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Autore: Koa__    22/02/2020    3 recensioni
Questa sarà una raccolta di lettere, scritti, pagine di diario e messaggi, scritti dai personaggi che gravitano attorno a la Norbury e a capitan Sherlock Holmes, il ben noto Pirata Bianco. Il contesto è strettamente legato alla serie Let's Pirate! E a ogni storia da Sherlock Holmes e l'isola del tesoro, in avanti.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altro personaggio, John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes, Victor Trevor
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Let's Pirate!'
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Ambientazione: Dopo “La leggenda del pirata Barbagialla” e prima di “Il cuore di un corsaro”.
Note: Due parole sulle date, la lettera in cui Mycroft parla dell’assassinio di Ronald Adair viene scritta in giugno del 1657 (a febbraio del 1658 si raccontano i fatti narrati in “Il cuore di un corsaro”), Victor riceve questa lettera quando il gruppo torna a Barbados per ricevere l'investitura di corsaro ovvero a marzo del ’57, il che significa che questa lettera viene scritta nel 1656. Le tempistiche lunghe tra una lettera e l’altra sono per forza di cose dettate dai tempi di attraversamento dell’oceano Atlantico, che non poteva avvenire in breve tempo.
 
NB: Per questa lettera, molto più che per le altre, occorre essere al passo con i miei aggiornamenti. In particolare aver letto il quarto capitolo de: “Il cuore di un corsaro”.
 
 
 
 
 
6. Madame Trevor
 
 
 
 

 
Parigi,
10 novembre 1656
 
 
 
 
 
          Mio amato figlio, è con il cuore colmo di tristezza che mi accingo a scriverti queste poche quanto doverose parole. Mio malgrado mi vedo costretta a comunicarti una notizia oltremodo spiacevole. Non utilizzerò troppi giri di parole così da non indorarti quella che al contrario è un’amara verità dato che so bene, da quel poco che conosco di te, che hai modi piuttosto spicci quando si tratta d’affrontare la realtà. Una qualità del tuo modo di essere, mio amato figlio, che ho sempre apprezzato finanche quando eri bambino. Ricordo ancora con quanto pragmatismo affrontasti la clausura nonostante desiderassi tutt’altro per il tuo futuro, così come so, credimi lo so molto bene, con quanta determinazione ti sei preso ciò che hai voluto ovvero una vita da uomo libero. Sebbene mi sia ritrovata a vivere un’esistenza lontana da te, mio amato figlio, ritengo di conoscere piuttosto bene la tua indole. Sei un uomo che ama la schiettezza e con te dunque userò questa stessa brutale maniera d’esprimermi che ti ha reso celebre sino qui in Francia. Ho fatto questa premessa nella speranza che potrai un giorno perdonare la mia brutalità così come quanto, ahimè, sto per dirti. Tuo padre è morto, mio amato figlio. È accaduto per naturale dipartita, se così non fosse stato, tuo cugino Mycroft si sarebbe prodigato per informarti della cosa personalmente ovviamente tramite i suoi misteriosi canali. La salute di tuo padre era fiaccata da tempo, l’avanzare dell’età non ha avuto pietà di lui. Si è spento la scorsa notte, io e i tuoi fratelli gli siamo rimasti accanto sino all’ultimo. Oh, quanto avrei voluto che ci fossi anche tu qui a Parigi, mio amato figlio! Avresti detto addio al tuo caro genitore e gli avresti generosamente offerto la possibilità di perdonarti per la tua fuga sconsiderata, per l’abbandono di una vita che era invece destinata al potere. E invece tu non sei più tornato e tuo padre non ti ha mai perdonato, mio amato figlio, questo mi vedo costretta a dirtelo. Al contrario le notizie che giungevano da occidente, ognuna ben più preoccupante della precedente, gravava sulla sua salute al punto da spingerlo alla morte. Questa non è un’accusa, mio amato figlio. Non mi verrebbe mai in mente di condannarti per la morte del tuo stesso padre, ma che tu l’abbia fatto soffrire ritengo vada al di là di ogni ragionevole dubbio. Così è, che ti pare o meno.
 
 
          Mio amato figlio, tuo padre ti ha sempre voluto bene ed è un pensiero che mi sento d’esprimere in queste accorate quanto dolorose righe che sto scrivendo. Aveva una maniera discutibile di dimostrartelo, io questo l’ho sempre sostenuto. Fin da quando eri un bambino si diceva orgoglioso della tua intelligenza e del tuo esserti appassionato al greco e al latino, così come alle sacre scritture. Nutriva in te grandi speranze, riteneva che saresti potuto diventare addirittura abate, un uomo di grande potere le cui fila si sarebbero espanse in tutta Europa, finanche a Roma. Non è questo, d’altronde, ciò che sogna ciascun genitore quando invia il proprio figlio in un convento? Non auspicava il tuo caro padre che tu acquistassi potere il più in fretta possibile? Tuo padre se l’è sempre augurato e, ahimè, è passato sopra a quelli che erano i tuoi desideri. Sapevo che non sentivi alcuna vocazione, lo vidi nel tuo sguardo il giorno in cui partisti. Lo vidi nel dolore che riversasti su Sherlock in quelle settimane che precedettero la tua partenza, e lo vidi anche nel suo dopo che la tua carrozza se ne fu andata. Il vostro era un legame che scindeva il tempo così come l’impossibile. Un’unione destinata a perdurare e a mai spegnersi. Era questione di giri d'orologio, mio amato figlio e ti saresti preso ciò che ritenevi esser tuo di diritto: la libertà! Una libertà che hai guadagnato non soltanto grazie alla sconsideratezza di tuo cugino Sherlock o alla vostra indissolubile amicizia, questo devi ricordartelo bene. *

 
          Mio amato figlio, il senso di colpa mi divora dal giorno in cui tu venisti spedito in convento. Non feci nulla per convincere mio marito a modificare i suoi piani per te e non feci nulla per impedirti di scappare. Io ho fatto ciò che conviene a una donna del mio rango: ho obbedito al volere di mio marito, come ogni moglie che si rispetti dovrebbe fare. E quando sei fuggito, per quanto io avessi segretamente esultato per il tuo coraggio, ho sostenuto tuo padre. Lui aveva il cuore spezzato, era arrabbiato e sconvolto e non ho creduto fosse saggio dirgli quanto in realtà tu potessi essere molto più felice fuggendo con tuo cugino Sherlock.
 
 
          Mio amato figlio, quanto sto per dirti probabilmente sconvolgerà la tua serenità, ma devo perché non posso portare dentro di me un peso di questa portata. Il tuo caro padre ti ha ripudiato, ha rifiutato la tua nascita e ti ha diseredato facendo in modo che, agli occhi della legge, tu non possa chiamarti più Victor Trevor. Dai tuoi fratelli non otterrai nulla in quanto sia possedimenti che gli averi sono andati sotto la loro tutela e mai, parlando per lor bocca, concederebbero un soldo a un pirata del tuo calibro. La tua sorte da oggi in avanti è legata al tuo presente e a questa vita che ti sei scelto accanto al Pirata Bianco.
 
 
          Mio amato figlio, sappi che tale resterai finché avrò vita. Anche se non avrai più il nome dei Trevor a benedirti e la mano di tuo padre a proteggerti. Tieniti stretti gli amici, amato figlio.
 
 
 
 
 
 
 
Ti amerò per sempre,
Tua Madre
 
 
 
 
 
 
 
 



*Tenete presente questa frase è un importantissimo input narrativo di cui già ho fatto menzione in passato e che verrà affrontato nel prossimo capitolo.
 
Note: Credo che tarderò un pochino nell’aggiornare “Il cuore di un corsaro” ma dovevo prima scrivere questa lettera e di conseguenza non ho ancora iniziato a scrivere. Intanto grazie a tutti coloro che sono giunti sin qui e che hanno lasciato anche una recensione.
Koa
   
 
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