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Autore: Angels4ever    23/02/2020    4 recensioni
[Storia partecipante al contest "Who put crack in my amortentia?" indetto da GiuniaPalma / LadyPalma sul forum di EFP"]
DAL TESTO:
Un lampo di luce verde scaturì dalla bacchetta di Voldemort.
Malocchio ghignò, virando con la sua fedele scopa.
Il vento quella notte sembrava essergli amico, ma forse non abbastanza.
Il movimento improvviso lo fece cadere.
Istintivamente cercò a tentoni qualcosa a cui aggrapparsi, qualcosa di solido, ma intorno a lui non vi era nulla se non nuvole ed oscurità.
Era la fine. Nessuno poteva sopravvivere ad una caduta del genere.
Era la fine.
Sarebbe morto senza averle detto che l’amava.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Alastor Moody, Nimphadora Tonks
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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A CINQUECENTO METRI DAL SUOLO
 
 
<< Avada Kedavra! >>
Un lampo di luce verde scaturì dalla bacchetta di Voldemort.
Malocchio ghignò, virando con la sua fedele scopa.
Il vento quella notte sembrava essergli amico, ma forse non abbastanza.
Il movimento improvviso lo fece cadere.
Istintivamente cercò a tentoni qualcosa a cui aggrapparsi, qualcosa di solido, ma intorno a lui non vi era nulla se non nuvole ed oscurità.
Era la fine. Nessuno poteva sopravvivere ad una caduta del genere.
Era la fine.
Sarebbe morto senza averle detto che l’amava.
 
A cinquecento metri da terra.
Ripensò alla prima volta che l’aveva vista non più bambina.
Una giovane donna sbocciata.
Il suo viso era a forma di cuore. Le gambe erano lunghe e affusolate, sensuali e diritte, in grado di risvegliare l’istinto predatore di qualsiasi uomo. Erano accavallate dietro il banco.
Indossava abiti babbani non appropriati per una strega.
Una camicia bianca. Una gonna corta. Troppo corta.
Sua madre Andromeda non avrebbe mai approvato.
Malocchio la scrutò attentamente con il suo occhio blu elettrico.
Le si avvicinò con la bacchetta puntata contro, con fare intimidatorio.
La ragazza non si scompose. Sorrise, semplicemente sorrise, nascondendo il suo animo dispettoso dietro un visetto d’angelo.
Il cuore di Alastor Moody, detto Malocchio, perse un battito.
La sua vita si era appena intrecciata a quella di Nimphadora Tonks. Era bastato uno sguardo, un sorriso, un paio di lunghe gambe per mandarlo in estasi.
Era bastato così poco per ricordarsi di essere un uomo.
Un potente auror certo, ma anche un uomo.
 
A quattrocento metri da terra
Nimphadora era una frana.
La guardava di nascosto duellare in coppia, e puntualmente finiva con il sedere per terra o le gambe all’aria.
Nimphadora era una frana.
Era goffa ed impacciata.
 Apprendeva lentamente e nel caso di un reale pericolo avrebbe rallentato i compagni.
Tuttavia, era sopravvissuta al primo anno di addestramento.
Si sapeva mascherare meglio degli altri ovviamente. Ed aveva un grande cuore che la portava ad essere amata e rispettata.
Appena entrava in una stanza tutto diventava luminoso, come se il sole in persona si fosse degnato di ascendere.
Più Malocchio la guardava, più la desiderava, con rammarico. E sapendo bene che non sarebbe mai stata sua.
 
A trecento metri da terra
<< Alastor… credo di essermi innamorata. >> mormorò Nimphadora.
Stava crescendo a vista d’occhio.
Non arrossì, mentre confessava al suo mentore il suo segreto, di cui era terribilmente gelosa.
Malocchio provò una fitta al centro dello stomaco. Una fitta acuta.
Cos’era?
Non gli era mai accaduto prima. Era troppo vecchio per queste sensazioni.
Moody grugnì, cercando di mantenere un freddo – e assolutamente finto – distacco.
<< E di chi mai, Nimphadora? >>
I suoi capelli per un attimo divennero rossi, ma solo per un attimo, al suono del suo sgraziato e lungo nome “Nimphadora”.
Cercò, per quel giorno, di lasciar correre.
<< Di Remus. >>
Tonks fissò Moody negli occhi: lei sorrise, raggiante e speranzosa.
Lui ricambiò lo sguardo: il cuore infranto e a pezzi.
 
A duecento metri
Tonks aveva qualcosa che non andava ormai da giorni.
I capelli erano di uno sgradevole color topo.
Il suo sorriso, la sua voglia di vivere, la sua luce, sembravano essere spariti dal suo animo.
Era una creatura tormentata che andava in giro a compiere missioni pericolose per l’ordine come un automa.
Mangiava poco. E dormiva ancora meno.
I suoi occhi non brillavano più.
Non era stata la morte di Sirius a causarle tutta quella sofferenza, Alastor ne era sicuro. La conosceva troppo bene.
Erano pene d’amore.
Per lui. Per Remus. Il quale aveva denigrato senza pensarci due volte la purezza di una giovane ragazza innamorata, pronta a donargli il suo cuore.
Era stato il rifiuto a spezzarla.
Il bicchiere di Whisky incendiario che Alastor aveva in mano andò in frantumi.
Pezzi di vetro si sparsero ovunque, mischiati a minuscole gocce di sangue rosso. Il suo sangue. Dovuto a quell’impetuoso gesto.
È questo che fa l’amore? Ti rende folle? Incontrollabile?
 
A cento metri da terra
<< Che cosa scrivi? >> domandò una voce allegra alle sue spalle, facendolo sussultare.
<< Tonks. Maledizione. >>
Lei gli poggiò una mano sulla spalla, con gesto affettuoso, ma in realtà per sbirciare cosa avesse mai distratto tanto Alastor Moody dai preparativi per il giorno dopo.
<< È un testamento. >>
<< Già… dobbiamo essere pronti a tutto. >>
Malocchio richiuse in fretta il foglio di pergamena. Non voleva che lei leggesse. Non voleva che sapesse, non ancora.
 
Toccare terra
 
Alastor Moody, il grande auror, era andato sempre più giù in attimi senza fine, ripercorrendo i momenti più significativi degli ultimi anni con la persona che amava.
Ma adesso nulla aveva senso.
Toccò il suolo e sentì ogni ossa del corpo frantumarsi.
Ogni ossa del cranio andare in minuscoli pezzi. 
Non morì sul colpo, come molti si aspetterebbero.
Morì dopo altri attimi eterni. Attimi pieni di sofferenza. Attimi in cui lacrime silenziose caddero dall’occhio buono.
Morì vedendo cupe nuvole su di sé, dove una battaglia atroce stava ancora avendo luogo. Ciò era dimostrato da lampi verdi e rossi che scaturivano da tutte le parti, illuminando l’oscurità notturna.
Morì con il pensiero di Nimphadora Tonks nel suo cuore e nella sua mente.
Spirò cercando di invocare il suo nome.
 
 
Era una giornata luminosa, come non se ne vedevano da mesi.
Tonks si dondolava sull’altalena nei meandri del bosco che circondava la casa dove era cresciuta, la casa dei suoi genitori.
La testa era inclinata di lato, e i suoi occhi fissavano il vuoto.
I suoi capelli erano più disordinati del solito, di un’abbagliante blu elettrico.
<< Dora? >> una mano calò sul suo viso, per richiamare la sua attenzione.
Alzò lo sguardo verso la figura di un uomo, un uomo che conosceva come le sue tasche.
Inclinò le labbra in un sorriso tirato, anche se dentro si sentiva vuota. La testa era leggera, così leggera che sembrava quasi che stesse per spiccar il volo.
<< Il corpo di Malocchio è sparito. Qualcuno lo ha… preso per primo. >>
Nimphadora chinò il capo, fissando le punte dei suoi piccoli piedi.
Come si poteva essere così vili da non rispettare nemmeno un cadavere? Da non rispettare la morte?
Malocchio non c’era più. Non c’era più bisogno di farlo soffrire.
<< Era come un padre per me… >> mormorò.
Strabuzzò gli occhi, riflettendo sulle parole appena pronunciate. << Scusa, papà. >>
Ted Tonks sorrise, per niente arrabbiato.
Le accarezzò la testa come faceva quando era bambina, quando aveva gli incubi e credeva che “colui che non doveva essere nominato” sarebbe tornato per rubarle il nasino.
L’uomo non disse nulla. Non c’era niente da dire.
Sua figlia aveva bisogno di tempo. Tempo per piangere l’uomo che le aveva insegnato ad essere un auror.
Le lasciò tra le mani una lettera trovata impigliata tra i rami di un albero, appartenuta a Malocchio.
Il vento, le intemperie, non l’avevano portata via.
Forse era destino che le cose andassero così.
Ted si allontanò, mentre guardava la figlia aprire la ceralacca con mani tremanti.
Quello che lesse la lasciò inorridita.
 
“Nimphadora, se stai leggendo queste parole vuol dire che sono morto,
spero con onore e combattendo fino all’ultimo.
Ti scrivo perché ho da fare una confessione importante, che occhi nell’occhio mi farebbe vacillare.
Tu sei speciale, non c’è bisogno che te lo dica perché lo sai benissimo.
Ciò che non sai è che sei speciale per me.
Dalla prima volta che ti ho vista, con quegli abiti assolutamente disdicevoli, mi sei entrata nell’anima,
e non ne sei più uscita.
Perdonami se puoi per averti lasciata.
Vinci per me.
E sii forte. 
 
Con amore, Alastor”.
 
Malocchio era stato innamorato di lei. E non se n’era mai accorta. Mai.
Dietro ai suoi modi di fare brontoloni, dietro alla sua freddezza, dietro alla sua eccessiva protezione nei suoi confronti, si nascondeva una bislacca forma di amore.
Come aveva potuto non notarlo?
Non gli aveva mai chiesto perché non si fosse mai sposato.
Non gli aveva mai chiesto perché non si trovasse una donna.
Tonks strinse forte la lettera tra le mani, fino a far illividire le nocche. Si morse il labbro inferiore, mentre lacrime prepotenti minacciavano di uscire.
Perché aveva taciuto per anni? Perché non dirglielo?
Era arrabbiata.
Arrabbiata perché aveva domande da poter rivolgere solo ad una persona morta.
Prese la sua bacchetta con mano tremante e la puntò sulla pergamena.
<< Incendio. >> sussurrò.
La carta prese fuoco nell’immediato, cadendo a terra.
Sembrava quasi un piccolo falò.
Del fumo grigio si innalzò nel cielo.
“Mi stai vedendo?” pensava la ragazza, i lunghi capelli che sventolavano.
Tutto ciò che rimase di quell’amore fu un cumulo di cenere, creato dalla rabbia e dalla potenza di una giovane strega.
Si allontanò senza guardarsi indietro, mentre la puzza di bruciato le invadeva ancora le narici.
 
 
Angolo Autrice:
 
Questa è stata una super sfida!!!!
Che ho scritto????? Non ci posso ancora credere.
Sono curiosa di sapere cosa ne pensate.
Spero a presto.
 
Angels4ever
 
 
 
  
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