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Autore: Valenicolefede    24/02/2020    7 recensioni
La vita dei nostri due amati sweeper non potrebbe andare così bene: oltre ad essere una coppia affiatata sul lavoro, lo sono anche nella sfera privata. Ma una notte Kaori, in preda alle lacrime chiede ospitalità a Mick e Kazue.
Cosa sarà successo tra lei e Ryo, da farla fuggire?
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Passò circa un mese senza che lui si facesse rivedere. Kaori, per quanto non sapesse cosa aspettarsi da quell’insolito silenzio, era invece rincuorata dalla consapevolezza che mancava ormai poco alla data del parto. Il pancione cominciava a darle qualche problema logistico, e la bimba era un vero terremoto soprattutto notturno, cosa che la costringeva a passare molti notti insonne.
Kazue aveva concordato col Doc che sarebbe stata trasferita alla clinica quando il parto fosse sopraggiunto, sempre per destare meno sospetti e tenerla maggiormente al sicuro, agli occhi dei nemici rimaneva sempre e comunque un “mezzo” per arrivare a Ryo.
L’estate era ormai arrivata, col suo tepore e le sue lunghe giornate. Kaori ringraziava di poter beneficiare della stagione per vestirsi con leggeri abitini dalle morbide fattezze e sandali che le lasciassero in pace le caviglie già molto gonfie dal peso della pancia.
Quella sera era più afoso che mai, l’ex sweeper se ne stava nel piccolo terrazzino a guardare le stelle che brillavano limpide nel cielo blu notte, e un moto di tristezza la pervase, non riusciva a non pensare a Ryo, gli mancava immensamente ma allo stesso tempo, non poteva togliersi dalla testa quello che le aveva detto quella famosa sera. Immersa nei suoi tristi pensieri fu attirata all’improvviso da un certo movimento lungo le scale. Si arrischiò ad aprire la porta e a mala pena riuscì a vedere Kazue scendere i vari piani tutta trafelata, per poi uscire dal palazzo. Non fece nemmeno in tempo a chiederle cosa fosse successo, che era già sparita, poi pochi secondi dopo vide sbucare Mick dal pianerottolo, intento anche lui a raggiungere a tutta velocità la dottoressa. Con una mossa svelta riuscì a fermarlo per un braccio.
“Mick ma si può sapere che è successo? Dove state andando con tanta fretta?”
A quella domanda non si voltò nemmeno per guardarla.
“Sorry Darling, devo andare. Non preoccuparti, le telecamere sono tutte accese....”
A quella negazione, un po’ per gli ormoni in subbuglio e un po’ perché sentiva che era successo qualcosa di grave, prese l’americano per il colletto della camicia e lo sbatté contro il muro rivolgendogli nuovamente la domanda.
“Non sono in vena Mick, dimmi che è successo!”
L’americano, con un sospiro di rinuncia le disse:
“Kao si tratta di Ryo. Falcon l’ha trovato in un vicolo vicino al suo bar, con un colpo di arma da fuoco nel petto. A giudicare dagli uomini morti sparsi qua e là sembra sia stata una resa di conti. È ancora vivo Kaori, ma pare sia molto grave, è dal Doc adesso.”
Kaori era scioccata, guardava il suo migliore amico continuando a sentire nella sua testa le parole che le aveva appena detto. Ryo, l’uomo che amava nonostante tutto stava rischiando di morire. No, non poteva starsene lì come se niente fosse.
“Vengo con voi!”
“Ma sei impazzita? Cosa vorresti fare nelle tue condizioni, non saresti di alcun aiuto. Per non parlare dello stress psicologico che vivrebbe anche la bimba...”
“Me ne frego dello stress psicologico, stiamo parlando del padre di mia figlia, e dell’uomo che amo. Ti prego Mick, portatemi con voi!”.
E si gettò piangendo tra le sue braccia. L’americano a quella disperazione non poté che annuire, e così la condussero alla clinica con disapprovazione da parte di Kazue.
Quando entrò nel corridoio dove si trovavano le sale operatorie trovò Miki e Umi seduti ad aspettare. Appena le due amiche si videro, l’ex mercenaria fu molto sorpresa di trovarla lì.
“Kaori santo cielo, ma che fai qui, sei impazzita?”
“Non potevo starmene a casa sapendo che Ryo rischia la vita, voglio stargli vicino come posso.”
A quelle parole Miki l’abbracciò e successivamente si accomodarono entrambe. Passarono diverse ore di angoscia, in cui tutti erano estremamente preoccupati e in attesa di avere notizie sullo stato del loro amico.
A Kaori sembrò di impazzire, voleva ardentemente sapere come stesse l’amore della sua vita, poi finalmente videro uscire dalla sala operatoria un Doc alquanto stanco e provato.
“Allora, come sta?” Fu lei la prima a parlare.
“La pallottola era molto vicino al cuore, ma babyface ce la farà.”
A quelle parole Kaori, stremata da tutte quelle intense emozioni, perse i sensi in braccio a Miki. Fu portata nella stanza adiacente a quella dove riposava Ryo.
Quando si svegliò sentì un senso di freddo sulla pancia, issò la testa per vedere chi vi fosse vicino a lei, e trovò Kazue intenta a farle un monitoraggio. Presa dal puro panico per la salute della bimba chiese alla dottoressa:
"Che succede Kazue, c’è qualcosa che non va alla piccola?
“Rilassati, la bimba sta bene, ma visto che sei svenuta un controllo era d’obbligo.
“Meno male....come sta Ryo?”
“È in un leggero stato di coma ma pensiamo che possa risvegliarsi da un momento all’altro. Onestamente Kaori, nelle tue condizioni non dovresti stressarti così tanto. Potresti anche incappare in un parto anticipato se non ti riposi adeguatamente.”
“Vorresti dire che dovrei andarmene a casa? Pensi che lì sarei più tranquilla sapendo che Ryo ha quasi rischiato la vita? Voglio essere qui quando si sveglierà!”
Dire che era determinata era dir poco, nessuno le avrebbe mai fatto cambiare idea. La dottoressa, conscia di questo è dopo aver emesso un sospiro di frustrazione, annuì debolmente.
“Adesso riposati. Ryo non va da nessuna parte, e se ci saranno novità sarai la prima a saperlo.”
Dopo averle fatto le raccomandazioni del caso uscì per lasciarla riposare.
Dormì fino all’alba finché i morsi della fame non la svegliarono di soprassalto, la bimba scalciava come una pazza, segno che reclamava nutrimento. Si fermò alle macchinette a prendere qualcosa che fosse accettabile e che non le desse noia allo stomaco. Si sedette davanti alla stanza dove sapeva esserci Ryo.
Era sola. Tutti gli altri erano andati a riposare per poi tornare al mattino. C’erano solo lei, Ryo e qualche infermiera. Kaori sentiva il grande desiderio di vederlo, voleva scusarsi in un qualche modo per averlo obbligato a stare separati senza avergli mai dato la reale motivazione. La scelta di non dirgli della gravidanza era stata la diretta conseguenza alle sue parole, ma aveva sempre saputo in cuor suo che non era giusto nei suoi confronti. Aveva il diritto di sapere che insieme avevano generato una vita. Caparbia e testarda com’era scelse il momento buono lontano da occhi indiscreti per intrufolarsi nella stanza. Quando lo vide rimase turbata dai vari tubicini che lo collegavano a diversi macchinari. Si avvicinò lentamente cercando di non fare troppo rumore. Rimase per un po’ in piedi vicino a lui, fissandolo in tutta quella bellezza che nemmeno un colpo di arma da fuoco poteva scalfire. Poi, delicatamente iniziò a parlargli.
“Ryo, non so se puoi sentirmi, sono io,Kaori. So che questi ultimi mesi ti ho inflitto una condizione forzata senza darti alcuna spiegazione, e non ti biasimo se in diverse occasioni la collera ha preso il sopravvento. Ho davvero temuto di perderti e voglio che tu sappia il motivo per cui mi sono allontanata da te”.
E prendendogli teneramente la mano la pose sul suo ventre rigonfio. Dopo pochi secondi, il calore di quel contatto fece muovere la piccola creatura all’interno della pancia.
“La senti Ryo? Questa è tua figlia, una femminuccia di quasi 3kg. È una gran monella sai? Scalcia di continuo e non mi fa dormire...penso che avrà un bel caratterino. Beh, lei è tua, come lo sono io. Ti apparteniamo anche se mi hai ribadito chiaramente che una famiglia non potrà mai esistere. Invece c’è, c’era già la sera che me ne andai, e tra poco vedrà la luce di questo mondo. Non respingerci ti prego, so che possiamo essere felici, e sapremo difenderla da chi le vorrà fare del male.”
Poi ripose delicatamente la mano sul letto. Sperò con tutta sé stessa che lui avesse in qualche modo percepito la loro presenza, e prima di lasciare la stanza gli accarezzò una guancia sussurrandogli: “Per sempre tua”.
Poi tornò nella sua stanza aspettando che il giorno si destasse completamente.
   
 
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