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Autore: Red Saintia    21/02/2020    11 recensioni
Quando il potere assoluto è qualcosa che scorre dentro e divampa fino a che diventa impossibile da arginare. Quanto si è disposti a spingersi per raggiungere i propri obbiettivi?
Un faccia a faccia che sarebbe stato bello vedere. Una versione alternativa di ciò che è accaduto... e che potrebbe essere del tutto verosimile.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gemini Saga, Sagittarius Aiolos
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Era l’alba… l’alba di un nuovo giorno, quello che sarebbe dovuto essere un nuovo inizio.
Il Santuario era blindato, da ogni lato e abitazione circostante un manipolo di guardie osservava tutt’intorno cercando di carpire movimenti sospetti o azioni sovversive. La tensione era palpabile, la notte precedente che avrebbe dovuto dare inizio alle celebrazioni del culto alla dea Athena verrà invece ricordata negli anni a venire come… la Notte degli Inganni.


 

“Dov’è? Dove lo avete condotto, parla!” la voce imperiosa di Arles rivolta al capo delle guardie esigeva una risposta chiara e senza giri di parole.
Phaeton sapeva bene che in certe circostanze doveva solo chinare il capo e obbedire senza aggiungere troppe giustificazioni.

“Sommo Arles il prigioniero è stato condotto nelle segrete del Santuario, come voi stesso avete disposto” cercò di sembrare fermo e risoluto ma la sua voce tremava visibilmente.

“Idiota! Non erano queste le mie disposizioni. Avevo ordinato a Shura di eliminare quel traditore e riportare in dietro la sacra armatura e la bambina…”

“Ma… signore, le cose sono…”

“Taci! Non una parola di più. Siete degli inetti, degli incapaci, tutti quanti. Non posso fidarmi di nessuno. Adesso non mi resta che agire in fretta prima che notizie false e pericolose si estendano a macchia d’olio per tutto il Grande Tempio.”

Phaeton provò a sollevare lo sguardo, sapeva che avrebbe incrociato solo la maschera che da sempre celava il volto del Sommo Sacerdote di Athena. Eppure in quel frangente quel volto privo di espressività gli sembrò quasi più tollerabile rispetto a ciò che immaginava fosse la reale espressione di Arles.

“Se mi è concesso signore vorrei farvi presente che le condizioni del prigioniero sono al quanto precarie. La fuga e la successiva lotta contro il cavaliere di Capricorn lo hanno ridotto allo stremo. Temo che gli resti poco da vivere…” concluse, chinando di nuovo il capo.

“Temi? Dovresti pregare che sia così… se lui sopravvive un nuovo capo delle guardie impartirà ordini al tuo posto, e tu lo osserverai dall’alto di una lancia. Perché è lì che infilzerò la tua testa!”

Phaeton si strinse quasi su se stesso, quelle parole gli avevano gelato il sangue. Sapeva bene che Arles non esagerava mai con le minacce, e d’improvviso scoprì che non era più solo la sua voce a tremare, ma tutto il suo corpo.
L’uomo avvolto nelle vesti sacerdotali gli aveva già voltato le spalle. Non era sua abitudine intrattenersi troppo a discutere con i suoi sottoposti, se non per impartire ordini. Adesso era ben altro che gli premeva… doveva agire tempestivamente ponendo rimedio alla superficialità di Shura e all’inettitudine delle guardie di palazzo.

“Maledetto! Che tu sia maledetto… ero così vicino, mancava così poco, e tutto si sarebbe compiuto. Non più divinità dispotiche a dividersi il dominio sulla terra… solo un unico sovrano avrebbe governato la Grecia ed il mondo intero. Sotto il mio influsso assoggettare i restanti cavalieri d’oro sarebbe stata un’inezia. Invece ti sei voluto immischiare, hai dovuto interferire con i miei pieni mandando tutto all’aria. Ma questa sarà l’ultima azione che commetterai a mio danno. Adesso tu sai… conosci troppe cose, ma non le userai contro di me, le porterai con te nell’Ade perché è lì che ti manderò una volta e per sempre… Aiolos di Sagitter.”


 
Le prigioni del Santuario erano un posto isolato ed angusto, il precedente Gran Sacerdote le utilizzava di rado ritenendole necessarie solo per coloro che si macchiavano della colpa di alto tradimento. Da quando Arles era al potere invece anche una semplice insubordinazione poteva significare trovarsi in quel luogo in catene e lasciati in balia di se stessi per un tempo indefinito.
La cella nella quale era stato fatto rinchiudere Aiolos era distante dalle altre, due guardie erano state poste a vigilarne l’entrata. L’unico spiraglio di luce che penetrava in quel luogo proveniva da una minuscola finestra che affacciava a picco sul mare di Grecia.
Non appena gli uomini udirono dei passi avvicinarsi si drizzarono sugli attenti, e quando intravidero la figura di Arles trattennero persino il respiro.

“Ai vostri ordini Gran Sacerdote!”

“Sparite subito da qui, e assicuratevi che nessuno venga a disturbarmi se vi è cara la vita.”

“Sì signore, agli ordini!” non servirono altre raccomandazioni, le due guardie si dileguarono nel giro di pochi secondi.
Rimasto finalmente da solo Arles sfiorò il chiavistello che chiudeva la cella riducendolo in polvere con il solo tocco della mano. Spalancò l’entrata avanzando con cautela e circospezione. Quando fu certo che colui che cercava giaceva ferito e affaticato in un angolo richiuse la porta alle sua spalle.

Si avvicinò lentamente senza proferire parola, quando solo pochi passi separavano i due, Arles colpì il prigioniero con un calcio in modo da destarlo dal suo stato semi incosciente.

“Non provare a fare il moribondo con me Aiolos, lo so che hai avvertito la mia presenza prima ancora che aprissi la cella. La forza del tuo cosmo la sento ancora ardere in te, indomita e potente.”
Il giovane sollevò appena lo sguardo per poi spostarlo di lato evitando d’incrociare quella maschera che ormai sapeva fin troppo bene il volto di chi celava.

“Perché sei qui… cosa vuoi da me? Sai che non otterrai niente, perdi il tuo tempo.”

“Non esserne tanto certo Aiolos. La bocca di Ade reclama a gran voce il tuo spirito, ma forse potrei anche mostrarmi clemente se tu mi dicessi dove sono le sacre vestigia e la bambina che hai rapito ieri notte.”

“Non voglio la tua pietà, puoi fare di me ciò che vuoi. Non ti dirò mai dove sono, e tu non potrai percepire il suo cosmo fin quando lei stessa non sarà consapevole del proprio potere. Hai perso Arles… o forse dovrei chiamarti…”

“Sta zitto! Miserabile… sei sempre stato una spina nel fianco, hai sempre voluto essere quello virtuoso, corretto e devoto. Guardati Aiolos, a cosa è servita la tua devozione, dove ti ha condotto? Sei considerato da tutti un traditore uno spergiuro, il tuo nome sarà sinonimo d’infamia e di codardia, e non solo… il tuo folle gesto si ripercuoterà anche sul tuo giovane fratello.”

Bastarono quelle poche e semplici parole perché lo sguardo di Aiolos divenisse rabbioso e carico di collera. “Lascia fuori Aiolia da questa storia. Lui è solo un bambino, quando sarà il momento il suo cuore gli indicherà la verità.”

Un ghigno beffardo si dipinse sotto la maschera di Arles. Se ad Aiolos non premeva la sua vita, forse per quella di suo fratello si sarebbe deciso a parlare.
“Ma tu sai molto bene che il Santuario può essere un luogo pericoloso se non si posseggono i favori giusti e la dovuta protezione. Pensaci… tuo fratello sembra così smarrito e indifeso, chi lo proteggerà quando tu non ci sarai più?”

Aiolos strinse i pugni e in uno scatto d’ira cercò di avventarsi contro Arles, solo l’ausilio delle catene e la sua spossatezza lo fecero desistere dal tentare altro.
“Non otterrai niente dai tuoi inganni… tutto ciò che stai architettando ti si ritorcerà contro. Un giorno non lontano altri giovani guerrieri verranno a difendere la giustizia e la pace che tu tanto rifuggi. Sarai sopraffatto dai tuoi crimini e dalle tue colpe, e per te sarà la fine.”

“Pazzo… visionario, ciò che farnetichi non accadrà mai. Tu perirai oggi stesso e tuo fratello ti terrà compagnia nel regno dei morti se non mi dici subito dov’è quella neonata. Parla maledetto! La tua rettitudine non ti salverà. Per troppo tempo sei stato messo al di sopra di me, pur non avendo particolari meriti. Cosa abbia visto in te quel vecchio stolto ancora non lo capisco, ma poco importa, stai per fare la sua stessa fine. Quindi se vuoi che un giorno tuo fratello riesca a raggiungere l’obbiettivo di diventare cavaliere dei dirmi lei dov’è, dove l’hai nascosta dimmelo, ora!”

E a quelle parole seguirono i fatti. Mani adunche e spietate afferrarono Aiolos per il collo. Ferito, spogliato dei suoi abiti civili, pieno di ematomi e ferite, quelle mani continuarono a stringere il suo collo.
Gli occhi del giovane Sagittario puntarono la maschera dell’uomo che aveva di fronte, e con le poche forze rimaste afferrò quel volto metallico, strappandolo con rabbia e facendolo ricadere a terra.

“Voglio che mi guardi negli occhi mentre prendi la vita. Voglio che il mio volto sia l’ultima cosa che la tua mente ricorderà ogni volta che sarai da solo. Tu non toccherai mio fratello, perché il rimorso per ciò che stai facendo adesso ti perseguiterà fino alla tua redenzione. Per il resto… affido le sorti di Aiolia agli dei, sperando che Athena e Zeus lo proteggano sempre.” non aveva forze adesso, il respiro divenne un rantolo sommesso, le braccia caddero a penzoloni lungo il corpo. Tutto improvvisamente divenne vacuo e buio.

“Fino alla fine ti prendi gioco di me… Aiolos” e per quanto ci provasse, per quanto sentisse dentro qualcosa che si spezzava in modo irreversibile non riuscì ad allentare la stretta intorno al collo del suo ex compagno d’armi.
Un demone infido e spietato aveva attecchito nel suo animo facendogli perdere il lume della ragione. Le sue mani erano lorde di sangue adesso, aveva portato a termine ciò che il giovane Shura aveva cominciato.

Aveva azzerato qualsiasi sentimento di rimorso o pietà, l’unica domanda che non riusciva a trovare spiegazioni era come mai tutti gli altri cavalieri erano stati da subito ammaliati e succubi del suo potere, così facilmente plasmabili… quasi come cera nelle sue abili mani. Incantati dal suono imperioso e deciso della sua voce e dalla sua volontà che per tutti era legge, una legge inoppugnabile. Tutti… tranne lui, tranne Aiolos, che neppure per un istante si era lasciato corrompere o soggiogare. Forse era questo che il precedente Gran Sacerdote aveva visto in lui, un animo puro e dedito alla giustizia… la stessa giustizia che si riflette nella luce di Athena.
Si accorse di avere il volto umido, non capì inizialmente il perché, fino a quando non si rese conto che quelle che gli rigavano il volto erano lacrime… e ne fu terrorizzato. Raccolse la maschera dal freddo marmo della cella e la ripose sul viso, cercando di ritrovare il controllo sulle proprie azioni. Guardò davanti a sé… il suo nemico, il suo più fervido oppositore, la luce che si rifletteva fulgida attraverso il grigiore della sua oscura ombra sembrava non respirare più.

Eppure, se fosse morto o solo privo di conoscenza non volle accertarsene. Solo ad una cosa pensò, quel corpo così esile ed immobile doveva sparire e nessuno avrebbe dovuto sapere, nessuno doveva fare domande.
Pochi attimi ancora nei quali la sua mente macchinava i passi successivi da compiere affinché tutto risultasse credibile e allontanasse da lui ogni sospetto. Una volta assolti i suoi compiti, Arles tornò nella sala del trono e fece chiamare d’urgenza Phaeton e Gigas per metterli al corrente della situazione.

“Ascoltatemi bene perché non mi ripeterò una seconda volta. Chi tradisce il Santuario oltraggia la mia persona, chi oltraggia me è come se offendesse Athena stessa. Chi osa tanto non merita clemenza ne pietà.”

“Certamente Sommo Arles, lo sappiamo bene” le parole di Gigas risultarono superflue ma, per quanto gli fosse possibile, cercava almeno di stemperare il clima che si respirava in quel momento.
Phaeton invece, rimase in assoluto silenzio.

“Il cavaliere che ha tradito ha avuto la fine che meritava. Nonostante gli avessi promesso di essere clemente non ha voluto rivelarmi dove ha nascosto la sacra armatura che ha trafugato, quindi sarà vostro primario compito quello di ritrovarla, così come dovrete sbarazzarvi di chiunque tenti d’impedirlo. Ciò che è accaduto in questi giorni serva da monito per chiunque tenti qualsiasi forma di insubordinazione. E’ tutto chiaro?”

“Sì signore!”

“Bene, allora sparite adesso e cominciate ad occuparvi di ciò che vi ho detto.”

“Certo Sommo Arles…” avrebbe dovuto lasciare la sala del trono, mostrare i suoi ossequi e non voltarsi indietro. Eppure non poté fare a meno di porre quella domanda, pur sapendo che ciò avrebbe potuto decretare per lui una punizione esemplare  “…se mi è concesso volevo chiedervi che ne è stato del prigioniero” e un secondo dopo il capo delle guardie del Santuario maledisse se stesso e la sua insana curiosità.

Phaeton sapeva bene che Aiolos di Sagitter era irrimediabilmente perduto nel momento stesso in cui era fuggito con quella neonata. Come sapeva bene, che la parola clemenza era una giustificazione di facciata che Arles non avrebbe mai concesso.
Gigas non proferì parola… impallidendo di colpo e spostando lo sguardo sul Gran Sacerdote che si era alzato dal suo trono camminando in direzione di Phaeton.

“Quello che ti serviva sapere ti è stato detto. Il destino dei traditori è uno solo. Non osare più impicciarti di questioni che non ti competono. Qui le domande le faccio io! A voi spetta solo trovare le risposte che più mi aggradano. E adesso sparite entrambi, e fate sorvegliare notte e giorno il fratello minore di quel traditore. Andate!”

“Sì Sommo Arles!” risposero incamminandosi subito verso l’uscita della tredicesima casa.

Il Gran Sacerdote era da solo adesso… sedeva sullo scranno dorato che già molte vite era costato. Colui che voleva ostacolarlo non sarebbe più stato un problema, da quel giorno in poi un nuovo despota avrebbe governato il suolo di Grecia. E quando tutte e dodici le armature d’oro sarebbero state sotto il suo influsso la legge delle forze oscure avrebbe regnato sovrana.
Arles si voltò… osservando la sua immagine con le vesti sacerdotali che si rifletteva nell’enorme specchio che si stagliava nella sala del trono. Un volto privo di qualsiasi espressione… arido e svuotato da qualsiasi effimero sentimento. I capelli color argento riflettevano l’assenza di calore dal suo animo, intriso ormai di sola malvagità.

La pietà è per i deboli… solo chi aspira alla grandezza sarà ricordato nei secoli a venire. E di me si parlerà fino alla fine dei tempi come colui che ha assoggettato gli dei.”

Una risata cupa ed oscura risuonò tutt’intorno facendo tremare quelle antiche mura, che dopo secoli di pace si apprestavano a collassare dall’interno. Da quel giorno, e per tredici lunghi anni, un demone che celava il suo volto angelico avrebbe governato il Santuario di Grecia.





Ben trovati a tutti. Come sono andate in realtà le cose lo sappiamo molto bene. Per questo ho immaginato... e se Aiolos fosse sopravvissuto una volta consegnata la sacra armatura a Mitsumasa insieme alla piccola Saori? 
Potrebbe essere verosimile che spossato dalla fuga e dallo scontro con Shura non abbia avuto la forza di opporsi ad una successiva cattura. Ecco che ne è venuta fuori questa one shot in cui spero di aver reso al meglio i personaggi. Spero che questa versione alternativa vi piaccia e che abbiate avuto piacere nel leggerla. Alla prossima.

 
 
   
 
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