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Autore: evelyn80    25/02/2020    10 recensioni
La prima lezione del nuovo corso di chitarra sta per cominciare, e il maestro Luca si ritrova ad affrontare una classe di piccoli demonietti per niente interessati a starlo a sentire. Per catturare la loro attenzione farà ricorso a ciò che sa fare meglio: suonare la chitarra.
Quarta classificata al contest “il contest delle prime volte” indetto da inzaghina.EFP sul Forum di EFP.
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Luca'
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Dieci piccoli satanassi

 

 

Luca percorse correndo, rischiando di scivolare per via della pioggia, l'ultimo tratto di marciapiede che lo separava dalla scuola di musica, la custodia della Stratosambora che gli sbatteva pesantemente contro il fianco.
Era in ritardo, terribilmente in ritardo. A metà strada tra casa sua e la Factory Music aveva forato una gomma, ed era stato costretto a sostituirla sporcandosi di fango e grasso. Una volta terminata l'operazione era ridotto in uno stato così pietoso che era stato obbligato a tornare indietro per cambiarsi da capo a piedi.
Spalancò l'uscio con veemenza, venendo investito da una marea di vocine acute e schiamazzanti provenienti da una delle aule in fondo al corridoio. Per un attimo rimase interdetto, poi si sbatté una mano sulla fronte. Quel giorno iniziava il nuovo corso di chitarra e lui se ne era completamente dimenticato!
Dalla porta aperta della stanza giunse una voce femminile che urlava, sforzandosi di sovrastare le vocette infantili. Marilena, la segretaria della scuola di musica, tentava di tenere a bada quel branco di piccoli demonietti alle prese con la loro prima lezione.
«Bambini, vi prego, state calmi! Mettetevi seduti, per favore! Il maestro Luca arriverà da un momento all'altro!».
Dopo essersi ravvivato la lunga zazzera di capelli biondo scuro, il ragazzo si incamminò a passi svelti lungo il corridoio, arrivando davanti alla porta giusto in tempo per vedere un bambino di circa dieci anni in piedi sulla propria seggiola, intento a imitare un assolo di chitarra. Muovendosi bruscamente, il ragazzetto fece sbilanciare la sedia e, se Luca non fosse stato lesto ad acchiapparlo al volo, sarebbe finito lungo disteso sul pavimento, rischiando di farsi male sul serio.
«Ehi, giovanotto, stai attento, oppure finirai dritto al pronto soccorso».
Il bambino rispose con una scrollata di spalle e corse via, liberandosi agilmente dalla sua stretta.
«Finalmente sei arrivato. Come mai così in ritardo?», chiese la segretaria, fissando curiosa il ragazzo al suo fianco.
«Ho forato», rispose Luca, fissando con un cipiglio scherzoso i bambini che li circondavano. Sembravano un gregge di caprette uscite per la prima volta dal loro recinto. Soltanto uno, un po' cicciottello, si era seduto in disparte e guardava i compagni di sottecchi, come se si sentisse a disagio per il comportamento assunto dai propri simili.
Il giovane maestro stava giusto pensando a quanto quel ragazzino gli ricordasse se stesso alla sua età quando fu colpito da una palla di carta in piena faccia: due delle piccole pesti avevano trovato un quaderno pentagrammato abbandonato in un angolo della stanza e avevano preso a strapparne le pagine per farne proiettili, muovendosi come se stessero lanciandosi l'un l'altro delle granate esplosive.
Marilena si coprì gli occhi con la mano, sospirando. «Oh, poveri noi...», disse scrollando il capo.
«No... povero me! Sono io che devo fare lezione in quest'aula», replicò Luca, guardandosi poi teatralmente attorno.
«Cosa stai cercando?», chiese la segretaria, inarcando le sopracciglia.
«Il mogway».
«Il... cosa?».
«Hai presente quel film... “Gremlins”?». Marilena scosse la testa e Luca continuò. «Il mogway era un animaletto peloso che, se lo bagnavi, sputava fuori dei mostriciattoli verdi chiamati gremlins che distruggevano tutto quello che incontravano. Se non sono gremlins questi...», concluse, facendo un ampio cenno con la mano a indicare il gruppo di ragazzini schiamazzanti. *1
La segretaria scoppiò a ridere e gli diede una pacca sul braccio. «Buona fortuna, Luca, e buona lezione».
Una volta rimasto solo, il giovane posò la chitarra sulla cattedra e si voltò a guardare la sua nuova classe. Si trattava di una decina di bambini, principalmente maschi, di età compresa tra gli otto e i dieci anni. L'età giusta per iniziare ad apprendere l'utilizzo di uno strumento. Ma per fare una cosa del genere innanzi tutto occorreva quiete. Lui adorava i bambini, ma questo gruppo era decisamente troppo scalmanato per i suoi gusti.
Trasse un profondo respiro e gridò: «Silenzio!», sbattendo la mano sul piano di formica della cattedra. I bambini sobbalzarono e si fermarono di botto, immobilizzandosi nelle posizioni che avevano assunto come nel gioco delle belle statuine. Il fatto, però, che Luca avesse una voce simile a quella di un chipmunk, acuta e leggermente nasale, non fu per niente d'aiuto. I ragazzetti, infatti, dopo averlo guardato per qualche secondo con gli occhioni sgranati, si misero a ridere e ripresero a combinare pasticci dal punto esatto in cui si erano fermati. *2
Il giovane sospirò. Per l'ennesima volta si ritrovò a invidiare il vocione forte e potente del suo amico Fausto. Peccato che quel giorno, però, il cantante non avesse lezioni alla Factory Music, e quindi non poteva ricorrere al suo aiuto.
Doveva assolutamente inventarsi qualcosa, oppure la prima lezione di chitarra per quella piccola classe di satanassi sarebbe diventata anche l'ultima. Si voltò verso la cattedra e, alla vista della custodia della Stratosambora, gli venne un'idea.
Prese la chitarra con gesti lenti e misurati, quasi con devozione, e se la mise a tracolla; la collegò a un amplificatore e mise il volume al massimo. Tolse di tasca il plettro metallico e lo strofinò sulle corde, traendone un fortissimo accordo in do maggiore che immobilizzò di nuovo i bambini. Alcuni, addirittura, si tapparono le orecchie e chiusero gli occhi, rannicchiandosi su se stessi.
Luca non si lasciò impietosire e, dopo un altro fortissimo accordo, si lanciò nell'assolo di “Hotel California” degli Eagles, facendo vibrare la Stratosambora delle bellissime note della canzone. *3
I ragazzini sgranarono gli occhi, e quelli che si erano coperti le orecchie tolsero lentamente le mani. Rimasero ad ascoltare, incantati, il maestro che faceva scorrere le dita sulle corde. Rapiti, quasi ipnotizzati dalla musica.
Quando Luca si rese conto di aver ottenuto la loro completa attenzione, concluse l'esibizione con un ultimo, terribile accordo graffiante che li fece gridare dallo spavento.
«Avete sentito, bambini, come possono essere diverse le stesse note se suonate in maniera diversa?».
La sua domanda cadde nel vuoto. I ragazzetti lo fissarono sconcertati, senza riuscire a capire dove volesse andare a parare.
«Anche voi siete un po' come la mia Stratosambora», riprese, carezzando distrattamente la chitarra. «Finora avete fatto questo...», e mosse il plettro sulle corde traendone l'ennesimo accordo spacca timpani, «ma ora che siete fermi ad ascoltarmi siete così». Le note divennero di nuovo dolci e delicate, a tratti quasi impercettibili.
Le piccole bocche si spalancarono, meravigliate, e Luca sorrise.
«Vi va di imparare come si suona una chitarra?», chiese, lasciando vagare lo sguardo e soffermandolo infine sul bambino cicciottello, timido e impacciato in fondo alla stanza. Gli rispose un coro di sì. «Allora prendete le vostre sedie e venite qui vicino a me», concluse, scollegando la Stratosambora dall'amplificatore e riponendola accuratamente nella custodia.
I suoi piccoli alunni obbedirono e, finalmente, la prima lezione di chitarra poté iniziare.


Al termine dell'ora, i bambini si alzarono schiamazzando dalle loro sedie e corsero dai genitori, raccontando la loro prima esperienza alla scuola di musica con l'entusiasmo tipico della loro giovane età. Solo il più timido rimase indietro, raccogliendo impacciato le proprie cose e riponendole con cura nello zainetto.
Luca gli si avvicinò. «Allora, campione, ti è piaciuta questa prima lezione?».
Il bambino alzò a malincuore lo sguardo su di lui, le guance in fiamme per la vergogna. Mosse lentamente il capo in un cenno affermativo prima di decidersi a dire, con un filo di voce: «È stata mia mamma a obbligarmi a venire, però, perché dice che studiare uno strumento musicale può aiutarmi a superare la timidezza».
Il giovanotto sorrise. «Tua mamma ha ragione. Anch'io ero come te, da piccolo, sai? E anch'io ho imparato a suonare la chitarra proprio per diventare più sicuro di me».
Il ragazzino lo fissò, incredulo, come se gli sembrasse impossibile che il suo maestro – quell'uomo così alto, magro e divertente – fosse stato un tempo un ragazzino timido, impacciato... e ciccione.
«I miei compagni di classe mi chiamavano “Ciccio Bomba Cannoniere” e mi prendevano sempre in giro», riprese Luca, fissando il suo piccolo alunno negli occhi. «Quando tornavo a casa dopo la scuola ero sempre triste e sconsolato. Allora passavo davanti al negozio di musica e mi fermavo a guardare le chitarre in vetrina, dicendomi che da grande sarei diventato un famosissimo chitarrista rock».
Il bambino lo guardava a occhi sgranati. «E ce l'hai fatta?», chiese pieno di curiosità.
Luca pensò alla Tribute Band in cui suonava e sorrise. «Non sono famoso come Brian May... ma mi accontento». Lo sguardo incerto del ragazzino lo fece scoppiare a ridere. «Non sai chi è Brian May, vero?», chiese, e per risposta ottenne un cenno negativo. «Allora, nella prossima lezione ti farò sentire qualcosa di suo», concluse, dandogli una leggera pacca sulla spalla. «A proposito, come ti chiami?».
«Alessandro», rispose il bambino.
«Bene, Alessandro, ci vediamo giovedì. E, mi raccomando, in gamba eh?».
Il ragazzino annuì ma, prima di correre via verso sua madre che lo aspettava all'ingresso, si arrischiò a fare un'ultima domanda al suo maestro.
«Maestro Luca, ma se anche tu da piccolo eri ciccione come me, come hai fatto a dimagrire?».
Il giovanotto rise di nuovo. «Vedrai che tra qualche anno, con lo sviluppo, diventerai altissimo e magrissimo, come me!». Tenne per sé il fatto che fumasse quasi un pacchetto di sigarette al giorno: quello non era certo un metodo di dimagrimento da consigliare a qualcuno.
Con un ultimo cenno della mano Alessandro raggiunse la madre e uscì dalla scuola, lasciando Luca in compagnia di Marilena.
«Non so come, ma sei riuscito a catturare la loro attenzione. Bravo, Luca!», si complimentò la segretaria.
Il giovanotto si schermì con un cenno. In fondo, gli era bastato immedesimarsi in Alessandro e pensare alla sua prima lezione di chitarra, quando era ancora un bambino di dieci anni.

 

 

Spazio autrice:
Eccoci alla fine di questa piccola shot dedicata al mio OC, Luca. Devo ringraziare inzaghina.EFP per il suo contest, che mi ha permesso di rispolverarlo dal cassetto dove lo avevo riposto mentre scrivevo su fandom diversi :-)
Mi sento in dovere di dare alcune spiegazioni su di lui, per consentire sia alla giudice che agli altri lettori di inquadrare un po' questo personaggio senza andarsi a leggere le storie che lo vedono come protagonista, e che potete trovare nel mio profilo nella serie chiamata, appunto, “Luca”.
Luca è un giovane uomo di circa 35 anni, chitarrista in una Tribute Band insieme al suo migliore amico Fausto (il cantante), suo fratello Mirko al basso e Andrea alla batteria. Per sbarcare il lunario fa diversi lavoretti, tra cui l'insegnante di chitarra in una scuola di musica. Adora i bambini e, soprattutto, adora la sua chitarra elettrica, una Fender Stratocaster “Richie Sambora” che lui ha ribattezzato
Stratosambora. Prima di diventare un bel giovanotto alto, magro, biondo e con gli occhi verdi è stato un ragazzino timido e cicciottello. Per vincere questa sua timidezza ha iniziato a studiare chitarra all'età di dieci anni.
Ovviamente non è senza difetti. A parte quelli fisici (ha un nasone importante, gli incisivi da scoiattolo e la voce da Alvin) è anche una sorta di donnaiolo. Infatti, in tutte le storie che ho scritto su di lui, ha sempre a che fare con ragazze diverse (anche se in una ha un rapporto omosessuale) e la maggior parte di queste storie sono tutte a rating rosso e prettamente erotiche. Questa shot è quindi un'eccezione, che sono stata felicissima di scrivere.
Infine, ultima annotazione: il titolo è un vago riferimento (solo per assonanza) al titolo del libro di Agatha Christie “Dieci piccoli indiani”.
Spero di aver reso le cose abbastanza chiare. Vi lascio alle note numerate nel testo.
*1 – “Gremlins” è un film statunitense del 1984 diretto da Joe Dante, in cui un animaletto peloso chiamato mogway, se non si rispettano determinate regole di comportamento nei suoi confronti (per esempio non bagnarlo, non dargli da mangiare dopo la mezzanotte ecc) produce, come in una sorta di riproduzione asessuata, altri esserini simili a lui però malvagi. Quando i nuovi animaletti vengono nutriti dopo la mezzanotte, questi subiscono una specie di metamorfosi che li trasforma in creature orribili chiamate appunto gremlins.
*2 – I chipmunks sono una razza di scoiattoli del Nord America, divenuti famosi grazie al gruppo musicale – e alla serie a cartoni animati – “Alvin and the Chipmunks”. Le loro voci sono acute e leggermente nasali, in quanto registrate da doppiatori che parlavano in modo più lento del normale per poi accelerare le registrazioni alla velocità doppia.
* 3 – “Hotel California” è una bellissima canzone degli
Eagles del 1976, il loro cavallo di battaglia in effetti. Potete ascoltarla qui: https://www.youtube.com/watch?v=EqPtz5qN7HM

 
  
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