Anime & Manga > City Hunter/Angel Heart
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Autore: EleWar    21/02/2020    6 recensioni
Il passato torna sempre e, a volte, certe verità non avremmo mai voluto conoscerle.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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5° capitolo… qualcosa si sta muovendo, di sicuro nei cuori dei nostri eroi, ma… da domani si scende in campo!  GRAZIE  a chi è arrivato fino a qui, e a chi ha deciso di vedere come andrà a finire. Vi lovvo <3




CAP.5 Una casa, una famiglia

Quando arrivarono a casa, era già ora di cena; le ombre si allungavano sonnolente sulla città, e il cielo si colorava dei caldi toni del tramonto. La casa era inondata di luce e mai come in quel momento era apparsa ai suoi abitanti il posto più bello del mondo, così accogliente e così casa. A fare da eco ai pensieri benevoli dei soci, Ryoichi entrando sospirò forte, dicendo:

“Come si sta bene qui da voi! Mi sento come a casa” e si lasciò cadere sul divano, con aria beata e felice.

Kaori ebbe un tuffo al cuore.

Quel ragazzino era adorabile, e lei si sentiva già irrimediabilmente legata a lui, anche se sentimenti contrastanti le agitavano il cuore. Quasi si commosse davanti a quella scena. Desiderare che fosse suo figlio piuttosto che di quella sconosciuta; sperare che non fosse il figlio di Ryo; non volergli già così bene; dovergli dire addio quando avrebbero risolto il caso… E, ancora, imparare a considerarlo uno di famiglia, qualcuno che avrebbe potuto avere un posto fisso nella loro vita… Questo ed altro tormentava il suo cuore, e per un attimo rimase senza parole, sopraffatta dalle emozioni. Si voltò verso Ryo, istintivamente, forse in cerca di un sostegno morale, per specchiarsi nei suoi occhi cupi e neri.

Anche lui la guardò intensamente, intuendo i pensieri della sua amata, dilaniato dai suoi stessi dubbi e da altre insidiose paure. Poteva combattere quanto voleva, contro l’idea che quello non fosse suo figlio, ma doveva ammettere che il ragazzo era veramente in gamba: era aperto, solare, fresco e leale. Non aveva ancora tutta la meschinità dei grandi, la malizia nei modi… tranne quando i suoi ormoni esplodevano ed era incontenibile nei suoi slanci, ma era poi da considerarsi un difetto? Non era così anche lui? E non c’era bisogno di avere lo stesso sangue focoso per essere esuberanti, no? Anche Mick lo era, eppure era addirittura americano!!  Ryoichi era poco più che un bambino, ma aveva già dimostrato coraggio, partendo all’avventura sulle tracce di un fantomatico padre, di cui vagheggiava l’esistenza e mitizzato dai racconti della madre. Ed era anche divertente e intelligente. A dispetto di tutto, Ryo sentiva che si stava affezionando, e questo era un fatto. Tutti quegli anni accanto a Kaori gli avevano insegnato a lasciarsi andare ai sentimenti, all’amore; la prova era che quando aveva deciso di fare il grande passo verso di lei, verso l’amore della sua vita, aveva provato una felicità mai nemmeno immaginata prima. Amare non era mai sbagliato, questo era l’insegnamento della sua donna, e doveva ammettere che aveva ragione. Solo che… adesso, avrebbe voluto avere ancora un po’di quel cinismo che, con tanta tenacia, aveva coltivato nel tempo, così sarebbe riuscito a non legarsi a quel moccioso, che era entrato nella loro vita, già fin troppo sgangherata, sconvolgendola. Eppure… come uomo, pensava che qualsiasi padre si sarebbe sentito orgoglioso di un figlio come lui.

Ryoichi, colpito da quell’improvviso silenzio quasi imbarazzato, guardandoli, ora uno ora l’altro, proruppe con un innocente:

“Che c’è? Ho detto qualcosa che non va?”

Gli sweeper si riscossero e Kaori gli sorrise amorevolmente, poi gli disse:

“Ma no, che dici? Piuttosto, preparo qualcosa per cena, magari di leggero, viste le abbuffate di oggi?”

“Non aspettavo altro che lo dicessi!” rispose di getto il ragazzo, abbassando però immediatamente la testa a disagio, poi riprese:

“Ad essere sincero sto morendo di fame, ma sono vostro ospite e non mi sembrava il caso di chiedervi niente. Ho anche finito i soldi che mi ero portato dietro…”

Poi, come a ricordarsi improvvisamente di una cosa:

“A proposito di soldi… Io ieri sono arrivato qui, e vi ho subito chiesto di indagare per me, ma… non ho mica pensato di chiedervi a quanto ammonta il vostro compenso!” e si confuse ulteriormente.

Allora Kaori gli andò incontro e si sedette accanto a lui, mentre Ryo si appoggiò mollemente allo schienale del divano, alle sue spalle. La sweeper gli prese le mani, e lui a quel punto rialzò lo sguardo verso di lei, e annegò nei suoi occhi pieni di amore e comprensione. Si sentì svenire. Lei gli disse, dolcemente:

“Non importa, i soldi non sono importanti. Io e Ryo siamo felici di poterti aiutare, anche se non potrai pagarci”.

Il ragazzo si voltò speranzoso verso lo sweeper, e questi gli fece un cenno con il capo, a voler confermare ciò che aveva appena detto la socia. Allora Ryoichi tornò a guardare la ragazza e le saltò fra le braccia, soffocando un singhiozzo nel suo collo. Lei lo strinse a sé, materna, e lui, che era indeciso se piangere o fare il duro e trattenersi, riuscì a bofonchiare solo:

“Come potrò mai ringraziarvi?”

Ma Ryo a quella scena, si accigliò leggermente: possibile che quel poppante non perdesse occasione per appiccicarsi alla sua Kaori, tra l’altro proprio mentre lui non poteva? Subito pensò che se quella fosse stata un’altra mossa per palpare e insidiare la sua donna, lo avrebbe impacchettato con un bel futon, e lo avrebbe appeso come un salame dalla finestra, altro che casa accogliente! Intercettò lo sguardo della socia, che gli fece un cenno rassicurante da sopra la spalla di Ryoichi, e lui sbuffò. Kaori sperava solo che quel ragazzino, tutto ormoni e cuore, non facesse qualcosa di azzardato di cui doversi poi pentire.

Per fortuna si sciolse dall’abbraccio di Kaori senza guizzi da maniaco, però s’incantò a guardarla, con aria adorante, e sospirando le disse:

“Oh, Kaori! Se io fossi più grande, o tu più piccola, ti chiederei di uscire con me, di essere la mia ragazza!”

“Ma che dici, sciocchino!” arrossì suo malgrado, lei.

“Però sicuramente tu sei già impegnata, vero? Una ragazza affascinante e buona come te, immagino che un fidanzato già ce l’abbia, vero?” e adocchiò la fedina all’anulare sinistro.

Ryo, a quell’uscita, si schiarì la voce, mentre la partner ridacchiava a disagio; lei fu capace soltanto di dire:

“Come sei impertinente! Quante ne vuoi sapere… eh eh eh eh eh”

Riuscì a venir fuori da quella situazione lievemente imbarazzante dicendo:

“Senti, Ryo, perché non gli fai vedere la casa mentre io preparo qualcosa da mangiare? Così poi potremmo andare a letto presto…”

“Ottima idea!” colse al volo il socio; e, rivolto al ragazzo:

“Vieni, ti mostro la mia collezione migliore di…”

“Di cosa, Ryo?” s’intromise la ragazza con tono alterato e perentorio.

“Di… di…” iniziò a balbettare lui, “Di armi. La mia collezione di armi! Seguimi, andiamo di sotto al poligono” e, facendosi precedere da Ryoichi, scomparvero dietro la porta. Ma, un secondo prima di chiudere l’uscio alle sue spalle, l’uomo rimise dentro la testa nel salotto e, ridacchiando, le disse:

“Ma cosa avevi capito, eh eh eh eh eh!” e poi le mandò un bacio con la mano, giusto per rabbonirla e ingraziarsela.

Lei, che aveva seguito tutta la scena con le mani sui fianchi, si addolcì all’istante e scoppiò a ridere divertita. Quell’idiota non sarebbe cambiato mai.
 

 
***
 
 

Poco dopo erano di nuovo tutti e tre riuniti e, seduti in soggiorno, stavano mangiando la cena preparata dalle sapienti mani di Kaori. Gli uomini mangiavano con gusto e, anzi, si rubavano il cibo dal piatto, ridendo a più non posso, con grande disperazione della ragazza, che li tacciava d’inciviltà e maleducazione, ma che non riusciva più di tanto ad essere seria, visto che quei due erano davvero buffi e finiva per riderci anche lei.

Erano così rari quei momenti tanto leggeri e spensierati, che sarebbe stato davvero un peccato non approfittarne. E poi, il fatto che stessero spolverando tutto quello che lei aveva cucinato, era il più bel complimento che potessero farle.

Al termine di quel pasto allegro e confusionario, Kaori avvertì:

“Ryoichi, fra poco vai a farti una doccia e fila a letto, intesi? Non sia mai che tua madre ci accusi di averti dato dei vizi!”

“Ma mamm… ehmm Kaori, è ancora presto! Non posso vedere un po’ di tv prima?”

La sweeper trasalì al lapsus del ragazzo: stava per chiamarla mamma! E lei era lì lì per sciogliersi in lacrime, quando la voce di Ryo si fece sentire:

“Kaori ha ragione: domani ci aspetta una lunga giornata e dobbiamo andare a letto presto”.
Sembrava veramente il tono di voce di un padre, risoluto ma non austero.

Il cuore di Kaori si contrasse. E le continue lamentele del ragazzino non migliorarono di certo la situazione. Quella sembrava una classica scenetta familiare. Infine, lei concesse:

“Ok, potrai guardare un po’ di tv finché io lavo i piatti e sistemo la cucina, poi via! Senza se e senza ma!”

Ryo si stava per fiondare anche lui sul divano, accanto al suo giovane amico, intenzionato a vedere qualcosa di educativo, quando la voce della socia lo fece sobbalzare sul posto.

“Ryo?”

“Sì?” e già un gocciolone scendeva lungo la sua tempia; come faceva quella benedetta ragazza a prevedere sempre le sue mosse?

“Vieni un attimo qui in cucina, ti devo parlare” quasi ordinò.

Lui schizzò in piedi e la raggiunse come un cagnolino richiamato dal padrone.

“Dimmi, cara…”

Però, quando furono soli in cucina e accertatasi che Ryoichi non potesse sentirli, immerso com’era in un programma per ragazzi che lo faceva ridere e contorcere, lei sussurrando gli disse:

“Stasera dopo che si sarà addormentato, raggiungimi di sopra…”

“Oh, tesoro mio, non sai quanto ho aspettato questo momento…” e già allungava le labbra per baciarla.

“Ma che hai capito! Dobbiamo parlare, no? Cosa hai scoperto oggi quando ci hai fatto uscire? E cosa hai intenzione di fare?”

“Ah, era questo ciò che intendevi?” rispose deluso, sgonfiandosi come un palloncino, con le braccia ciondoloni lungo i fianchi.

Alla ragazza scappò un sorrisetto divertito, ma, prendendogli le mani e costringendolo a guardarla, con amore gli disse:

“Dai, lo sai che anche io non vorrei solo parlare” e fece una pausa ad effetto. Il viso dello sweeper si rianimò, i suoi occhi presero a scintillare di aspettativa e desiderio.

Lei riprese:

“Pensi che mi siano bastati quei pochi baci che ci siamo rubati oggi? Non sai quanto mi manchi, ma finché c’è lui qui… E poi lo so, che oggi hai scoperto qualcosa” concluse, inclinando il viso di lato, con un’espressione che chiedeva conferma e che allo stesso tempo esprimeva totale fiducia.

Ryo sospirò; quella donna veramente lo conosceva fin troppo bene, potevano capirsi anche senza parlare, a volte. Quanto era stato fortunato ad incontrarla lungo il suo cammino? Tanto, veramente tanto. E lei sempre tanto gli dava.

“Hai ragione, Sugar. Appena siete usciti ho ricomposto il numero fatto da Ryoichi e mi ha risposto sua madre e…”

“Ryooooooo? Dai vieni a vedere questo comico! Mi fa morire dalle risate!” lo interruppe il ragazzo.

“Arrivo!” rispose l’uomo, dopo aver sbuffato frustrato. Guardò la sua donna e fece spallucce e, prima di tornare da Ryoichi, non resistette e le lasciò un leggero e dolcissimo bacio sulle labbra, sussurrandole sulla bocca:

“Allora, a dopo!” e raggiunse il suo piccolo ospite.

Kaori si riscosse; Ryo era una piacevole scoperta, giorno dopo giorno. Non si stancava mai di farle capire quanto l’amasse, in mille modi diversi; piccole cose, ovvio, perché lui non era e non sarebbe mai stato per le manifestazioni d’affetto eclatanti, però, proprio perché venivano da lui, quelle tenerezze erano ancora più preziose. Durante il giorno trovava sempre il modo di sfiorarle una mano, il viso con una carezza leggera, e amava baciarle i capelli e aspirarne il profumo, mentre quando voleva comunicarle ben altro, le sue attenzioni erano più mirate e le suscitavano emozioni elettrizzanti; ma il suo comportamento era lontano anni luce dalle bestialità che combinava quando faceva il maniaco e il pervertito. Era come se la volesse sedurre ogni volta, conquistarla, e lei era la donna più felice del mondo nell’essere l’oggetto della sua venerazione. E non era facile nemmeno per lei rinunciare alle sue attenzioni, o frenarsi lei stessa in quelle che avrebbe voluto riservargli. C’erano state un paio di volte, in quella lunga giornata, in cui le sarebbe tanto piaciuto volargli fra le braccia forti e grandi, affondare le mani nei suoi capelli color d’inchiostro, oppure rubargli quel suo sorriso sghembo direttamente dalle labbra con un bacio di fuoco, oppure, oppure…

Ops! Meglio calmarsi!” si disse la ragazza, altrimenti quando lui l’avrebbe raggiunta in camera non avrebbero parlato affatto! E nonostante ora fosse libera di esprimere il suo desiderio per lui, e l’amore ora fluisse libero fra loro, si ritrovò ad arrossire come ai vecchi tempi. Si sarebbe mai abituata?




La serata passò in un lampo: Kaori irruppe ciabattando in salotto e, spegnendo la tv, intimò a Ryoichi di prepararsi per andare a letto; non cedette alla tentazione di guardare Ryo negli occhi, poiché da quando si erano parlati in cucina, non era più tanto sicura di riuscire a trattenersi senza farsi scoprire dal ragazzino.

Ryo però protestò dicendo:

“Ehi, ma hai spento la tv! Io non sono un moccioso, è ancora presto per me!”

“Se mi prometti che non uscirai stasera, la riaccenderò” rispose lei, anche se era sicurissima che lui non sarebbe uscito; non lo faceva quasi più, e quelle rare volte era solo per fare un giro di ricognizione della città.

In ogni caso quello era solo un teatrino a beneficio del ragazzo: in realtà, entrambi non vedevano l’ora di ritrovarsi da soli.

Quando Ryoichi tornò dalla doccia, frizionandosi i capelli bagnati, istintivamente e inaspettatamente Ryo gli si fece incontro e, prendendogli l’asciugamano, finì per asciugarglieli lui. L’uomo fu il primo a stupirsi di quest’improvviso gesto affettuoso che, seppure inedito, non fu né goffo, né rude. Gli disse semplicemente:

“Vieni qui che ti aiuto io, altrimenti prenderai freddo”.

A forza di strofinare, Ryo aveva quasi asciugato per intero la folta zazzera del ragazzo senza nemmeno bisogno dell’asciugacapelli e, quando tolse la salvietta, Ryoichi aveva una massa informe in testa che gli cadeva anche sugli occhi facendolo assomigliare ad un barboncino; ridacchiarono divertiti.

Poi Ryo disse:

“Ora fila a letto, ok? Domani ci aspetta una giornata d’indagini e non possiamo permetterci di perdere tempo. Riposa bene”.

“Va bene, City Hunter!” rispose impettito il ragazzo; e Ryo s’intenerì.


 
***

 
Quando fu sicuro che il ragazzino dormisse della grossa, Ryo sgattaiolò dalla stanza degli ospiti, quella che avrebbe dovuto dividere con il ragazzo, e si diresse verso la sua camera da letto.

Kaori aveva aspettato tanto, cercando di restare sveglia, e si era pure messa a leggere un manga divertente, ma la noia e il dolce tepore delle coperte, l’avevano vinta. Quando il socio entrò nella stanza, lei era ormai addormentata, con le spalle appoggiate alla testiera del letto, mollemente abbandonata su due cuscini; la lampada sul comodino, ancora accesa, disegnava sul suo viso delicato un gioco di luci e ombre che si sposavano benissimo con i suoi lineamenti rilassati e sereni. Il libro abbandonato in grembo, le dita allentate ma ancora nell’atto di stringerlo. L’uomo trattenne il fiato, pentito di aver fatto fin troppo rumore; gli sembrava di assistere al sonno di una creatura soprannaturale, di essere di fronte ad un angelo che si era per un attimo seduto a riposare e che invece si era addormentato. E ancora una volta si chiese se il solo fatto di toccarla, e come la toccava ora, potesse sporcare la sua anima, la sua purezza, quel suo innato candore. L’amore di Kaori lo sovrastava, lo vivificava e lo colmava di pace, ma lui, sarebbe mai stato capace di meritarselo pienamente fino in fondo? Lei che lo aveva raggiunto fin laggiù, nel suo personale inferno, e lo aveva riportato alla luce e, soprattutto, aveva preso ad amarlo con tenacia e semplicità, così come se fosse la cosa più naturale del mondo. E nonostante lui avesse superato i suoi sensi di colpa e tutte quelle remore che lo avevano tenuto lontano da lei e dal suo amore immenso, e infine le avesse aperto il suo cuore, permettendole di prendervi dimora, c’erano ancora delle volte in cui certi dubbi tenaci tornavano a tormentarlo, e si riaffacciava nel suo animo quella fastidiosa sensazione di inadeguatezza di fronte a lei… Però, poi, bastava che lei lo guardasse con i suoi occhi d’ambra fusa, o gli sorridesse con amore, o lo prendesse per mano, che tutto svaniva in un soffio e si sentiva autorizzato ad amarla, l’unico che potesse farlo veramente.

In quel momento, preda delle sue emozioni e ormai senza più difese, rimase trasognato a guardarla. Gli era sempre piaciuto osservarla dormire, ma ora, quell’immagine di totale innocenza, quasi lo stordì.

Eppure non riuscì a non ridere, dentro di sé, constatando che, da quando si erano messi insieme, mai una sola volta lei era andata a letto con un fumetto o con un libro; non aveva mai avuto tempo e modo di leggere, visto che avevano sempre altro da fare, pertanto quella era una situazione nuova; forse in futuro sarebbe potuta diventare la quotidianità, ma lui scacciò subito quel pensiero. Loro due sarebbero restati giovani per sempre, giovani e vitali, e le loro notti sarebbero state sempre movimentate – non fosse altro per tutto il tempo che dovevano recuperare! – e se proprio un domani, tornando a casa, l’avesse trovata a leggere, be’… poi l’avrebbe convinta a… smettere.

Ma in quel preciso istante pensò che gli sarebbe andato bene anche così: di rimanere lì, in piedi, imbambolato, tutta la notte; non sarebbe stato certo lui a svegliarla, nemmeno per chiederle di fare l’amore. Aveva l’impressione che se si fosse avvicinato troppo, avrebbe commesso un sacrilegio, avrebbe rovinato la sacralità di quel momento.

Fu Kaori a svegliarsi invece, da sola, e con gli occhi assonnati; sbattendo più volte le ciglia, lo guardò con un sorriso da bambina e sussurrò:

“Scusa, mi ero addormentata”.

Ryo rispose, sempre con un filo di voce, emozionato:

“Non fa niente”.

E finalmente si decise a raggiungerla sul letto. Si sedette sul bordo, dalla sua parte, e accarezzandole i capelli le disse, a bassa voce:

“Eri così bella, che non volevo svegliarti”.

“Però dobbiamo parlare… mi devi raccontare, hai detto ch…” ma lui smorzò le sue lamentele con un bacio dolcissimo.

“Sshhhhhh” le sussurrò sulle labbra “Adesso pensiamo a noi… Kaori ho bisogno di te!” le disse con voce calda e carezzevole.

La ragazza stava per lasciarsi andare a quell’inequivocabile invito, quando d’improvviso si ricordò che prima, in cucina, lui le aveva detto di aver parlato con la madre di Ryoichi, e un certo disagio s’impadronì di lei. Pur non respingendolo nei suoi baci e nelle sue carezze, s’irrigidì leggermente e lui, sempre attento ai cambiamenti di umore della sua partner, a malincuore si staccò da lei per guardarla, in attesa. Gli occhi di Ryo erano così pieni di desiderio e amore che ancora una volta Kaori si sentì fortunata ad essere lì, fra le sue braccia, ma voleva sapere; doveva sapere! Ne andava della sua tranquillità.

Ryo capì che, per quanto non avesse in testa che lei, Kaori aveva bisogno di essere rassicurata, prima come amante e poi come compagna di lavoro. Si passò una mano nei capelli, e sospirando si decise a parlare:

“Dicevo che oggi, quando voi siete usciti, ho richiamato la madre di Ryoichi. Non ha detto molto, anzi, e non ha voluto svelarmi il suo vero nome, né dove si trovi adesso. Dice che è troppo pericoloso, per lei, tornare a Tokyo a riprendersi il figlio, e anche parlarne al telefono lo è. Mi ha chiesto di riportarglielo, magari nel giro di un paio di giorni”.

“Ecco perché gli hai fatto tutte quelle domande sul posto da cui viene!”

“Esatto. Più tardi saprà che ho intenzione di riportarlo a casa, e meglio sarà”.

“Quindi domani che faremo?”

“Andremo al mare!” rispose furbescamente lo sweeper.

“Intendi a Shizouka?”

Ma già Ryo aveva ripreso a baciarle il collo e le spalle, ben deciso a porre fine alle spiegazioni; ma lei rincalzò:

“E… e… quella donna?” provò a chiedere timidamente, un po’ distratta dalle attenzioni del suo uomo e un po’ in imbarazzo nel dimostrargli la sua insicurezza.

Ma lui rispose, fra un bacio e l’altro mugolando:

“Quella donna, quale?”

“Quella… quella Akiko Munemori!”

“Ah, quella?”

“Avanti, Ryo! Fai un ultimo sforzo!” gli disse lei, bloccandogli il viso con entrambe le mani e costringendolo a prestarle attenzione.

Lui a quel punto si fermò, sbuffando, ma consapevole che se non fugava tutti i dubbi della ragazza ed esaudiva tutte le sue domande, non sarebbe andato lontano.

“Che c’è ancora?” chiese lui.

“Volevo sapere…” e prese a tormentarsi le dita e a mordicchiarsi il labbro inferiore che, se non fosse stato un segno di nervosismo da non sottovalutare, sarebbe stato tremendamente sexy. Riprese:

“Volevo sapere… che effetto ti ha fatto?”

“Nessun effetto. Non ho riconosciuto la sua voce, e davvero non riesco a ricordarmi chi sia. Anzi, ti confesso che mi fa anche un po’ rabbia… Aver detto a Ryoichi che sono suo padre…” poi improvvisamente si bloccò, e sussurrando ancora di più di quanto avesse fatto fino a quel momento, le disse:

“Senti? C’è qualcuno…”

Un secondo dopo si udirono dei colpetti leggeri alla porta, e una timida voce di ragazzino chiedere:

“Kaori? Ci sei? Posso entrare?”
 
   
 
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