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Autore: Invisible_Typer    23/02/2020    1 recensioni
Riflessioni serali di qualche anno passato che credevo perdute ormai.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ancora non riesco a spiegarmi perché il nostro corpo, questo nostro limitato e infinito essere, debba sopportare, provare, crescere in sé tali sentimenti da suscitare in noi tormento, assedio, smarrimento.
Corpo e mente sono esseri talmente differenti da crescere insieme, talmente antagonisti da raggiungere il bene supremo, un tutt'uno con il mondo. L'uomo non può altro che chinarsi e lasciarsi sopraffare, sorpassare, investire dal peso del tempo.
Ed esistono mille modi per odiarsi e per odiare. Ed esistono mille modi per amarsi ed amare. Basta guardarsi una mattina allo specchio e affermare con convinzione che quello che vedete non siete voi; quando vi trovate in un posto da anni e vi guardate intorno pensando “ devo andarmene da qui ”, quando vi accorgete di essere ormai vecchi, il viso sfatto dalla dura e insostenibile leggerezza della vita, la gola secca dalle troppe parole non pronunciate. Quando un giorno cade un quadro senza motivo. Quando arrivano quei giorni funesti in cui tutto è perduto, tutto è Fato, onnipresente Provvidenza a cui non si riesce a dare un vero e preciso disegno. Tutto è com'è solo in fine di sé stesso. Quando in un momento tutta la tua vita ti si spiega dinnanzi, eppure ogni meandro del suo cammino è ottenebrato da insidie e smarrimenti.
Eppure in questo mio ordinato caos riesco a trovare una logica, una speranza: la speranza di non aver scordato nulla, di aver vissuto tutti i destini possibili, di non aver tralasciato nulla al caso.
Di non esser scordata da qualcuno. L'uomo per natura desidera l'impossibile.
Immagina: tu disperso, tu non trovato in queste frattaglie di eventi come se fossi in un campo in aperta campagna, colmo di neve. Perduto in quel candore perfetto, talmente immacolato da accecarti e renderti insensibile ad ogni cosa. Tu perduto in questo piccolo cosmo bianco in cui tutti i suoni sono ovattati, tanto che il cinguettio di un pettirosso sembra lontanissimo.
Così riesco a percepire il vento tra le nuvole, la bufera tra le ere e i secoli. Lo stesso indeterminabile fruscio. Io sono il fogliame sul selciato, la gelida pioggia che in assoluto anonimato si fa strada tra le tegole di un tetto, l'odore della terra umida. Sono acqua che cade dal viso. Dal tuo viso.
Io sono il vento che da vita al corpo rugoso del mare, l'assoluto incessante respiro del mondo, il perpetuo e trascendente divenire. Io sono il tempo che dà ritmo ad ogni battito del cuore, che permette il suddividere dell'indeterminato, dell'incommensurabile.
Io sono nebbia che ti copre gli occhi, ti offusca la mente, sono il calore che appanna il vetro del finestrino accanto a te, come una siepe leopardiana senza infinito.
Ed è proprio nel momento in cui raggiungo l'armonia celeste che vorrei fuggire da tutte queste parole inutili che mi riempiono la testa, chiudere questa costante porta sul mondo e riuscire a mettere la parola “fine” a questi miei pensieri.
Almeno stanotte.  
   
 
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