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Autore: evil 65    22/02/2020    13 recensioni
( Sequel di So Wrong )
Quando vengono assegnati ad una missione congiunta, Peter Parker e Carol Danvers si ritrovano costretti a ad affrontare sentimenti che credevano ormai soppressi da tempo.
A peggiorare ulteriormente la situazione già molto tesa, i problemi per la coppia di Avengers sembrano appena cominciati. Perché ad Harpswell, cittadina natale della stessa Carol, cominciano ad avvenire numerose sparizioni che coinvolgono bambini…
( Crossover Avengers x IT's Stephen King )
Genere: Fantasy, Horror, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Carol Danvers/Captain Marvel, Peter Parker/Spider-Man
Note: AU, Cross-over, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Avengers Assemble'
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Ecco un nuovissimo aggiornamento!
Questo capitolo contiene la rivisitazione dei una scena di IT : Capitolo 2 ( chi ha visto il film la riconoscerà subito ), ma non aspettatevi che le cose vadano allo stesso modo ;)
Vi auguro una buona lettura.




Send in the clowns

Carol si svegliò con un forte mal di testa, accompagnata dal ritmico battito del suo cuore.
Un raggiò di sole filtrò dalla finestra della stanza, illuminandole appena il volto.
Aveva caldo. Era sdraiata su qualcosa di morbido, sicuramente un letto. Come ci era finita?
Dell’ultima sera ricordava solo della sua conversazione con Joe Junior…e di essersi ubriacata. Dubitava fortemente che fosse riuscita ritrovare la strada di casa in quelle condizioni. Aveva mica fatto sesso con qualcuno?
Mentre era immersa in quei pensieri, il suo sguardo si posò su una figura semi nascosta nella penombra della camera. Sebbene la sua sagoma fosse distorta, Carol riconobbe all’istante le caratteristiche fisiche di Peter Parker.
<< Buon giorno, dormigliona >> disse il ragazzo con voce gentile.
La donna gemette mentalmente. Fantastico, l’aveva vista comportarsi da ubriaca. Come se la situazione tra loro non potesse diventare più imbarazzante.
<< Come sono arrivata qui? >> borbottò, stropicciandosi gli occhi per frenare la luce improvvisa.
Peter le sorrise timidamente. << Ti ho portato in braccio. >>
<< Certo che lo hai fatto >> ribattè l’altra, accasciandosi sul letto con un altro gemito.
Il vigilante ridacchiò divertito e rimase a fissarla per un qualche istante. Sembrava bellissima anche dopo una sbronza.
<< Stavo pensando di andare alla fiera >> disse all’improvviso, attirando l’attenzione della donna.
Questa inarcò un sopracciglio e lo scrutò attentamente.
<< La fiera? >>
<< Quella per la fiera del raccolto che si terrà oggi in città, tre giorni prima dell’Indipendence Day >> spiegò Peter. << Ne ho sentito parlare in giro, e tua madre mi ha detto che è una sorta di tradizione locale >>
<< Non vi partecipo da quasi trent’anni >> ammise Carol, con una scrollata di spalle. Poi, volse all’adolescente un’occhiata guardinga. << Perché vuoi andarci? >>
<< Precauzione. Se c’è davvero un superumano che sta rapendo bambini in questa città…beh, una fiera piena di persone è come un invito a nozze. Tanti bambini, genitori e passanti distratti, caos... >>
<< Pensi che chiunque stia rapendo i bambini approfitterà della fiera per colpire di nuovo >> ipotizzò la bionda, ricevendo in cambio un cenno di conferma
<< È probabile >> rispose con tono di fatto.
Carol rimase in silenzio per quasi un minuto buono. Certo, i sospetti di Peter erano fondati e valevano la pena di una ronda, ma in quel momento non aveva nemmeno la forza di alzarsi dal letto.
Dopo quello che sembrò un tempo interminabile, tuttavia, fece appello ad ogni oncia di energia che aveva in corpo e si spinse in posizione seduta.
<< D’accordo, verrò con te >> mormorò con tono distante.
Peter la fissò preoccupato. << Te la senti? >>
<< Non è la prima volta che lavoro dopo una sbronza >> disse la donna, compiendo un gesto sprezzante con la mano destra.
Si alzò dal letto…e perse l’equilibrio quasi subito. Fu solo l’intervento di Peter a impedirla una rovinosa caduta sul pavimento.
<< Sarà meglio chiedere a tuo fratello di accompagnarci >> sospirò questi, con un piccolo sorriso.
In tutta risposta, Carol si limitò ad arrossire.
 
                                                                                                                                                     * * *  

Una fiera comunitaria era sempre un’esperienza unica.
Il centro di Harspwell era stato transennato ed era pieno di camion tossicchianti e scricchiolanti, sui cui pianali di legno erano state allestite scene stravaganti.
Lungo il perimetro della piazza centrale, un gruppo di poliziotti sudati stava demolendo un grosso fallo biforcuto. Carol notò che un certo numero di uomini tra la folla distoglieva lo sguardo ogni volta che il piede di porco affondava nel lattice della scultura. Lì vicino, vide che la banda della città stava facendo le prove. Il raglio delle cornamuse risuonava nell’aria afosa e stagnante. 
<< Tenete gli occhi aperti per qualunque cosa che sembri fuori dall’ordinario >> ordinò con voce ferma, ricevendo un cenno determinato da parte di Peter e un roteare degli occhi ad opera del fratello.
<< Signorsì, capitano >> rispose questi, con un saluto militare improvvisato.
La donna si limitò a sospirare e riprese a guardarsi intorno.
I ragazzini correvano sul marciapiede dietro a un malconcio pallone da calcio, mentre in fondo all’isolato veniva improvvisata una partita di baseball.
Radioloni stereo diffondevano una cacofonia di musiche contrastanti: soul, rock, country, classica.
Alcuni bambini piangevano e le madri chiamavano, ma da tutta quella follia emanava un senso di serenità e di sicurezza, un senso di famiglia.
Quando viveva qui, a Carol era capitato poche volte di percepire un desiderio disperato e quasi ossessivo di divertirsi come quello che animava la massa di persone di fronte a lei.
Pigramente, notò che Peter stava ammirando il tutto con aria rapita.
<< Allora, che te ne pare? >> chiese con un sorriso divertito, distogliendolo dalla sua ricerca.
L’adolescente ci pensò un attimo, prima di rispondere: << È carino. Non ho mai assistito a questo tipo di eventi, prima di oggi >>
Affianco a loro, Joe Jr inarcò un sopracciglio.
<< Non ci sono fiere a New York? >> domandò incredulo.
In tutta risposta, il vigilante si limitò a scrollare le spalle.
<< A volte, ma non ho mai avuto il tempo di parteciparvi >> ammise, suscitando un sonoro sbuffo da parte dell’uomo.
<< Ragazzo, dovresti uscire più spesso >> disse questi, dandogli una rapida pacca sulla spalla.
Peter arrossì imbarazzato, facendo ridacchiare i fratelli Danvers.
Poi, lo sguardo di Joe si posò su alcune bancarelle lungo il bordo della piazza.
<< Io vado a prendere qualcosa da mangiare. Non preoccupatevi, terrò gli occhi aperti, ma chiamatemi solo se avete bisogno di qualcosa >>
<< Lo faremo >> promise Carol.
L’uomo annuì e procedette ad allontanarsi, lasciandosi dietro il duo di supereroi.
Ben presto, sia Carol che Peter si ritrovarono immersi nella folla.
Il vigilante fece una smorfia mentre la gente lo comprimeva da tutte le parti.
I marciapiedi erano gremiti di pedoni in costume, tra cui persone mascherate da Avengers.
Lui si spostò alla medesima velocità e nella medesima direzione della mandria, lasciandosi trasportare. Non c’era motivo di richiamare l’attenzione su di sé. Il loro misterioso rapitore poteva essere ovunque.
Sia lui che Carol si aprirono un varco verso l’esterno della massa di persone.
All’improvviso, un mimo vestito con una tuta bianca si parò davanti a loro, facendogli cenno di fermarsi. Peter s’irrigidì. Il mimo aggrottò la fronte in maniera esagerata, poi si fece da parte e lo lasciò passare.
L’adolescente gli lanciò un’occhiataccia, mentre questi si allontanava.
<< Ugh, odio i mimi >> borbottò stizzito. << Mi hanno sempre dato i brividi >>
<< Un’altra cosa che abbiamo in comune >> disse Carol, il volto adornato da un ghigno divertito.
Rimasero in silenzio per qualche minuti, limitandosi a scrutare l’area circostante.
<< Allora…>> iniziò Peter all’improvviso, attirando lo sguardo della bionda. << Come vanno le cose con tuo fratello? So che avete litigato >>
<< E come lo sapresti? >> domandò lei, con un’espressione custodita.
L’adolescente si grattò la testa con aria imbarazzata.
<< Io…potrei averti seguito ieri sera >> ammise con un leggero rossore.
Carol lo fissò duramente, cosa che spinse il vigilante ad alzare ambe le mani in segno di resa, nel tentativo di placarla.
<< Scusa, ero solo preoccupato >> borbottò, suscitando un sospiro ad opera della bionda.
<< Preferisco non parlarne >> disse lei, utilizzando un tono di voce che non ammetteva repliche. Peter si limitò ad annuire. L’ultima cosa che voleva era farla arrabbiare e provocare una scena in mezzo a tutte queste persone.
In quel preciso istante, la banda della città cominciò a suonare.
<< Cominciano le danze >> commentò Carol, volgendo lo sguardo in direzione della strada principale che conduceva alla piazza.
Il carro di apertura avanzò maestosamente sulla strada.
Alle sue spalle, la banda stava eseguendo una versione accattivante di Pineapple Rag. La macchina decappottabile del sindaco seguiva a breve distanza.
Il sindaco stesso, radioso, salutava la folla: un anziano statista da manuale.
Qualcuno tra gli spettatori assiepati lungo il bordo della strada gridò:<< Che ne pensa del nuovo Presidente, signor sindaco? >>
<< Suggerisci. Ti ascolto! >>
La replica dell’uomo suscitò sorrisi, risate e applausi tra il pubblico.
Altri due carri, la polizia a cavallo, dopo di che l’autista mise in marcia la grande limousine, avanzando a velocità costante di quindici chilometri l’ora.
Peter non ci badò troppo e continuò la sua ispezione dell’area circostante.
L’intera piazza era immersa nel caos più totale, sarebbe stato difficile individuare qualsiasi cosa degno di nota. C’erano troppe persone in costume, troppe urla, troppi colori. Troppi suoni e odori che potevano irretire i sensi e nascondere il loro potenziale superumano alla vista.
Peter rilasciò un sospiro sconsolato e procedette a fare un’altra panoramica della piazza. Fu proprio in quel momento che i suoi occhi si posarono su una scena che, per qualche motivo, attirò la sua più totale attenzione.
BZZZZZZZZZZZZ!
Il senso di ragno di Peter cominciò a vibrare, facendolo sussultare per la sorpresa.
Vicino alla strada c’era un pagliaccio che lanciava nell’aria enormi birilli. Intorno a lui si erano radunati  una mezza dozzina di bambini. Uno di loro portava una maschera da Capitan America ed era quello che spiccava maggiormente tra la piccola folla.
Il Clown aveva un gran sorriso sulla faccia. Era calvo, eccetto che per un paio di ciuffi di capelli rossi che gli sporgevano come corna appena sopra le orecchie.
E mentre Peter era impegnato in quell’analisi…accadde. Il Clown alzò la testa di scatto e i suoi occhi incontrarono quelli del vigilante.
Il senso di ragno di Peter cominciò a vibrare ancora più intensamente, come se impazzito.
Si portò una mano alla testa e represse un sibilo, mentre il pagliaccio sembrò scrutarlo a duecento metri di distanza. Poi, sotto lo sguardo incredulo dell’Avenger, arricciò ambe le labbra in un sorriso. Ma non un sorriso amichevole, come quello dei cartoni animati. Sembrava quasi che i bordi delle sue labbra rosso sangue stessero per toccargli le orecchie. Era oggettivamente terrificante.
<< Ma che diavolo… >> sussurrò Peter, stringendo ambe le palpebre degli occhi.
In quel momento, il clown volse la testa in una direzione ben precisa. Peter lo seguì a ruota…e il suo cuore mancò un battito.
Il bambino con la maschera da Capitan America si era allontanato dagli altri ed era sul punto di entrare in una delle attrazioni, un grosso fabbricato che aveva come entrata la bocca spalancata della perfida strega dell’ovest. Sopra di essa c’era scritto a caratteri cubitali “ CASA DEGLI SPECCHI”.
Peter si voltò di nuovo verso il clown, e questi incontrò ancora una volta i suoi occhi castani con un paio di pozzi dorati. Sembravano quasi lanterne.
Poi, il pagliaccio fece un cenno in direzione del bambino con la maschera di Capitan America…e scomparve. Letteralmente, come se non fosse mai stato lì in primo luogo.
Alcuni bambini cominciarono a battere le mani di fronte a quell’incredibile trucco magico. Ma non Peter, la cui mente era ora invasa da un terribile presentimento.
Voltandosi, vide che il bambino con la maschera era entrato nella casa degli specchi.
Senza perdere tempo, il vigilante partì all’inseguimento.
<< Peter! >> esclamò Carol, sorpresa dall’azione del compagno.
Il ragazzo la ignorò e si lanciò di corsa in mezzo alla folla, spingendo o buttando a terra quelli che incontrava.
Si fece largo, ignorando le invettive e gli insulti. Schivò i membri spaventati della banda, passò davanti a un carro allegorico che riproduceva il volto del Presidente e raggiunse la massa di persone dall’altra parte. Sperava solo che sarebbe riuscito a raggiungere in tempo la casa degli specchi.
Un poliziotto lo prese per un braccio e Peter gli diede una ginocchiata allo stomaco, continuando a correre. La gente intorno a lui urlava ma il ragazzo non vi diede alcun peso e attraversò rapidamente l’entrata dell’attrazione.
Il vigilante si ritrovò subito immerso in una cacofonia di luci e suoni.
L’ondata di sensazioni che lo investirono tutte allo stesso tempo venne amplificata dai suoi recettori più sviluppati, cosa che lo costrinse a chiudere gli occhi e tapparsi le orecchie. Dio, aveva sempre odiato questo genere di posti, specialmente le case stregate. Questa non era esattamente una casa stregata, ma ci andava molto vicino.
Facendosi strada nell’oscurità lampeggiante di bagliori al neon, iniziò a tastare ogni superficie con cui entrò in contatto, cercando di mantenere un minimo di orientamento. 
Le case degli specchi erano posti facili in cui perdersi, specialmente se i tuoi sensi erano offuscati da fattori esterni.
Dopo quasi cinque minuti buoni – sebbene a Peter sembrò un tempo molto più lungo – intravide una piccola figura zampettare tra i riflessi di un lungo e stretto corridoio.
<< Ehi! >> urlò il vigilante, nel tentativo di richiamare la sua attenzione. Ma il ragazzino non si voltò e cominciò ad agitare le mani attorno a lui, quasi come se stesse cercando di uscire da una specie di gabbia invisibile.
Peter cominciò a correre verso di lui, mentre il suo senso di ragno riprese a vibrare con grande intensità. Ma quando si trovò a soli tre passi dalla figura minuta, sbattè violentemente contro qualcosa. Si rese preso conto di aver colpito in pieno uno specchio trasparente.
Il rumore provocato dallo schianto, tuttavia, spinse il bambino a voltarsi verso di lui.
<< Chi sei? >> chiese questi, il volto ora scoperto e adornato da un’espressione visibilmente confusa, un po’ impaurita. Aveva folti capelli ricchi di color carbone e le guance coperte di lentiggini.
Peter cercò di simulare un sorriso rassicurante.
<< Sono, ehm…un amico >> offrì con tono gentile.
Di fronte a lui, il bambino inarcò un sopracciglio. << Ma io non ti conosco >>
<< Oh, lo so! Ma vedi, io…sono qui per aiutarti >> spiegò il vigilante, mentre il suo senso di ragno cominciò a vibrare con maggiore intensità. La minaccia, qualunque cosa fosse, era molto vicina.
<< Vuoi aiutarmi a uscire di qui? >> chiese il bambino, apparentemente sollevato. << Perché penso di essermi perso >>
Peter si preparò a sfruttare l’apertura. Tuttavia, prima che potesse anche solo aprire bocca, un rumore insolito attirò l’attenzione della coppia. Sembrava quasi lo strusciare di un pezzo di stoffa contro una superficie liscia.
Peter provò un brivido improvviso e inclinò la testa per vedere oltre le spalle del bambino. Questi seguì lo sguardo dell’arrampica-muri…e si bloccò.
C’era un clown oltre il vetro di quella gabbia improvvisata, inginocchiato a terra. Ma non un clown dall’aspetto buffo, come quelli che Peter ricordava di aver visto negli sketch televisivi per le confezioni di cereali, oppure al McDonald e nei cartoni animati.
Aveva una testa enorme, bianca come un osso, e grossi ciuffi arancioni che gli partivano dalla fronte. Gli occhi erano gialli come un paio di lanterne e puntavano dritti sulla figura spaventata del bambino.
E poi c’era la lingua, che fuoriusciva dalla bocca spalancata come un lungo serpente e stava strusciando lentamente contro una delle pareti di vetro.
In quelle fauci, Peter intravide zanne affilate quanto quelle di uno squalo.
Quel clown, qualunque cosa fosse…non era umano. Non completamente almeno.
Arrivato a quella realizzazione, il vigilante deglutì a fatica, mentre il pagliaccio si alzava in piedi e ritraeva la lingua come il pupazzo di una scatola a molle.
Arricciò ambe le labbra rosse in un sorriso per nulla confortante e passò brevemente lo sguardo dal bambino a Peter. Dopo aver soppesato il vigilante, tornò a fissare il piccolo e sembrò annusare l’aria circostante.
Poi, tirò una testata contro la parete di vetro, facendo sobbalzare entrambi.
Il bambino compì un passo all’indietro, proprio mentre il clown tirava un’altra capocciata allo specchio, senza mai perdere il suo inquietante sorriso. E poi ve ne diede una terza. E poi una quarta. E fu proprio quest’ultima a generare una sontuosa crepa nella superficie trasparente.
Fu allora che sia Peter che il bambino arrivarono ad un’inevitabile conclusione : quella…cosa stava cercando di rompere il vetro.
Senza perdere tempo, il vigilante tirò un pugno alla lastra che lo separava dal piccolo. Questi non sembrò accorgersene, troppo spaventato delle azioni del pagliaccio anche solo per muoversi.
Se possibile, il sorriso sul volto del clown sembrò farsi più grande, rivelando una dentatura affilata che sarebbe stata più appropriata nella bocca di una tigre.
Rilasciò una risata graffiante e tirò un’altra testata, il tutto mentre Peter continuava a colpire la propria parete. E dopo qualche secondo, anche questa cominciò a inclinarsi sotto la forza dei suoi attacchi.
Pugni e testate crebbero di intensità, accompagnati dalle urla del bambino e dalla risata del clown.
Infine, dopo quello che sembrò un tempo interminabile, entrambe le vetrate s’infransero nel medesimo istante.
Il tutto accadde in meno di un secondo. Come se stesse assistendo ad una scena a rallentatore, Peter vide il volto del clown mutare in qualcosa di animalesco.
Fino a quel momento, la struttura facciale del mostro era rimasta per lo più simile a quella di un essere umano. Ora, al posto degli occhi e del naso spiccavano un paio di fauci divaricate come quelle di un serpente, colme di lame affilate.
La bocca della creatura calò rapidamente sul corpo inerme del bambino. Peter fu più veloce.
Colpì il muso del clown con un poderoso pugno, facendolo volare all’indietro, il tutto sotto lo sguardo terrorizzato del piccolo.
Senza perdere tempo, il vigilante si voltò verso di lui.
<< Corri! >> urlò a gran voce, ricevendo un cambio un cenno terrorizzato. Utilizzando l’apertura creata da Peter, il bambino uscì dalla gabbia proprio mentre il clown cominciava a rialzarsi.
Peter strinse gli occhi e alzò i pugni in una posizione difensiva. In tutta risposta, la creatura con le sembianze di un pagliaccio si limitò a inclinare la testa, come se il colpo ricevuto appena pochi secondi prima non lo avesse nemmeno scalfito.
L’Avenger deglutì a fatica. Quel pugno sarebbe stato sufficiente per ribaltare un’auto. Qualunque cosa fosse quell’essere…era molto resistente.
<< Tua madre non ti ha mai insegnato che non si dovrebbe mai interrompere una persona mentre mangia? >> domandò l’essere, con una voce acuta e graffiante.
Il cuore di Peter mancò un battito. Aveva appena detto…mentre mangia? No, doveva aver sentito male.
Eppure…
Lentamente, girò la testa nel punto esatto da cui era scappato il bambino. E allora, una rivelazione terrificante cominciò a farsi strada nella mente dell’adolescente.
“ Non penso che troveremo gli altri bambini” pensò inorridito, mentre una sensazione di nausea lo investì con la stessa intensità di un treno in corsa.
Volse nuovamente la propria attenzione nei confronti del clown. Questi, tuttavia, non era più a un paio di metri di distanza. Al contrario, era proprio di fronte a lui.
Con un movimento fulmineo della mano destra, la creatura alzò Peter in aria e lo scaraventò contro una vetrata.
L’adolescente sbatté con forza contro la parete e ricadde sul pavimento, ansimando come un cane. Era nei guai.
Il clown incombeva su di lui, il volto contorto in un ghigno grottesco.
Peter riuscì a mettersi in ginocchio e vide il mostro dare un paio di rapide annusate.
<< Oh, questo sì che interessante >> commentò quasi a se stesso, osservando il corpo dell’adolescente con rinnovata curiosità.<< Che cosa sei, ragazzino? >>
Ma Peter non rispose, e abbassò lo sguardo, facendo pressione sui pugni per alzarsi. Purtroppo, prima che potesse farlo, qualcosa lo inchiodò a terra.
Il clown scattò una mano in avanti e gli afferrò la parte superiore del cranio.
<< Guardami quando ti parlo, ragazzo >> ringhiò attraverso i denti affilati come coltelli. E allora Peter si ritrovò costretto a scrutare in quegli occhi gialli come il sole. Occhi che non avevano nulla di umano. Gli occhi di un mostro.
Il vigilante sentì la testa girarsi di scatto. Provò un dolore terribile, uno schianto, e la sua bocca si riempì di sangue. Poi, qualcosa lo afferrò per la gola.
Il clown lo guardò con un sogghigno. Poi, alzò la mano destra….e questa cominciò a cambiare.
Le dita guantate si unirono a imitazione di una punta di freccia, mentre il tessuto che ricopriva il braccio dell’essere venne rimpiazzato da una sorta di esoscheletro, simile a quello di un granchio, o forse di un qualche tipo di insetto.
Ora, al posto di un arto umano, vi era una grossa chela dall’estremità affilata.
<< È ora di galleggiare >> disse il clown, sorridendo malignamente.
Peter strinse i denti, preparandosi al colpo imminente.
Un forte rumore risuonò loro spalle.
Il clown si voltò, distratto da qualcosa, e lasciò andare Peter come un sacco di spazzatura.
L’adolescente atterrò di faccia sul pavimento, picchiando la bocca e il naso, e osservò una pozza di sangue allargarsi intorno alla bocca aperta.
Si sentiva la testa leggera e il cuore che batteva all’impazzata. Si rese conto di avere paura, era realmente, sinceramente terrorizzato come non lo era mai stato negli ultimi due anni.
Poi, una figura dorata attraversò gli ultimi specchi rimasti attorno alla coppia, spingendo il Clown contro la parete opposta della stanza e riversando cocci di vetro su tutto il pavimento.
Carol si fermò di fronte a Peter, assumendo all’istante una posizione difensiva, mentre l’adolescente si rialzava e le porgeva un sorriso di gratitudine.
La donna non distolse lo sguardo dal pagliaccio, la cui testa aveva ora assunto un angolo strano. Evidentemente, il colpo appena subito sarebbe stato più che sufficiente per uccidere un normale essere umano. La creatura, tuttavia, si limitò a scrocchiare il colo e le ossa sembrarono tornare nella giusta posizione.
<< Non avresti dovuto farlo >> ringhiò attraverso i denti, volgendo alla nuova arrivato uno sguardo omicida.
Carol strinse gli occhi, dando una rapida occhiata alle sembianze del clown. Non vi era alcun dubbio : era lo stesso individuo che aveva visto la sera prima al cimitero, di fronte alla tomba di suo padre. Non era stata un’allucinazione.
Si lanciò in avanti, il corpo illuminato dall’inconfondibile bagliore di energia cosmica.
Raggiunse il clown con facilità, ma l’avversario era sorprendentemente più forte del previsto.
L’uomo si dimenò e si liberò dalla sua presa in una strana maniera fluida, come se le sue ossa fossero flessibili.
Si strattonarono per un momento e poi Carol si trovò la faccia della creatura a pochi centimetri dalla sua.
Una lunga lingua grottesca guizzò, sfiorando il viso della bionda, la quale ritrasse istintivamente la testa, esponendo il collo e la gola all’avversario che ora la teneva inchiodata ad un muro.
Il clown si chinò in avanti e diede una rapida annusata alla supereroina. 
<< Gustosa, deliziosa…bellissima paura >> sibilò con macabro piacere.
Carol tentò di liberarsi e sparò un proiettile di energia cosmica dritto sulla faccia del mostro. Il volto del clown, tuttavia, si spaccò in due con un sonoro crack!, lasciando che il colpo lo superasse innocuo, per poi riunirsi appena un secondo dopo. Il tutto sotto lo sguardo attonito dell’Avenger.
L’essere sogghignò, la saliva che grondava dai lunghi denti che spuntavano dall’arco mascellare.
Si protese in avanti e la sua lingua accarezzò il viso della donna, che trasalì a quel contatto caldo e umido.
Poi, le fauci del mostro si aprirono ancora una volta come quelle di un serpente, pronte ad addentrarla.
Prima che potesse farlo, tuttavia, una sostanza bianca e appiccicosa si chiuse attorno alla bocca del clown.
Carol girò appena la testa, notando Peter con il braccio destro proteso in avanti e un lancia-ragnatele ben visibile sul polso.
Approfittando della situazione, Carol piegò le mani all’indietro e vi condensò una copiosa quantità di energia cosmica.
La parete dietro di lei esplose letteralmente in aria, inondando la stanza di cocci. L’onda d’urto scaraventò a terra sia lei che il clown.
Senza perdere tempo, la donna lo colpì al centro del torace, facendolo sprofondare nel pavimento.
La zampa insettoide del pagliaccio scattò in avanti, ma Carol rotolò via, evitando il colpo e fermandosi accanto a Peter.
Lentamente, con movimenti meccanici, il clown cominciò a rialzarsi da terra, facendo scrocchiare le articolazioni.
“ Forse ha capacità rigenerative” ipotizzò Carol, notando che l’essere era tornato come nuovo nella frazione di pochi secondi.
Fissò intensamente la donna, il volto ora adornato da un cipiglio. Sembrava decisamente arrabbiato.
Le mani di Carol si illuminarono all’istante di un intenso bagliore dorato, in preparazione di un imminente attacco. Il clown, tuttavia, rimase fermo e immobile, limitandosi a soppesarla con uno sguardo furente.
<< Ci rivedremo presto >> sibilò attraverso le zanne esposte, per poi compiere un paio di passi all’indietro. La sua figura pallida scomparve nell’oscurità, come se non fosse mai stata lì in primo luogo.
“ Ovviamente ha anche il teletrasporto” pensò la donna con aria stizzita. Questa missione si era appena rivelata molto più difficile del previsto.
Volse la propria attenzione nei confronti di Peter.
<< Stai bene? >> chiese con preoccupazione, notando il sangue che gli gocciolava dalla mascella.
L’adolescente si alzò da terra e cominciò a esaminarsi.
<< Penso di sì >> borbottò stancamente, notando che non aveva niente di rotto.
Non convinta, Carol gli afferrò il volto e lo portò vicino al suo, facendolo arrossire.
<< Stai sanguinando >> osservò duramente.
Peter le offrì un piccolo sorriso.
<< È solo un graffio >> disse con tono rassicurante. << Davvero…starò bene >>
La donna lo fissò per qualche altro secondo. Poi, rilasciò un sospiro e diede una rapida occhiata ai suoi dintorni, un accozzaglia di pareti distrutte e vetri sparsi sul pavimento.
<< Andiamocene di qui >> disse stancamente.
Peter fu più che felice di seguire quell’ordine.
 
                                                                                                                                                     * * * 
 
<< Che diavolo era quella cosa?! >> esclamò Carol, mentre il furgone procedeva a passo spedito lungo il promontorio della cittadina.
A causa delle strade chiuse in centro, erano stati costretti a prendere la panoramica che si ergeva sopra uno strapiombo di 10 metri al di sopra del mare, l’unica via accessibile alla periferia della cittadina.
Joe Junior scrutò la sorella con aria visibilmente preoccupata, non avendola mai vista in un simile stato. Sembrava quasi spaventata. E a giudicare dalla storia che la coppia aveva appena finito di raccontargli…beh, aveva una buona ragione per esserlo.
Nel sedile posteriore, Peter deglutì a fatica.
<< Io…non lo so. Ma non sembrava umana >> borbottò, ripensando al modo disinvolto con cui il pagliaccio si era riferito ad una pratica tanto abominevole come quella di mangiare i bambini. << Potrebbe essere una sorta di esperimento illegale. O forse un alieno? >>
Carol contemplò quella domanda in silenzio.
<< È possibile >> rispose dopo quasi un minuto. <<  Ma non penso di aver mai visto niente di simile in tutti i miei viaggi nello spazio >>
<< Mi state seriamente dicendo… che Harspwell, la cittadina più dimenticabile di tutto il Maine… è infestata da un clown mangia bambini? >> disse Joe con un pizzico d’incredulità, girandosi verso sorella. Non lo avesse mai fatto.
La donna fece per rispondergli. Ma prima che potesse farlo, i suoi occhi sfrecciarono brevemente sulla carreggiata…e lì vi rimasero bloccati.
<< Attento! >> urlò con una punta di panico, spingendo Joe a riportare lo sguardo sulla strada.
Lo aveva distolto per un secondo, solo per un secondo. E ora, al centro del lungomare, spiccava la figura di un pagliaccio vestito con sontuosi abiti argentati, nella cui mano destra reggeva un grappolo di palloncini variopinti.
Fosse stata un’altra situazione, probabilmente l’uomo non si sarebbe fatto remore ad investire quel mostro seduta stante. Ma Joe, troppo sorpreso per reagire in modo logico, reagì in modo naturale.
Il suo istinto, influenzato da una reazione quasi automatica per qualunque guidatore, lo spinse a sterzare verso sinistra, proprio contro il lato della carreggiata.
Peter e Carol ebbero appena il tempo di urlare. Pochi secondi dopo, la macchina uscì dalla corsia e precipitò nello strapiombo.



Adoro lasciare i lettori con un bel cliffhanger.
Come avete visto, questo IT è molto più forte di quello dei film, poichè prende ispirazione soprattutto dalla versione del romanzo ( molto difficile da rendere su schermo a pieno potere, quindi hanno dovuto depotenziarla un po' ). 
Nel prossimo capitolo, oltre alle conseguenze di questa caduta, vedremo come se la stanno cavando il resto dei cattivi di questa storia.

 
  
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