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Autore: AdhoMu    26/02/2020    4 recensioni
SOSPESA
[Lee Jordan/Gwenog Jones]
Dice l'Oracolo:
“Se sei un amante sfegatato di Pluffe e Boccini e il tuo sogno è quello di diventare il più grande cronista di tutti i tempi, esistono grandi possibilità che tu perda la testa per una stella del Quidditch.
Attenzione, però: se la stella in questione è una battitrice del calibro di Gwenog Jones la testa, oltre che metaforicamente, rischi di perderla anche in modo piuttosto... letterale”.
Una storia d'amore a colpi di mazza, di reggae e di Gossip sportivi.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gwenog Jones, Lee Jordan, Ludovic Bagman
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
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11. Get up, stand up!
(Don't give up your fight!)


Cottage di Oliver Baston detto “Il Covo”, ottobre 1997
- Con questo, intendete dire... – il tono di voce di Lee era basso, poco più di un mormorio vibratile curiosamente simile alle frequenze emesse da un gatto quando fa le fusa; il suo sguardo sottile, tuttavia, tradiva tutta la preoccupazione che, da settimane, pervadeva i pensieri suoi e dei compagni.
- ...esattamente quello che hai capito, amico – gli rispose Roger con fare eloquente.
Il Corvonero si annodò i lucidi capelli castani in una crocchia alta sulla nuca e tornò a sedersi sul divano del Covo, posizionandosi accanto a Cho Chang che, fino a quel momento, oltre ai saluti iniziali non aveva proferito altro verbo.
Katie Bell, che si trovava seduta in terra, accoccolata su un voluminoso cuscino ricoperto da una federa sferruzzata all’uncinetto (sul bordo si intravedeva la scritta “Buon Fidanzamento, Kitty e Ollie! Con amore, Molly”), rivolse alla graziosa ex-Cercatrice avversaria un’occhiata di seria ammirazione.
Essendo dello stesso anno, le due ragazze si erano spesso affrontate sul campo e avevano seguito insieme diverse lezioni. Nel corso degli anni, Katie si era fatta un’idea piuttosto positiva di Cho che, prima di perdere il fidanzato in quel torneo assurdo, era sempre stata una ragazza brillante e vivace. In seguito al fattaccio della Edgecombe, con conseguente delazione dell’ES, però, la buona opinione che nutriva nei suoi confronti era notevolmente calata. Eppure ora, alla luce delle nuove rivelazioni sdoganate da Davies, la Grifondoro dovette riconoscere che il suo metro di giudizio andava rivisto.
- Ti stai comportando in modo molto coraggioso, Chang – disse gentilmente alla ragazza che, dal canto suo, le restituì uno sguardo determinato.
- Glielo devo.
Cho Chang non specificò a chi fossero dovute le sue azioni, ma tutti i presenti compresero senza bisogno di spiegazioni. Cedric Diggory mancava molto a tutti coloro che lo avevano conosciuto, e la sua morte prematura pesava ancora sui cuori di quanti non si rassegnavano dinnanzi alla crudeltà dei fatti.
- Ecco, però... – s’intromise Oliver, chinandosi in avanti per posare le grosse mani sulle spalle esili di Katie, che sedeva ai suoi piedi - se posso dire la mia, Chang, ti raccomanderei di stare attenta. Fare il doppio gioco in Ministero, di questi tempi, mi sembra fin troppo rischioso.
Roger Davies alzò gli occhi al cielo e scosse la testa con fare sarcastico.
- Quante volte credi che gliel’abbia ripetuto, Baston? - l’ex Capitano Corvonero si accostò allo schienale del divano e fece passare il braccio intorno alle spalle della sua giocatrice, abbraccioandola in un gesto protettivo. – Dieci? Cento? Mille? Non è servito a niente, te l’assicuro.
Cho gli afferrò la mano e la strinse con affetto.
- Non corro chissà quali rischi, in realtà – affermò, con voce calma e controllata. – Sono solo una tirocinante; e, come tale, sono praticamente invisibile.
- Non credo proprio.
Fred Weasley si lasciò sfuggire una risatina; fuori luogo, forse, ma assolutamente veridica. E agli altri, che lo guardarono straniti, il ragazzo spiegò, aggrottando la fronte in un’espressione ovvia:
- Son quasi tutti maghi adulti, là dentro; e insomma, definire invisibile una strega graziosa come la Chang mi pare un po’ troppo ottimista.
Roger Davies sbuffò.
- Le ho detto anche questo, infatti. Le ho detto: una chica tán guapa...
Leggermente più intensa di prima, la voce di Lee tornò ad imporsi sul brusio di fondo:
- È pericoloso, certo. I tempi, però, lo richiedono, e sapere che vi sono altri nuclei di Resistenza oltre al nostro mi rincuora – meditò il ragazzo, rigirandosi fra le mani la custodia giallo-rosso-verde di un vinile inciso in terre lontane. – Ma tornando al discorso di prima: che cos’è che hai scoperto esattamente, Chang?
Cho scavallò le gambe e si sporse in avanti.
- Il mio contatto...
- ... che è, fra parentesi, quello sfigato di Stan Picchetto – si premurò di precisare Roger, con noncuranza -  che le sbava dietro, come un molosso al cospetto di una parrilla...
- Piantala, Roger! – lo zittì lei fra i denti. – Dicevo: questo contatto mi ha riferito che, fra una settimana esatta, si celebrerà un matrimonio dell’alta società magica...
- ... e le ha detto (ma si potrà?!): “mi ci accompagni, Chang?”
Cho lo ignorò.
– Insomma: a me ovviamente non importava niente della cosa in sé, però mi sono detta: magari è importante. E infatti...
- ... ma dico: si è guardato al retrovisore di quel suo trabiccolo?!...
- Chiudi il becco, Rog! – sbottò lei, irritata dalle continue interruzioni. – Scusate. Dicevo: e difatti, era importante, perché sentite qua: Aidan Avery, il rampollo preferito di uno dei più prestigiosi pezzi grossi della cerchia di Voi-Sapete-Chi, ha chiesto e ottenuto la mano di...
- Questa è una bomba, chicos – rincarò Roger alzando il dito indice, serio.
Cho gli rivolse un’occhiata assassina e parve lì lì per affatturarlo, ma alla fine decise di completare la frase:
- Ha chiesto e ottnuto la mano di Gwenog Jones.
Un silenzio attonito e costernato calò sulla sala, subito infranto dall’urlo di Lee che, scarmigliato come una palma schiaffeggiata da un tornado, era saltato in piedi come una molla.
- CHE COSA?!
- Calma, amico – George e Angelina gli si affiancarono immediatamente, trattenendolo per le maniche della tunica colorata.
- La sta... non è possibile. – Lee tremava e straparlava; sembrava sconvolto. – Gwen non acconsentirebbe mai... deve averla stregata... maledetto...
- Suvvia, Jordan – s’inserì Roger, rivolgendogli un sorriso rassicurante. – Pensa al lato positivo.
Lee si fermò e lo guardò, perplesso.
- Perché, c’è?
- Certo che c’è – gli rispose il Corvonero. – C’è sempre un lato positivo; e anzi, in questo caso, direi che ce n’è più d’uno. Tanto per cominciare, il fatto che noi fossimo al corrente della sparizione della tua ragazza, cosa che, grazie allo spirito d'osservazione di Cho, ci ha permesso di fare due più due.
- Aham... - commentò Lee, poco convinto. - E poi?
- E poi – continuò Roger, mordicchiandosi il piercing che gli adornava il labbro inferiore – il fatto che...
Stavolta fu Cho ad interromperlo, con un rapido sorriso furbesco:
- ... il fatto che, una volta venuta a sapere chi si sposava, ho deciso di accettare l’invito di Stan. Il che significa che conosciamo esattamente data, luogo e orario della celebrazione.
Lee rimase in silenzio per una manciata di secondi, chiamando a raccolta le idee. Poi, con un colpo di bacchetta, appellò dalla stanzetta attigua una voluminosa lavagna seguita a ruota da una flottiglia di gessetti levitanti.
- Abbiamo un matrimonio della High Class da mandare a monte – commentò soltanto, mentre gli altri gli si stringevano attorno. – Qualche idea?
- Meglio chiamare i rinforzi – suggerì Cho, mentre lei e Roger estraevano le bacchette e, pronunciato all’unisono un Incanto Patronus, liberavano nell’aria i loro animali-guida per inviarli alla Raven House e convocare i loro amici. Stando a quanto dissero, Grant Page, Randy Burrow, Duncan Inglebee e Marietta Edgecombe erano rimasti in trepida attesa di loro disposizioni. – Più siamo e meglio è. E poi, diciamocelo, un po’ di sano intelletto Corvonero non guasta mai.
- Sì, certo, certo... però, Chang – chiese Katie, con grande delicatezza – è proprio il caso di chiamare anche Marietta?...
- È tutto a posto, Katie – sorrise Lee, osservando con il cuore gonfio di speranza l’aggraziato uccello luccicante e il fiero felino argenteo che si precipitavano fuori dalla finestra. – I búzios della mia bisnonna l’avevano previsto. Il cigno e il giaguaro. Ci possiamo fidare ciecamente sia di loro che dei loro amici.
“Finalmente ti ho trovata, Gwen”.
 
Avery House, Belfast, novembre 1997
Non poteva essere vero.
Doveva essere un incubo, o l’effetto di un Confundus particolarmente potente appioppatole a tradimento da qualcuno.
Gewnog si guardò allo specchio, sconsolata; l’enorme superficie riflettente le propinò la sua figura avvolta in un abito di organza sovraccarico di pizzi e trine che la rendeva simile ad una spumiglia colossale, opulenta e cafona come poche cose al mondo. Mai, in vita sua, la celebrata campionessa delle Harpies aveva desiderato prendere marito (con Lee, la semplice convinenza andava più che bene, e tanto bastava); tanto meno, poi, aveva progettato di sposarsi con indosso una simile bruttura e, men che meno, con un uomo che non solo non amava, ma che, altresì, detestava con tutta se stessa.
Eppure, l’ennesima analisi della situazione le rivelò, ancora una volta, di non avere scelta; condizione, questa, che le era stata chiara fin da subito, fin dall’istante che aveva fatto seguito alla sconvolgente proposta di matrimonio rivoltale da Aidan Avery poco più di tre settimane prima.
“Ha pensato a tutto, quell’infame” si disse la ragazza, angosciata. “Ha fatto tutto lui”.
Dall’anello alla location, dalle bomboniere agli inviti, dal celebrante alle decorazioni della festa (“Sfere di cristallo decorative, mia cara! Roba all’ultimo grido!”).
Persino l'(orrendo) abito da sposa.
- Non ti voglio tediare con i preparativi, mia cara – le diceva, quando lei, al puro scopo di prendere tempo, si manifestava intenzionata ad “aiutarlo” nell’organizzazione dei dettagli.
- Oh, ma che dici – pigolava invano lei, resistendo alla tentazione di strangolarlo a mani nude. – Ci terrei moltissimo, invece, a scegliere con te...
- Suvvia, suvvia – tagliava corto lui, zittendola amorevolmente e guardandola con il tipico sguardo di chi già pensa a quel che combinerà a voti scambiati, invitati dispersi e porte finalmente chiuse. – Ci metteremmo troppo, troppo tempo. A volte voi streghe vi perdete via in quisquilie... ah! Gwenog cara: non vedo l’ora di poterti chiamare ‘signora Avery’!...
A Gwen si torcevano le budella per il disgusto, ma faceva buon viso e cattiva sorte.
“Tieni duro, Gwen” si diceva, sforzandosi di essere ottimista “e stai in campana. Una porta aperta, un camino incustodito...”
Di occasioni adatte per tagliare la corda, però, non se n’erano presentate.
E così, non solo le era toccato assistere, del tutto impotente, ai preparativi per il proprio matrimonio, ma al momento stabilito – e cioè quando mancavano tre giorni alle nozze – era stata costretta a trasferirsi da Castel Lestrange alla residenza nordirlandese degli Avery.
Quando l’aveva vista, Avery Senior aveva corrugato la fronte con fare scettico (l’aspetto di Gwen, così esplosiva, abbronzata e traboccante salute, non poteva essere più distante dai canoni estetici della rigorosa tradizione purosangue, fissato su figure femminili esili, arrendevoli ed esangui), ma non aveva fatto commenti.
- Jones, dico bene?
- Precisamente, nonno – aveva annuito Aidan, estatico e orgoglioso.
- Non esattamente una delle Sacre Ventotto – aveva osservato il vecchio, con quell’espressione rammaricata di chi, per il suo discendente più amato, avrebbe desiderato nientemeno che la créme de la créme, ma che si rassegna pur di vederlo felice. – Ma tutto sommato, accettabile. Sangue puro gallese, a quanto sembra. Può andare.
- Ne sono lieto, nonno.
Gwenog aveva saggiamente deciso di tacere, concentrandosi invece sulle figure nerovestite che li attorniavano e che la scrutavano minacciose, probabilmente in attesa di un suo passo falso o di una sua reazione non convenzionale. Fuggire da Avery House sarebbe stato ancor più difficile, lo sapeva. E difatti, le ore succssive erano trascorse velocemente e, alla fine, il giorno stabilito per le nozze era arrivato.
Lo sconforto non era decisamente da lei che, eccezion fatta per il periodo in cui la sua insana relazione con Ludo Bagman l’aveva quasi fatta ammattire, era sempre stata abituata ad affrontare il mondo a testa bassa; eppure in quel momento, al cospetto della sua immagine abbigliata in quel modo che, in altri contesti, avrebbe senz’altro giudicato ridicolo ai limiti del possibile, Gwen si sentì sprofondare nella disperazione.
E non era tanto l’idea delle nozze in sé a turbarla.
A peggiorare le cose, il trasferimento ad Avery House era stato così repentino che la ragazza non era neanche riuscita a recuperare la fornitura di provvidenziale Amortentia, che lei conservava celata sotto le assi del pavimento della sua stanza da letto. Era riuscita a portarne via solo un misero quantitativo, che teneva con sé per eventuali emergenze, nascondendolo in una provetta infilata nella fascia elastica giallo sole che le avvolgeva il busto. Si trattava di poche dosi, purtroppo, l’ultima delle quali Gwen aveva somministrato ad Aidan la sera precedente, prima di accomiatarsi da lui.
- Domani sera, a questa stessa ora, non saremo più costretti a separarci, Gwenog cara – le aveva detto il giovinotto tirandole indietro una ciocca di capelli, mentre i suoi occhi scuri brillavano di malizia nell’accarezzare le sue forme invitanti.
Gwen gli aveva sorriso, ma aveva deglutito a secco.
Avendo già avuto un discreto assaggio di Aidan Avery in assenza di Amortentia, la prospettiva di ritrovarselo davanti in pieno possesso della sua vera personalità l’atterriva. Tanto più che, a peggiorare le cose, tutto indicava che tale circostanza (oh, Tosca, che cosa ho fatto di male in questa vitaccia!?) si sarebbe verificata in concomitanza nintepopodimento che con la sua prima notte di nozze.
 
*
 
- Oh, sì, sono davvero splendidi.
Stan Picchetto sorrise sdilinquito (con quanta invidia l’avevano squadrato i collghi, quando aveva fatto la sua comparsa insieme a lei!), completamente stordito dalla bellezza sfolgorante di Cho Chang che, in piedi accanto a lui, faceva grande sfoggio di sé, infilata in quello strepitoso kimono bluargento che la fasciava come l’involucro di un cioccolatino. Lei gli sorrise di rimando, scrollando con grazia la chioma lucida come ossidiana; al di sotto dell’espressione soave stampata sul suo viso di porcellana, tuttavia, la ragazza era seriamente preoccupata.
Al momento di elaborare il piano di salvataggio di Gwenog, lei e gli altri sovversivi avevano immaginato che Avery House sarebbe stata schermata da incantesimi ad altissima protezione. Per fare fronte a questo inconveniente, i gemelli Weasley erano entrati in contatto con Bill, loro fratello maggiore, che lavorava come Spezzaincantesimi; e lui, in maniera molto efficiente e didattica, aveva spiegato loro come eludere la maggior parte di essi.
Fare irruzione alla festa, quindi, non sarebbe stato un problema.
Il vero inghippo, in realtà, era la quantità pressoché spropositata di invitati potenzialmente oscuri presenti alla cerimonia: così tanti che difficilmente un manipolo di oppositori, sparuto com’era il gruppo misto di Radio Potter + Raven House, sarebbe stato in grado di contrastarli.
“Sarà una cerimonia per pochi intimi” le aveva detto Stan Picchetto, evidentemente per vanagloriarsi con lei del fatto di essere stato invitato. Lei non ci aveva creduto neppure per un istante; ciononostante, la quantità di gente presente a quella specie di Grosso Grasso Matrimonio Irlandese era davvero fuori dal comune. E così, con la scusa di ritoccarsi il trucco, Cho si era chiusa in bagno e aveva mandato un Patronus ad avvertire Roger; ed ora, a celebrazione ormai iniziata, la ragazza sorrideva radiosa a qul gonzo del suo accompagnatore ma, al tempo stesso, lanciava in giro sguardi rapidi e un po'apprensivi, in attesa di un qualsivoglia segnale dell'arrivo dei suoi compari.
 
- Vuoi tu, Gwenog Morgana Jones, unire la tua vita a quella di Aidan Nathan Avery, nei poteri che Salazar e Tosca vi hanno concesso in sorte?
- Ehm...
- Vuoi tu, Aidan Nathan Avery, unire la tua vita a quella di Gwenog Morgana Jones, nei poteri che Merlino e Circe tramandano ai loro discendenti?
- S-sì.
Un lieve irrigidimento, nulla più. Che però a Gwenog, abituata a fiutare le minime vibrazioni presenti nell’aria per intercettare i Bolidi più insidiosi, non sfuggì.
Tesissima, la battitrice si azzardò a ruotare impercettibilmente il capo verso il suo quasi-sposo, che si trovava in piedi accanto a lei, alla sua destra. Il giovane ricambiò il suo sguardo, sbattendo le palpebre con fare vagamente confuso. L’espressione sul suo viso era indefinibile, ma Gwenog notò immediatamente che qualcosa, nel consueto brillìo degli occhi di Avery, stava rapidamente cambiando. All’inizio vi fu appena un piccolo lampo, simile alle scintille che scaturiscono dalle pietre focaie. Subito dopo, però, una rapida presa di coscienza parve propagarsi nelle sue iridi scure, neutralizzando in un battito di ciglia l'espressione trasognata che lo aveva contraddistinto nelle ultime settimane.
“L’Amortentia” gemette Gwenog fra sé e sé. “L’effetto sta passando”.
- Promettete voi di amarvi fedelmente, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di sostenervi magicamente l’un l’altra per tutti i giorni della vostra vita?
Avery bofonchiò qualcosa di incomprensibile.
- Portate le bacchette – ordinò il celebrante in tono solenne, mentre un paggio avanzava recando fra le mani un cuscino di raso verde smeraldo sormontato da un'imponente campana di vetro.
Gwenog sgranò gli occhi, incredula.
Non aveva mai preso parte ad un rito Purosangue Ortodosso e quindi non sapeva che, per sancire a tutti gli effetti i voti nuziali, ci sarebbe stato bisogno della bacchetta. Inattesa e dirompente, la ragazza avvertì la speranza propagarsi con forza dentro di lei, proprio come quando il Cercatore annuncia la cattura del Boccino d'Oro quando ormai la partita si riteneva perduta.
Uno sguardo di sottecchi ad Aidan, però, le annunciò il peggio.
Il viso del giovane era terreo, e i suoi lineamenti avevano cominciato ad indurirsi in un’espressione a dir poco feroce. Il paggio avanzò lungo il tappeto e posizionò la campana di vetro alle spalle del celebrante, troppo distante dal punto in cui si trovava lei. E Gwenog si sentì sprofondare quando si rese conto che, in realtà, i voti sarebbero stati pronunciati al cospetto delle bacchette, e non tenendole in mano.
- I Grandi Druidi del Passato benedicano il consenso che avete manifestato davanti al Ministero e vi ricolmino della loro benedizione. Il Mago non osi separare ciò che la Magia unisce.
Avery si voltò di scatto verso Gwenog, guardandola in cagnesco.
- Ma che cosa accidenti...
- Vi dichiaro Marito e Strega – acclamò il celebrante. – Complimenti!
Le dita del giovane Avery si strinsero intorno al polso di Gwen, che tentò invano di indietreggiare rischiando di incespicare nella gonna di organza e di stramazzare indecorosamente a terra.
- Che cosa diavolo mi hai fatto fare, maledetta sgualdrina...
- Signor Avery! – il celebrante sembrava seriamente scandalizzato. - È questo il modo di rivolgersi alla sua sposa novella?
Gwenog scattò indietro, in preda al panico; poi, immediatamente conscia del fatto che la presa di lui sul suo polso era troppo stretta, optò per mettere in atto una strategia alternativa - e di gran lunga più offensiva. Facendo leva sulle ginocchia si slanciò quindi in avanti a testa bassa, imprimendo in quella folle spinta tutte le sue forze disperate.
- Toglimi le mani di dosso, canaglia! – urlò, all’apice della disperazione e del furore.
Lo schiaffeggiò a piene mani, facendogli quasi saltare via la testa e obbligandolo così a mollarle il polso; e quando, finalmente, si vide libera, la Battitrice tirò su la gonna alla bell'e meglio e corse, corse, corse a perdifiato fino al cuscino sul quale erano adagiate le due bacchette, che il paggio stava facendo levitare via. Quando lo ebbe raggiunto, Gwen afferrò la campana di vetro e la sbattè a terra, fracassandola fra le urla degli invitati, per poi impossessarsi di entrambe le bacchette.
- Lascia subito la mia bacchetta, dannatissima vacca giallonera! – gridava Avery, con le guance gonfie di schiaffi e un occhio chiuso e tumefatto.
- Vai al diavolo! - stridette lei, infervorata.
Servendosi a mo’ di mazza di una tavoletta di legno raccattata a casaccio, Gwen cominciò a scagliare tutt’intorno a sé le ‘sfere di cristallo decorative’ con forza inaudita. Gli invitati si abbassavano urlando e, fra un Protego e un Accipicchia, tentavano  invano di schivarle; nel frattempo, incantesimi e maledizioni avevano cominciato a fioccare qua e là nel marasma generale.
- Cosa ti è saltato in mente – ringhiò Avery Senior all’indirizzo del nipote prediletto – di portarmi in casa quell’indemoniata?! – E poi, ai suoi servitori e accoliti: - Acciuffatela, idioti!
Facile a dirsi, impossibile a farsi.
Gwenog, infatti, era riuscita ad impossessarsi di una scopa da corsa di ultimo modello, lucida di cera d'api, probabilmente appartenente ad uno degli invitati; sistematasi alla bell’e meglio l’ampia gonna bianca e ingombrante le era saltata sopra a cavalcioni e, in men che non si dica, si era dileguata alla velocità della folgore.
Quando, pochi minuti dopo, la Squadra di Salvataggio fece irruzione alla festa, i membri di Radio Potter e di Raven House si trovarono immersi nel pandemonio più selvaggio. Il caos era talmente assoluto che nessuno, a parte un'eccezionalmente spettinata Cho, si accorse della loro presenza; prontamente la ragazza li chiamò a raccolta annunciando la ritirata e, a Lee che, preoccupatissimo, le aveva subito chiesto dove fosse Gwenog, la Corvonero rispose con un costernato:
- Ha fatto tutto da sola, Jordan. Lo vedi questo casino primordiale?! Ha fatto tutto lei!...
La situazione non era affatto rosea, ma a Lee scappò da ridere.
- Ah, la mia girlie. È proprio da lei.
- Non è la tua girlie – sibilò Cho, prima di smaterializzarsi lontano insieme a lui e al resto della cricca. – È la signora Avery, adesso... e lasciatelo dire: è una pazza furiosa!
 
Post-scriptum.
Chi non muore si rivede... ed è proprio il caso di ribadirlo, perché l’ultimo postaggio di questa storia risale a tantissimo (troppo) tempo fa. Non ho mai smesso di pensare a Lee e Gwen, però, e così in questi ultimi giorni, a piccole dosi e ogniqualvolta la vita frenetica me lo ha permesso, ho messo giù un pezzettino di quest’undicesimo capitolo.
Ultimamente ho poco, pochissimo ttempo per scrivere, e ho sempre la long Bestie che sgomita per emergere. Però ecco, in questo periodo un po’ ombroso ho un certo bisogno di scrivere anche di cose non troppo pesanti, e così ho pensato di procedere un pochino su queste righe.
   
 
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