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Autore: syila    23/02/2020    3 recensioni
Le acque del Mar della Cina sono infestate dai pirati, lo sa bene Sigvard Ohlsen, giovane ufficiale di rotta di stanza sul Vasa; uno piroscafo di lusso per passeggeri danarosi, che ha avuto il torto di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.
L'assalto di una ciurma di predoni non ha risparmiato nessuno, massacrando uomini e donne e lasciando lui a morire di una lenta agonia legato sul ponte della nave.
Ma non tutti i pirati sono brutali e sanguinari, alcuni posseggono un codice d'onore e il signor Ohlsen sta per scoprirlo...
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Età vittoriana/Inghilterra
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Victoriana'
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Capitolo II°



Il Capitano Van Loo da cristiano battezzato era un credente, magari sui generis, ma di certo più sincero di tanti baciapile che andavano in chiesa tutte le domeniche, perciò considerava la Morte un avversario di tutto rispetto.
Fosse toccata a lui la sorte del ragazzo avrebbe accettato serenamente il suo destino, il rischio faceva parte del mestiere che, un po' per caso, un po' perché costretto dalle circostanze, aveva scelto; ma quel giovane aveva solo compiuto il suo dovere: difendere come un leone la nave e i passeggeri che gli erano stati affidati.
Sguattero, cuoco, macchinista, ufficiale cambiava poco per il comandante della Seung, aveva accettato la sfida con la Morte pur di strapparglielo dalle mani, perché un cuore in cui pulsava tanto ardimento non doveva smettere di battere.
Al riparo di una delle baie di Celebes, protese sul mare come dita uncinate, mentre la ciurma spolpava la Vasa di tutto quello che c’era ancora da rubare, il Capitano e il signor Wu si alternarono al capezzale del moribondo per giorni.
Il cuoco era l’unico dell’equipaggio a possedere qualche cognizione medica, più che altro in virtù del suo mestiere, che gli imponeva di saper maneggiare erbe e coltelli affilati.
Ripulì le ferite infette del giovane con la stessa maestria con la quale estraeva la polpa del granchio dal suo carapace, ma l’infezione si propagò e venne la febbre.

Il marinaio della Vasa delirava in una lingua che Van Loo ritenne essere del nord Europa, ma lui stesso, che era Olandese, ammise di non capirci nulla; forse era finnico, forse danese.
Annotò puntigliosamente sul diario ogni più piccolo cambiamento o indizio utile per quando si fosse svegliato, perché era certo che prima o poi sarebbe successo; la fibra forte del ragazzo reagiva agli impacchi di foglie medicamentose recuperate dal signor Wu sull’isola e queste si dimostrarono più efficaci dell’intero armadietto medico trovato sul vapore tanto che, nel volgere di una settimana, la febbre cominciò a scendere.
Gli uomini della Seung nel frattempo avevano terminato la loro opera di spoliazione e, avendo prosciugato anche la scorta di vini e liquori della sala ristorante cominciavano a dare segni d’impazienza. In mare come nel deserto le cose per i predoni funzionavano allo stesso modo: assalire e depredare un obiettivo, poi, una volta esaurite le sue risorse, bisognava spostarsi verso quello successivo.

“Kap'tin girano voci” disse una sera di fine aprile il cuoco dopo aver posato sul tavolo la cena del Capitano e le bende pulite per il ferito.
“Ah ha girano sempre voci signor Wu, ma proprio perché girano do loro l'importanza di una corrente d'aria” Justus Van Loo sollevò lo sguardo dal giovane biondo a cui aveva appena cambiato la pezza bagnata sulla fronte e fece un cenno d'incoraggiamento al cuoco perché riferisse comunque ciò che aveva sentito.
“Da Silva dice agli uomini che tu non vuoi più prendere il mare e t'interessa più il moribondo della Vasa, dice che di questo passo perderemo tutti i carichi più ricchi sulla rotta del caucciù e dobbiamo approfittare del mare buono e salpare.”
“Il signor Da Silva ha forse preso il comando della Seung? Perché se è così deve venirlo a reclamare come vogliono le nostre leggi e mi auguro che trovi argomenti più interessanti di un paio di mozzi ubriachi.”
Il cinese annuì remissivo ed uscì lasciando il Capitano alle sue riflessioni; Da Silva ce l'aveva con lui per quella faccenda degli arresti, dannati spagnoli: ragionavano col contenuto delle loro brache piuttosto che col cervello.
Bene, almeno così sapeva che avrebbe dovuto aspettarsi dei problemi nei giorni successivi e per “festeggiare” la decisione che comunque stava meditando da qualche tempo prese la pipa caricandola col tabacco migliore.
Fu allora che sentì dietro alla nuca un leggero formicolio; qualcuno lo stava osservando con insistenza, ma l'unico che poteva farlo era sdraiato mezzo morto sulla branda. Lentamente girò la testa e vide un paio di occhi azzurri che lo fissavano, finalmente lucidi e coscienti. Palesemente il ragazzo aveva sentito tutto, ma chissà se aveva capito qualcosa!



Il ragazzo stava cercando di capire, in effetti.
Si trovava nella cabina del comandante della Vasa, questo lo vedeva bene, ma notava anche che mancavano gli effetti personali del capitano.
Chi era l'uomo seduto accanto al suo letto?
Non comprendeva bene la sua lingua, ma a forza di navigare in quei mari qualche parola nella maggior parte delle lingue locali la parlava. Carichi ricchi, mare buono e salpare. Non molto, ma abbastanza per capire quale fosse l'attività della gente che si trovava a bordo in quel momento
. Erano gli stessi che avevano ucciso e depredato i passeggeri della Vasa?
A Sigvard pareva di ricordare che quelli fossero asiatici. Non aveva visto un solo bianco tra loro. Biondi, poi, nemmeno a parlarne.
E allora chi erano quelli?
La risposta arrivò nuda e brutale come una lama nella carne: altri pirati.
Avevano finito di spogliare il piroscafo e probabilmente stavano tenendo in vita lui solo per venderlo in qualche mercato di schiavi a Bangkok o a Macao.
Tentò di sollevarsi, più che altro per farsi un'idea delle proprie forze, ma ricadde con un gemito di dolore e la sensazione che il suo corpo fosse fatto di pietra.

“E' ancora presto per quello giovanotto.” disse il Capitano in buon francese accompagnando la frase con un sorriso rassicurante.
Il che, ne era ben consapevole, in una situazione del genere, valeva fin lì; ma da come il ragazzo lo seguiva con lo sguardo dedusse comunque che aveva inteso le sue parole.
Il francese funzionava sempre a meraviglia, in Africa come in Asia, un po' come il latino al tempo dei romani.
“Siete rimasto incosciente per molti giorni e ci sono stati momenti in cui ho pensato di perdervi.” l'olandese prese uno sgabello e si sedette vicino al letto del ferito, la pipa spenta emanava una leggera fragranza di tabacco di prima scelta; lui stesso aveva poco del pirata che ci si figura sempre nei romanzi d'avventura, sembrava piuttosto un ufficiale di lungo corso momentaneamente a riposo. “Però avete una fibra robusta, siete un combattente, forse per questo i predoni vi hanno riservato un trattamento speciale.”
L'altro stirò le labbra e contrasse le mascelle, bel trattamento: appeso ad un argano e aspettare di essere mangiato vivo dagli uccelli affamati e questi invece? Quali erano le loro intenzioni?

“Avete già avuto la Vasa, a cosa vi servo io?” domandò altrettanto stringato e asciutto; Van loo non poté fare a meno di notare una sottile piega d'espressione sulla sua fronte, evidentemente si formava quando doveva ponderare decisioni difficili e quella era in effetti una circostanza piuttosto scomoda per lui.
“Speravo poteste chiarirmi le circostanze dell'attacco, una simile brutalità è insolita anche per un mare infestato da pirati come l'Oceano Indiano.”
“Volete dire che se la rotta della Vasa avesse incrociato la vostra nave l'epilogo sarebbe stato diverso?”
Poche storie, il ragazzo aveva capito in che razza di gentaglia era incappato, inutile fare cerimonie se il suo destino era di finire in un bordello o in un campo di papaveri da oppio.

“Ogni gentiluomo di fortuna si arrangia al meglio de
lle sue possibilità, alcuni hanno una sorta di codice morale altri hanno semplicemente l'avidità e l'istinto a guidarli.”
“Deduco che voi facciate parte del primo gruppo.” commentò duro Sigvard senza perderlo di vista.
“Io non faccio media, piuttosto mi colloco in una categoria a sé stante, quella delle buone maniere; ad esempio mi pare giusto presentarsi giunti a questo punto: Capitano Van Loo, comandante della Seung, di stanza sulla rotta del Caucciù e, a seconda della bisogna, in parecchi altri posti.” dichiarò porgendogli la mano con un gesto risoluto “E voi? Non posso chiamarvi sempre giovanotto, nonostante lo veda che siete molto giovane!”



“Buone maniere, signore?” replicò duramente il ragazzo. “Da parte di uno che vive di preda e di rapina mi pare un po' fuori luogo parlare di buone maniere. Comunque il mio nome è Sigvard Ohlsen, sono svedese. Sono... cioè, ero l'ufficiale di rotta della Vasa.”
“Quanti anni avete, signor Ohlsen?” domandò l'altro, all'apparenza indifferente al tono duro del giovanotto.
“Abbastanza per fare l'ufficiale di rotta.”
La piega d'espressione sulla fronte era ritornata, segno che evidentemente Ohlsen era preoccupato. Difficile non esserlo, del resto, con la consapevolezza di trovarsi su una nave pirata. Van Loo sapeva di apparirgli in quel momento più o meno come una specie di mellifluo Jack Rackham che stava cercando di valutare quanti soldi avrebbe fruttato la sua vendita in un mercato di schiavi.
“Potete dirmi cos'è successo alla vostra nave?” gli chiese comunque.
“Dovreste immaginarlo,” rispose lo svedese, “sono arrivati dei vostri colleghi. C'era una festa in coperta, probabilmente le luci e la musica sono servite da guida per le loro lance. Sono saliti a bordo quando i passeggeri si sono ritirati per andare a dormire e hanno ucciso tutti.”
“E voi?”
“Volevano farmi morire lentamente.”
“Perché?”
“Ho combattuto più degli altri.”
Poi tacque. Chiuse gli occhi con un sospiro, forse era stanco, o forse ricordare l'agonia delle ore trascorse appeso per i polsi l'aveva turbato.

“E non volete sprecare la seconda occasione che Dio vi ha donato vero?”
“Dio ha uno strano modo di offrire una seconda opportunità: dei pirati mi hanno quasi ucciso e adesso sono dei pirati a salvarmi, mi scuserete se non riesco a vedere un disegno divino dietro, signor Van Loo.”
“Capitano Van Loo.” precisò l’altro.
“Non basta tenere il timone di una nave per dirsi suo capitano, signore.”
Di nuovo un bagliore duro e risentito accese gli occhi di quello che per l’olandese era poco più di un ragazzo; inutile cercare lo scontro, non ne avrebbe cavato fuori niente.
Meglio correggere la rotta.
Tornò a sedersi presso di lui e riprese il suo ruolo d'infermiere che l'arrivo del cuoco cinese aveva interrotto.
L'altro, a dispetto delle sue parole sferzanti, non diede alcun cenno d'insofferenza o ribellione e si lasciò cambiare tranquillamente le fasciature.

“Possiamo venire ad un equo compromesso e nessuno avrebbe da rimetterci: un buon ufficiale di rotta che conosce l'area ci farebbe comodo, diciamo fino alla prossima stagione dei monsoni, poi una volta attraccati al primo porto civile potreste scendere e casualmente trovare la strada della vostra compagnia di navigazione. A loro raccontereste solo la verità, che dei pirati vi hanno tratto in salvo mezzo morto, vi hanno tenuto prigioniero e alla prima occasione ve la siete svignata.”
“Mi state offrendo di collaborare con voi e poi di tradirvi?” esclamò indignato “Ma che razza di persona siete!”
“Un pirata signor Olsen... E un gentiluomo.”

Il Capitano era il primo a credere che il giovane svedese avrebbe rifiutato la proposta. Pensava di aver capito qualcosa di quel ragazzo: piuttosto che aiutare dei pirati si sarebbe offerto volontario come schiavo al mercato di Hong Kong.
La cosa in sé non lo infastidiva affatto, anzi apprezzava la fermezza di carattere del giovane ufficiale, il quale pur trovandosi in una condizione totalmente svantaggiata riusciva a far sfoggio di grande autocontrollo e determinazione; tuttavia non si tratta solo di lui, c'erano altri venticinque uomini della ciurma a cui rendere conto, ai quali del nobile gesto di un bellimbusto non importava un bel niente.



“E quindi sentiamo, secondo voi dovrei condurvi lungo le rotte delle navi mercantili in modo che voi possiate abbordarle e con la più grande cortesia, da vero gentiluomo quale siete, depredarle di ogni avere? Ma vi rendete conto di quello che mi state chiedendo? E quando farete quello che è stato fatto sulla Vasa, io come mi dovrei comportare, signore? Dovrei voltarmi da un'altra parte fino a che non avete terminato?” fece una pausa. Ansava leggermente, segno che parlare così a lungo l'aveva affaticato. “Piuttosto buttatemi a mare adesso, io non collaborerò mai con dei pirati,” disse categorico, quindi ricadde esausto.
“Voi dovreste perlomeno simulare un certo interesse per la mia proposta,” rispose van Loo, al solito senza scomporsi, “qui non sono l'unico ad essere interessato a voi.”
“Che intendete dire?” domandò l'altro diffidente.
“Intendo dire che per i miei uomini siete essenzialmente un testimone scomodo, che appena starà meglio fuggirà e rivelerà la nostra posizione.”
“Potete giurarci che lo farò.”
“Certo, so che lo farete. Ecco perché rischiate che qualcuno dell'equipaggio vi tagli la gola se persisterete con questo atteggiamento.”
“Io non collaborerò mai con dei pirati,” ripeté Ohlsen in un soffio. Aveva ancora davanti gli occhi la coperta della Vasa completamente rossa di sangue, coi pirati che si davano a massacri selvaggi, stuprando, torturando e uccidendo ebbri di ferocia.
Meglio morire che diventare complici di una cosa del genere.

Suonava come una decisione definitiva, c’era da scommetterci che il giovane ufficiale di rotta faceva sul serio, sarebbe morto piuttosto di collaborare con dei pirati.
“Comunque non c’è fretta.” ribadì conciliante l’olandese “Finché siete confinato in quel letto nessuno vi obbligherà a mettere in pratica i vostri insani propositi.”
“Conto di rimettermi alla svelta non preoccupatevi.”
“Oh non mi preoccupo infatti.” il Capitano aveva messo via i medicamenti e dopo averlo fatto bere un leggero brodo di verdure si sedette presso di lui con un libro di mano “Fareste la felicità di qualunque dottore signor Olsen. Vi piacciono i resoconti di viaggio? Stavo leggendo di Cook e della sua missione nell’emisfero australe e mi chiedevo se vi andava di ascoltare un paio di capitoli, leggere ad alta voce è un vecchio lascito di gioventù…”
“Se a voi non dispiace, nemmeno a me.” fu la risposta asciutta del giovane che chiuse gli occhi e inspirò profondamente, non erano manuali di tecnica nautica o d’ingegneristica navale, ma si parlava comunque di mare, meglio che ascoltare le risate rauche e gli stridi scimmieschi della degna ciurma del gentiluomo.



Passò un’altra settimana in questo modo.
I miglioramenti di Sigvard progredivano a vista d’occhio grazie alla sua caparbietà; adesso era in grado si stare seduto e si era alzato già due volte, muovendo qualche passo sotto lo sguardo vigile di Van Loo.
Il Capitano non lo lasciava mai solo, se lui era impegnato altrove lo sostituiva il cuoco cinese, ma in quel caso il tenore della conversazione scendeva a zero, visto che il signor Wu era l’uomo meno loquace del mondo.

Accadde dopopranzo.
Nel corridoio dove si trovavano le cabine degli ufficiali della Vasa risuonarono dei passi decisi che ruppero la quiete assolata del pomeriggio tropicale di Celebes.
Il giovane sonnecchiava aspettando che il caldo passasse per poter camminare un po’, ma all’insolito rumore cadenzato e deciso spalancò gli occhi allarmato.
Van Loo probabilmente si aspettava quel genere di visita, perché rimase perfettamente calmo e, impugnando una pistola in ciascuna mano, diede ai visitatori il permesso di entrare.
“Signor da Silva…” disse guardando il marinaio e i suoi compari “Vedo che avete trovato dei sostenitori alla vostra causa.”
Sei uomini in tutto, se c’era da sparare con buona probabilità ne avrebbe fatti fuori almeno tre e forse ferito qualcun altro.
Militari, marinai, ciurmaglia; sedare un ammutinamento era sempre una faccenda dannatamente complicata.

“Ora lui muore,” disse lo spagnolo, puntando una pistola contro Ohlsen, “così la smetterà di crearci problemi.”
“Di quali problemi state parlando, signor Da Silva?” domandò freddamente van Loo.
“State sempre con lui,” replicò l'altro senza abbassare l'arma, “non siete più un comandante, siete un'infermiera. E per ringraziarvi del vostro impegno, questo appena può scappa e ci tradisce, quindi deve morire.”
“Sareste preoccupato per me?” domandò l'olandese sarcastico.
“Sono preoccupato per la nave” fu la veemente risposta “da quando c'è questo qui non ha più un comandante!”
“Piano con le parole, signor Da Silva” lo ammonì minaccioso van Loo, senza abbassare le proprie, di pistole.
“Ah sì? Se no che cosa fate? Non muovetevi o ammazzo il vostro giocattolo come un cane!”
Il giocattolo era Sigvard Ohlsen.
Il giovane si fece avanti lentamente, senza distogliere lo sguardo da quello dell'uomo che lo stava minacciando.
“Avanti, ammazzami,” gli disse in spagnolo, “spara, uccidimi. Pirata. Feccia. Cosa stai aspettando?”
Avanzò di un altro passo.
“Hai paura, vero? Perché appena abbatti me, il comandante ti fa saltare la testa e la cosa non è che ti vada tanto a genio, giusto?” Era arrivato faccia a faccia con Da Silva. “Forza, ammazzami” ripeté freddamente.

A Sigvard il fegato non mancava, ma la mossa che aveva appena fatto poteva permettersela un marinaio sano e robusto, non un convalescente febbricitante.
Prima ancora di rendersene conto si ritrovò con la canna della pistola dello spagnolo che gli premeva dolorosamente sulla tempia.
“Ah! Le cose hanno appena preso una piega diversa Capitano..:” Da Silva sorrise mellifluo, sentiva di avere già la vittoria in pugno e rispondeva con strattoni sgarbati ai tentativi del ragazzo di liberars.
Van loo dal canto suo non aveva abbassato di un millimetro l'arma, sparando avrebbe centrato in piena fronte l'ammutinato ponendo fine all'insurrezione, ma il rischio di colpire il ragazzo era concreto.

“Ultima offerta per riconsiderare tutto l'affare: ci liberiamo di questo peso morto e torniamo a fare quello che sappiamo fare meglio... Eh? Che ne dite Capitano? Saprei essere un ottimo secondo...”
“Sparategli dannazione! Sparategli!” le grida di Sigvard interruppero il sopraffino ragionamento dello spagnolo che strinse la presa sotto la gola, per farlo tacere “Sparate capitano! O ucciderà anche voi alla prima occasione, lo sapete, vero?”
“Zitto hijo de puta!” gli sibilò all'orecchio e il suo respiro era greve di aglio e rhum, umido e caldo da dare la nausea.
Van Loo, invece di seguire il saggio consiglio, abbassò lentamente la canna della pistola rivolgendola verso terra.



“Perché!?”
“Ci tenete a saperlo signor Olsen? La mia spiegazione potrebbe deludervi, non ha niente di razionale in effetti…”
I due erano stati presi, legati e condotti sul ponte della Vasa ad attendere la loro sorte che, almeno per il ragazzo, non lasciava adito a dubbi.
Gli ammutinati però non riuscivano a mettersi d’accordo su Van Loo, le loro grida alternate a imprecazioni rimbombavano sulle paratie metalliche ancora a notte fonda; nessuno montava di guardia ai prigionieri, ogni pirata della ciurma si riteneva in dovere di partecipare alla riunione e dire la sua; i due sul ponte, legati come salami a una robusta cima, non sarebbero certo riusciti a liberarsi da soli.
Le assi di legno cigolarono appena alle loro spalle e quasi subito il Capitano sentì allentarsi la stretta attorno alle braccia.
“Signor Wu…” disse affatto sorpreso “non siete alla riunione?”
“La compagnia era cattiva Kap’tin e nessuno fa mai caso al cuoco di bordo…”
Poi fu in turno di Sigvard.
“Passerete dei guai!”
“L’alcol è un cattivo consigliere ragazzo, fa fare strane cose, come ad esempio nodi troppo lenti…”
Il giovane ufficiale di rotta capì e annuì serio.

Una volta liberi il cuoco gli mostrò qualcosa oltre le paratie.
Era stata calata una lancia in mare e sopra a sbracciarsi con grandi sorrisi c’era il …
“Signor Lynch…”
“Porta anche me Kapt’in, voglio andare a scuola, imparare a scrivere un diario!”
“Immagino di non avere molta scelta…”
“No, non ce l’hai Kapì’tin! Altrimenti mi metto a urlare!”
“Sta bene, aiutate il nostro ospite a sistemarsi comodo e poi ai remi!”
“Posso farcela anche da solo” mormorò scontroso l’altro che, quando furono abbastanza lontani gli chiese di nuovo perché non avesse ammazzato lo spagnolo.
“Beh, signor Olsen, giudicatemi un sentimentale, ma dopo avermi chiamato capitano io non avrei mai rischiato la vostra vita per uccidere un ammutinato.”
“E avete fatto male…” mugugnò “comunque potete chiamarmi Sigvard.”


Fine prima parte


⋆ La voce dell'intraprendenza ⋆

Il nostro giovane ufficiale di rotta, grazie alle cure di Van Loo e del cuoco di bordo, si è ripreso, giusto in tempo per assistere all'ammutinamento della ciurma pirata, indispettita dal lungo procrastinare del loro Capitano.
Messo alle strette l'Olandese decide di arrendersi, secondo una decisione che lo stesso Sigvard giudica folle.
Sarà stata davvero frutto dell'istinto, oppure il "gentiuomo di fortuna" ha visto in Sigvard l'ultima occasione di riscatto che la vita poteva offrirgli?
Approfittando di un'animata riunione il cuoco e la dispettosa scimmietta irlandese mettono in mare una scialuppa e si danno alla fuga, portandosi appresso i due prigionieri.
Cosa sarà di loro una volta giunti sulla terra ferma?
Si separeranno o il Destino ha in serbo qualche altra sorpresa?
Restate a bordo per scoprirlo ^-^

NB: io e Old Fashioned vogliamo ringraziare tutto coloro che hanno commentato, preferito e letto la nostra avventura marinaresca e vi rimandiamo all'ultimo capitolo per i saluti finali!



   
 
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