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Autore: Soul Mancini    26/02/2020    6 recensioni
[Soulmates!AU - Slash/Steven (perché loro sono i soulmates per eccellenza ♥)]
Distolse lo sguardo e scosse il capo: forse gli ricordava qualcuno, chissà. Non era importante.
Allora perché, quando quel ragazzino ruzzolò a terra con violenza e si trovò disteso tra la polvere, il cuore di Saul fece un balzo? Perché un brivido di terrore gli increspò la pelle, nonostante il caldo? Non lo conosceva, che gli interessava se quel biondino era finito a terra?
Eppure nel giro di un istante si ritrovò lì, accanto a lui, e poco gli importava che le persone tutt’attorno lo stessero fissando stranite; gli si inginocchiò a fianco, col cuore in gola, e sgranò gli occhi nel notare che un piccolo rivolo di sangue si era intrecciato alle ciocche chiare dello sconosciuto.
- TERZA CLASSIFICATA al contest "Elements" indetto da LiHuan.85 e valutato da Dark Sider sul forum di EFP.
- Partecipa alla "Infinity Prompt Challenge" indetta da HarrietStrimell sul forum di EFP.
Genere: Fluff, Hurt/Comfort, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash | Personaggi: Slash, Steven Adler
Note: Soulmate!AU | Avvertimenti: nessuno
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Stevash
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Passeggiava e lasciava ondeggiare le ciocche ricce e scure sulle spalle e la schiena, coperte soltanto da una maglietta nera in cotone. Si ostinava a non legare i capelli ribelli e indomabili, nonostante la pressante afa di agosto che gli incollava i vestiti alla pelle e gli imperlava la fronte di piccole goccioline.
Saul non ci faceva caso, mentre camminava col cono gelato stretto tra le dita e un piccolo rivolo di crema che gli colava sul mento.
La strada polverosa, dalla quale si levava la calura accumulata nel pomeriggio, pullulava di ragazzi come lui, che giocavano tra loro, si rincorrevano e si sbucciavano le ginocchia. Divisi tra il desiderio di apparire grandi e quello di lasciarsi andare agli ultimi barlumi dell’infanzia.
Mentre il ragazzino si portava una ciocca di capelli dietro l’orecchio, giusto per darsi un tono, il suo sguardo venne attirato da una figura che non aveva mai visto prima: si trattava di un ragazzo all’incirca della sua età, col volto incorniciato da una cascata di capelli dorati e una maglietta bianca addosso.
Non poteva essere più diverso da lui, eppure Saul avvertì una scossa non appena i suoi occhi si posarono sul biondo che si faceva largo per la via sul suo skate, schivando qualche persona che gli saettava di fronte.
Distolse lo sguardo e scosse il capo: forse gli ricordava qualcuno, chissà. Non era importante.
Allora perché, quando quel ragazzino ruzzolò a terra con violenza e si trovò disteso tra la polvere, il cuore di Saul fece un balzo? Perché un brivido di terrore gli increspò la pelle, nonostante il caldo? Non lo conosceva, che gli interessava se quel biondino era finito a terra?
Eppure nel giro di un istante si ritrovò lì, accanto a lui, e poco gli importava che le persone tutt’attorno lo stessero fissando stranite; gli si inginocchiò a fianco, col cuore in gola, e sgranò gli occhi nel notare che un piccolo rivolo di sangue si era intrecciato alle ciocche chiare dello sconosciuto.
“Ehi, amico, va… va tutto bene?” balbettò, sporgendosi per osservarlo in viso.
Lui si rigirò appena, mettendosi supino; gli lanciò un’occhiata attraverso le palpebre socchiuse e gli rivolse un sorriso – il sorriso più bello che Saul avesse mai visto, luminoso come il sole di agosto.
Il moro si sentì morire senza sapersi però spiegare quella sensazione che stava provando. Era come se qualcosa dentro di lui si fosse spezzato, come se una barriera fosse crollata, e non aveva assolutamente senso.
“Occhio con quel gelato, mi sta sgocciolando addosso” commentò il biondo in tono allegro, per poi lasciarsi sfuggire una breve risatina. Fece leva sui gomiti e si rimise seduto a fatica, reprimendo un capogiro.
Saul intanto era arrossito e aveva abbassato lo sguardo sul suo cono gelato che si scioglieva inesorabilmente e gli colava tra le dita.
Ah, al diavolo.
Scaraventò la sua merenda a terra e, in preda alla preoccupazione, posò entrambe le mani sul petto del biondo nel tentativo di farlo nuovamente sdraiare, ma finendo solo per impiastricciargli anche la maglietta di gelato. “Stai giù, non ti alzare, potrebbe essere pericoloso! Tu stai sanguinando e… e…”
“Sto bene” lo interruppe l’altro, intenerito dal suo balbettare. Gli prese una mano e gliela strinse. “Piacere, sono Steven” si presentò con entusiasmo, aprendosi in un contagioso sorriso – Saul non poté fare a meno di notare le fossette che comparvero sulle sue guance paffutelle.
Il moro riuscì soltanto a biascicare il suo nome, prima che lo sguardo gli cadesse nuovamente sulla scia di sangue che si stava asciugando rapidamente sui capelli di Steven. “Senti, dobbiamo andare al pronto soccorso, hai preso un brutto colpo in testa. Ti fa male da qualche altra parte?” gli domandò in tono sommesso, stringendogli più forte la mano senza neanche farci caso.
“No, non mi fa male per niente” mormorò in tutta risposta Steven; solo allora si rese conto del fatto bizzarro che era appena capitato.
Aveva sentito un dolore atroce quando aveva battuto la testa al suolo, era rimasto stordito per alcuni istanti e la vista gli si era appannata, era sicuro che sarebbe svenuto. Ma da quando Saul si era avvicinato a lui, quella sensazione si era attenuata fino a scomparire del tutto, nel momento in cui le loro mani si erano strette.
Era come se avesse scacciato via il suo dolore.
Si morse il labbro mentre faceva delicatamente ruotare la mano di Saul – ancora stretta alla sua – fino a scorgere l’interno del polso. Proprio in quel lembo di pelle era impresso un piccolo e semplice 13 in inchiostro rosso.
Il suo cuore perse un battito mentre tornava a puntare i suoi occhi gonfi di emozione sul viso di Saul.
Quest’ultimo piegò appena il capo di lato con aria interrogativa.
“Io ho tredici anni. E anche tu ne hai tredici, vero?”
Gli occhi scuri di Saul si sgranarono. “Come fai a sapere che…?”
Ma le parole gli morirono in gola quando Steven sciolse la stretta delle loro mani e gli mostrò il suo polso, marchiato dallo stesso identico 13. “Siamo… noi siamo anime gemelle, Saul.”
“Stronzate, non esistono le anime gemelle” sbottò l’altro, allontanandosi spaventato. Quella faccenda non gli piaceva, Steven doveva avere una commozione cerebrale e probabilmente stava delirando… e poi perché quelle due piccole cifre, che aveva sempre portato sulla pelle ed erano sempre state nere, improvvisamente si erano tinte di rosso?
Ma soprattutto, come poteva spiegare quella sensazione di completezza e pace che provava accanto a Steven?
No, questa faccenda non gli piaceva, decisamente.
Il biondo, vedendolo così titubante, gli rivolse un sorriso rassicurante. “Io ci sono nato, con questo tatuaggio. Anche tu, vero?”
“Smettila, non ci conosciamo” ribatté Saul in tono duro. La gola gli si era seccata all’improvviso.
“Ci siamo sempre conosciuti. È tutta la vita che ti aspettavo, Saul, e so che per te è lo stesso. Non credi nelle anime gemelle, Saul?” proseguì Steven, sempre più entusiasta. Improvvisamente era così felice che gli veniva voglia di piangere, l’incidente di poco prima era già dimenticato e ora contava solo l’impulso di stringere quel ragazzo a sé e non lasciarlo più andare.
Ma Saul scattò in piedi e gli rivolse un’occhiata glaciale, sperando che il suo cuore non stesse battendo così forte da giungere alle orecchie di Steven. “Vaffanculo, ma che idee ti sei messo in testa? Quel colpo deve averti fatto davvero male. Fatti aiutare da qualcun altro!”
Corse via, veloce come l’adrenalina che gli riempiva le vene. Ciò che provava, ciò che Steven gli stava dicendo, era troppo surreale e difficile da accettare.
Le anime gemelle non esistevano, punto e basta.
Anche se il suo stomaco si rivoltava e lo faceva stare sempre peggio, ogni passo che muoveva lontano da Steven.
Anche se, da quando i suoi occhi l’avevano intercettato, era come se il mondo si fosse illuminato.
Anche se la voce di Steven continuava a rimbombargli nella mente con insistenza: è scritto nelle nostre anime.
Aveva anche sprecato il suo gelato per quel pazzo.
 
 
Steven non sapeva spiegarsi perché, ma sapeva che quel giorno lui e Saul si sarebbero rivisti. Non era una possibilità, non era una sensazione, ma una certezza.
Semplicemente lo attendeva, mentre stava sdraiato sull’enorme prato verde del parco e ascoltava l’allegro vociare attorno a lui.
D’istinto si portò due dita tra i capelli e si tastò la cicatrice che ancora gli segnava la pelle della tempia. Quella ferita aveva smesso di sanguinare presto ed era guarita in pochissimo tempo, pareva quasi un miracolo.
Steven sapeva che era tutto merito di Saul e della sua presenza. Era stata davvero una fortuna incontrare la sua anima gemella nel momento in cui ne aveva più bisogno.
Sospirò e il suo sguardo si perse nell’azzurro del cielo, mentre la sua mano sinistra si spostava dalla tempia al suo polso dentro: tastò coi polpastrelli quella porzione di pelle che scottava, bruciava, ardeva. Non faceva male.
Sapeva di aver spaventato Saul. Sapeva – anche senza conoscerlo – che quel ragazzo era troppo razionale e ci avrebbe messo un po’ ad accettare la cosa, ma l’avrebbe aspettato; non poteva fare altrimenti.
Per quanto lo riguardava, non aveva nessun bisogno di fare i conti con la realtà: lui lo sapeva, se lo sentiva da sempre, era certo di essere il predestinato di qualcuno, aveva solo dovuto attendere.
Così come stava aspettando in quel momento.
Si sdraiò su un fianco, socchiuse gli occhi e lasciò che i ciuffi d’erba gli accarezzassero e rinfrescassero la pelle.
Non si sorprese quando sentì qualcuno urtare una delle sue scarpe e inciampare goffamente. Non si sorprese nemmeno quando spalancò gli occhi e si ritrovò davanti Saul, che lo scrutava con fare critico e le sopracciglia aggrottate.
Lasciò scorrere lo sguardo sui suoi capelli ricci e selvaggi, sul suo viso ancora liscio e dai tratti fanciulleschi ma già molto marcati, sui suoi occhi scuri e profondi, sulle sue labbra carnose su cui erano rimaste intrappolate alcune gocce di crema del suo gelato, sul suo corpo esile e fasciato da una canottiera e un paio di pantaloni neri, sulle dita sottili che stringevano il cono con un’inconsapevole grazia.
Gli sorrise. “Ehi.”
“Ancora tu?” sbuffò lui, fingendosi infastidito.
“Sto bene, sì, sono guarito perfettamente, grazie per avermelo chiesto” scherzò Steven, mettendosi a sedere con lentezza. Lo invitò a prendere posto accanto a lui e Saul accettò senza neanche rifletterci.
Perché non ne aveva alcun bisogno, era così spontaneo stare accanto a quel ragazzino così dolce e luminoso.
Ci aveva pensato, si era crucciato per giorni, aveva represso quelle sensazioni così strane e inedite per lui, si era ripromesso – invano – di non pensarci più.
Ma quando aveva realizzato di essere inciampato proprio su Steven, quando i loro sguardi si erano incrociati, tutti i buoni propositi erano crollati miseramente.
Una parte della sua anima l’aveva già accettato.
“Te l’ho detto, Saul: è scritto nelle nostre anime” mormorò Steven con un lieve sorriso, poi afferrò il cono dalle sue mani e assaggiò un po’ di gelato che colava a un lato.
Saul aggrottò le sopracciglia. “Quello è il mio gelato!”
“Si stava sciogliendo e ho pensato di rimediare, altrimenti l’avresti finita come l’altra volta” si giustificò il biondo con un sorriso innocente. Una goccia di gelato alla fragola gli imbrattò le dita, poi piovve sulla sua maglietta chiara.
Saul ridacchiò. “È una tradizione che ti impiastricci la maglietta ogni volta che ci vediamo?”
L’altro diede alcune lappate prima di rispondere, nella speranza che la situazione non peggiorasse. “Non lo so, ma è divertente.”
“Invece il fatto che io non riesca mai a finire un gelato non è divertente” replicò il moro, incrociando le braccia al petto e lanciandogli un’occhiata indignata – ma non poté impedire alle sue labbra di incresparsi in un lieve sorriso.
“Oh, scusami, hai ragione, questo è tuo! Anche se a dirla tutta l’altra volta è stata colpa tua” precisò Steven con un sorrisetto sghembo, mentre gli porgeva nuovamente il cono.
Saul si prese qualche istante per osservarlo: il viso rotondetto e ancora infantile incorniciato dai capelli mossi, ai quali si erano intrecciati dei ciuffi d’erba, lo faceva sembrare quasi una creatura fatata. Si lasciò rapire dai suoi occhi chiari e cristallini, dalle guance rosa e piene, dalle spalle esili coperte dalla leggera maglietta macchiata di rosa.
Se la sua anima gemella aveva quell’aspetto così delizioso, allora era lieto di averne una, se ne sarebbe fatto una ragione.
“Grazie” soffiò, sfilandogli il gelato dalle dita. Una scintilla maliziosa gli attraversò gli occhi mentre gettava il cono sul prato accanto a sé – ed era già due volte che capitava. “Ma preferisco assaporarlo in un altro modo.”
Detto questo, afferrò la mano sporca di gelato di Steven e gli fece posare le dita sulle sue labbra, per poi far scorrere la lingua sui polpastrelli e imprimere nella sua anima quel sapore dolce, di fragola, di Steven.
Da quel momento in poi, furono solo brividi per loro due in quell’estate.
 
 
 
 
 
♥ ♥ ♥
 
 
Prompt 6 dall’elenco “Prompt vari”, della “Infinity Prompt Challenge”:
Soulmates!AU dove il tatuaggio è numerico e indica l'età in cui ci si incontrerà.
BONUS (facoltativo): mani che si cercano, dita che si intrecciano.
 
Pacchetto “Terra” per il contest “Elements”, così composto: Prato, Sanguinante, Inciampare
 
 
Va bene, diciamo che questa è la mia prima storia Soulmates!AU e diciamo anche che sono piuttosto agitata, perché non so se sono riuscita bene a rendere quest’universo, non sono molto esperta!
Ma se penso a due soulmates, mi vengono subito in mente Slash e Steven. Loro sono due anime gemelle, a prescindere da tutto, dall’amore, dalla musica, dall’amicizia; secondo me il loro rapporto è più forte di tutto, può sopravvivere anche a un terremoto.
Anche se Slash si è divertito a distruggere il suo povero soulmate… ehm…
Mi sono divertita un sacco a immaginare questi due cucciolini a tredici anni, precisamente l’età in cui si sono incontrati anche nella realtà ^^ SONO TROPPO MORBIDOSI QUESTI DUE A TREDICI ANNI *____*
Basta, mi do un contegno XD
Chi di voi conosce la loro storia, sa che l’incidente di Steven è accaduto davvero (anche se l’ho leggermente modificato per riadattarlo al contesto, ma su per giù è attinente alla realtà) ed è proprio in quest’occasione che i due si sono conosciuti!
E anche nella realtà hanno sicuramente capito dal primo istante di essere soulmates… VERO? (Voi, lettori, nel dubbio datemi corda XD)
All’epoca, tra l’altro, il soprannome di Slash non era ancora nato, per cui ho deciso di utilizzare il suo vero nome (Saul) nel testo ^^
Per quanto riguarda il banner, invece, non mi sono basata su quell’immagine per scrivere la storia, l’ho cercata dopo aver finito, ma appena l’ho vista il mio cervello si è completamente spento e ho deciso che DOVEVA stare in cima alla shot *-* (mi scuso per la scritta di gettyimages, ma ehi, almeno ci sono i credits XD)
In sintesi, ammetto che non so cosa ne sia venuto fuori, so solo che avevo immaginato una storia ancora più leggera di questa, ma spero comunque di essere riuscita a trasmettermi quell’atmosfera di estate, innocenza e spensieratezza che avevo in mente ^^
Ringrazio chiunque sia giunto fin qui e spero con tutto il cuore di scrivere presto e ancora su questi due pandorini (perché anche Slash qualche volta riesce a essere dolce) :3
Alla prossima!!! ♥
 
 
   
 
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