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Autore: Luana89    24/02/2020    0 recensioni
«Shùra se ti butti lì dentro e stai almeno un minuto ti darò diecimila dollari, parola di Misha» non piansi sentendo nuovamente quelle parole a distanza di anni, mi feci semplicemente forza sorridendo.
«La tua parola non vale un cazzo, ma voglio fidarmi. Accetto». Scoppiammo a ridere entrambi guardandoci per un lungo istante, fu Misha a riprendere ancora una volta il discorso.
«Quindi adesso temi che la tua anima possa congelarsi?» sorrisi sghembo scrollando le spalle.
«Sono ancora alla ricerca della mia anima, la troverò al quinto soviet probabilmente, mi aspetta rinchiusa in quello specchio da vent’anni ormai. Ah, prima che dimentichi ..sei carino quando sorridi, fallo più spesso». Mi spinse contrariato e imbarazzato.
«Shùra, cosa mi porterai dal tuo viaggio? Mi aspetto almeno un cazzo di regalo». Mi fissò seriamente.
«Non saprei, cosa vorresti?». Scrollai le spalle, nei nostri conti vi erano adesso trenta milioni di dollari, non c’era nulla che non potessi donargli.
«Portami l’orizzonte»
Quando tutto sembrava essersi concluso ecco che le carte tornano a mescolarsi. Shùra e Misha dissero addio alla bratva, ma la bratva aveva davvero detto loro addio?
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Misha era stato nuovamente individuato, a cantare uno degli uomini di Dasha perché come sostenevo da una vita: tutti avevano un prezzo. Più delle percosse e delle torture erano i soldi a convincere la gente. I miei piani erano adesso cambiati mentre monitoravo ogni movimento del mio fuggiasco preferito, stando agli ultimi aggiornamenti non poteva muoversi ancora autonomamente il che lo rendeva a tutti gli effetti un topolino indifeso. La porta sia aprì e Vania, uno dei miei uomini, comparve con la sua peggiore espressione a rovinare l’idillio di quella giornata. Quando uno di loro bussava restando impalato a fissarmi solitamente le notizie non preannunciavano nulla di buono.
«Se sei venuto a dirmi che Misha è fuggito di nuovo..» attaccai con un sospiro alzandomi dalla sedia, ma la sua espressione mi bloccò a metà.
«Dima..» gli occhi evasivi iniziarono a far ribollire in me la rabbia, odiavo la gente che tergiversava inutilmente.
«Cosa. Dima, cosa? E’ morto qualcuno? Fammi mandare dei fottuti fiori, ma parla ADESSO.» Vania occupò il mio intero campo visivo oscurando la porta, avevo come l’impressione che tendesse a tenersela vicina per fuggire.
«Si tratta della partita di droga che è arrivata questa notte..» non mi pronunciai aspettando che continuasse, nonostante dentro di me albergassero già svariati campanelli d’allarme. «Il container è esploso.» Ci fissammo in silenzio mentre assimilavo quella notizia, non si trattava della droga andata persa ma dei soldi che questa rappresentava (circa cinquantamilioni di dollari netti) oltre che il mio personale fallimento.
«Esploso? Mi stai dicendo che un fottuto container è esploso così a caso nella notte?» La mia voce divenne tesa, Vania arretrò di qualche passo ma non gli diedi l’agio di continuare piombando su di lui pochi secondi dopo. Lo afferrai per il collo scaraventandolo contro il tavolino in vetro che si frantumò sotto il suo peso. «CINQUANTAMILIONI VANIA, COME PENSI DI COMPENSARLI? NEPPURE UN TUO MERDOSO RENE BASTEREBBE.» Calciai il suo fianco sperando di farglielo sputare quel fottuto rene osservandolo accasciarsi e provare a rialzarsi. La mia rabbia implacabile non glielo permise, la punta della scarpa colpì il viso e il naso schizzò sangue.
«DIMITRI.» La voce di Yuri non mi fermò mentre afferravo il bicchiere in cristallo che ruppi contro il muro, le schegge tra le mie dita le avrei conficcate direttamente nella sua scatola cranica. Vania si sarebbe dovuto occupare del carico, ma il lavoro era mio ergo era un mio personale fallimento da dover scontare con Sergej. Non era la paura a dominare la mia rabbia, ma lo smacco di quella disfatta. Io ero Dimitri Cernenko, e non fallivo mai. Mi sentii afferrare il polso e ringhiai strattonandolo. «Lascialo andare, non è colpa sua, vuoi uccidere lui o il colpevole?» A quelle parole mi bloccai respirando profondamente, quando mollò la presa sul mio polso sferrai un ultimo calcio sull’addome di Vania allontanandomi verso la grande vetrata.
«Voglio sapere chi è stato e lo voglio sapere adesso.» Fissavo i grattacieli di Las Vegas senza vederli, era come se una patina si fosse intromessa tra i miei occhi e il panorama diurno.
«Hanno visto una donna allontanarsi dal molo..» aggrottai la fronte versandomi da bere in silenzio. «Una donna dai capelli rossi, Dima.» Sorrisi senza gioia bevendo un sorso di brandy prima di lanciare il bicchiere contro la vetrata. Quella puttana di Dasha, ancora lei, sempre e solo lei.
«Sergej è stato avvisato?»
«Si, a quanto sappiamo sta prendendo il primo aereo per venire.» Ottimo, c’erano altre belle notizie in serbo per me?
 
Daria Iglenko era a tutti gli effetti sparita, dissolta nell’aria e quella era la prova più evidente del suo tradimento. Il suo modo di dichiarare ufficialmente guerra non solo a me ma anche a Sergej in persona. Ero seriamente indeciso sulle motivazioni dietro i suoi atteggiamenti, voleva la bratva o voleva farmi pagare l’aver preferito io la bratva a lei? Composi veloce un numero ascoltando gli squilli sordi, in attesa.
 
— Sapevo mi avresti chiamata.
— Sei sempre stata una puttana di classe, Dasha, ma non stavolta.. perché?
— Piaciuto il regalino? Ho confezionato personalmente la bomba.
— Ma non mi dire.. sei consapevole d’aver chiuso vero? Sergej sta arrivando.
— Salutamelo, e già che ci sei digli che io sono stata semplicemente il mezzo.
— Per chi lavori, Daria Iglenko?
— Per Aleksandr Belov. Ti manda i suoi saluti.

 
Risi fino a scorticarmi la gola mentre fissavo il cellulare adesso muto. Era così quindi? Il sicario della bratva era tornato dal regno dei morti? Slonko entrò in quel momento restando in silenzio, supponevo Sergej fosse arrivato.
«La situazione diventa interessante, amico mio, ho appena deciso cosa fare di Misha.»  
 
 

Aleksandr POV

 
Misha stava nascosto in un motel fuori città, la notte successiva un camion a noleggio lo avrebbe ricondotto a casa, da me e dalla sua famiglia. Insieme avremmo tirato fuori Irina e Nadja da quel giro pericoloso in cui Dimitri le aveva inserite, bastava solo avere ancora un po’ di pazienza. Attraversai l’incrocio osservando l’insegna scolorita e vecchia, avevo visto spesso questa chiesa durante le mie passeggiate senza però mai entrarvi, a differenza d’adesso. L’aria odorava d’incenso, le panche completamente vuote a differenza di una, portava un velo nero a coprire i capelli lunghi di un rosso intenso, respirai profondamente prendendo posto dietro di lei in silenzio. Restammo così senza parlare per un tempo che mi parve infinito, io pregavo il mio Dio, i miei mostri, Misha lontano da me e Sophia ignara che mi aspettava in casa.. e lei chi stava pregando?
«Un posto peculiare dove vederci, non trovi Shura?» La sua voce esattamente come la ricordavo spezzò il silenzio solenne nella quale sembravamo caduti.
«Di sicuro suggestivo, Dasha.» Non voltò il viso ma sentii le sue spalle curvarsi appena, probabilmente sorrideva.
«Dimitri mi ha cercata proprio come avevi pensato, gli ho mandato i tuoi saluti.» Stavolta fui io a sorridere divertito, i miei occhi si sollevarono verso la croce di fronte a me. Cercavo con ogni mezzo di rimanere ai margini, di mantenere la promessa fatta anni prima.
«Sergej non farà passare sottogamba questa perdita, cinquantamilioni sono soldi anche per la bratva.»
«Sono più preoccupata per Dimitri, è lui che non si farà passare questo smacco al suo onore.» Annuii leccandomi fugacemente le labbra secche.
«E’ proprio ciò che mi auguro.. Misha?» A quel nome finalmente si girò, i suoi occhi chiari erano freddi come li ricordavo, una bellezza che di certo non passava inosservata.
«Partirà domani, come concordato, tra 48 ore dovresti riaverlo in casa.» Inarcò un sopracciglio con aria astuta e io feci per alzarmi, le sue dita si chiusero sul mio polso. Le fissai con curiosità.
«Pensavo gli anni ti avessero cambiato Shura, invece sei ancora quello di un tempo.» Lo ero davvero? Quel pensiero non suonava come un complimento, non alle mie orecchie almeno. «E’ un peccato non esserci conosciuti meglio.» Sorrisi divertito scrollandomi dalla sua presa, chinai il capo in un saluto silenzioso al vero padrone di quel luogo prima di guardare la donna un’ultima volta.
«Hai ragione, sono ancora quello di un tempo.. e fu proprio lo Shura di un tempo a uccidere la puttana del Vor, tienilo bene a mente.»
 

 

Dimitri POV

 
Sistemai i polsini della mia camicia con cura, Sergej era arrivato da meno di ventiquattrore e una riunione con i più grossi capi mafia del momento era stata indetta. Fissai il mio riflesso senza vederlo davvero, ero sicuro che Sasaki non si sarebbe presentato e la mia mente volò ad anni prima, un tempo ormai lontano per molti annebbiato e vecchio ma per me ancora presente come lo vivessi in quel momento. Accarezzai distrattamente il mio petto, laddove spiccava rialzata la cicatrice lasciatami in quella notte senza tempo.
Dopo aver ucciso Masha, mia moglie, sotto ai miei occhi Sasaki aveva estratto il coltello sfregiando una delle due stelle a più punte simbolo della bratva incise sul mio petto. Lo smacco più profondo e umiliante che avessi mai vissuto in un’intera vita e a cui giurai vendetta. Una vendetta che purtroppo non mi era ancora stata concessa; avevo portato pazienza, Sergej voleva continuare i traffici con la Yakuza, ma dentro di me l’odio non si placava ma anzi ribolliva e infettava ogni parte del mio essere. Non mancava molto prima di arrivare come un giudice implacabile e annunciare la mia sentenza.
 
Spalancai la porta osservando gli uomini seduti alla grande tavola, notai subito l’assenza di Nikolai accanto a Sergej, la colmai io prendendo posto. Il vecchio bastardo si voltò a scrutarmi e io ricambiai con un sorrisino irriverente. Me l’avrebbe fatta passare come sempre, l’assenza del figlio era un chiaro segnale di quanto mi reputasse vitale per portare avanti la famiglia.
«Dimitri Cernenko a questo tavolo, quale sorpresa. Avevo circa dieci anni più di te quando mi fu permesso partecipare.» Osservai Jiho Lim, in Corea del Sud era uno dei più potenti chaebol, controllava partiti politici e persino alte cariche funzionarie. La mafia lì funzionava diversamente, ma il succo in fondo era sempre lo stesso.
«Non siamo nati tutti con le medesime capacità.» Scoppiò a ridere raucamente aspirando una boccata della sua sigaretta come se ne valesse della sua stessa vita.
«E’ strano sentirti parlare di capacità..» si stoppò un attimo, sapevo già dove volesse andare a parare il pezzo di merda. «Soprattutto dopo la notizia del carico di droga, come controlli i tuoi affari?» Una parte di me avrebbe semplicemente estratto la pistola piantandogli un foto dritto in fronte; Sergej restò in silenzio sorseggiando il suo liquore preferito.
«Non preoccuparti, quei soldi torneranno con gli interessi.» Poggiai le mani sul tavolo in legno sporgendomi verso di lui con un sorrisino mesto e il viso di Dasha si intromise negli anfratti della mia mente, l’avrebbe pagata e presto. E con lei Shura, a carissimo prezzo.
 
«Come pensi di compensare questa perdita, Dima?» Eravamo ormai rimasti soli nella grande sala, gli accordi erano stati siglati come ogni volta senza problemi e le casse della Bratva rimpinzate a dovere. Mi alzai sospirando, accarezzandomi il collo che sentivo contratto.
«Portandoti la prima testa che hai richiesto suppongo, Misha non vale quei soldi?» Inarcai un sopracciglio versandomi da bere, la sua risata riempì la stanza seguita dal suono della mano sbattuta con forza contro il tavolo.
«Non provocarmi Dimitri Cernenko, cinquantamilioni di dollari non sono caramelle.» Oh lo sapevo bene, era questo a darmi rabbia più di qualsiasi altra cosa. «Del prossimo carico se ne occuperà mio figlio Kolia.» Mi irrigidii per una frazione di secondo mettendomi a sedere di fronte a lui.
«Vuoi che si occupi di un mio lavoro?» Mi sorrise affabile, mi conosceva così bene da darmi sui nervi, lui sapeva quale fosse il modo peggiore per punirmi.
«Peggio di te non potrà fare sicuramente.» Sergej non avrebbe mai neppure lontanamente immaginato quanto quel momento incise sulla mia scelta di non aspettare la sua morte per ricevere la mia parte di eredità. Sorrisi annuendo mesto.
«Brindiamo allora.»
«A cosa?» Mi fissò furbamente, non era un uomo che potessi giostrarmi a mio piacere come il resto.
«Alla famiglia.» E alla morte di questa, a cominciare dal suo prezioso figlio.
 

 

Irina POV

 
Accostai la porta della mia camera tendendo l’orecchio, dal piano di sotto sentivo voci concitate e schiamazzi sospetti. Di recente mi ero resa conto di quanto la mia tempra si fosse irrobustita stando lì, mi sentivo probabilmente più coraggiosa o semplicemente consapevole, ero stanca di nascondermi come un topolino impaurito.
Scesi con cautela le scale e arrivando all’ultima rampa notai il gruppetto di uomini che riconobbi come membri della bratva accerchiare una delle ragazze. Ricordavo i suoi capelli così biondi da apparire quasi bianchi, ma non il nome. Mi ero rifiutata sempre di socializzare con loro, considerandole erroneamente complici di quella gente. Ma adesso vederla bistrattata da quegli uomini mi fece capire quanto fossimo tutte nella stessa barca.
«Che state facendo? Lasciatela andare, subito.» La mia voce provocò un silenzio generale, poggiai le mie iridi chiare su quel viso infantile osservando il rivoletto di sangue che macchiava il naso scendendo verso la bocca.
«Torna nella tua stanza, puttana.» Mi parlò in russo, aveva una stazza non indifferente e dei capelli rossicci portati quasi del tutto rasati. Scesi gli ultimi gradini afferrando la ragazza per il polso mettendola dietro le mie spalle.
«Vai a farti fottere.» Silenzio e poi un mucchio di risate ad accavallarsi tutte insieme, alcuni di loro beffeggiarono il Rosso per la mia presa di posizione. Non sembrò prendere bene quegli scherni afferrandomi per i capelli e gettandomi contro la poltroncina nella quale ricaddi, lo fissai fieramente senza mostrare paura.
«Lo dico sempre a Regina, queste puttane hanno bisogno di essere educate.» Mi schiaffeggiò con forza facendomi ricadere semidistesa, non cedetti tornando a raddrizzarmi.
«Probabilmente è l’unico modo che hai per convincere una donna a scopare con te.» Sorrisi asciugandomi il labbro spaccato e vidi nei suoi occhi il bagliore della rabbia, la ragazza a poca distanza piangeva senza sapere cosa fare avrei voluto dirle di andare via e stare tranquilla. Il russo slacciò la cinta, pensavo volesse violentarmi lì davanti a tutti ma quando sentii la cinghia rompere l’aria capii che la sua idea non era esattamente quella.
«Vediamo quanto ci mette quella bella pelle a spaccarsi.» Mi diede i brividi lungo tutto il corpo, provai a rialzarmi ma la cinghiata sulla coscia mi fece urlare obbligandomi a sedermi, non piansi fissandolo con odio. Quando il suo braccio tornò a sollevarsi ero già pronta alla botta di dolore ma una voce ben conosciuta mi fece sciogliere letteralmente sul posto costringendomi a fissarlo, bello e terrificante fermo lì sulla soglia.
«Cosa cazzo pensi di fare?» Dimitri sorrideva incredulo, le mani nelle tasche come se la scena a cui stava assistendo fosse surreale.
«Questa puttana mi ha mancato di rispetto.» L’uomo indietreggiò, nonostante fisicamente si somigliassero io percepii la sua paura. Potevo biasimarlo forse? Dimitri trasudava pazzia e violenza da ogni poro.
«Questa puttana potrebbe pure pisciarti in bocca se volesse, lo capisci?» La sua voce era dolce, pacata, come se stesse spiegando nozioni spicce a un bambino e io mi sentii stupidamente gratificata.
«Non prendo ordini da una fottuta donna, neppure se apre le cosce per te.» Sputò a terra proprio vicino ai miei piedi, mi ritrassi schifata e Dimitri annuì sporgendo appena le labbra.
«Capisco..» non vidi neppure la sua mano poggiarsi sul retro della cinta, vidi solo la pistola e lo sparo dritto sulla faccia del russo che ricadde con un tonfo a terra. L’urlo che sentii pensai fosse venuto da me, ma mi avvidi pochi secondi dopo che a farlo era stata la ragazzina adesso rannicchiata in un angolo. Soffocai la bile guardando a occhi sbarrati quell’angelo vendicatore. «Qualcuno ha altre domande?» Gli uomini scossero la testa indietreggiando e lui sorrise soddisfatto prima di guardarmi attentamente e farmi cenno di seguirlo verso il piano superiore.
Restammo in silenzio per tutto il tragitto e anche dentro la camera mentre lo guardavo togliersi la giacca e posare l’arma sopra la scrivania; avevo sentito Regina parlare con Indah quella mattina, sembrava che un carico di droga gestito da Dima fosse letteralmente esploso provocando ingenti danni economici, mi ero chiesta come l’avesse presa e adesso avevo la mia risposta.
«Perché sei venuto?» Non mi azzardai ad avvicinarmi fissando la sua schiena contratta.
«Non lo so, mi sei venuta in mente tu ed eccomi qui..» scrollò le spalle senza voltarsi e io colmai le distanze poggiandogli una mano al centro esatto della schiena, era bollente anche attraverso il tessuto della camicia, sentivo i battiti del cuore.
«Uno.. due..» contai ad alta voce senza rendermene conto finché non si voltò a fissarmi incuriosito, il sorriso che mi dedicò fece tremare le mie ginocchia. E non di paura.
«Avresti dovuto prendere la pistola, te l’avevo pure messa a portata di mano.» Guardammo entrambi l’arma abbandonata a pochi passo e io risi senza gioia.
«Magari ho perso la speranza di poter fuggire da te.»
«O magari non vuoi?» Inarcò un sopracciglio ma senza avvicinarsi, fui io a fare il primo passo stavolta allacciandogli le braccia al collo per arrivare alle sue labbra. Le trovai schiuse e pronte per me, capii quanto la sua frase non si discostasse poi molto dalla verità, lo volevo più di qualsiasi logica e ragione. Sapevo chi fosse e cosa volesse fare, sapevo quanto fosse pericoloso, instabile e persino folle. Un mostro lucido. Eppure..
Eppure i miei vestiti caddero ugualmente a terra, mi spogliai per lui mostrandomi per la prima volta nuda a un uomo, i suoi occhi mi gratificarono dell’attesa mentre con le dita tracciava una linea retta dal petto all’inguine strappandomi un brivido. Non si fermò lì, scese ancora tra le mie cosce, toccò parti di me che nessuno aveva fino a quel momento anche solo osato sfiorare, con le dita mi aggrappai alle sue spalle cercando un appiglio per non cadere mentre sentivo le gambe simili a gelatina. Il suo sorriso compiaciuto fu l’ultima cosa che vidi prima che cadesse in ginocchio ai miei piedi, e alle mani sostituisse le labbra mandandomi letteralmente a fuoco. Non c’era Misha, non c’era Shura, non c’era nessuno in quella stanza a parte noi due e il mio piacere. Un piacere che tramutava i miei respiri in gemiti.
«Cos’è che vuoi Irina?» Abbassai il capo incontrando i suoi occhi, così taglienti e fieri eppure stranamente ammorbiditi.
«Voglio te..» non riuscii a mentire, a rifiutarlo, seppi solo seguirlo su quel letto e lasciarmi guidare in quella danza che non conoscevo. Forse dopo quella notte avrebbe perso interesse per me, forse mi avrebbe uccisa come aveva fatto poco fa con quell’uomo, ma non riuscivo comunque a provare paura o disgusto. Guidò la mia mano verso la sua eccitazione, mi diede il giusto ritmo da seguire e scoprii quanto gratificante fosse sentirlo gemere contro il mio orecchio. Il mio ginocchio si piegò carezzando il suo fianco, le mie cosce s’allargarono accogliendolo e quando entrò dentro di me mi inarcai offrendomi a tutto quel dolore, desiderandone ancora. Forse era questa la verità, soffrire mi piaceva per questo mi stavo donando a lui mentre spinta dopo spinta prendeva non solo la mia verginità ma anche la mia anima. Un’anima che adesso sapevo sarebbe stata macchiata per sempre.
 
 

Dimitri POV

 
Mi rivestii in silenzio fissando la sagoma nuda sul letto, Irina vestita solo di bellezza e lenzuola dallo strano odore di lavanda. Il cellulare vibrò nella mia tasca, osservai il numero senza rispondere, sapevo già dove andare e la mia coscienza non ebbe il minimo cedimento mentre uscivo da quella stanza consapevole di stare per frantumare un pezzo del cuore di quella donna. Ero riuscito ad averla, pensavo mi sarei sentito sazio, pensavo l’avrei uccisa senza alcun dolore mentre dormiva, magari sparandole nel sonno per non farla soffrire ma la verità era che la mia anima non si sentiva ancora sazia, di lei, del suo corpo, del suo modo di graffiarmi la schiena e cedersi a me.
Quando arrivai la strada era pressoché deserta, non ebbi il tempo di muovere un altro passo che l’esplosione mi fece arretrare provocando un boato assordante che svegliò l’intera via facendo scattare centinai di allarmi. Guardai il camion ridotto in poltiglia, le fiamme si alzavano su fino al cielo e io ne seguii il cammino immaginando di vedere l’anima di Misha sollevarsi assieme a loro. Non sorrisi quando Yuri mi venne incontro, teneva tra le mani qualcosa di luccicante, di un verde abbagliante, che mi consegnò.
«Era l’anello che Misha portava al dito, dallo a Sergej gli farà piacere averlo.» Lo rigirai tra le mani annuendo, ne avevo uno identico in casa mia e lo stesso Shura.
«Shura ha distrutto il mio carico, e io il suo.. chi pensi abbia perso di più?» Yuri non mi rispose, ce n’era bisogno? Avevo regolato i conti a modo mio, l’unico modo concessoci in quella vita. «Sgombera la strada e fai andar via i ragazzi, la polizia sarà qui a momenti.» Diedi le spalle a quel panorama di morte sentendo voci concitate farsi sempre più vicine. Misha era morto da solo, senza le persone che amava, esattamente come volevo e come pensavo meritasse.
 
 

Nadja POV

 
Un sordo bussare mi svegliò di soprassalto, scesi dal letto dirigendomi cautamente verso la porta e dallo spiraglio vidi l’inimmaginabile: Dimitri Cernenko.
Dopo quella farsa del nostro patto non si era più presentato, eppure vedevo ogni giorno i suoi uomini darsi il cambio dall’altro lato della strada per tenermi d’occhio. Aprii la porta fissandolo senza gioia, mi feci da parte per farlo passare senza neppure accendere le luci.
«Ti ho portato una cosa, penso dovresti averla tu.» Aggrottai la fronte osservandolo lanciarmi un oggetto che presi tra le mani, quando le schiusi riconobbi l’anello di Misha e mi fu tutto chiaro.
«Dimmi che non è vero.. ti prego.» Le ultime parole si sciolsero nelle lacrime mentre scuotevo il capo sentendo la mia vita distruggersi in mille pezzi.
«E’ morto bene, non preoccuparti, ho fatto esplodere il camion che lo avrebbe portato da Shura, sono quasi sicuro non abbia sentito nulla.» Le mie gambe non ressero, sentivo la bile pronta a schizzarmi fuori in fiotti di vomito. Si era sentita così Sophia quando aveva scoperto chi erano davvero i due uomini della sua vita? Era quel tipo di dolore che l’aveva fatta abortire come Shura aveva sempre temuto? Mi tenni il ventre e un tonfo accanto a me mi distrasse, osservai la corda che Dimitri mi aveva lanciato.
«Le travi di questa casa sono robuste, ti consiglio di farlo alla svelta.. o vuoi crescere un figlio bastardo e senza padre?» Strinsi la corda tra le dita restando in ginocchio pure quando sentii la porta chiudersi restando sola col mio dolore. Mi alzai a fatica annaspando alla ricerca di aria, e guardai involontariamente il soffitto, l’idea di impiccarmi non divenne un semplice pensiero fugace ma un vero e proprio bisogno viscerale. Lo specchio mi rimandò il mio riflesso e con esso il ventre gonfio che toccai, mi aggrappai letteralmente a esso con le mie dita. Se c’era una motivazione per vivere l’avevo appena trovata, e con essa l’idea di uccidere Dimitri Cernenko.
 
 

 

Aleksandr POV

 
Le tre di notte dicono sia un orario infausto, non ho mai creduto a queste cazzate eppure quando il cellulare squillò il mio cuore sembrò attorcigliarsi dolorosamente. Avevo come la sensazione di un buco nero all’altezza dello stomaco, sentii Sophia agitarsi accanto a me sgusciando fuori dal letto per fissarmi nella penombra mentre afferravo il cellulare e ascoltavo la voce dall’altro capo del telefono. Non credo di poter spiegare esattamente ciò che provai in quel preciso momento, era come se fossi stato annullato, sterminato, asfaltato al suolo in un bagno di sangue: il suo. Non riuscivo a respirare, ne sentivo il sapore ferroso in gola, come se mi ostruisse senza possibilità di fuga. Non stringermi così forte Misha, ti prego, non riesco a respirare..
«No.. no.. NO NO NO NO NO.» Le urla di Sophia ero sicuro avessero superato la barriera del suono mentre la guardavo accasciarsi al suolo e mettersi carponi tremando come se avesse le convulsioni, per la prima volta nella mia vita non riuscii ad andare da lei e consolarla perché cercavo disperatamente di non scivolare io per primo nel baratro. Lo sentii sotto i miei piedi, sprofondavo e le ombre mi avvolgevano. Come un automa andai in cucina afferrando il martello dentro al cassetto dirigendomi di nuovo nella stanza, ignorai la vocina di mio figlio senza captare neppure le parole iniziando a distruggere il pavimento finché l’angolo sinistro non fu totalmente dissestato. Lì sotto giacevano conservate le mie armi, afferrai una pistola caricandola con gesti secchi e automatici e quando la poggiai al pavimento, finalmente, le mie urla proruppero liberando tutto il male. Non esisteva vita, o quotidianità, o gioia o quieto oblio senza Misha, semplicemente.
 

I mean, they say you die twice.
One time when you stop breathing and a second time, a bit later on,
when somebody says your name for the last time.

 
  
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