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Autore: LaViaggiatrice    26/02/2020    2 recensioni
"Era sera al quartier generale del corpo di ricerca.
Stavo camminando per i corridoi, guardandomi intorno incantata, nonostante mi trovassi in quel posto da ormai più di una settimana; ancora non riuscivo a crederci. Il sogno di una vita era diventato realtà. L’imbragatura per il movimento tridimensionale giacevano sopra la mia cassapanca, ma sentivo ancora il lieve dolore delle strette cinghie di cuoio come a ricordarmi che no, non era una fantasia a occhi aperti, mentre non avevo potuto rinunciare alla giacca con lo stemma delle Ali della Libertà, ormai troppo familiare per me, troppo significativa."
Una tranquilla serata al quartier generale del corpo di ricerca.
Circa.
Genere: Commedia, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Erwin Smith, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era sera al quartier generale del corpo di ricerca.
Stavo camminando per i corridoi, guardandomi intorno incantata, nonostante mi trovassi in quel posto da ormai più di una settimana; ancora non riuscivo a crederci. Il sogno di una vita era diventato realtà. L’imbragatura per il movimento tridimensionale giaceva sopra la mia cassapanca, ma sentivo ancora il lieve dolore delle strette cinghie di cuoio come a ricordarmi che no, non era una fantasia a occhi aperti, mentre non avevo potuto rinunciare alla giacca con lo stemma delle Ali della Libertà, ormai troppo familiare per me, troppo significativa.
 
La sera il quartier generale, solitamente frenetico, era pervaso di un’aura calma e intima che mi infondeva una certa tranquillità, pur non riuscendo io a dormire. Non riuscivo a smettere di pensare a tutto ciò che era successo prima di arrivare qui, e a quanto fossi cambiata in questi pochi anni.
 
Mentre camminavo per i corridoi immersa nelle mie elucubrazioni mentali, incrociai un familiare funghetto biondo con la faccia di qualcuno che sarebbe crollato a terra a dormire da un momento all’altro e un mucchio di fogli in mano.
Gli rivolsi un sorriso – Ehi Armin. Cosa ci fai in giro a quest’ora?- chiesi fermandomi davanti a lui.
Il biondo si fermò e sorrise stanco – Devo consegnare questi moduli alla caposquadra Hanji- disse, terminando con uno sbadiglio e stropicciandosi gli occhi.
Lo guardai perplessa – A quest’ora?- ripetei.
Armin annuì vagamente imbarazzato – Ho finito solo adesso-.
– Ti stai addormentando in piedi infatti. Vuoi che li porti io alla caposquadra? Se non devi dirle nulla di importante, lo faccio volentieri- dissi preoccupata.
Il ragazzo si illuminò – Lo faresti davvero? Oh, sai che ti adoro?- chiese sorridendo. Ridacchiai tra me – Come non potresti? Dammi qua- dissi divertita allungando una mano
Armin mi passò il rapporto con un sorriso riconoscente – Grazie mille! Ti sono debitore- disse prima di sbadigliare nuovamente. Gli scompigliai i capelli – Non dirlo nemmeno per scherzo. Va a dormire piccolo funghetto-.
 
Il funghetto in questione mi rivolse un’occhiata fintamente imbronciata e si diresse al dormitorio bofonchiando un “buonanotte”, mentre io proseguivo verso il laboratorio della caposquadra, che sapevo ancora sveglia.
 
Provavo un misto di adorazione e di timore nei confronti della donna; nonostante la sua incredibile espansività potesse spesso risultare molesta, la ammiravo molto. Riusciva a vedere le cose da un punto di vista diverso da quello degli altri, si esaltava per poco, eppure era la persona più genuina che avessi mai visto, anche se un po’ fuori di testa.
 
Chiunque nel corpo di ricerca possedeva una scintilla di pazzia, dovuta al fatto che eravamo i diversi, quelli che non si accontentavano di una vita da animali in gabbia, quelli che non avevano intenzione di restare con le mani in mano mentre lì fuori c’era un intero mondo da esplorare, da riconquistare, ma la caposquadra aveva un vero e proprio incendio di pazzia.
 
Quando arrivai di fronte al laboratorio sentii un urletto estasiato di Hanji e un gemito terrorizzato di Moblit.
Quell’uomo aveva una pazienza invidiabile. Non mi sarei sorpresa se avesse iniziato a riempirsi di capelli bianchi per lo stress nonostante non avesse nemmeno trent’anni.
 
Bussai alla porta cautamente, e pochi secondi dopo quest’ultimo mi aprii sorpreso – Si?-.
– Salve signor Moblit. Ho il rapporto di Arlert per la caposquadra- dissi con un sorriso educato
Al sentire il nome del mio adorato funghetto, Hanji scattò su e si precipitò alla porta – L’ha finito! Grazie mille cadetto!- esclamò scompigliandomi i capelli e lasciandomi qualche momento intontita per la sua voce, estremamente alta nell’ovattata aura d’intimità della sera.
 
- Si figuri caposquadra. Ora vad…- non riuscii a finire la frase che Hanji corse nuovamente da me con espressione spiritata – Oh aspetta! Mi faresti un favorino piccino picciò?- chiese mettendomi le mani sulle spalle. Annuii con un sorriso – Certo caposquadra-
Esultò passandomi dei documenti – Porteresti questi al Comandante? Io devo leggere il rapporto di Arlert e non faccio in tempo-.
Presi i documenti sentendo un brivido percorrermi la schiena – Al… Comandante?- chiesi cercando di contenere la mia esaltazione, dovuta alla vera e propria adorazione nei confronti dell’uomo.
 
Hanji annuì energica – Sai dove si trova il suo ufficio vero?-.
- Si caposquadra. Vado a portarglielo- dissi sfoggiando un sorriso a trentadue denti. La donna esultò e batté le mani – Perfetto! Grazie cara!- esclamò prima di tornare al tavolo e buttarsi a capofitto nella lettura del rapporto di Armin.
 
Moblit mi rivolse un sorriso esausto – Buonanotte- disse col tono di qualcuno che avrebbe voluto crollare a letto in quello stesso istante.
- Buonanotte signor Moblit- dissi cordialmente prima di dirigermi negli uffici del Comandante fremente.
 
La mia ammirazione per il Comandante superava perfino quella per la caposquadra. Dalla prima volta che lo avevo visto, avevo pensato “Per quest’uomo potrei morire, e non lo rimpiangerei”. Molte persone gli davano del mostro, del demone, e ogni volta che lo sentivo ribollivo dalla rabbia, perché avevano ragione.
Era vero, Erwin Smith era un demone, ma non era lui ad averlo scelto: era il mondo per cui combatteva ad averlo reso così. Si era spinto oltre i limiti dell’umano pur di restituirci un mondo libero, e gli altri non sapevano fare altro che non criticarlo, come se al suo posto avrebbero potuto fare di meglio. Come se al suo posto sarebbero riusciti a rimanere attaccati alla loro umanità senza perdere il senno, nonostante gli orrori visti, nonostante la crudeltà di cui questo mondo era capace.
Ogni volta che lo guardavo, con l’espressione fiera e determinata, sentivo un brivido e l’adrenalina a mille.
 
Oltre a ciò però, il Comandante mi incuriosiva come persona. Ero curiosa di sapere cosa lo avesse indotto a diventare ciò che era diventato, cosa avesse vissuto.
Immersa nei miei pensieri, a stento notai la figura che mi si piazzò davanti, che mi fece sussultare quando riconobbi la voce fredda – Oi mocciosa, cosa ci fai qui?-.
 
Alzai lo sguardo sul capitano Levi e gli rivolsi un saluto, attenta a non rovinare i fogli
– Salve capitano! La caposquadra Hanji mi ha chiesto di portare questi documenti al Comandante Erwin- spiegai. La luna fuori attirò il mio sguardo e aggrottai la fronte – Sempre che sia ancora sveglio-.
 
Il capitano fece un verso stizzito – Non preoccuparti mocciosa, lo è di sicuro.- replicò come se non approvasse la cosa. Si girò a guardarmi - Non stare a gironzolare troppo e fila diretta in dormitorio quando hai finito- ordinò guardandomi dritto negli occhi. Ogni volta, rimanevo colpita da quel colore bellissimo. Erano grigi la maggior parte del tempo, ma a osservarli con attenzione si capiva che in realtà erano azzurro ghiaccio. Mi sorprendevano sempre, stentavo a credere che esistesse un colore simile.
 
Feci nuovamente il saluto – Si capitano-.
Lui annuì con una smorfia e si allontanò, al che nonostante la morsa allo stomaco che provavo ogni volta che lo vedevo riuscii a dire un – Buonanotte capitano-.
L’uomo si fermò e rimase in silenzio per dei secondi interminabili – Buonanotte cadetto- replicò infine prima di tornare alle sue stanze. Sorrisi tra me tornando verso gli uffici del Comandante.
 
Il capitano Levi era una delle persone che più mi incuriosivano. Sembrava costantemente annoiato o irritato dal mondo che lo circondava, mentre ad un osservatore più attento era lampante quanto si preoccupasse dei suoi uomini. Doveva avere un passato difficile, oppure era una persona incredibilmente incapace nelle relazioni interpersonali e aveva un modo tutto suo di esprimere affetto, o magari entrambi, legati insieme da una catena di eventi.
 
Avevo sentito molte storie su di lui ma, come per il Comandante Smith, ero più curiosa riguardo al percorso che l’aveva condotto dove si trovava ora che non riguardo alle sue imprese in battaglia. Quelle non dicevano chi era Levi, ma solo cosa era, cioè il Soldato più Forte dell’Umanità. Ma non era abbastanza, no.
 
In poco tempo, persa nei miei pensieri, arrivai all’ufficio del Comandante. Alzai il pugno per bussare ma esitai per un momento, il cuore a mille per l’ansia. Mi feci coraggio e picchiai sul legno due volte.
 
Nessuna risposta.
 
Aggrottai la fronte e mi guardai intorno per assicurarmi che fosse la porta giusta ma si, lo era. C’era perfino la targhetta appesa alla porta.
- Comandante?- chiesi bussando nuovamente.
 
Ancora nessuna risposta.
 
Decisi di arrischiarmi e aprii la porta.
L’ufficio del Comandante era una stanza abbastanza ampia: librerie sulla parete di fronte alla porta, una enorme finestra sulla sinistra entrando, e una scrivania ingombra di fogli in mezzo alla stanza.
 
Rimasi per un attimo a guardare la scena che mi si trovava di fronte incredula: il Comandante Smith aveva le braccia incrociate sulla scrivania ingombra di carte e la testa appoggiata su di essa, mentre ronfava piano.
 
Mi chiusi la porta alle spalle e sorrisi a quella vista, pensando che a quanto pareva Levi aveva torto. Poi, la consapevolezza che avrei dovuto fare qualcosa che non fosse restare a fissarlo come un’ebete mi fece tornare l’ansia. Cosa avrei dovuto fare? Mollare i documenti lì e andarmene? O svegliarlo?
 
Sembrava che stesse dormendo della grossa, e che ne avesse bisogno, ma la scrivania non era il luogo più adatto per dormire il sonno ristoratore di cui indubbiamente aveva bisogno. Però, se lo avessi svegliato magari avrebbe continuato a lavorare imperterrito invece di andare a letto come avrebbe dovuto.
 
Ma ti senti? Non sei mica sua madre! ingiunse una vocina nella mia testa. Sospirai e decisi di svegliarlo, quindi mi avvicinai con cautela alla scrivania – Comandante?- mormorai.
L’uomo fece un borbottio contrariato.
Sembrava così sereno mentre dormiva, senza la perenne ruga sulla fronte che lo adornava sempre, come simbolo del fardello che portava sulle spalle. I capelli solitamente ordinati erano scompigliati e gli cadevano sul viso, e sentii l’impulso di spostarglieli, ma fortunatamente riuscii a impedirmelo.
 
Cosa diamine era tutto questo istinto protettivo nei confronti di un mio superiore che poteva benissimo essere mio padre??
 
- Comandante?- lo chiamai a voce un po’ più alta azzardandomi ad appoggiare una mano sul suo braccio muscoloso. Lui fece un respiro più profondo degli altri, e lo vidi strizzare gli occhi e tirarsi a sedere con un borbottio mentre si passava le mani sul viso
– Mmh?- mugolò guardandomi con gli occhi socchiusi per mettermi a fuoco – Oh cadetto. Che ci fai qui?- chiese.
 
Mi riscossi e arrossii lievemente – Mi spiace averla disturbata a quest’ora Comandante Erwin, ma sono passata dalla caposquadra per darle un rapporto di Arlert, e mi ha detto di doverle consegnare dei documenti, così mi ha chiesto di farlo al posto suo- spiegai cercando di non parlare troppo veloce. Nonostante tutto, quell’uomo mi incuteva una certa soggezione.
 
Erwin annuì e mi guardò in attesa, fino a che non sussultai e gli passai i documenti – Oh si mi scusi!- dissi imbarazzata come mai in vita mia. Lo vidi fare un sorriso divertito – Non preoccuparti- disse prendendo i fogli in mano.
Annuii e feci un lieve sorriso – Di niente Comandante-.
 
Lo vidi studiare i documenti con aria corrucciata, al che non riuscii a impedirmi di dire – Comandante, le consiglio di andare a dormire. Sembra esausto-. Mi diedi uno schiaffo mentale non appena quelle parole lasciarono la mia bocca.
 
L’uomo alzò lo sguardo su di me, sorpreso, poi sorrise ancora più divertito di prima – Grazie per la preoccupazione, cadetto. Ma ho parecchio lavoro da fare purtroppo, e il sonno è un lusso che non posso concedermi-. Annuii rapidamente, chiedendomi se la luce soffusa della stanza coprisse o meno le mie guance rosse – Ma certo Comandante. Mi scusi, sono stata inopportuna- aggiunsi.
 
Erwin rise, una risata calda e profonda, che mi rassicurò un poco – Affatto cadetto, non preoccuparti- disse guardandomi negli occhi.
I suoi occhi erano di un azzurro bellissimo, come il cielo nei pomeriggi tersi, e grandi. Probabilmente a compensare le sopracciglia, pensai tra me divertita.
 
Feci il saluto, portandomi il pugno sul petto con un po’ troppa foga – Allora mi congedo Comandante. Buonanotte- dissi con un lieve sorriso a nascondere il dolore che mi ero causata dandomi letteralmente un pugno allo sterno.
– Buonanotte cadetto- disse sorridendomi e tornando a concentrarsi sui documenti.
 
Uscii dall’ufficio, dirigendomi verso il dormitorio, tornando a guardare fuori dalle finestre. La luna piena splendeva di tutto il suo fulgore da sopra le mura. La guardai con un sorriso.
Un giorno, ti guarderò in un mondo senza mura. Il petto mi mandò una fitta, e feci una smorfia.

Ma prima sarà meglio che impari a fare il saluto senza ammazzarmi.
   
 
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