Anime & Manga > Tokyo Mew Mew
Segui la storia  |       
Autore: Artemide12    23/02/2020    2 recensioni
Le resta solo l’ultimo atto. Deve solo morire.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Mint Aizawa/Mina
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'After and Before'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 

IL CIGNO BLU capitolo 2

Si getta in mezzo alla strada pur di fermare il taxi. Ignora i clacson di protesta mentre sale a bordo del veicolo. Si lascia cadere sul sedile posteriore e le sue ali fantasma si schiacciano contro lo schienale.

Forse non troverà mai più una posizione comoda. Forse non avrà mai più riposo. Il suo intero corpo si sta caricando di energia repressa e ogni minuto che passava è più vicino a esplodere.

«Dove vi porto?» domanda il tassista mentre si mette in fila ad un semaforo.

Mina lo sente a mala pena. Il suo autista privato non le ha mai chiesto nulla del genere. Non le ha mai davvero rivolto la parola, ora che ci pensa.

Quale posto è abbastanza lontano da tutto?

Oltre il finestrino scuro, il cielo è scuro e carico di pioggia. È pericoloso volare con questo tempo.

«Devo volare» sussurra Mina.

«Capisco.» L’affermazione del tassista è così genuina che Mina sobbalza, stupita, e per la prima volta incontra il suo sguardo nello specchietto retrovisore. «Conosco un paio di scorciatoie, arriveremo in un attimo.»

Arrivare dove? Quest’uomo sa dove andare? Come fa a…

Non lo sa. Quest’uomo non sa nulla. Sta solo facendo delle supposizioni. Nessuno sa nulla. Milioni di umani su questo pianeta non sanno di essere vivi solo grazie a cinque adolescenti, che alieni venuti da un altro pianeta erano pronti a sterminarli.

Quest’uomo non sa nulla di lei se non quello che vede.

Mina ritrova il proprio contegno. Si raddrizza, si allaccia la cintura e accavalla le gambe – il piede automaticamente tenuto a punta. Si limita a guardar fuori dal finestrino e a farsi trasportare.

Ha con sé solo una piccola borsa che si può indossare come uno zaino. Ne passa mentalmente in rassegna il contenuto: il suo telefono, il portafogli, un pacchetto di fazzoletti.

Forse è impazzita definitivamente. Forse dovrebbe fermarsi ora e tornare indietro.

Indietro. Indietro dove? Al teatro? Al camerino e alle lame rotte? Ai fili di bon-ton che la facevano muovere come una marionetta?

Il tassista la lascia all’aeroporto e Mina gli consegna quasi tutti i contanti che ha con sé. Pagare di tasca propria non è una novità per lei, ma guardar passare i soldi di mano in mano è una strana sensazione. Sono solo carta stampata. Sono tutti uguali.

Fuori fa freddo. Sotto la gonna corta indossa ancora le calze del costume da cigno. Dentro le scarpe i piedi le fanno ancora male. È stanca di camminare. È stanca di sentirsi tirare a terra con tutta la forza del proprio peso.

Si aggira per i terminal finché non trova uno sportello prenotazioni. Si mette in fila, ma poi si rende conto di non voler parlare con l’operatore e va in cerca di qualche macchinetta automatica. Ha una delle carte di credito cointestata con i suoi genitori – il che significa più soldi di quanto una persona comune potrebbe spendere in dieci anni di vita.

Guarda solo gli orari, non le destinazioni. Prenota un posto su un aereo che decollerà in meno di un’ora, poi si va a chiudere in un bagno per disabili.

Si sfila la giacca, il vestito e infine il reggiseno. Il sollievo è immediato, ma non completo. Vorrebbe slacciarsi anche la pelle, anche le ossa, liberare le articolazioni immaginarie.

Le ferite hanno smesso di sanguinare, ma la schiena le prude, le pizzica e le pulsa. Non c’è movimento, pressione o posizione che allevi il fastidio.

Il vestito si è macchiato dall’interno, ma con la giacca sopra nessuno noterà nulla. Infila il reggiseno nello zaino e si riveste.

L’apertura del gate del suo volo viene annunciata proprio mentre esce dal bagno. Segue le indicazioni come un automa fino al punto d’imbarco. Quando arriva il momento di mostrare un documento tira fuori dallo zaino il cellulare insieme al portafogli.

Non ci sono chiamate perse.

Nessuno l’ha cercata – ancora.

Nessuno l’ha cercata mai. Non per sapere che fine abbia fatto. O come sta.

Sale sull’aereo senza degnare le hostess di un saluto. Si siede dalla parte del finestrino anche se non è il suo posto e all’uomo che cerca di farla spostare rivolge uno sguardo gelido.

Torna a fissare il proprio telefono. L’ultima chiamata nel registro risale a quasi una settima fa ed è della segreteria dell’accademia.

Digita il numero di suo fratello a memoria. Quante volte lo ha composto ma poi non ha chiamato?

Blocca il telefono. Studia i passeggeri che si stanno ancora sistemando, chiassosi e impacciati come non mai. Sblocca il telefono.

Cos’ha effettivamente da dire? Sergio sapeva del suo lavoro da MewMew, della minaccia aliena. Sergio l’aveva dimenticato prima ancora che la guerra si fosse conclusa.

Mentre una voce registrata comincia a dire di spegnere tutti i dispositivi elettronici, Mina si porta il telefono all’orecchio.

Dopo una decina di squilli parte la segreteria. Attacca e richiama. Attacca e richiama.

Al terzo o quarto tentativo finalmente suo fratello risponde.

«Mina?»

Il suo nome suona sempre estremamente insignificante sulla bocca degli altri. Breve, noioso, infantile.

«Come va? Immagino sarai molto impegnata. Scusa, ho un appuntamento tra venti minuti con il mi--»

«Non sei venuto.»

Un momento di silenzio.

«Io… sono a Mosca. C’era uno spettacolo?»

«Un balletto. C’era un balletto.» Credeva di suonare arrabbiata, invece sente solo stanchezza nella propria voce. La mano libera è abbandonata in grembo.

«Mi spiace, non lo sapevo.» Sempre così accondiscendente. «Sicuramente sarà stato spettacolare comunque.»

«Non lo sapevi» ripete Mina. «Non lo sai mai. Ormai mi dimentico di avere un fratello da invitare.»

«Lo so, è il brutto di essere cresciuti. Quando abbiamo smesso di invitarci agli eventi importanti?»

«Mi sono stancata.»

«Di ballare?»

«Di volerti bene.» Mina reclina la testa all’indietro e strofina le spalle contro lo schienale perché le ferite le prudono. «È estenuante, Sergio.»

«Mina… Non avevo idea che stessi passando un brutto periodo. Mi dispiace.»

Una hostess passa per il corridoio e la fa segno spegnere il cellulare. Mina annuisce e poi la ignora. «Devo lasciarti ora.» Fa una pausa, sperando che Sergio colga un significato più profondo. «Sono invidiosa.»

«Invidiosa?»

«Ti ammiro perché riesci a cavartela da solo.» L’aereo comincia a muoversi. «Invidio tutte le persone che hanno un fratello. Ho desiderato che tu fossi morto» la sua voce è così bassa che non è sicura che Sergio riesca a sentirla «così avrei avuto un vero motivo per sentire la tua mancanza.» Tutti avrebbero sentito la sua mancanza. Tutti avrebbero avuto un aneddoto profondo da raccontare ogni volta che Sergio fosse spuntato nella conversazione. Chi avrebbe sentito la mancanza di Mina?

«Mina, se non stai bene non esitare a chiedere aiuto. La tua tutrice è lì con te?»

Mina non aveva una tutrice da cinque anni.

«Sei sola?»

L’aereo sta prendendo velocità rapidamente. Il rombo dei motori è sempre più intenso. La pressione sulle sue spalle sta vagamente diminuendo.

«Sempre» abbozza, prima di chiudere la telefonata con un gesto frustrato. Se si era illusa di poter trovare soddisfazione in uno sfogo, ora si sente più vuota e più dolente di prima. Questo è un dolore sordo però, che si appiattisce sullo sfondo.

Spegne il cellulare prima che Sergio possa richiamarla – nel remoto caso in cui ci provi davvero. E in quell'attimo di distrazione, l’aereo si solleva da terra. Il suo stomaco fa una capriola, i suoi polmoni perdono il ritmo per un momento.

Mina alza lo sguardo di scatto, il fiato sospeso. Per qualche secondo le ali si dispiegano in tutta la loro apertura e smettono di farle male.

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Tokyo Mew Mew / Vai alla pagina dell'autore: Artemide12