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Autore: DanilaCobain    26/02/2020    0 recensioni
A pochi mesi dalla rottura con il fidanzato, Sveva torna in Italia per lavoro dopo aver vissuto a lungo a New York. Si aspetta di trovare un po' di tranquillità e riposo dalla vita frenetica newyorkese ma deve presto ricredersi. Suo fratello Enrico, calciatore professionista, è determinato a farle trascorrere un'estate indimenticabile tra festini, serate in barca, vacanze improvvisate insieme ai suoi compagni di calcio, compreso Kieran, l'uomo più arrogante che Sveva abbia mai conosciuto. Tra i due è odio a prima vista. Kieran non sopporta l'aria saccente di Sveva, Sveva detesta i modi di fare di Kieran. Enrico non ha nessuna intenzione di rinunciare al suo migliore amico né tantomeno ai suoi piani per la sorella. Di tempo insieme ne passeranno parecchio e chissà che dietro tutto quel disprezzo possa nascondersi qualcosa di più potente.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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I ramoscelli del platano erano carichi di foglioline verdi, tenere e gioiose, e oscillavano languidi all’insinuarsi del vento. Sveva, seduta in auto, li fissò per un po'. Dentro di lei si agitava un vento ben più forte.
La mattina era stata proficua; con il professor Turriani aveva cominciato a lavorare sul piano di studi ed era stata nella clinica dove avrebbe lavorato per tutto il semestre milanese, dove aveva conosciuto i suoi nuovi colleghi.
Non era andata altrettanto bene nel pomeriggio, quando aveva sentito le sue amiche e colleghe newyorkesi e inevitabilmente erano finite a parlare di Logan. Lo avevano visto in ospedale con la sua nuova fiamma nel reparto di ginecologia, e, fatte alcune domande in giro, erano venute a sapere che la coppia molto probabilmente aspettava un bambino.
Quella notizia l’aveva devastata. Prima che Logan la lasciasse dicendole che si era innamorato di un’altra le aveva chiesto di sposarlo. Credeva che sarebbero stati insieme per sempre, che avrebbero avuto dei figli e sarebbero invecchiati in una casa in campagna, come avevano sognato più e più volte. Sveva non si era accorta di niente, solo nelle ultime settimane era diventato distratto e scostante ma lei credeva che fosse a causa dello stress per i preparativi e le decine di cose da fare in vista del matrimonio. Così, quando una mattina Logan le aveva detto che non l’amava più le era crollato il mondo addosso.
Si era colpevolizzata, aveva passato giorni davanti allo specchio a chiedersi dove avesse sbagliato, cosa avesse l’altra donna che lei non era stata in grado di dare a Logan. Poi aveva deciso di reagire, non era colpa di nessuno se i sentimenti di Logan per lei erano svaniti. Ma al lavoro lui era sempre presente, sempre felice, e lei sempre più triste, con il cuore a pezzi e una casa vuota che era diventata la sua gabbia. Per questo aveva accolto di buon grado la proposta del professor Turriani, per riuscire a respirare di nuovo.
Erano trascorsi solo sei mesi… e già aspettavano un bambino. Il dolore che con un lavoro meticoloso era riuscita a contenere aveva rotto gli argini e l’aveva riempita tutta. Asciugò con delicatezza una lacrima scappata via e scese dall’auto che le aveva prestato Enrico, una delle tante che possedeva. Aveva promesso al fratello che ci sarebbe stata a questa festa e poi sentiva proprio il bisogno di tenere la mente occupata da altro.
L’appartamento del fratello era situato al centro di Milano, al terzo piano di un palazzo antico. Enrico ci viveva da solo e aveva chiesto a Sveva di stare da lui ma lei aveva preferito tornare nell’appartamento di famiglia, vuoto perché i genitori ormai vivevano stabilmente in un casolare nella val d’Orcia.
Grande, luminoso e dotato di ogni genere di comfort, l’appartamento di Enrico rispecchiava la sua personalità, sempre attenta alle ultime tendenze in fatto di moda e tecnologia.
Ad aprirle la porta fu Kieran. Sveva non si aspettava di trovarlo lì. La guardò con quei grandi occhi neri fieri e decisi, accennò un saluto e si spostò per lasciarla entrare.
Il salone era in stile minimal, un mobile basso con il ripiano in vetro su cui poggiava un televisore gigantesco che occupava tutta la parete, un divano altrettanto grande di fronte e a terra un soffice tappeto e un tavolino. Alle pareti c’erano foto di Enrico con i vari trofei vinti e qualcuna della famiglia. Sveva si guardò intorno. Non c’era traccia del fratello e in casa era tutto silenzioso. Chiese dove fosse Enrico.
«È andato via poco fa. Mi ha chiesto di aspettarti e portarti alla festa.»
«Ah. Non c’era bisogno di lasciarti qui ad aspettarmi, avrebbe potuto mandarmi l’indirizzo e sarei andata da sola.»
«Non ne dubito» rispose Kieran sarcastico. «Se ti ripugna così tanto stare in macchina con me puoi seguirmi con la tua. Sempre se sai guidare.»
Le passò accanto per prendere il giubbotto poggiato sul divano. Lei osservò le sue spalle larghe ricurve sul divano alzarsi e rimanere per qualche secondo così. Quell’atteggiamento ostile da parte di entrambi non avrebbe portato da nessuna parte. Avrebbe preferito di gran lunga andare con la sua macchina, ma decise di andare con Kieran. Tuttavia, quella sarebbe stata l’ultima volta. Lui continuava a lanciarle frecciatine offensive e non credeva di meritarsele. Quando lui si voltò, Sveva lo guardò dritto negli occhi.
«Questo è il tuo atteggiamento abituale o io ti sto particolarmente antipatica?»
«Il mio atteggiamento è una conseguenza del tuo.»
Nessuno dei due osava spostare o abbassare lo sguardo, era una sfida. Kieran era imperturbabile, le labbra rosee rimanevano serrate. Una ciocca di capelli sfuggì selvaggia davanti al volto. La riportò dietro l’orecchio con gesto sicuro, continuando a guardare Sveva.
«Non mi sembra di averti offeso in qualche modo. Invece tu continui a farlo, da ieri nella boutique…»
«Ieri nella boutique volevo solo sistemare le cose» la interruppe Kieran, facendo un passo verso di lei.
«Beh, hai sbagliato modo. Non è tirando fuori il portafogli che si risolvono le cose. C’è una cosa chiamata educazione che evidentemente tu non hai.»
Kieran fece un altro passo, il pugno della mano serrato, gli occhi fiammeggianti. «Ora chi è che sta offendendo? Ma no, Miss Perfettina non sbaglia mai.»
«Kieran, ascolta…»
«No, adesso mi ascolti tu. Mi hai dato del cafone, del maleducato e pretendi che io ti chieda scusa per qualcosa che non ho reputato offensivo nel momento in cui l’ho fatto?» era a pochissimi centimetri dal suo volto. «Scordatelo.»
Sveva sentiva il suo profumo, non distolse gli occhi da quelle pozze nere che scintillavano di collera e avvertì un brivido correrle lungo la schiena. Sentì la sua fermezza che vacillava.
«Non dobbiamo per forza essere amici o andare d’accordo…» incespicò nelle parole, deglutì e si umettò le labbra secche, sbatté le palpebre e interruppe il contatto visivo, sentendo venir meno il respiro. Si passò una mano tra i capelli e fece un passo indietro.
«Tuo fratello però vorrebbe che lo fossimo.»
«Allora proviamoci. Mettiamo da parte questa…» gesticolò, indicando sé stessa e lui, «antipatia e ricominciamo da qui.»
Kieran sembrò rifletterci. Indossò il giubbotto e infilò le mani in tasca. Le sue labbra si incurvarono all’insù e negli occhi balenò uno scintillio divertito.
«Guidi tu?»
Anche Sveva sorrise un poco. «Andiamo con la mia macchina?»
«Per forza. Avevo dimenticato di aver dato le mie chiavi a Enrico.»
Si avviò verso la porta e uscì, seguito da Sveva. Mentre chiudeva la porta lei gli disse: «Pensavo che mi stessi facendo una carineria chiedendomi di guidare.» E questa volta non era né offesa, né sarcastica.
Kieran scoppiò a ridere. La guardò e scosse la testa, agitando i capelli lunghi fino al collo che quel giorno aveva lasciato sciolti. «Io non sono mai carino, sono solo un cafone coi soldi.»
Si avviò per le scale e Sveva lo seguì, afferrandolo per un braccio per farlo fermare. Era la seconda volta che sottolineava quella parola. Era evidente che bruciasse più di quanto Sveva potesse aver immaginato. Se dovevano provare a instaurare un qualche tipo di rapporto era necessario chiudere quella questione una volta per tutte.
Lui si voltò a guardarla, l’aria interrogativa ma assolutamente priva di scherno o nervosismo.
«Ascolta, io volevo chiederti scusa per averti detto quelle cose nel negozio.»
«Grazie.»
Continuò a scendere e Sveva lo seguì. Si udiva solo il rumore dei loro passi e qualche voce provenire dagli appartamenti, note delicate che uscivano da un pianoforte, l’abbaiare di un cane e l’imbarazzo di Sveva. Perché lei era così imbarazzata che pensava fosse percepibile anche dagli inquilini dietro le loro porte. Aveva parlato a sproposito nel negozio, presa dalla rabbia, e aveva ferito una persona che in fondo in fondo non aveva colpa; l’unica vera cafona era stata Evangeline.
Fece per parlare, per spiegargli che era rammaricata davvero ma una volta fuori lui l’anticipò.
«Voglio chiederti scusa anche io per tutto quello che è successo, anche per il comportamento di Eve.»
«Scuse accettate.» Sorrise a Kieran e si avviò alla macchina. «Ci sarà anche lei stasera?»
«È partita, starà via per un po’. Ora dammi le chiavi, guido io. Siamo già in ritardo.»

 
Buon pomeriggio!
Siamo giunti finalmente ad un confronto tra Sveva e Kieran. Cosa pensate che accadrà alla festa?
Voglio ringraziare di cuore chi sta seguendo la storia e l'ha inserita tra le seguite/ricordate/preferite, grazie davvero!
Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo,
al prossimo aggiornamento. <3

Danila
   
 
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