stranamente restio ad allontanarsi da Potter. Sfortunatamente per lui, Weasley non sembrava averlo notato. Draco era ancora più infastidito nel notare come Potter si fosse visibilmente rilassato quando Lenticchia gli si era appeso a una spalla per poter sbirciare la confezione colorata.
-Ma sono quelli deluxe!-, aveva aggiunto il rosso pieno di entusiasmo infantile, rimanendo appoggiato a Harry e senza che quest’ultimo desse segno di volerselo levare di dosso.
Draco stava già aprendo la bocca per insultare il responsabile di quell’intrusione, quando Pansy si era avvicinata.
Draco le aveva sorriso: la cavalleria stava arrivando: certo ora la sua amica avrebbe rimesso al suo posto Weasley.
Pansy invece si era avvicinata all’altro lato di Harry, prendendolo a braccetto ed esclamando deliziata che aveva sempre voluto provare ad accenderne uno: Harry non aveva fatto una piega per quel comportamento inusuale.
Anzi, i due Grifondoro avevano iniziato a spiegarle nel dettaglio il funzionamento dei fuochi d’artificio e il trio si erano messo in marcia dietro al carretto che aveva cominciato a muoversi da solo. Draco invece era rimasto impalato, lasciandosi superare dal resto della compagnia, per lo meno fino a che Blaise non gli si era affiancato per un momento: teneva un braccio intorno alla vita di Hermione, la quale guardava verso il gruppo di persone che si spostava pigramente facendo del suo meglio per passare inosservata e disinteressata a quanto Blaise stava dicendo.
La voce del suo amico era carica di affetto e comprensione mentre parlava a Draco, ripetendogli quello che gli aveva già detto durante la scuola, intanto che tutti e tre si accodavano agli altri, perché Draco non poteva restare più di tanto indietro per rispettare la regola dei tre metri.
-Noi siamo andati oltre le apparenze e i pregiudizi. Tutti noi abbiamo pensato di dover ereditare il pensiero dei nostri genitori: non voglio discutere ora se le loro posizioni siano giuste o sbagliate. Dico solo che forse dovremmo crearci un pensiero nostro e decidere noi stessi a cosa dar peso e a cosa no. Indipendentemente dalle scelte che alla fine prenderemo, l’importante è sapere di averle prese da soli e non per retaggio-.
Solo a quel punto Hermione aveva parlato, continuando però a tenere gli occhi puntati verso gli altri che li precedevano.
-Ricordo che al quarto anno Pansy tentò di nascondere quanto le piacessero i puledri di unicorno per non dare soddisfazione a Hagrid: così rinunciò ad avvicinarsi per accarezzarli. Mi ha confessato alla fine dell’anno scolastico che le è dispiaciuto tantissimo e che rimpiange di non essersi avvicinata, perché da allora non è più riuscita a vederne. Così le ho promesso che l’anno prossimo chiederò a Hagrid di fargliene incontrare uno-.
-Non colgo il punto-, ribatté Draco atono.
-Il punto è che non vale la pena di rinunciare a qualcosa che si desidera per mantenere una posizione. Anche perché a volte non si hanno seconde occasioni-, rispose serena.
Poi la coppia, accelerando il passo, raggiunse il resto del gruppo senza aspettar replica e Draco si risolse a seguirli a breve distanza in silenzio e lentamente.
Così, arrivò alla radura per ultimo e scoprì con disappunto che tutti gli altri avevano subito cominciato a darsi da fare per sistemare il posto: oltretutto parevano molto soddisfatti di farlo senza la magia.
Che rozzi.
Le ragazze sistemavano le stoviglie, il cibo e le bevande, i cuscini e le coperte: ridevano e scherzavano tra di loro.
Blaise, Michael Corner e Weasley stavano piantando le lunghe torce nel terreno tutto intorno e anche loro sembravano divertirsi.
Harry… Harry era fuori dal cerchio di torce, sulla sinistra di Draco, con Terry Boot, e stavano approntando i telescopi: li avevano posizionati a una certa distanza gli uni dagli altri e li stavano mettendo a fuoco; in quel momento erano chini entrambi sullo stesso, le loro teste si alternavano sull’oggetto e discutevano di qualcosa che non arrivava alle orecchie di Draco, il quale comunque, trovandosi entro tre metri, poteva vedere gli occhi di Harry brillare alla luce dei fuochi delle torce e di divertimento, mentre rideva a una frase di Boot.
Era la qualità della mimica di Potter a stupirlo: di nuovo così poco guardinga, diversamente da quando stava con lui. Draco sapeva molto di Potter, lo aveva pedinato e spiato e studiato, gli aveva infilato la lingua quasi nell’esofago. Sapeva di piacergli fisicamente. Ma cosa aveva lasciato che Harry gli concedesse in quanto a spontaneità? Nella sua testa Draco sapeva razionalmente di non poter esigere che Harry fosse spontaneo e volutamente indifeso nei suoi confronti: cielo, non appena lo aveva fatto Draco aveva tentato di distruggerlo. Tuttavia lo contrariava che così non fosse, perché era così che lo voleva, soprattutto da quando si era svegliato poco prima. E voleva piacergli, nel senso vero del termine.
Forse non era pronto ad ammettere cosa provava lui nei confronti di Harry, ma sapeva cosa voleva che Harry provasse nei suoi. La cosa lo spiazzava e tentava di non elaborarla, ma non è che riuscisse a ignorarla.
In quel momento Terry Boot appoggiò una mano tra le scapole del Grifondoro e lo fece chinare, spingendolo dolcemente, verso il telescopio, mentre l’altra circondava Harry per poter arrivare al focheggiatore: in tal modo la bocca di Boot fini veramente troppo vicina all’orecchio di Potter.
Non era niente, davvero: questo si disse. Solo due compagni di scuola in vacanza insieme che guardano insieme in un telescopio. Niente di importante. Se lo ripeté. Ma, prima di averci riflettuto, Draco aveva tirato fuori la bacchetta e aveva lanciato una silenziosa fattura in direzione della caviglia di Boot: sentì il ragazzo sbottare in una sorpresa esclamazione dolente.
-Ahi! Qualcosa mi deve aver punto!-, strillò Boot buttandosi seduto sull’erba e portandosi entrambe le mani subito al di sopra della scarpa.
Draco rinfoderò furtivamente la bacchetta, mentre l’attenzione di tutti si rivolgeva al Corvonero; Harry si chinò a fare luce e vide che la caviglia si stava lievemente gonfiando intorno a quello che in tutto e per tutto sembrava una puntura o un morso di insetto.
-Vieni-, disse, -dobbiamo portarti su una delle coperte, così potremo curarti. Ecco, ti aiuto io-, aggiunse, portandosi una mano di Boot oltre le spalle e passandogli un braccio intorno alla vita: lo tirò su quasi di peso e si incamminarono verso gli altri che stavano sopraggiungendo.
Draco guardò quella scena scurendosi in volto, ma si impose un’espressione partecipativa e fece cerchio intorno a Boot come il resto del gruppo.
Non sapendo quale insetto lo avesse colpito, si limitarono a mettere un po’ di ghiaccio e Blaise chiamò Ghisten e gli fece portare un balsamo sfiammante.
Draco era poco soddisfatto del risultato, perché aveva solo ottenuto che Potter, fosse maledetto il suo complesso dell’eroe, stesse intorno a quel Corvonero: a quanto pareva si incolpava di quanto era successo perché era stato lui a chiedere a Boot che lo aiutasse.
-Terry, mi dispiace-, stava ammettendo in quel momento, con gli occhi verdi che fissavano l’altro, intenti e sinceri. Gli si era seduto accanto, le gambe incrociate, i polsi appoggiati sulle cosce.
-Ma figurati-, rispose Boot con leggerezza, posandogli il palmo della mano su un ginocchio per rinfrancarlo. -Sono cose che capitano, sta già passando-.
Draco si pentì di non avergli amputato un piede. Tentò di ricordarsi cosa aveva scritto tempo addietro sul Diario di Guerra riguardo alle persone inopportune e invadenti: all’improvviso il suo quadernuccio gli parve puerile perché al momento voleva solo staccare la mano di Terry Boot dal suo braccio e poi ficcargliela in gola. Si fottessero le strategie.
Sussultò quando la voce di Pansy fluttuò melliflua al suo orecchio.
-Geloso?-, bisbigliò lei.
-Col cazzo-, sibilò lui di rimando, subito trincerandosi dietro ai vecchi e rodati comportamenti. -È solo che sono abituato a primeggiare, e non mi farò battere da un cocco dei professori-.
Pansy gli mostrò i denti in un sorriso tutto incoraggiamento e comprensione.
-Allora fagliela vedere, Principe delle Serpi-
Oh, certo che gliela avrebbe fatta vedere.
 
Harry desiderava che quella serata non finisse mai.
Due ore prima Draco si era seduto tra lui e Boot e da allora era stato… Be’ era stato come quella sera a Hogsmeade: aveva avvolto Harry in una bolla di benessere e complicità e Harry ci era andato alla deriva, cullato dalle onde della malizia scherzosa di Draco, dai suoi racconti, dalle sue domande; il Grifondoro non si era neanche accorto di come Draco lo avesse isolato dagli altri, della faccia scontenta di Boot, delle occhiate di intesa che Hermione e Pansy si erano scambiate, di come Ron si fosse avvicinato solo per essere intercettato da Ginny che lo aveva trascinato altrove.
Intorno a loro le persone scherzavano, mangiavano e bevevano, ammiravano il cielo con i telescopi, facevano capriole sull’erba e, che Harry fosse dannato, ci sarebbero potuti essere i Mangiamorte a intonare canti natalizi a luglio per quanto poco gliene fregava di cosa accadeva al di fuori dello spazio che occupavano lui e Draco.
Si accorse di desiderarlo in una maniera diversa da prima: con la stessa bramosia, ma come se conoscesse già il corpo di Draco; si disse che già una volta era caduto nella trappola di quel Draco disponibile e aperto e apparentemente inoffensivo e il suo cuore dopo era stato spezzato; si raccomandò prudenza e funzionò forse per la prima mezz’ora, fino a che Draco gettò la testa indietro ridendo, i capelli che riflettevano la luce calda delle torce e la gola scoperta e il petto che sussultava per le risate.
-Vuoi dirmi che quel coglione in completo lilla si è automutilato il cervello lanciando un Oblivion con la bacchetta di Weasley? Oh, cosa non avrei dato per esserci…- (*)
Harry lo seguì nel suo divertimento, anche se si sentì in dovere di puntualizzare che nel complesso era stata una bell’avventura di merda che non avrebbe mai voluto ripetere.
Draco prese un sorso dal suo boccale di birra e commentò qualcosa sulla dura vita degli eroi, ma Harry si perse le parole, perché stava fissando un accenno di schiuma sul labbro superiore di Draco e smaniava dalla voglia di leccarla via. Così non rispose e tra di loro scese un silenzio disteso e condiviso, interrotto poco dopo da Ron che chiamava il suo amico perché accendessero i Fuochi Forsennati Weasley.
-Sei richiesto-, interloquì Draco.
Harry annuì e si alzò in piedi, dopo di che gli tese una mano.
-Vieni, ti piaceranno i fuochi d’artificio (**)-, propose dolcemente. -Ti aiuto ad alzarti-.
Draco guardò a lungo e intensamente quella mano, come se potesse nel contempo sia trarlo in salvo che azzannarlo.
-Ce ne hai messo di tempo-, commentò criptico, stringendola e venendo quindi tirato in piedi con slancio.
 
Il gruppo si allontanò dal cerchio di luce delle torce e Harry distribuì un fuoco d’artificio a testa, dopo di che si sparpagliarono per poterli accendere in sicurezza.
Draco notò che il moro era rimasto senza e gli venne naturale proporgli di stare accanto a lui e accenderlo insieme: parve molto interessato quando Harry estrasse un massiccio accendino dalla tasca e ne fece scattare l’apertura metallica con un movimento rapido del polso; a quel punto il ragazzo fece scorrere l’accendino sulla coscia, contro i jeans, e la pietra focaia incendiò lo stoppino, alimentato dalla benzina.
Accorgendosi dello sguardo incuriosito del biondo, il Grifondoro tese avanti l’accendino.
-Sì, lo so che di solito i fuochi d’artificio vengono accesi con la magia-, confessò. -Ma questo l’ho trovato l’anno scorso nel parco dietro casa e mi è sembrato un peccato lasciarlo lì; è un’invenzione babbana, sai, ma può tornare utile in momenti in cui non è consentito fare magie. Quindi l’ho raccolto e l’ho portato a casa: quando l’ho ripulito dalla terra che ci si era incrostata sopra ho visto il disegno e allora non ho potuto fare a meno di tenerlo-.
Così dicendo Harry girò la mano: su un lato dello Zippo, argentato e opaco, risaltava un disegno di un drago sorprendentemente simile a un Ungaro Spinato.
-Per i Babbani i draghi sono animali della fantasia-, aggiunse.
-Anche i maghi hanno gli accendini, sai-, replicò Draco, tendendo un dito. -Soltanto che non hanno un aspetto così…-
-Moderno e aggressivo?-, tentò Harry.
-Stavo per dire “pratico”. Ma moderno e aggressivo si adatta comunque. Dai accendi quel fuoco d’artificio-, lo spronò quando una farfalla multicolore fatta di scintille e grande un metro passò sopra le loro teste.
Il moro eseguì, poi con un altro movimento secco del polso fece richiudere il coperchio dell’accendino.
Risultò che il loro era in realtà una fontana, che a Harry ricordava molto i variopinti getti di acqua che scorrevano dai centinaia di rubinetti della vasca del bagno dei Prefetti: in questo caso, però, il getto si muoveva dal basso verso l’alto e sembrava non esaurirsi mai: anche quando tutti gli altri fuochi d’artificio si furono estinti, e ci volle moltissimo tempo, la fontana continuò a lanciare per metri e metri in verticale le sue scie di scintille e luce: guardandola a lungo si aveva l’impressione che in mezzo ci si muovessero delle figurette animate. Harry in realtà più che altro concentrato a guardare di traverso e sottecchi Draco che fissava la fontana, archiviandosi nella memoria ogni sfumatura di colore che passava sulla pelle chiarissima, ogni espressione di infantile stupore, ogni battito delle palpebre.
“Cazzo, pensavo che questo fine settimana potesse essere solo una breve parentesi per poi lasciarmi Draco alle spalle. Magari per rivalermi un po’, magari per rendermi conto che non è poi questa gran cosa. Invece mi sa che sto finendo impantanato fino alla gola”, fu la desolante presa di coscienza che ebbe a un certo punto.
Non sarebbe successo niente, fra loro due: questo lo sapeva. Forse Draco era interessato a lui, forse no, molto probabilmente no, ma in ogni caso il Serpeverde non si sarebbe sbilanciato e Harry avrebbe fatto bene a ricordarselo: Draco poteva essere delizioso, ma sotto quella delizia giacevano schegge di vetro; se il biondo in quel momento si stava comportando in quel modo era solo per fare buon viso a cattivo gioco: scaduto il contratto magico sarebbe tornato tutto come era sempre stato, fatto salvo per la breve e felice parentesi che Draco aveva concesso prima di masticargli il cuore. Harry sentì ogni fibra del suo essere sfiancarsi: voleva lanciarsi avanti da bravo Grifondoro, ma aveva anche molta paura; oh, se solo Draco gli avesse fornito qualche certezza…
Abbassò lo sguardo sull’erba, mentre intorno a lui le persone chiacchieravano e si scambiavano aneddoti e battute, cose allegre e di poco conto: incominciò a rimuginare.
La cosa non sfuggì a Draco, che stava raccontandogli di una volta che si era perso nella campagna intorno al maniero e aveva scoperto questa chiesa babbana abbandonata e lo aveva colto un acquazzone (***): ecco che succedeva di nuovo: lui si stava sforzando, ma sforzarsi non serviva a niente, Potter continuava a sfuggirgli, a prendere le distanze…
-Potter, cazzo, ma la smetti di comportarti come una scimmia lobotomizzata?-
Si era subito reso conto che la frase gli era uscita molto male, ancora prima che Potter alzasse gli occhi e lo incendiasse con lo sguardo.
-Sai cosa? Vado dove sono meglio accetto!-, ringhiò alzandosi e raggiungendo Boot sul lato opposto della fontana.
Draco non ebbe il tempo di ribattere o opporsi e, quando Lovegood prese il posto di Potter iniziando a snocciolare una serie di nomi di bestie troppo fantastiche anche per il Mondo Magico, non trovò in sé la capacità di ribellarsi e si sorbì quella lezione di fantamagizoologia da parte della Corvonero piuttosto alticcia.
 
Parlando con Boot, Harry si era rilassato: Boot era tranquillo, prevedibile, innocuo.
Invece l’ultima frase di Malfoy aveva dimostrato per l’ennesima volta che la sua lingua biforcuta non sapeva trattenersi dall’essere stronza e insultante.
Da dove Harry si trovava seduto in quel momento non poteva vedere Malfoy e le cose andavano bene così; sorrise, compiaciuto: oltretutto il biondino non se ne sarebbe potuto andare fino a che Harry stesso non lo avesse deciso e Harry era del tutto intenzionato a tenerlo in quella radura fino a che il culo non gli si fosse infradiciato di rugiada.
Trascorse ancora un bel po’ di tempo prima che Harry si guardasse intorno: a quel punto il getto della fontana si era fortemente ridimensionato e si andava esaurendo e non erano rimasti in molti, dal momento che le coppiette si erano appartate, con pretesti più o meno plausibili.
Ron e Pansy erano semplicemente andati via insieme abbracciati; Ginny e Michael Corner avevano avuto la decenza di aspettare che il fratello di lei fosse scomparso dalla vista prima di imboscarsi. Hermione e Blaise avevano addotto la patetica scusa di essere stanchi, ma nessuno ci aveva creduto e li avevano salutati con fischi di incoraggiamento mentre si incamminavano verso casa.
Luna e Megan stavano sdraiate sulla destra di Harry, un po’ discoste, a inventare nomi nuovi per costellazioni improvvisate, come Scheletro Pendulo o Scodella Di Zuppa; ogni tanto Luna provava a convincere l’altra della reale esistenza della costellazione del Ricciocorno Schiattoso, con scarsissimi risultati.
Lui era con Terry e questo voleva dire che… Girò lo sguardo dalla fontana che ancora gettava scintille e vapori e fiammelle, anche se a un livello oramai basso, e cercò intorno nella radura.
Draco era in piedi, solo e rigido, in penombra, probabilmente al limite massimo di distanza consentito, con un’espressione tanto selvaggia sul volto che Harry non riuscì neanche a definirla collera.
Gli rivolse un cenno beffardo con il mento, sentendosi in salvo solo perché sapeva che l’altro non poteva affatturarlo.
A quel cenno le labbra di Draco si contrassero di furente oltraggio.
Harry sentì il mostro nel suo stomaco fare le fusa di bieca soddisfazione.
Mentre Harry pensava che solo Malfoy sapeva condurlo tanto in basso ed esporre le sue azioni più meschine, Terry Boot, seguendo la direzione del suo sguardo, parlò.
-Deve essere un bel fardello portarsi dietro Malfoy per tutto il fine settimana. Cosa hai fatto di tanto orribile per meritarti una punizione del genere?-
Sarebbe stato troppo complicato spiegare tutto, così Harry si risolse a dire che era solo uno scherzo sfuggito di mano.
-Be’, forse la prossima volta potremmo vederci fuori dalla scuola senza la tua scorta-, buttò lì il Corvonero con semplicità.
-Ah, sì, certo-, annuì automaticamente Harry, prima di spalancare gli occhi. -Cosa?-
Ma Boot si stava alzando in piedi.
-Si è fatto tardi, dovremmo rientrare-, propose prima di rivolgersi alle ragazze. -Luna! Megan! Diamo una sistemata e rientriamo!!-
Harry stava per proporsi come aiuto per mettere a posto, quando si sentì afferrare poco al di sopra del gomito e poi riconobbe la familiare sensazione della Smaterializzazione.
 
Atterrarono in mezzo alla camera che condividevano.
Per un attimo ebbero un fremito, non proprio un ricordo, quanto una percezione che non riuscirono a identificare; quindi Draco sigillò la porta con un Colloportus, gettò Incantesimi Imperturbabili tutto intorno e poi si girò verso Harry: aveva l’espressione disgustata di uno che avesse assaggiato un fiotto della propria stessa bile, e che la stesse per sputare in faccia all’avversario.
Era in collera, ma era anche gelido come una lama di ghiaccio.
Harry fece l’unica cosa che sapeva avrebbe fatto ancora di più imbestialire l’altro: stette zitto e fece una smorfia di amaro sorriso; avrebbe preferito ritrovare quello stato di benessere condiviso di prima con il biondo, ma in mancanza di quello si sarebbe accontentato di vedergli le coronarie stroncate dall’ira.
Anche l’ira, in definitiva, era meglio di niente da parte di Draco.
Anche i dispetti e le rappresaglie infantili erano meglio che lasciarselo alle spalle.
 
 
 
 
 
 
 
(*)
Il coglione in completo lilla è ovviamente Gilderoy Allock e il fatto a cui si riferisce Draco accade nella Camera dei Segreti.
 
(**)
La scena in cui i Fuochi Forsennati Weasley inseguono Draco è presente solo nel film; nel libro la cosa si svolge diversamente e Draco non viene menzionato in quel pezzo; così posso dedurne che non li abbia mai visti.
 
(***)
Vedi la mia one-shot “Il discorso… Quel discorso”.
 
 
E quindi, succede ma non succede: non poteva essere così semplice, vero? Un paio di pozioni e tutto risolto…
Il capitolo è anche un esercizio stilistico: descrivere tutto il loro incontro fisico senza che si scambino una parola, senza quasi che si legga un solo pensiero… Da contrapporre alla serata, densa di considerazioni personali e chiacchiere. E la loro parentesi in camera, divisa in due momenti, caratterizzati dalla lentezza e dalla delicatezza e poi dalla brama e dalla lussuria. E la chiusura, speculare e opposta all’apertura.
Be’, che dire, spero di essere riuscita a rendere bene per iscritto i miei intenti.
  
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