Storie originali > Epico
Segui la storia  |       
Autore: Mary P_Stark    27/02/2020    2 recensioni
Cosa succederebbe se gli dèi dell'Olimpo e gli eroi greci camminassero tra noi? Quali potrebbero essere le conseguenze, per noi e per loro? Atena, dea della Guerra, delle Arti e dell'Intelletto, incuriosita dal mondo moderno, ha deciso di vivere tra noi per conoscere le nuove genti che popolano la Terra e che, un tempo, lei governava assieme al Padre Zeus e gli Olimpici. In questa raccolta, verranno raccontate le avventure di Atena, degli dèi olimpici e degli eroi del mito greco, con i loro pregi, i loro difetti e le loro piccole stravaganze. (Naturalmente, i miti sono rivisitati e corretti)
Genere: Commedia, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
3.
 
 
 
Campi Elisi – Oltretomba
 
 
Moros stava controllando l’orologio a muro che Lachesi aveva sistemato sopra a una finestra e, storcendo il naso, borbottò: «A cosa ti serve un orologio, visto che tessi i destini del mondo e, perciò, sai esattamente quello che succede in ogni dannatissimo istante di ogni dannatissimo metro cubo di questo pianeta?»

Facendo la lingua al fratello per pur dispetto, Lachesi mosse il fuso con fare assai irritato e replicò: «Non ti piace? Ma se è steampunk

Moros si accigliò ancor di più, ribattendo inorridito: «Oddio… ti sei lasciata influenzare da tua sorella Cloto? Non mi dire che sei stata anche tu a quell’assurda parata del Lucca Comics, l’anno scorso!»

«Di’ ancora una volta che è assurda…» intervenne alle sue spalle Atropo, falciando l’aria con una delle sue cesoie dorate. «… e giuro che tagliuzzerò il tuo filo prima del tempo, fratellone.»

«Siete malate in testa, ecco cosa» sospirò Moros, lasciandosi andare sulla poltrona ov’era accomodato.

«E tu sei noioso come il mal di pancia» sottolineò Cloto, giungendo con un nuovo carico di spaghi dai colori sgargianti. «Si può sapere che ci fai, qui, tra l’altro? Rompi solo le scatole, o hai almeno un seppur minimo motivo per sfruttare la nostra aria?»

Moros fissò la sorella minore con un ghigno ferale, replicando: «Non potevano dare questo compito ingrato se non a tre megere come voi.»

«Da che pulpito!» esclamarono in coro le tre sorelle, sbeffeggiandolo.

Prima ancora che Moros potesse replicare con qualche altra cattiveria, due nubi colorate apparvero nell’imponente camera della tessitura delle Moire. Sotto gli occhi per nulla stupiti dei presenti, fecero quindi la loro apparizione Dioniso ed Eris e Moros, nel controllare ancora l’orologio, si levò in piedi e disse: «Dopotutto, è anche in orario.»

«E’ ovvio che lo sia! E’ steampunk!» sbuffò Lachesi, fissando male il fratello prima di sorridere ai due nuovi venuti e aggiungere: «Scusate la presenza di Moros. E’ uno scocciatore per natura e nessuno lo vuole, così lo ospitiamo per pietà.»

Moros la mandò debitamente al diavolo, mentre Atropo dava man forte alla sorella, asserendo le peggio cose sul fratello. A Eris, però, quel battibecco diede solo fastidio e, stringendo tra le mani il fuso che Lachesi stava usando per tessere, la fissò con sguardo omicida e sibilò: «Murati la bocca, se non desideri che lo faccia io.»

«La tua solita delicatezza» chiosò Atropo, scrollando le spalle per poi guardarla con ironia e aggiungere: «Pensi davvero che, una sola delle tue azioni, sia a noi sconosciuta?»

«Vediamo se hai previsto anche questa, di azione» replicò allora Eris, afferrandola all’improvviso per i capelli e portando Atropo a gridare di rabbia mista a sorpresa.

Cloto e Lachesi sospirarono nello scuotere il capo, mentre Dioniso si passava una mano sul volto con aria esasperata e Moros continuava a studiare l’orologio con fare meditabondo.

«Brutta strega, mollami!» sbraitò Atropo, divincolandosi inutilmente.

«Credi che non sappia come funzionano, i vostri fusi?» la irrise per contro Eris. «Sapete solo a grandi linee quello che accadrà, ma molte cose vi sono precluse… come quello che ho appena fatto, per l’appunto.»

Lasciando infine la presa, Eris lanciò un’occhiata venefica alle due sorelle restanti, ma loro si guardarono bene dal proferire parola. Fu Moros, però, ad aprire bocca, sorprendendo Discordia.

Scrutandola dall’alto dei suoi due metri, i suoi occhi scuri parvero bruciare dall’interno e, mentre si posavano su quelli grigio ghiaccio di Eris, egli le domandò: «Sei pronta a mettere in pratica su te stessa i tuoi poteri?»

«Mi sembra di averlo fatto per una vita intera, o sbaglio?» replicò caustica Eris. «O pensi debba soffrire ancor di più?»

Moros sorrise beffardo, asserendo per contro: «Hai sempre disprezzato tutto, di te, e pare che la paura peggiori la percezione che hai di te stessa.»

Afferrando il mantello di Moros, e sconvolgendo non poco sia le Moire che Dioniso – che divenne pallido come un cencio –, Eris gli sibilò in faccia: «Io. Non. Ho. Paura.»

«Ne hai, e tanta. Come non ne hai mai avuto in vita tua, e ora stai dando fondo alla tua parte migliore, che finora non hai mai considerato come parte di te» le ritorse contro Moros, imperturbabile anche a quell’attacco fisico. «Finora hai dato retta solo al tuo lato oscuro, che tanto ti ha fatto piangere nell’oscurità della notte.»

«Non parlare di cose che non sai!» urlò Eris, arrivando a schiaffeggiarlo.

Dioniso fu lesto ad afferrarla per la vita perché non compisse altri gesti inconsulti e, fissando spiacente Moros mentre Eris dava in escandescenze, lui disse: «Devi scusarla. E’ preoccupata per Alekos, e così...»

Moros si passò una mano sulla gota rossa e dolente ma, scuotendo il capo, si limitò a dire: «Ci vuole ben altro per sconvolgermi.»

«Lasciami provare… vedrai che riuscirò a toglierti quel sorriso beffardo dal volto!» sbraitò Eris, a stento trattenuta da Dioniso.

«Calmati, maledizione! Non siamo qui per litigare con Moros!» le rammentò Dioniso, palpandole un seno a sorpresa.

Eris si bloccò immediatamente, afferrò la mano di Dioniso per morderla e, mentre il dio smoccolava per il dolore, la sorella fissò caustica le Moire e asserì: «Se non volete che morda anche voi, ditemi dove posso trovare Chaos.»

Cloto mimò un ‘alleluja’ con le labbra, mentre Lachesi le dava una pacca sul sedere, come a metterla in guardia sulle vendette rapide e violente di Eris.

Eris, a quel punto, si accigliò e domandò dubbiosa: «Sapevate… che ve l’avrei chiesto?»

«Nel caso specifico, abbiamo ricevuto una soffiata» affermò Atropo, massaggiandosi ancora il cuoio capelluto dolorante.

«Bene, allora…» iniziò col dire Eris, prima di veder apparire diverse nubi colorate all’interno del tempio delle Moire.

Imprecando tra sé al pensiero di aver perso troppo tempo a discutere con Moros, Eris si preparò a ribattere a qualsiasi parola Athena avrebbe detto per fermarla.

Doveva essere lei a riportare indietro Alekos. Dovevano parlare di troppe cose, per permettere ad altri di occuparsene.

Quando, però, vide apparire Érebos, Artemide e Hermes, i dubbi di Eris andarono alle stelle. Che ci facevano, loro, al tempio delle Moire?

Sbattendo le palpebre con aria confusa, Eris si rivolse al compagno di Athena per chiedere: «Ma voi… che ci fate qui? Non siete con Athena?»

«Volevamo perorare la tua causa» le spiegò misteriosamente la divinità Ctonia.

Artemide scrollò le spalle, di fronte allo sguardo interrogativo di Eris, limitandosi a dire: «Non volevamo lasciarlo solo, visto che è provato non meno di Athena per la scomparsa di Alekos.»

«Chi c’è, con lei?» domandò subito Eris, accigliandosi.

«Ares, Afrodite, Efesto e nostro padre» le spiegò in fretta Hermes. «Era, invece, è andata a recuperare Acaste, Poseidone, Clizia e Apollo, che si trovano nel regno di Oceano.»

Eris assentì recisamente, non stupendosi per nulla di quella mobilitazione di massa. Tutti amavano Alekos, ed era più che evidente che ognuno di loro volesse essere coinvolto nel suo ritrovamento, o nell’essere un appoggio emotivo per Athena.

«D’accordo. Allora possiamo andare» dichiarò Dioniso, lanciando un’occhiata in direzione di Cloto, che però dissentì.

«Solo due, non uno in più» sottolineò la dea irritando tutti i presenti, con l’eccezione delle sorelle, Moros ed Érebos. «Solo tre persone possono mettere piede nel regno di Chaos e, poiché Alekos si trova già lì…»

Gli dèi si guardarono vicendevolmente in volto senza sapere bene cosa dire, perciò fu Moros a mettere fine a quello stallo del tutto inutile.

Aprendo di colpo il proprio mantello – che nascondeva un intero universo, sotto di esso – afferrò Eris e Dioniso per gettarli nell’oscurità senza fondo che, fino a quel momento, aveva tenuto ben nascosta.

Chinandosi poi su Eris, le sussurrò due parole all’orecchio, le pose tra le mani un piccolo involto, dopodiché richiuse i lembi del suo manto oscuro e dichiarò: «Stavate impiegando troppo tempo e, nel caso specifico, il tempo è vitale. Scusate.»

Hermes impallidì visibilmente e si aggrappò al braccio di Artemide, gracchiando: «Oddio, se li è mangiati!»

«Ma che razza di idiota!» lo rabberciò la sorella, dandogli uno scappellotto prima di domandare cauta: «Scemenze a parte… che hai fatto?»

Moros rimase muto come una tomba perciò Lachesi, dopo aver osservato per un istante il padre, dichiarò: «La porta di Chaos è Moros.»
 
***

Dioniso stava ancora urlando, quando i suoi piedi toccarono terra – se di terra si poteva parlare, visto che era circondato da un’uniforme oscurità.

Azzittendosi immediatamente, il dio afferrò lesto la mano di Eris non appena la vide scivolare accanto a lui dopo quella caduta apparentemente senza fine.

Per una volta, però, Eris non rifiutò la sua stretta e, cauta, si guardò intorno con espressione turbata, domandando: «Cosa dovrebbe essere, questo posto?»

«Ehi… io prendevo sempre tre, in geografia. Non chiedere a me» sottolineò Dioniso, guardandosi a sua volta intorno alla ricerca di un qualche segno distintivo, di una minima variazione di colore in quel mondo totalmente oscuro.

Eris non replicò alla sua battuta e, fattasi pensosa, scrutò prima se stessa e poi Dioniso, prima di sollevare un sopracciglio e dire: «Cloto ha detto che solo tre persone possono mettere piede qui e, se tu e io possiamo vederci è chiaro che, in qualche modo, questo mondo reagisce alla nostra scintilla vitale, o qualcosa di simile.»

«Parla semplice. In greco prendevo…» iniziò col dire Dioniso, subito interrotto da un ghigno di Eris.

«Prendevi tre, immagino.»

«Scontato. Non studiavo mai. Ero troppo impegnato a divertirmi» precisò Dioniso, scrollando le spalle. «Comunque, ho capito che intendevi. Non vediamo nulla perché non c’è niente di vivo, nelle vicinanze.»

«Stando al significato più recondito di Chaos, che significa abisso, o oscurità, non trovo strano che questo posto ci appaia così» aggiunse Eris, continuando a vagare con lo sguardo in cerca di qualche stilla di vita. «Il punto è; come facciamo a trovare Alekos, in questo posto, se non vediamo dove mettere i piedi?»

«Percepisci la sua presenza?» le domandò a quel punto Dioniso.

Eris si concentrò sul lampo di vita di Alekos, a lei ormai così familiare ma, dopo alcuni istanti di ricerca, scosse il capo e replicò: «No. Evidentemente, siamo ancora in territorio terrestre, per così dire. Dobbiamo spostarci.»

«O cadere» sottolineò Dioniso, sorprendendola. «Se tanto mi dà tanto, qui ci si sposta per caduta, e non in altro modo. Forse, avremmo dovuto chiedere una cartina a Cloto, o un paio di cuscini per il sedere.»

Eris lo irrise con lo sguardo ma testò l’ipotesi di Dioniso, tentando una trasmutazione.

Nulla di fatto. Senza sapere dove si trovava, né dove doveva recarsi, era impossibile spostarsi da un posto a un altro nel loro abituale modo.

«Temo tu abbia ragione. Qui non possiamo trasmutare da nessuna parte» dichiarò suo malgrado Eris, ritrovandosi a fissare l’aria tronfia e soddisfatta di Dioniso. «Beh? Che hai?»

«Hai detto che ho ragione e, detto da te, è come ricevere una dichiarazione d’amore» sorrise Dioniso, abbracciandola.

Eris lo scansò a forza, replicando piccata: «Dioniso, giuro che ti troverò mille donne e mille uomini, alla fine di questa cavolo di avventura, così sfogherai altrove i tuoi pruriti. Ora, però, vedi di aiutarmi senza dire scemenze.»

«Dichiarazione d’amore, dichiarazione d’amore…» ciangottò per contro Dioniso, avanzando mano nella mano con lei. «… dichiarazione d’amoreee!»

Come se una botola si fosse all’improvviso aperta sotto i loro piedi, i due caddero nuovamente nel vuoto ed Eris, afferrandolo al collo, esclamò irritata: «Ecco! Lo hai fatto infuriare con i tuoi starnazzi!»

«Piantala. Di. Stroz. Zarmi. Guar. Da. La. Giù!» biascicò in qualche modo Dioniso, sballottato dai tentativi di Eris di strangolarlo.

Come in precedenza, i loro corpi rallentarono fino a toccare nuovamente una sorta di suolo compatto ma, contrariamente a prima, attorno a loro iniziarono a vedersi alcuni colori.

«Siamo in un trip da acido?» esalò il dio, osservando l’intero ambiente multicolore con espressione confusa.

«Sono i colori primari» precisò caustica Eris, lasciando andare il fratello con uno strattone.
«E cosa ci dovremmo fare? Un dipinto? No, perché io…»

Tappandogli la bocca con una mano, Eris bofonchiò: «Prendevi tre in arte. Ho capito

Scostando la mano di lei, Dioniso precisò piccato: «Volevo dire che io amo il bianco e nero, piuttosto che l’uso dei colori. Sono un asso, in arte, cosa credi?»

Sgranando lentamente gli occhi, di fronte a quell’affermazione, Eris indicò il giallo e disse: «Mescolalo col rosso.»

«E come dovrei…» iniziò col dire lui, allungando una mano prima di affondare in un autentico lago di colore. «…fare?

Dioniso sbatté le palpebre un paio di volte, mosse la mano verso il rosso e, quando i due colori formarono l’arancione, esalò: «Ma che cavolo è, questo posto?»

«Il luogo della creazione di ogni cosa. Nel caso specifico, dei colori, a quanto pare» esalò Eris, guardandosi intorno con espressione sempre più meravigliata. «Che cosa ha detto nostro padre, prima?»

«Ero assai inorridito dalla visione dei suoi batacchi, perciò ero distratto, scusa» sospirò Dioniso, rabbrividendo al solo pensiero.

Eris sospirò esasperata e, mentre il fratello si divertiva a creare una nuova e sempre più bella tavolozza di colori, lei disse: «E’ il luogo in cui tutto e tutti siamo stati creati, perciò ci sta che anche i colori vengano da qui.»

«Se stanno così le cose, il prossimo posto in cui dovremmo…» iniziò a dire Dioniso, prima di sentirsi venire meno.

In fretta, e non curandosi minimamente di sporcare Eris di colore, il dio le afferrò una mano mentre una terza caduta li vedeva protagonisti.

Questa, durò più a lungo e, durante quell’interminabile e lento scorrere verso il basso – quasi stessero percorrendo uno scivolo – Eris si chiese quante altre parti di Chaos avrebbero dovuto visitare, prima di avvertire la presenza di Alekos.

Anche nel mondo dei colori, non aveva avvertito il suo soffio vitale, e questo particolare iniziava a metterla in agitazione. Le Moire avevano confermato che Alekos si trovava lì, ma quanto ancora avrebbero dovuto aggirarsi in quel mondo, prima di trovarlo?

E Chaos, nel frattempo, avrebbe potuto fargli del male? Dopotutto, lei non sapeva nulla di quell’entità primordiale, e nulla sapeva neppure delle sue abitudini di vita.

Il sol pensiero di non sapere con certezza come stesse Alekos la inorridiva, facendole tremare l’animo come mai, prima di allora, le era accaduto. Quando finalmente toccarono nuovamente terra, Eris afferrò la mano di Dioniso e domandò turbata: «E se trovassimo solo il suo cadavere? Se, mentre noi arranchiamo senza meta, Chaos lo uccidesse per essersi introdotto qui senza permesso?»

«Non dirlo neppure» replicò secco lui, fissandola con occhi che sprizzavano scintille dorate. «Lui è vivo. Ne sono fermamente convinto.»

«Come puoi esserlo? Non abbiamo alcuna prova che sia ancora vivo e, visto che non riesco a percepirlo…» tentennò Eris, stringendosi una mano al petto con aria dolente.

Dioniso si esibì in un mezzo sorriso e, nel darle un buffetto sul naso, asserì: «Parli come una persona che ha perso la speranza, e non è da te.»

«Io non so cosa sia la speranza!» sottolineò piccata Eris, scacciando la mano di Dioniso dal suo viso.

«Lo sai eccome, invece, cos’è, altrimenti non avresti punzecchiato le persone, in tutti questi millenni, perché compissero il passo giusto verso la direzione che dovevano prendere.»

«Cosa diavolo stai dicendo?» borbottò Eris, contrariata.

«Sei Discordia, ma sei anche stimolo alla competizione. E la competizione cosa può portare?»

«Guerre e sangue» sbottò Eris.

Dioniso sospirò, si passò una mano sul viso e replicò esasperato: «Con te, è come parlare con un muro, comunque… la competizione porta anche al miglioramento di sé, alla prosecuzione di un sogno, e cioè...?»

Eris lo fissò arcigna, chiaramente decisa a non parlare, così il fratello, battendogli le mani sulle spalle, aggiunse: «Dovrò portarti dall’otorino… hai le orecchie turate.»

«Idiota» brontolò la dea.

«Peggio ancora! La tua è sordità selettiva!» esclamò Dioniso, irridendola con lo sguardo. «Mi domando come faccia, Alekos, a sopportare queste tue dubbie doti.»

«Non nominare il suo nome…»

«…invano?» terminò per lei Dioniso, tappandole preventivamente la bocca. «Non è Gesù Cristo, né il dio dei cristiani, o qualsiasi altra divinità di nostra conoscenza o a noi sconosciuta. Persino noi mandiamo al diavolo Zeus, o chi per lui, quando siamo girati male, perciò perché non dovrei parlare di Alekos?»

«Perché lui ci è di molto superiore! Lui è puro!» lo rabberciò Eris, scansando la mano di Dioniso con stizza.

«Hai chiesto ad Athena cos’ha combinato, non appena è uscito dal raggio d’azione della villa del dio dei venti?» le ritorse contro Dioniso, accigliandosi.

Eris scosse recisamente il capo, pur avendo sempre mantenuto un certo tipo di contatto con il giovane.

Homados e Proioxis l’avevano tenuta informata in merito alla sua salute e, pur cercando di ridurre al minimo le visite – come richiesto dalla stessa Athena – in almeno tre occasioni si era presentata a Salina per vederlo.

Si era sentita morire dentro nel notare quanto, in quei lunghi mesi di isolamento forzato, gli occhi del giovane si fossero accesi di una luce sinistra e, anche ascoltando Aiolos, ne aveva avuto conferma.

Pur essendo riusciti a contenere le crisi di Alekos, tenerlo entro le mura protettive della villa aveva sortito un effetto imprevisto, e a suo modo altrettanto pericoloso.

Alekos aveva accumulato qualcosa di simile a una lista dei desideri, lista che a tutti era parsa un memorandum di ciò che avrebbe dovuto fare una volta lontano da Salina.

«Cos’ha fatto?» domandò a quel punto Eris, non sapendo bene cosa aspettarsi.

«Eos si è offerta di dargli un passaggio fino a casa – visto che si trovava a Salina in vacanza, assieme a Orione – e, mentre Alekos si preparava per la trasmutazione, lei gli ha parlato di Memnone e di quanto le mancasse parlare con lui in forma umana.»

Eris annuì cauta, ben sapendo della doppia natura del figlio immortale di Eos. Per sua stessa decisione, Memnone aveva scelto di essere mutato in un ibis bianco da Zeus, che gli aveva fatto dono dell’immortalità. L’unico momento della giornata in cui riprendeva forma umana era durante l’aurora, in cui solitamente si trovava sempre al fianco della madre.

Se per Memnone era un fatto normale e, anzi, preferibile a una vita da umano, per Eos non era mai stato così. Il fatto che, però, se ne fosse lagnata proprio con Alekos – ben sapendo quali fossero i suoi poteri – aveva del sospetto, ed Eris lo disse.

Dioniso scrollò le spalle, non sapendo che risponderle e, nel terminare il racconto, disse: «Sia come sia, Alekos ha ascoltato le sue lagnanze e, per tutta risposta, ha circuito Zeus di permettere a Memnone di mantenere la forma umana più a lungo, così da poter passare un po’ più di tempo con la madre.»

«Non dirmi che nostro padre ha accettato?!» esalò sconvolta Eris.

Lui assentì torvo, aggiungendo: «Non solo ha accettato, ma ci si è messo così d’impegno da portare a due giorni al mese la forma umana stabile di Memnone. Ovviamente, il ragazzo non è stato per niente felice della cosa – amando lui moltissimo la sua forma animale – e se n’è lagnato con la madre che, a sua volta, ha pianto come una vite tagliata ai piedi di Zeus perché rimuovesse il dono.»

«Immagino che Zeus si sia sentito un po’ preso in giro» ipotizzò Eris.

«Non sei in errore, sorella… morale della favola, Zeus ha ingiuriato Eos per il modo in cui ha turlupinato Alekos, Alekos è venuto a sapere dal nonno del guaio che inconsapevolmente ha causato, rammentandogli quindi la necessità di vagliare sempre i desideri delle persone e, per diretta conseguenza, il ragazzo ha avuto una crisi che lo ha atterrato per una settimana.»

Eris sospirò, scosse il capo e disse: «Se non troviamo il modo di bloccare il suo potere, impazzirà. La luce lo divorerà.»

«A volte, neppure la purezza ci può salvare. Qualche ombra ogni tanto serve a rendere più piacevole la luce, dopotutto» chiosò Dioniso, guardandosi intorno prima di aggiungere: «Lezioncina a parte, che facciamo, ora?»

Eris, però, non gli rispose, troppo impegnata a guardarsi per dare retta al fratello. Dioniso, quindi, ne seguì lo sguardo, rise imbarazzato e chiosò: «Una volta terminata questa storia, penserei seriamente a uno shatush o a dei colpi di luce. Ti sta bene, il biondo.»

Lei lo fissò malissimo – tra le mani alcune ciocche di capelli macchiate di colore giallo paglierino – e ringhiò: «Credimi, quando finiremo questo viaggio, il parrucchiere sarà l’ultimo dei miei pensieri.»

Dioniso preferì non chiedere quale sarebbe stato il primo.







N.d.A.: tra alti e bassi, direi che l'accoppiata Dioniso/Eris da qualche parte è arrivata. Ora, resta da capire quanto tempo impiegheranno per trovare Alekos, in quel dedalo di mondi sempre diversi in cui cadono ogni volta. Il fatto che Moros abbia detto che, "nel caso specifico, il tempo è vitale", credo sia tenere in debito conto.
A presto!
(P.S. : spero stiate tutt* bene, visto il periodaccio dovuto al Covid-19)
 
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Epico / Vai alla pagina dell'autore: Mary P_Stark