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Autore: paige95    23/02/2020    3 recensioni
Un amore travagliato quello tra Rose Weasley e Scorpius Malfoy. Le loro due famiglie, come i Capuleti e i Montecchi (per citare una famosa opera di Shakespeare), non accetteranno il repentino avvicinamento tra i due giovani.
Ma chissà se qualcosa prima o poi possa far cambiare loro idea ... senza arrivare al famoso tragico epilogo.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ron Weasley, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Draco/Astoria, Harry/Ginny, Ron/Hermione, Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Lontano dagli occhi, ma non dal cuore

 

 
Essere accanto a Scorpius nel lungo tragitto che li avrebbe condotti nuovamente tra le alte montagne della Scozia fu per Rose una sensazione piacevole. Come da tradizione, gli studenti del sesto anno vennero scortati oltre i cancelli del Castello con carrozze trainate da Thetral, vestiti già di tutto punto con le loro divise; ecco cosa separava i due giovani sposi, lo stemma appuntato sul petto era diverso, la Casa che per lunghi mesi avrebbe ricoperto il ruolo di famiglia era differente. Provava un senso di malinconia, non poteva non sentire nell’anima la mancanza dei suoi bambini; per quanto l’indole tipicamente adolescenziale le infondesse tanta intraprendenza nell’affrontare quel lungo percorso formativo, restava dell’idea che la più grande avventura sua e di Scorpius fosse la genitorialità. Il giovane consorte le allungò una mano, non gli era affatto sfuggito l'umore della ragazza; catturò dolcemente e discretamente le dita tra le sue, accarezzandole il dorso con il pollice. Impiegò qualche istante prima di voltarsi verso di lei, ma quando lo fece gli occhi di Rose erano già puntati nei suoi.
«Mancano anche a me. Mi consola però sapere che siano in buone mani, i miei suoceri non faranno mancare loro nulla»
Rose gli accennò un sorriso ricco di gratitudine e posò, abbassando lo sguardo, l’altra mano su quella del marito, racchiudendola in una dolce e amorevole morsa. Quando tornò ad alzare lo sguardo su di lui, scoprì che anche Scorpius aveva attentamente seguito i suoi gesti.
«Grazie per essere qui con me, per aver scelto di intraprendere questo viaggio insieme»
«Ricordo male o quando ci siamo sposati abbiamo promesso di esserci sempre?»
Glielo disse con una tale naturalezza e un tale amore da farle sorgere solo il grande desiderio di baciarlo. Erano infondo soli su quella carrozza, era l’ultima della fila, i posti accanto a loro erano liberi per mancanza di studenti, così sciolse le loro mani e lo attirò a sé afferrandolo per il bavero della camicia; Scorpius non oppose alcuna resistenza, anzi le sfiorò il viso premendo le labbra sulle sue con tutta la tenerezza che gli era possibile manifestare. Quel semplice e casto contatto fu sufficiente ad entrambi, ma anche se si allontanarono quanto bastò per cercarsi con gli occhi, non smisero di sfiorarsi; a quella distanza a Rose venne spontaneo sussurrare.
«Promettimi che i Grifondoro e i Serperverde non ci allontaneranno»
«Non lo hanno mai fatto, amore»
Rose gli regalò un grande sorriso e gli afferrò la mano allontanandola dal suo viso; gli sfiorò l’anulare, compreso quell’anello che lei stessa aveva infilato e che non ricordava Scorpius si fosse mai tolto da quel giorno, a differenza di lei.
«Dovresti riporlo in un luogo sicuro durante la nostra permanenza ad Hogwarts»
«Per quale ragione? Non credo di dovermi vergognare di essere sposato. Non me ne voglio separare, voglio che tu sia con me anche quando non potrai essermi accanto»
 
∞∞∞
 
Quel primo giorno di settembre sancì un anno particolare non solo per Scorpius e Rose, il nuovo professore di Difesa Contro le Arti Oscure aveva raggiunto l’aula qualche minuto prima dell’inizio della lezione ed ora seduto sulla cattedra muoveva nervosamente le gambe avanti e indietro, in attesa degli studenti del sesto anno. Teddy aveva lasciato la cattedra di Erbologia da quando la cattedra di Difesa era rimasta vacante; la preside non aveva indugiato a scegliere lui, confidava nelle sue capacità e credeva fermamente che quel ragazzo nel cuore serbasse l’eredità dei suoi genitori, in particolare di suo padre, Remus Lupin. La McGranitt non aveva riscontrato alcuna difficoltà a trovare un insegnante di Erbologia, non c’era nessuno che avrebbe potuto ricoprire quella cattedra meglio di Neville Paciock; il docente titolare di quella cattedra aveva rinunciato per un breve periodo al suo ruolo di insegnante per aiutare sua moglie Hannah ad occuparsi del Paiolo Magico, ma era ora che tornasse al lavoro che più di tutti lo gratificava.
Così, tra mille cambiamenti, l’anno appena iniziato aveva conquistato un nuovo insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure, il quale era considerato dall’opinione comune tra i migliori per ricoprire quel ruolo. Nonostante la fiducia data, dai più che la Seconda Guerra Magica avevano vissuto e combattuto, Teddy non riusciva a non essere agitato; quella mattina al pensiero di dover accogliere nel giro di poche ore i suoi vecchi studenti, ma in un’altra aula, aveva sorseggiato una leggera tisana a base di infuso di valeriana per distendere i nervi. Aveva davvero anticipato troppo la lezione, dopo pranzo i ragazzi avevano sicuramente preferito disfare i bagagli e salutare vecchie amicizie, i libri erano tra gli ultimi pensieri, Teddy non li avrebbe mai biasimati per questo. Si stava ormai rassegnando all’idea di trascorrere ancora qualche lungo minuto da solo, prima che l’orologio della scuola scoccasse l’inizio della lezione, quando un po’ timidamente una giovane, dai capelli rosso-fuoco raccolti da una morbida treccia e un viso familiare, si affacciò dalla porta.
«Disturbo, professore?»
Il tono dolce di Rose ebbe maggiore effetto rispetto alle parole che la ragazza pronunciò effettivamente. Riuscì ad attirare l’attenzione di Teddy con un sorriso.
«Signorina Weas … no, scusa, la forza dell’abitudine, avrei dovuto signora Malfoy»
«Resto pur sempre una Weasley, altrimenti chi lo sente poi mio padre»
Si avvicinò alla cattedra dove Teddy continuava a restare seduto con una certa informalità, senza perdere un pizzico di ironia nella voce.
«Ho per caso sbagliato orario?»
«No, Rose, sei puntuale, gli altri si stanno ancora godendo la festa di inizio anno. Scorpius? Credevo arrivaste insieme»
«Non so dove sia, in Sala Grande ognuno è dovuto rimanere con la propria Casa e all’uscita non ci siamo incrociati prima di raggiungere i nostri dormitori»
I dubbi del suo professore la incupirono, era esattamente quello il timore che custodiva nel cuore la ragazza, temeva che quello fosse solo il principio di una separazione forzata, pur vivendo sotto lo stesso tetto.
«Teddy, dici che dovrei preoccuparmi?»
Dimenticò anch’ella ogni sorta di formalità, nonostante la sua apprensione si ricordò che il giovane a cui si stava rivolgendo era un amico che da poco era diventato un cugino acquisito.
«Ma certo che no, perché dovresti? Rose, siamo ad Hogwarts, non può capitargli nulla. Stai tranquilla, il Ministro e gli Auror sono nella massima allerta, dovresti saperlo meglio di me»
Lei non si riferiva affatto alle minacce esterne, credeva che i pericoli fossero interni e potessero minacciare in qualche modo il loro rapporto, allontanarli e minare un legame indissolubile come il loro. Insomma, da quando due giovani sposi frequentavano la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts? Rose era quasi convinta che le circostanze avrebbero potuto mettere a dura prova persino una relazione solida come quella dei suoi nonni paterni, loro non erano sposati ai tempi della scuola e questo, purché fedeli al loro amore, aveva consentito loro di vivere a pieno la loro adolescenza; come sempre le responsabilità caricate troppo presto su spalle troppo giovani e le tappe improvvisamente bruciate avevano avuto forti ripercussioni sulle vite di Rose e Scorpius.
«Vado a cercarlo»
Si lanciò verso la porta prima ancora che il professore potesse convincerla ad attenderlo prendendo posto con serenità, infondo fino a quel momento era l’unica studentessa ad essere entrata in aula, non aveva alcun senso preoccuparsi; a Rose poco importava delle attività in cui fossero impegnati gli altri studenti, tranne di uno. Uscì dalla porta con slanciò e non appena voltò l’angolo, si scontrò con una certa violenza contro qualcuno, la cui identità non fu per lei subito comprensibile.
«Ehi, attenta, rischi di farti male così»
Riuscì istintivamente ad attutire l’impatto, anche grazie a Scorpius, i cui giovani riflessi furono in grado di anticipare all’ultimo lo scontro, consentendogli di afferrarla prontamente per le spalle. A Rose bastarono pochi secondi per mettere a fuoco la figura del marito e non fece passare altrettanto tempo per fargli il terzo grado.
«Dove sei stato?»
«Ero in dormitorio come tutti. Tu invece sei in anticipo, come sempre»
Le sorrise credendo che non ci fosse diffidenza nello sguardo della ragazza, invece l’atmosfera che aleggiava intorno a loro era tutto tranne che leggera. Alle spalle di Rose un flusso di studenti entrava in aula per prendere posto, mentre lei continuava a fissarlo confusa, uno stato che finì per insospettire anche lui.
«Amore, tutto bene? Cosa dici se andiamo a lezione?»
Le afferrò una mano, iniziava ad essere convinto che nello scontro si fosse fatta male, non riusciva a dare altre spiegazioni al malumore di Rose. La trascinò verso un banco a caso, poco importava la posizione o la distanza dalla cattedra; continuava a fissarla preoccupato, era stranamente pensierosa, visto che in quello specifico momento non ne avrebbe avuto alcun motivo. La giovane, dal canto suo, non sembrava intenzionata a condividere i suoi pensieri, si limitò a sedersi composta al banco, come solo lei e pochi altri si premuravano di fare, e a puntare gli occhi sulla cattedra, in attesa che il docente iniziasse a parlare.
«Buongiorno ragazzi»
Non appena Scorpius vide il giovane professore sbarrò gli occhi, era talmente concentrato sulla consorte da non essersi nemmeno accorto della sua presenza.
«Teddy??»
«Non sapevi che sarebbe stato il nuovo professore di Difesa Contro le Arti Oscure?»
«Se non me lo dite, come posso immaginarlo?»
Rose lo fissò scettica, quasi infastidita e il motivo continuava ad essere il suo ritardo, a suo parere ingiustificato. Si rivolse perciò a lui con un pizzico di rabbia.
«Ma dove vivi? Se ne ero a conoscenza io, avresti dovuto saperlo anche tu, apparteniamo alla stessa famiglia, ricordi?»
La voce di Teddy interruppe il battibecco tra i due coniugi, impedendo a Scorpius di ribattere.
«Bene ... alcuni di voi mi conoscono già e sanno che dovrei essere in viaggio di nozze a quest'ora, ma la vostra preside mi ha caldamente pregato di iniziare insieme a voi le lezioni, quindi non ho avuto molta scelta. Non fraintendetemi però, non dico certo che mi dispiaccia rivedervi dopo queste lunghe vacanze»
Benché non fosse il suo primo giorno da docente, fece una pausa emozionato, giocherellando con gli oggetti posati sulla cattedra, e un po' impacciato per il nuovo ruolo, infondo quella materia era complessa più di Erbologia e lo coinvolgeva emotivamente. Non era facile provare ad essere all'altezza del professore che era stato Remus Lupin, sia a livello professionale che umano, o almeno così sosteneva la maggior parte delle persone che lo aveva conosciuto e lui doveva attenersi a quelle fonti per poter avere qualche informazione su suo padre. Avrebbe in fondo solo dovuto insegnare a difendersi da quella stessa magia che lo aveva strappato dalla sua famiglia, era un compito estremamente arduo da affrontare, ma che lui aveva accettato con determinazione. A volte nelle notti insonni - particolarmente frequenti prima che convolasse a nozze - si chiedeva quanto i suoi genitori fossero pratici di quegli incantesimi di difesa, ma dopo poco i dubbi sparivano: un abile Auror e un competente professore possedevano tutte le conoscenze, ciò che mancò loro fu il margine per agire e un pizzico di fortuna.
«Molto bene, oggi inizierei con qualcosa di attuale, se per voi va bene, per capire quanto siete informati sugli avvenimenti più recenti»
Impugnò la bacchetta e scrisse, lettera per lettera, sulla lavagna un nome. I tratti formarono HARRY POTTER. Poi tornò a rivolgersi alla classe, iniziando a muoversi lentamente e con pacatezza tra i banchi.
«Ora voglio che ciascuno di voi, nessuno escluso, mi dica una parola che questo nome gli faccia evocare»
Quando arrivò al banco di Rose provò ad incentivarla con uno sguardo rassicurante.
«Coraggio, non abbiate paura, la prima parola che vi viene in mente, non ce n'è una giusta o una sbagliata»
Un ragazzo alzò titubante la voce per farsi sentire dal docente attraverso l'aula.
«Voldemort»
Rose posò immediatamente gli occhi su Teddy per captare la sua reazione e il contraccolpo. Lui si sentì osservato e lanciò di rimando un'occhiata a lei, ma non poté non fargli intendere quanto se la fosse cercata. Da buon professionista, levò la bacchetta e scrisse sulla lavagna accanto al nome del suo padrino quello del mago oscuro.
«Qualcun altro?»
La sua voce era leggermente rotta. Stavolta fu Rose a parlare rivolgendogli un sorriso.
«Auror»
«Bene, pare che lo conosciate»
Non fu come previsto molto facile per lui affrontare quel passato come se non lo riguardasse direttamente e mantenendo un certo distacco emotivo. Quando udì attraverso l’aula due leggeri colpi contro la porta, tirò un sospiro di sollievo; forse non avrebbe dovuto gioire per quell’interruzione, avrebbe dovuto superare il prima possibile il disagio che provava, altrimenti sarebbe stato quasi impossibile sopravvivere ad un intero anno accademico. L’ospite si affacciò nell’attesa di essere ricevuto e curioso della lezione che si stava svolgendo lesse al primo impatto il suo nome sulla lavagna arrossendo d’istinto, per poi posare gli occhi sul figlioccio.
«Professore, posso rubarti due minuti?»
Teddy raggiunse poco dopo la soglia della porta, accettando ben volentieri l’invito ad interrompere la lezione e a riprendere fiato. Quando gli fu abbastanza vicino e si posizionò all’altezza dello stipite, tra la porta semiaperta per rendere privata quella conversazione, Harry lo accolse con un sorriso orgoglioso.
«Stai facendo una lezione su di me?»
«È una lezione di attualità per accogliere gli studenti e non rendere noiose queste prime ore dell’anno»
L’Auror era tutto tranne che offeso, quindi il fatto che il tono del ragazzo fosse mortificato e cercasse di giustificare la sua scelta era del tutto inutile.
«Come te la stai cavando? In aula non vola una mosca, ciò significa che sai catturare l’attenzione degli studenti anche in questa disciplina»
«Ci provo, ma, l’ho detto anche alla McGranitt, non garantisco il successo, è bene che voi siate preparati ad un mio fallimento. Tu come mai sei da queste parti?»
«Tranquillo, non sono qui per controllarti, da quando c'è stato l'incendio nella Torre di Astronomia Hermione non si dà pace, vuole controlli serrati ogni giorno, almeno finché non arrestiamo i responsabili. Ah, Victoire ti manda un bacio»
Dopo un primo imbarazzo iniziale, il tono comprensivo e accogliente di Harry lo rasserenò e la mente si spostò sulla sua giovane consorte, che pativa a distanza di pochi giorni dal matrimonio l’assenza di suo marito.
«Grazie, zio. Come sta?»
«Le manchi, non te lo posso nascondere, vi siete appena sposati»
«Manca tanto anche a me. Stasera con un po’ più di tranquillità le scrivo»
Un velo di malinconia si dipinse sul volto di Teddy, Harry lo comprese e gli sfiorò affettuosamente un braccio; il giovane colse quell’occasione per fermarlo.
«Ti lascio alla tua lezione»
«In realtà, intanto che sei qui, potresti aiutarmi, visto che stavo parlando di te?»
«Non sono molto bravo a parlare di me»
Si avvicinò per poter sussurrare al padrino.
«Per favore. Si vede che mi tremano le gambe?»
«Ma certo che no! Vai alla grande, ragazzo mio»
Harry soffocò un sorriso, convinto di riuscire a fargli cambiare idea e ad aiutarlo a prendere un po’ di coraggio per rientrare da solo in classe.
«Dai, non negarmi il tuo aiuto. Vorrei tanto che questa lezione facesse lo stesso effetto dei fuochi d'artificio dello zio George e senza te non potrà essere così»
 
∞∞∞
 
Che Ron fosse stanco al rientro dal lavoro dopo un lungo turno notturno era più che normale, che Ron dovesse sopportare il pianto di due neonati senza riuscire a chiudere occhio decisamente no. Era riuscito per pura fortuna a togliersi le scarpe e a slacciarsi la divisa prima di collassare sul cuscino e abbassare finalmente le palpebre stanche, visto che non vi era più la necessità di rimanere vigili. I suoi nipoti però non erano dello stesso avviso, dalla stanza accanto proveniva una rumorosa e insopportabile nenia, specie per qualcuno che tentava disperatamente di riposare; affondò il volto tra le pieghe del cuscino per illudersi di percepire attutiti gli strilli dei bambini.
«Hermione, ti prego, falli smettere»
Le suppliche soffocate del marito la lasciarono impassibile. La donna stava immergendo i suoi pensieri in un libro, visto che nemmeno lei, tra l'assenza del marito e l'insonnia dei piccoli, era ancora riuscita a conciliare il sonno, benché fosse notte fonda e l’alba fosse ormai prossima. Non distolse lo sguardo dalla pagina illuminata dalla luce della abat-jour e non si disturbò neppure a scostare gli occhiali dal naso, i quali fungevano da supporto per la sua lettura.
«Suvvia, Ron, lo hai proposto tu ai ragazzi. In teoria sarebbe il tuo turno, mi occupo da sola di loro dall’ora di cena»
«D'accordo, ti ho promesso che ci saremmo occupati insieme di Severus e Jean, ma non sono indistruttibile, ho un bisogno fisiologico di qualche ora di riposo. Tu no, visto che passi tutta notte a leggere?»
Alla provocazione del marito tolse con una certa solennità le lenti, ma il suo orgoglio le impedì di dichiarare apertamente la preoccupazione per lui che fino a pochi minuti prima l'aveva tenuta sveglia, come d’altronde faceva da anni ormai. Non mantenne a lungo quell'aria autorevole, anzi alla battuta di Ron si sciolse in un sorriso.
«Ma davvero? Io invece pensavo che mio marito fosse immortale, infondo sei sempre sopravvissuto al tuo lavoro»
«Non ho nemmeno la forza di rispondere a simili assurdità»
Richiuse gli occhi esausto e accomodò la guancia sul cuscino, sperando di potersi abbandonare serenamente alle braccia di Morfeo, confidava davvero nella comprensione di sua moglie. La sentì ridere di gusto e percepì chiaramente il momento in cui gli schioccò un grande bacio sulla tempia; non poté certo dire di essere infastidito, da quando era tornato a casa non lo aveva ancora accolto con un gesto affettuoso e gli sembrava il momento che lei rimediasse a quella mancanza. Ovviamente però Ron non ammise tutto ciò, in primis perché gli si sarebbe presto ritorto contro, così decise di adottare una linea più neutra evitando di cadere nel suo giogo.
«Non mi conquisti così»
«Credevo di averti già conquistato»
«Basta, Hermione, non ho voglia di scherzare, vai tu dai bambini se vuoi sapere cos'hanno»
Stavolta non fu affatto indulgente, per quanto fosse stanco, quell'atteggiamento indifferente non era giustificabile; impiegò una voce grave e delusa, sperando che lui comprendesse il suo fastidio e non ignorasse tra le altre cose anche lo stato emotivo della moglie.
«Sei sempre il solito troglodita, stupida io ad illudermi che tu abbia un animo sensibile»
Fece per alzarsi, spostando il libro sul comodino, ma Ron riuscì con tempismo ad afferrarle il polso, prima che lei potesse togliersi le lenzuola dalle gambe.
«Sono scorretti il vittimismo e i sensi di colpa, lo sai, vero? »
Hermione cambiò davvero idea, ma non perché Ron le avesse impedito di andarsene, infondo aveva mollato la presa subito dopo, ciò che realmente disattese le sue intenzioni fu un clima stranamente silenzioso.
«Sbaglio o sento il loro respiro più tranquillo?»
«Perfetto, buonanotte»
Stavolta la signora Weasley non si limitò alle parole per sottolineare il suo disappunto, gli arrivò direttamente una manata sulla schiena e Ron non poté sperare nemmeno nelle coperte per attutire il colpo, era troppo stanco per pensare di indossare il suo pigiama e mettersi sotto le lenzuola.
«Ahia! Ma che ti dice il cervello?!»
«Ti ricordo che Jean e Severus sono anche tuoi nipoti e, no, non mi importa che hai lavorato, anche io sono stata tutto il giorno in ufficio, eppure sono sveglia come te»
«Hermione, ho finito di lavorare mezz'ora fa! Possibile che tu non riesca ad avere pietà di me?»
«Lamentarti del tuo lavoro con me non funziona, Ronald, lo sappiamo entrambi, o vogliamo riaprire il discorso?»
Con il massimo della trasgressione nei confronti della consorte, chiuse senza troppe esitazioni gli occhi per lasciare intendere che non era il momento per una discussione; non poté negare a se stesso di essere stato piuttosto coraggioso, il rischio che gli arrivasse un altro schiaffo e stavolta sulla faccia era alto; a differenza però delle sue sensazioni, avvertì il materasso abbassarsi e intuì che lei si stava alzando, accompagnando il gesto da uno sbuffo alquanto rumoroso, ma Ron preferì non stuzzicare la rabbia di Hermione fermandola. Rimase in ascolto nel suo dormiveglia e captò i passi felpati della moglie, i quali vennero dopo pochi minuti accompagnati dal respiro leggero e vellutato di un bambino; la curiosità lo spinse ad alzare le palpebre pesanti e tra gli inganni percettivi della stanchezza gli parve di intravedere il piccolo Severus accoccolato al petto di Hermione; la donna stringeva il nipotino delicatamente e piano si riaccomodò sul materasso. Ron, nonostante fosse esausto, rimase incantato dal profilo di sua moglie illuminato dalla luce tenue della lampada, non si era mai accorto da quando la conosceva che i suoi capelli abbagliati assumessero sfumature così belle. Hermione aveva occhi e attenzioni solo per quel bambino, aveva un istinto protettivo che da tempo non riconosceva nello sguardo di sua moglie nei confronti di una creatura tanto indifesa. Solo la voce malinconica di Hermione distrasse Ron da quella scena così dolce.
«Era da tanto che non mi occupavo di un neonato. Mi ero quasi dimenticata della sensazione di pace che riesce a infondere»
Lo strinse più forte contro il petto con tutto l'amore che solo chi aveva vissuto la maternità sulla propria pelle avrebbe potuto donare.
«Ed io era tanto che non ti vedevo così bella»
La prese alla sprovvista il fatto che avesse prestato attenzione alle sue parole, infondo le aveva dette fra sé, e si sorprese particolarmente per la considerazione di suo marito. Gli sorrise voltandosi verso di lui.
«È un modo per dirmi che ...»
«... che essere madre ti ha donato una luce speciale ed ora la rivedo quando ti occupi dei nostri nipotini. Non voglio certo dire che in altre occasioni tu non sia bella, prima che ti offendi e visto che siamo solo noi qui, non mi resta che ammettere quanto tu sia sempre bellissima»
La fece inevitabilmente sorridere e, per quanto non fossero presenti testimoni come lui aveva giustamente sottolineato, un velo di imbarazzo le imporporò le guance; non fu affatto una reazione inappropriata, lei non era abituata ai complimenti di suo marito, non erano nel suo stile, ma erano rari quanto preziosi.
«Sai che è tra le cose più dolci che tu mi abbia detto negli ultimi trent'anni? È per caso il sonno?»
«Il sonno sta facendo la sua parte, quello sicuramente»
Divertito, assunse una posizione supina e rivolse pensieroso lo sguardo al soffitto.  
«Tu che mi accusi sempre di essere insensibile, voglio dirti una cosa: nessuno penserebbe mai che Severus sia tuo nipote, potrebbe benissimo essere tuo figlio»
«Quindi mi stai dicendo che, a differenza di quello che hai sostenuto quando si è sposata nostra figlia, non sono vecchia?»
«Non la sei, ma è un principio, capisci? È normale che io sostenga che mia moglie sia vecchia, brutta e grassa, ciò non significa però che io lo pensi davvero»
«Ah certo, è normale»
Una delle qualità migliori di Hermione doveva essere senza alcun dubbio la pazienza, la quale l’aveva guidata sull’altare e non lontana chilometri da lui. Il tono sarcastico della moglie lo spinse a sedersi, nonostante la stanchezza, e ad allungarsi per sfiorare con le labbra il suo chiaro collo e da lì non si allontanò, anzi si appoggiò alla spalla della consorte per poter osservare più da vicino il bimbo.
«E chi l'avrebbe mai detto, un Severus rosso. Credo che il professor Piton si stia rivoltando nella tomba»
«Sì, beh, se è per questo non credo nemmeno avrebbe gradito molto il suo nome accostato al cognome di James Potter … lo pensi anche tu?»
Hermione aveva gettato lo sguardo oltre la sua spalla in cerca di complicità non ricevendo alcuna risposta, ma dovette tristemente constatare che suo marito stava lentamente scivolando nel mondo dei sogni ed era un vero peccato, non trovavano mai l’occasione per poter parlare.
«Eri stanco davvero, amore, eh?»
«Molto»
Le rispose nel sonno in cerca della pozione migliore, fungendo Hermione da cuscino; non aveva previsto però che in quella pozione le sue orecchie fossero pericolosamente a pochi centimetri dal piccolo Weasley-Malfoy, infatti quando gettò all’improvviso un grido disperato, Ron si riscosse di soprassalto. Gli venne spontaneo affondare infastidito il viso nell'incavo del collo della moglie con la speranza che ciò potesse offrirgli un po' di silenzio, ma era solo un’ennesima illusione di pace, l’unico dettaglio piacevole risultava essere la voce pacata di Hermione che cercava di tranquillizzare l’agitazione del bambino.
«Piccolo mio, non piangere, i nonni sono qui con te ... più la nonna, in effetti»
Lanciò un’occhiata divertita in direzione di Ron, ma ricevette solo in cambio la sensazione di calore sulla pelle che emanava il respiro di suo marito. Cercò di richiamare la sua attenzione, porgendogli una carezza tra la folta chioma, stando ben attenta a reggere il nipotino con un unico avambraccio, ma non vi era alcun pericolo, Hermione in quelle operazioni era ormai piuttosto esperta.
«Ron, guarda, i capelli di Severus!»
Urlò di proposito per attirare con un sorriso la curiosità del marito, lui però non si scompose più del dovuto, non era fisicamente pronto ad ascoltarla, erano le quattro del mattino e usciva stravolto da diverse ore di lavoro, come sempre per la maggior parte straordinarie.
«Hermione, lo so già»
«Anch'io, ma guarda quanto è tenero. È felice di essere qui con noi»
Lo sentì sospirare rumorosamente, quella fu la sua unica risposta.
«Ron? Anche io sono felice. Anche se abbiamo attraversato tante difficoltà, non potrei desiderare altro che non sia la nostra famiglia»
Il silenzio fece da padrone in quella stanza, prima che la voce soffocata del marito pronunciasse faticosamente poche parole con un pizzico di fastidio, davanti a cui Hermione rimase male, ma decise comunque di non palesare il suo malumore.
«Io sì, Hermione, dormire, Godric solo sa quanto desidero riposare. Tesoro, ti prego, parliamo più tardi»
Si sollevò senza riuscire nemmeno ad alzare le palpebre e schioccò, andando a colpo sicuro, un grande bacio sulle labbra di Hermione, lasciandola confusa a guardarlo mentre si coricava con le spalle rivolte a lei. Lasciò sua moglie talmente interdetta che impiegò qualche istante prima di reagire allo squillo del telefono sul comodino accanto al letto; Ron non aveva fatto nemmeno in tempo ad accomodarsi del tutto sul cuscino e ciò lo rese ancora più nervoso.
«Ma non è possibile! Per favore, non rispondere, è sicuramente Harry che alla più piccola emergenza pensa bene di affidarsi a me»
«Emergenza?? Se dovesse riguardare i mangiamorte?! Certo che devo rispondere. Pronto … Arthur»
Al nome sussurrato del padre, Ron intuì che sua moglie non gli aveva dato retta e si voltò preoccupato verso di lei, puntandole gli occhi addosso in attesa di novità. Hermione ricambiò lo sguardo del marito seria, ma cercò di deviarlo ogni tanto su altri punti della stanza; stava chiaramente prestando la massima attenzione a ciò che il suocero le stava raccontando e ad ogni parola si incupiva.
«È qui con me, è tornato poco fa dal Ministero. Lo avviso io, non si preoccupi. Stia tranquillo, ci vediamo più tardi»
Mise giù la cornetta con una certa lentezza, non aveva alcuna voglia di incontrare lo sguardo impaziente del marito, lei per prima necessitava di qualche secondo per realizzare la notizia. Senza che se ne accorgesse, Ron le si era avvicinato e stavolta incombeva all’altezza del bambino stretto al petto di Hermione per riuscire, essendo il più vicino possibile a lei, ad attirare meglio la sua attenzione. Fu costretta persino a ricordargli la presenza del nipotino porgendogli una mano sul petto, prima che l’ansia lo portasse inavvertitamente a fargli male, magari urtandolo.
«Allora? Cosa voleva mio padre alle quattro del mattino?»
«Ron, devi promettermi che starai calmo, ho in braccio Severus, quindi cerca di limitare i movimenti»
Non le rispose, restò solo in attesa che lei lo aggiornasse e dal suo respiro pesante poté anche intuire il suo stato d’animo; Hermione non ebbe altra scelta che essere sincera.
«Tuo padre ha accompagnato tua madre al San Mungo poco fa, non si è sentita bene. Ron, sono solo accertamenti, l'ha accompagnata per precauzione, non iniziare a pensare al peggio»
Reduce dalle ultime esperienze con la consuocera, si alzò di scatto e a nulla valsero i tentativi di Hermione di anticipare la reazione del marito per tranquillizzarlo e salvaguardare l’incolumità di Severus. Non sentì nemmeno più la stanchezza accumulata dopo le numerose ore di lavoro, il suo unico desiderio era quello di vedere con i propri occhi le condizioni della madre.
«Ronald, dove vai?»
«Al San Mungo»
«Mi hai promesso di stare calmo, persino tuo padre non ha messo alcuna fretta, voleva solo avvertirci»
«Non ti ho promesso nulla e non mi importa se mio padre abbia tentato di tranquillizzarci, il mio posto è là, accanto a lei»
Non riusciva a fermarlo con la forza, Severus riposava tra le sue braccia, perciò le sue mani erano occupate e lei non poteva muoversi troppo. Ron si stava riallacciando la divisa con un leggero tremore alle dita, l’agitazione e lo sconforto lo stavano prepotentemente vincendo; ad Hermione non sfuggì la sofferenza del marito, non avrebbe potuto non comprenderlo, ma non sapeva come aiutarlo. Quando lo vide risedersi accanto a lei, sperò che avesse cambiato idea, se non fosse per le lacrime che poco dopo iniziarono a scorrere sulle sue guance; Ron si premurò di soffocare quel pianto e la disperazione nei palmi delle mani, sua moglie riuscì a fatica a udire le sue parole.
«Hermione, non voglio perderla»
Si avvicinò a lui cercando di non svegliare il bambino, ignaro dell’atmosfera pesante che all’improvviso aveva intriso la camera dei suoi nonni. Gli posò una mano sulla spalla per fargli percepire il calore del suo affetto e gli lasciò un bacio nello stesso punto.
«Starà meglio. Tuo padre ha voluto avvisarci, ma ciò non significa che sia qualcosa di grave»
Si voltò verso di lei con gli occhi umidi e velati da una implicita supplica, desiderava tanta che Hermione potesse avere la facoltà di comunicargli una lieta notizia.
«Lo credi davvero? O lo dici solo per non farmi preoccupare?»
Gli sorrise, cercando di mostrare il suo sorriso più sereno e gli schioccò un bacio sulle labbra, asciugandogli con il dorso della mano il sale che era rimasto sul suo viso.
«Lo credo davvero. Accompagno Severus nella culla, prima che si svegli di nuovo. Torno subito e prima di raggiungere tua madre al San Mungo dormiamo qualche ora, altrimenti crolliamo»
Non gli diede nemmeno il tempo di ribattere, si alzò con determinazione, Ron però catturò dolcemente le dita della moglie, invitandola a non fare un altro passo lontano da lui.
«Amore, tu resta qui con i bambini. Non riuscirei a dormire senza vederla. Grazie per la tua vicinanza, sarei perso senza di te»
Non le diede modo di ribellarsi, aveva già deciso ed Hermione non poteva fare altro che rispettare il volere di suo marito, benché ciò non giovasse alla sua salute. Le porse un bacio tra i capelli e si avviò serio verso la porta della camera.
 
∞∞∞
 
Quella mattina aveva un’atmosfera tutt’altro che pesante, la signora Malfoy si stava impegnando a preparare un’abbondante colazione per sé e suo marito, rigorosamente di nascosto da lui, altrimenti avrebbe senza ombra di dubbio iniziato a polemizzare sul fatto che lei fosse in piedi e stesse facendo chissà quali sforzi poi. Astoria aveva colto l’occasione sul fatto che suo marito fosse un dormiglione e a metà mattina non si fosse ancora svegliato.
Stava molto meglio da quando era stata dimessa dal San Mungo e ciò le aveva donato una nuova speranza, insieme – ed era inutile negarlo, glielo si poteva leggere sul viso – alla notizia che aveva appena ricevuto, talmente fresca che poteva ancora sentire il battito delle ali del gufo che aveva consegnato la missiva. Quando lo vide scendere ancora assonnato per raggiungerla, non poté fare a meno di sorridergli, ignorando i quasi certi rimproveri che sarebbero arrivati vedendo la tavola così imbandita. La cosa migliore che poté fare per sedare sul nascere qualsiasi polemica fu prenderlo per la gola, così afferrò una fetta di torta al cioccolato, di cui sapeva essere ghiotto suo marito, e non appena fu a pochi centimetri da lei, la avvicinò alla sua bocca.
«Astoria, cosa …»
«Assaggia, su, coraggio»
Draco aveva appena finito di stropicciarsi gli occhi, ma guidato fisicamente da lei non ebbe altra possibilità che afferrare quella fetta e mangiarla; sua moglie attese che le desse un suo parere a riguardo.
«Allora? È buona?»
«Sì, ma non capisco, cosa stiamo festeggiando?»
Era lieta che glielo avesse chiesto, si pulì le mani su un tovagliolo e afferrò un foglio posato lì accanto, pronto per essere consegnato a suo marito; glielo dispiegò e lo mise davanti ai suoi occhi. Draco lo lesse attentamente dalle mani di sua moglie, non osò toccarlo per paura di macchiarlo con il cioccolato rimasto sulle sue dita; quando finalmente arrivò alla firma finale del medimago che aveva stilato quel bollettino medico, alzò lo sguardo apatico e incredulo su Astoria, ma ciò non spense il sorriso di lei.
«Cosa c’è, tesoro? Non mi dici niente?»
«Astoria, qui dice che tu sei …»
«… guarita»
Draco non riusciva nemmeno a dirlo, era una notizia troppo bella, era più simile ad un sogno che si realizzava e nella sua vita pochi desideri erano diventati realtà.
«Amore, respira, non sembra tu sia felice»
Lo punzecchiò, sicura che quella fosse una reazione normale davanti ad una guarigione del tutto inaspettata. Draco non le sorrise e nemmeno pianse di gioia, ciò che invece gli venne spontaneo fu attirarla a sé per poterla stringere tra le sue braccia, incurante che stesse stropicciando quel foglio, ancora rimasto tra loro, visto che aveva preso alla sprovvista sua moglie con quello slancio di affetto; Astoria ricambiò l’abbraccio, anzi non vedeva l’ora che lui si svegliasse per poter condividere quella meravigliosa notizia. Non le rivolse alcuna parola, si limitò a stringerla, almeno fino a che il campanello della Villa rintoccò; Draco con entusiasmo sciolse l’abbraccio con la moglie e rivolgendole un sorriso spensierato si avviò verso la porta, senza domandarsi se stessero aspettando qualcuno, in quel momento poco importava. Colei che lo attendeva sulla soglia era una presenza del tutto inaspettata e alquanto sgradita, ma lui non riusciva ad immaginare quanto fossero buone le sue intenzioni, infatti non provò nemmeno a comprenderle o lasciare che lei le esplicitasse, preferì richiudere la porta prima che lei potesse parlare. Astoria vide in pochi minuti la gioia del marito spegnersi e seguì con attenzione i suoi movimenti, mentre si sedeva sulla sua poltrona e si accedeva con nervosismo una sigaretta; la padrona di casa, benché fosse concentrata su di lui, non riuscì a cogliere il motivo di tanto improvviso turbamento.
«Draco, chi era?»
«Nessuno»
«Draco, sai che non voglio che fumi in casa, tuo figlio sta riposando di sopra»
La ignorò, nel giro di poco aveva ricominciato a mostrare la sua aria burbera e non si degnava nemmeno di incrociare lo sguardo di sua moglie, convinto che lo avrebbe solo rimproverato e lui necessitava solo di sfogare la sua frustrazione. Per Astoria quella reazione era un chiaro segnale di guai, che però l’uomo non sembrava aver voglia di condividere.
«Draco …»
«Mia madre!»
Il tono del marito rimbombò per il soggiorno della Villa e stavolta Astoria, stufa del suo atteggiamento aggressivo, gli stava rispondendo mettendo in secondo piano ciò che gli aveva appena riferito. Il campanello però la bloccò, prima che facesse scoppiare la lite, avrebbe dovuto ringraziare sua madre in quel caso per averla scampata, non disprezzarla.
«Signora Malfoy»
Astoria notò l’aria stanca della suocera e le lacrime prossime a scorrere. Narcissa riconobbe la nuora, benché fossero passati molti anni dall’ultima volta in cui l’aveva vista, era sempre stata graziosa, non le fu difficile credere che Draco l’avesse scelta come compagna di vita.
«Astoria … ho bisogno di parlare con mio figlio»
Spinta dalle suppliche di Narcissa, si voltò verso il marito, il quale teneva lo sguardo fisso sul pavimento e l’unico oggetto di interesse era la sigaretta accesa; Astoria era convinta che non sarebbe mai riuscita a convincerlo ad un colloquio con sua madre, lei però non riusciva a rimanere indifferente davanti allo stato della suocera, così le spalancò la porta invitandola ad entrare, era infreddolita, non sembrava più la ricca padrona di quella villa.
«Venga, le offro qualcosa di caldo»
Narcissa però non riuscì a seguirla verso quella tavola imbandita ignorando la presenza del figlio.
«Non c’entro nulla con l’evasione di tuo padre»
«Dovresti marcire insieme a lui in quella prigione»
«Hai ragione. Infondo ho promesso nella buona e nella cattiva sorte, nel bene e nel male, quindi non capisco neppure io per quale ragione mi sia stato risparmiato Azkaban, dovrei essere al suo fianco»
Fu in quel momento che Draco alzò lo sguardo su di lei e Narcissa poté finalmente incontrare i suoi occhi chiari, non seppe spiegarsi il motivo, ma in quegli anni sembravano aver acquisito una nuova luce.
«Mi sei mancato, figliolo»
«Tu a me per niente. Tu e quell’uomo mi avete rovinato la vita, per colpa vostra ho la costante paura di essere un pessimo marito e un padre incapace. Ma come hai potuto consentire che mi trasformasse in un Mangiamorte?! Tu hai potuto scegliere, vero? Perché io no?»
Si aspettava ogni singola accusa, era preparata, ma sentir pronunciare quelle parole la colpiva direttamente al cuore; dimenticò l’invito della nuora e si inginocchiò con aria remissiva ai suoi piedi, posandogli affettuosamente una mano sul ginocchio.
«Draco, non appena mi è stato consentito agire, l’ho fatto. Desideravo solo che mio figlio ne uscisse sano e salvo. Non mi importava di nessun altro, solo di te»
«Sei sparita per ventiquattro anni, perché sei tornata proprio ora, di cosa hai bisogno? Non dirmi che ti inventerai la squallida scusa che stai per morire»
«Niente di tutto questo, mi dispiace dirti che sono in ottima salute. Non è stato facile nemmeno per me, dopo la fine della guerra avevo perso un marito e un figlio, non c’era alcuna ragione per la quale io tornassi qui alla Villa, c’erano troppi ricordi orribili tra queste mura»
«Già, ricordi con cui io ho dovuto convivere e con cui convivo ogni giorno. Non sai di cosa stai parlando, solo io ho la disgrazia di riviverli, tu sei scappata, fregandotene di avere un figlio rimasto provato dalla guerra. Salazar solo sa che fine avrei fatto senza Astoria! Ringrazia lei se sono ancora vivo»
Gettò una fugace occhiata alla moglie, rivolgendole forse una delle più belle dichiarazioni d’amore che le avesse mai dedicato senza nemmeno rendersene conto. Narcissa proseguì il suo racconto ignorando l’insofferenza di Draco nei suoi confronti.
«Per un breve periodo mi ha ospitato Andromeda, lei aveva perso una figlia e suo marito, le restava solo suo nipote, ed io avevo perso tutto»
Narcissa prese un respiro profondo nell’alzarsi da quella posizione accovacciata.
«Sarei voluta tornare prima, ma ho lasciato Londra molti anni fa. Ho vissuto da fuggiasca, anche se non ero stata dichiarata tale. Sono più di vent’anni che non vedo tuo padre, ma quando ho letto della sua evasione sulla Gazzetta del Profeta, ho temuto potesse farti del male e non potevo più permetterlo, soprattutto quando ho scoperto che avevi creato una famiglia»
«Dovrei ringraziarti per l’interessamento? Grazie, ma io e Astoria siamo usciti da un periodo orribile senza bisogno del tuo aiuto, anzi Potter, Weasley e Granger mi sono stati molto più accanto di te»
«Draco, io …»
L’uomo si alzò risoluto, non aveva intenzione di sentire altro, era convinto che sarebbero state solo magre giustificazioni per rientrare nella sua vita, quasi sicuramente in un momento di bisogno.
«Basta … mamma. Ho passato troppi anni a spremermi le meningi su ciò che avrei potuto fare o che avresti potuto fare tu per risparmiarci tutta quella sofferenza. Astoria è stata il mio nuovo inizio e non consentirò a nessuno, tanto meno a te, di rovinare i giorni che mi rimangono accanto a lei e ai nostri figli»
Spense con rabbia la sigaretta in un bicchiere, in cui Astoria aveva versato dell'acqua, visto che in quella villa i posacenere sembravano essere vietati dalla signora di casa e si diresse fuori verso il giardino. Dopo che Draco fu uscito, le due donne passarono qualche istante in totale silenzio, entrambe erano consapevoli del carattere di Draco e che solo un limitato repertorio di parole avrebbe potuto tranquillizzarlo, in quel momento però Astoria trovò opportuno offrire alla suocera la giusta accoglienza, accantonando per un momento anni di mancanze.
«Non ha ancora avuto la possibilità di conoscere i suoi nipoti, vero?»
Astoria desiderava davvero stemperare la tensione che si poteva facilmente leggere sul volto della matrona. Nessuno avrebbe potuto cancellare il passato, neppure la magia era abbastanza potente per riuscirci, ma avevano però il potere di rendere migliore il loro futuro.
«Non si deve preoccupare, Draco ha solo bisogno di tempo, metterò una buona parola per lei. Dunque, il nostro primogenito, Scorpius, attualmente è ad Hogwarts. Forse lei non sa che si è sposato con una Weasley e ha due bellissimi gemelli, Severus e Jean. Garret è nato da poco e sta riposando al piano superiore, vuole salutarlo?»
Tutte quelle notizie sui suoi nipoti e pronipoti la stordirono, non vedeva come quelle informazioni potessero essere rilevanti prima di ricevere il perdono di suo figlio, che, per quanto la nuora si stesse sforzando di mostrare ottimismo, non era affatto scontato.
«No, grazie, sarà per la prossima volta, preferisco prima dare tempo a Draco di accettare il mio ritorno. Non ho mai veramente ascoltato i sentimenti di mio figlio, non voglio più forzarlo»
«Mi raccomando non sparisca di nuovo, altrimenti gli sforzi di mio marito saranno inutili»
«Tornerò presto»
Narcissa si congedò con un grato sorriso e uscì dalla porta seguita da Astoria, che, mentre la suocera si avviava verso il cancello, cercò con lo sguardo il marito: lo vide accomodato sotto l'unico salice piangente presente nei territori della Villa.
«Hai scelto a caso questo angolo di giardino o rispecchia il tuo umore?»
Avvicinandosi Astoria notò che aveva appena acceso un’altra sigaretta, ma stavolta gliela strappò dalle dita e gliela spense lasciandolo contrariato.
«Basta con questo veleno, Draco. Parliamo se hai bisogno di sfogarti, ma non fumare»
Nell’esatto istante in cui lei si sedette sull’erba accanto a lui, Draco immerse il viso nell’incavo della spalla della moglie e pianse silenziosamente soffocando i singhiozzi. Gli accarezzò il viso con dolcezza, conscia di cosa avesse scatenato quella reazione.
«M-mi dispiace reagire così, dovrei solo essere felice per la tua guarigione, invece mi ritrovo a soffrire per una madre snaturata»
«Draco, a modo suo lei ti ha protetto»
«La difendi?? Astoria, tu non faresti mai nulla di simile a Scorpius o a Garret»
«Io non mi sono mai trovata in una situazione simile, non so con esattezza come potrei reagire e nemmeno tu puoi saperlo. Tesoro, bisogna vivere le situazioni per poter giudicare»
La fissò negli occhi per infiniti istanti, per poi imprimerle un dolcissimo bacio sulle labbra, ma prima che lui potesse approfondirlo, lei lo allontanò.
«Draco, per Salazar, con tutta questa nicotina non riesco a baciarti»
«È per caso una minaccia? Se fumo, non mi baci più?»
«No, tesoro, ti sto dando solo un buon motivo per smettere di farti del male e tra i buoni motivi ci siamo io, i tuoi figli e i tuoi nipoti»
Aveva appena finito di elencare quei validi motivi, quando uno di essi iniziò a far sentire la sua presenza, fino a quel momento silenziosa, dal piano superiore, udibile anche attraverso le finestre chiuse.
«Vado da Garret e tu lavati i denti»
Lo lasciò solo in quel punto, porgendogli un bacio sulla fronte.
«Sì, amore, sarà fatto»
Draco afferrò la sua personale scatola di sigarette dalla tasca, si alzò e le buttò in un cestino poco distante da lui. Stava diventando esattamente come il suo consuocero, piuttosto remissivo al gentil sesso.
 
∞∞∞
 
Non era affatto semplice per Scorpius concentrarsi sui libri avendo accanto la sua bellissima e intelligente moglie. Restava in ascolto con la testa appoggiata ad un pugno e la fissava mentre teneva quella piccola lezione personale su uno degli immensi tavoli della Sala Grande. Persino Erbologia sembrava essere astrusa con la giusta distrazione, benché Rose stesse svolgendo professionalmente il compito che le era stato affidato dalla preside. A Scorpius era stato concesso di accedere al sesto anno, purché avesse recuperato nei primi mesi i G.U.F.O e per la McGranitt non vi era davvero allieva migliore che potesse in breve tempo aiutarlo a rimettersi in pari, al di là del coinvolgimento emotivo. La deconcentrazione di Scorpius però era dovuta proprio all'attrazione che provava per lei e la fatica che la ragazza avrebbe dovuto fare non era stata messa in conto dalla professoressa.
«Scorpius, mi stai ascoltando?»
«Certo»
A quel rimprovero si disincantò da lei e si sedette più composto sulla sedia, posizionando persino meglio il libro davanti a sé, ma non l’avrebbe imbrogliata tanto facilmente, era fin troppo attenta.
«Non hai ascoltato una singola parola»
«Ovvio che sì»
«Ne dubito»
Rose riposò diffidente lo sguardo sul proprio libro, invitandolo a fare lo stesso e a seguirla. Non riuscì a terminare la prima frase della pagina, si bloccò quando avvertì sul collo il respiro caldo del ragazzo con l’unico intento di sussurrarle accanto all’orecchio.
«E se andassimo in camera mia a ripassare? Cosa ne dici?»
Rose alzò lentamente lo sguardo su di lui fulminandolo, aveva compreso le sue intenzioni e a lui non servirono molte parole per capire quanto fosse in disaccordo con quell’idea.
«Vuoi passare i G.U.F.O, sì o no? La McGranitt ti sbatte fuori, se non li superi»
Scorpius sbuffò allentando svogliatamente la cravatta, stanco e accaldato, benché indossasse solo la sua camicia bianca; ripassavano ormai da qualche ora e i ritmi di studio di Rose non gli si addicevano. Se pensava di attrarla così, si sbagliava di grosso, avevano altro a cui pensare quel pomeriggio.
«Eh dai, Rose, non sono così difficili gli esami, meritiamo entrambi anche un po’ di riposo»
«Se studiassi e ti impegnassi»
«Sto studiando! Impossibile non farlo, visto che mi metti sotto torchio e poi tengo a restare con te in questa scuola»
Passò qualche secondo prima che la ragazza scoppiasse a ridere e contagiasse in parte anche lui, ma rimase comunque perplesso.
«Che c’è? Cos’ho detto?»
«Niente, amore. Mi sembra solo di risentire mio padre»
«E indovina da chi puoi aver preso tu»
Non gradì affatto la battuta, anche perché suonava tanto come una critica, o almeno paragonare il suo carattere a quello orgoglioso di sua madre non era mai positivo. Stavolta perciò lo fulminò accompagnando lo sguardo corrucciato ad un colpetto sul petto.
«Non sei divertente»
Un paio di ali li raggiunse poco dopo, interrompendo quel piccolo screzio tra loro e i pensieri della giovane; non vi era nulla di strano, se non fosse che la posta quella mattina era già stata consegnata.
«Che diavolo è scoppiata, la terza guerra magica?»
Scorpius allungò la mano verso la posta non appena venne posata davanti a loro, ma la ritrasse subito dopo titubante, per paura che interrompere lo studio fosse una pessima idea per sua moglie, così le lanciò un’occhiata per ricevere il consenso.
«Cosa stai aspettando?»
Il ragazzo prese la busta e la aprì, la svuotò del contenuto e subito un sorriso si dipinse sul suo volto, la foto in essa contenuta lo rasserenò. Rose si sporse per vedere e scorse suo padre appisolato, forse più crollato dalla stanchezza, sulla sedia della camera che una volta apparteneva alla giovane, al suo petto si era addormentata la piccola Jean; un biglietto allegato di Hermione recitava: non è più così giovane. Un'altra lettera informava i due delle novità e Scorpius, siccome era stata scritta dalla suocera, decise di leggerla ad alta voce:

 
Ciao tesoro,
i tuoi bimbi stanno bene, ma non dare troppi meriti a tuo padre, si addormenta prima di loro. Giustifico la sua stanchezza solo per il fatto che in questi mesi si sia parecchio impegnato per arrestare Lucius il prima possibile e finalmente è di nuovo ad Azkaban insieme ai suoi seguaci, su questo potete stare tranquilli.
In questi giorni mi ha scritto Astoria e mi ha comunicato una meravigliosa notizia: è completamente guarita, il San Mungo le ha spedito un gufo alla Villa per comunicarlo a lei e a Draco.
Bambina mia, papà non vuole che te lo dica, ma non voglio mentirti, nonna Molly si è sentita poco bene nei giorni scorsi, è stato solo un mancamento, i medimaghi però preferiscono tenerla in osservazione.

Scopius non fece in tempo a leggere la parte in cui Hermione raccomandava la figlia di non stare in pena e nemmeno a gioire per il prodigioso miglioramento di Astoria, Rose gli aveva strappato la lettera prima che lui potesse farlo.
«Cosa significa che è stata male??»
La ragazza rilesse le parole della madre, sperando che suo marito avesse inteso male. Scorpius aveva compreso bene la lettera ed anche lo stato d'animo della moglie, così le sussurrò dolcemente per tranquillizzarla.
«Amore, può capitare a tutti di stare poco bene e tua nonna è anziana, quindi …»
«Come, scusa? Ciò significa che è normale che venga ricoverata al San Mungo??»
«Non ho detto questo … certo però che tua madre avrebbe potuto …»
«Avrebbe potuto cosa??»
La preoccupazione l’aveva chiaramente innervosita.
« … non allarmarti. Rose, ti calmi?»
Lei si alzò fulminandolo, sgusciando via dai flebili tentativi di lui di fermarla; riuscì solo a recuperare velocemente i suoi libri e ad avviarsi verso l’immenso portone della Sala Grande, imboccando la strada verso la biblioteca. Non desiderava ascoltare oltre le inutili e circostanziali parole di Scorpius, cercava solo un po’ di pace per calmarsi e tra i libri aveva speranza di trovarla; ci sarebbe stato il tempo per esporre l’intenzione di far visita alla nonna in ospedale e per chiedere alla preside un permesso speciale. Proprio mentre si stava avvicinando alla biblioteca, alcune voci la distrassero dalla sua meta e dai suoi pensieri; appena oltre le mura alcuni Serpeverde e Grifondoro che lei riconobbe stavano diffondendo maldicenze sul conto suo e di Scorpius; Rose, già provata, non riuscì a trattenere una lacrima che le percorse la guancia. Attese che passassero senza farsi notare, per poi proseguire la sua strada. Quando arrivò in biblioteca aveva qualche lacrima in più all’altezza degli occhi, ma un suo compagno, un certo McLaggen che era al settimo anno, notò il suo stato.
«Rose, tutto bene?»
La ragazza si asciugò velocemente gli occhi, non era abbastanza in confidenza con lui per mostrare le proprie fragilità, ma allo stesso tempo era troppo provata dagli ultimi eventi per riuscire a reprimere la sua sofferenza.
«S-sì, grazie»
Lui però non voleva lasciarla sola, era chiaramente scossa e chiunque avrebbe potuto notarlo.
«Rose, cosa ti ha sconvolta?»
Non riusciva a parlargli, amico o meno quel ragazzo sembrava essere la sua unica potenziale fonte di sollievo, così senza pensarci, ma solo lasciandosi guidare dal dolore, si buttò inaspettatamente tra le sue braccia. Lui rimase comprensibilmente indeciso se abbracciarla oppure no; alla fine cedette e la strinse a sé, mentre sfogò le sue lacrime contro il suo petto.
«Rose, mi dici cosa …»
Ma lei continuava a piangere inondandogli la divisa.
«N-non ce la faccio così»
«Ehi, non stai bene? In tal caso ti accompagno in Infermeria, non ha alcun senso piangere qui in mezzo alla biblioteca»
Si sollevò lentamente da quella posizione per incontrare il volto preoccupato di McLaggen.
«Tu sai cosa dicono di noi, vero?»
Rimase in totale silenzio, la domanda non lo sorprese del tutto.
«Mi accusano di essere una traditrice, di aver fraternizzato con il nemico. Tu lo sai, vero? Sei solo testimone di quelle voci che si stanno spargendo nel Castello o per caso mi accusi anche tu? Anche tu pensi che abbia generato gli eredi di una delle famiglie più spietate di Londra?»
«Rose, io non …»
McLaggen non seppe come giustificarsi e per la verità neppure cosa pensare, le idee a riguardo erano svariate. In mancanza di una risposta negativa, la ragazza, già piuttosto alterata dalle pessime notizie, iniziò a prenderlo a pugni sul petto. Quando Scorpius, che in un primo momento era rimasto sulla porta indeciso se intervenire dopo il loro litigio, finalmente la raggiunse all’interno della biblioteca, non indugiò a frapporsi tra i due.
«Rose!»
Le allontanò le mani dal ragazzo e la abbracciò, tentando di placare la sua furia con dolcezza; La ragazza accolse i tentativi del marito e si accoccolò sul suo petto continuando a sfogare tutto il suo dolore, ignorando di aver poco prima litigato con lui, era sicuramente quello il luogo migliore dove rifugiarsi. Scorpius non ebbe dubbi sul principale responsabile di quel pianto, benché sua moglie fosse a conoscenza della salute della nonna, così si rivolse a McLaggen rimasto immobile e impassibile di fronte a quella scena.
«Cosa le hai fatto?»
«Non le ho fatto nulla»
«Perché piange, allora?»
«Ha sentito quello che si dice in giro»
«Quello che pensate tutti, intendi? Quello che cercavo in tutti i modi di non farle sentire. Rose, tesoro, va tutto bene, ignorali»
Il giovane Grifondoro in questione era davvero mortificato per la disperazione della compagna, lui e gli altri responsabili non avevano nemmeno lontanamente immaginato le conseguenze di quelle assurdi voci che ormai da qualche giorno dilagavano tra gli studenti di Hogwarts.
«Mi dispiace, Scorpius, davvero»
«Davvero ti dispiace? Perché a me non risulta, sbaglio o anche tu sostenevi quanto Rose fosse sprecata? Ti ho sentito e ho anche capito che ti piaceva»
Rose alzò gli occhi su McLaggen confusa; non era forse nelle condizioni psichiche migliori per simili discorsi, ma stava ricevendo davvero troppe notizie sovrapposte che l’avrebbero mandata in confusione anche in condizioni ottimali.
«Cosa??»
«Sarei stato sicuramente meglio di lui, Rose, con me avresti dato meno dispiaceri ai tuoi genitori e avresti avuto meno problemi»
Quegli assurdi discorsi irritarono Scorpius a tal punto che lo portarono ad inveirgli fisicamente contro; Rose riuscì a bloccarlo per un soffio, si era divincolato con forza dalle braccia della ragazza, ma, nonostante ciò, la sua vicinanza sembrava essere riuscita a placare la sua ira.
«No, Scorpius, no! Ti prego, no»
«Stai lontano da lei»
«Scorpius, io ho scelto te, non hai motivo di arrabbiarti»
«Difendi chi pensa che i Malfoy siano ancora gente ignobile??»
«Certo che no, ma non posso farti commettere una sciocchezza. Scorpius, anche a me fa male ciò che pensano della nostra famiglia, grazie per avermi protetta dalle malelingue, ma dobbiamo cercare di ignorarli se vogliamo vivere in questa scuola fino al termine delle lezioni, me lo hai appena suggerito anche tu»
Lo fissò dritto negli occhi, nonostante le sue pupille fossero lucide e solo quando finalmente la ragazza fu certa di aver scongiurato una rissa, visto che McLaggen si era dileguato subito dopo, diede al marito l’implicita possibilità di parlare.
«Rose, stai attenta a quel ragazzo»
«Non è pericoloso, lui parla molto, ma non farebbe nulla contro di noi»
«Ciò che mi preoccupa è che tu gli piaci ed io non voglio perderti»
«Non me ne sono mai accorta, ma a me non importa nulla di lui, lo sai bene, per me esisti solo tu»
«Cerca di non rimanere più sola con lui, va bene? Di te mi fido, ma degli altri molto meno»

Continua ...

 
Ciao ragazzi!

Non potete nemmeno immaginare quante volte ho modificato questo capitolo, ormai ho perso il conto ^^’ Non riuscivo a trovare la scaletta giusta che quanto meno gli desse un senso logico … quindi eccomi qui dopo mesi a pubblicarlo ☹
A questo giro desidero fare un caro ringraziamento a MagiaOscura per avermi suggerito idee utili ai fini della trama. Oltre ovviamente a ringraziare voi tutti per l’enorme pazienza che avete con un disastro come me! <3
 
Alla prossima!
Baci
-Vale
   
 
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