Fumetti/Cartoni americani > Batman
Ricorda la storia  |      
Autore: MadLucy    27/02/2020    1 recensioni
[Joker/Batgirl!Barbara Gordon | post The killing joke]
«Dopo quello che farò, a nessuno dei due rimarrà più niente.»
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Barbara Gordon, Bat Family, Joker
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

L'ultimo ancora presente alla Torre dell'Orologio era Dick, che si affacciò all'ufficio di Barbara con un sorriso stanco. «Non ti sembra il caso di staccare?»
Il buio era calato da tempo dietro il rosone della vetrata affacciata su Gotham. Ora, dalla sua scrivania, Barbara riusciva solo a scorgere le bolle di luci di lampioni e abbaglianti immerse nelle fumose spire venefiche della città, e sotto la caligine un sottile sgattaiolare di auto e ombre furtive. Che quello spettacolo si consumasse dietro la fermità del vetro era qualcosa di soddisfacente, come contemplare un acquario. Dava un senso di pace ed equilibrio. «Non ancora» Barbara informò Dick. «Ci sono diversi tabulati che voglio controllare prima di andare a nanna.»
«Io passo da Big Belly Burger» la tentò lui maliziosamente. «Questa informazione non cambia in nessun modo i tuoi piani?»
«Temo di no» replicò Barbara, in tono apologetico. «Hai ventitrè anni, Dick Grayson. Dovresti smettere di mangiare come un dodicenne.»
«Significherà che prenderò qualcosa anche per te e lo mangerai dopo» decise Dick. «Perchè resti a dormire da me, vero?»
Barbara annuì con la testa, indulgente. Il ragazzo tamburellò con il pugno sullo stipite della porta, annuendo. «Bene allora. Buoni straordinari. Non strafare ulteriormente.»
«E tu non strafare con il ketchup.» Il sorriso sulle labbra di Barbara si dileguò quando non udì più i suoi passi lungo la scala a chiocciola. A quel punto, spense il monitor del computer con un gesto rapido e infilò il plico di fogli dei tabulati in un cassetto della scrivania. Quando sul piano di lavoro non ci fu più nulla, prese un respiro profondo. Aprì un altro cassetto e ne estrasse una bustina trasparente, dentro la quale c'era una lieve polvere bianca. Non era granchè come tossica, quindi per inalarla utilizzò rudimentalmente un pezzo di carta. Poi, leggermente stordita, si abbandonò sullo schienale della sedia. La metoxetamina avrebbe fatto effetto nel giro di pochi minuti. Non restava che aspettare. Socchiuse appena gli occhi, pervasa da una sensazione di insolito benessere, come fiori di calore che sbocciassero in corrispondenza delle vene più importanti. Contrasse delicatamente le dita dei piedi all'interno delle scarpe. Da quando vi aveva recuperato la sensibilità e il controllo, le appariva sempre come un piacere infinito, una facoltà di grandissima sofisticatezza. Era stata una giornata di lavoro stancante, e la fatica formicolava densa nel suo cervello.
«Adesso menti anche al tuo fidanzato? Quanto stai diventando dark. Inizio a spaventarmi.»
Barbara sgranò gli occhi, vigile in un istante. Per essere un'allucinazione, era molto nitida. I contorni erano compatti e definiti. La sua memoria eidetica le restituiva un'immagine molto simile a quella che aveva davanti, eppure non in ogni dettaglio. La sua fantasia aveva rielaborato Joker, facendogli indossare una giacca diversa –una cravatta?– disegnandogli una capigliatura più vicina a quella delle foto dei giornali.
«Non ho mentito» rispose Barbara automaticamente. «Solo, non voglio farlo preoccupare. Secondo loro mi sono ristabilita completamente, e così dev'essere. Non ho intenzione di essere l'invalida mai più.»
Joker sedeva sull'altra sedia accostata alla scrivania, prima vuota, le braccia dietro la schiena, le gambe allungate davanti a sè e le caviglie accavallate. «Indurti tramite droga delle allucinazioni per parlare con la persona che ti ha rotto la spina dorsale? Davvero villainous» commentò.
Barbara battè le palpebre, ma l'allucinazione non si distorse o disturbò. Non era come si aspettava che fosse, ma non provava alcuna paura nè collera. Era calmissima. Raccolse una matita dala scrivania e gesticolò con essa per tenere una mano occupata. «La maggioranza dei villain nascono a causa della sete di vendetta in seguito a un grave torto subito» chiarì ad alta voce. «Suona familiare, eh? È questo che sto cercando di evitare. Per me, intendo.» Tossicchiò, poi indicò Joker con la punta della matita. «Chiamiamola una... terapia.»
Lui inarcò un sopracciglio. «Terapia, suona rassicurante» ribattè. «Allora perchè non lo dici a nessuno?»
Barbara lo sapeva il perchè. «Perchè nessuno può capire» ammise amaramente. Nessuna delle persone che aveva accanto rischiava ciò che rischiava lei.
«Tranne me.»
«Tranne me» lo corresse con durezza. «Sto parlando con il mio subconscio, non con te
Joker alzò le mani, come ad ammettere che diceva la verità. «Ci sono modi di farlo meno pericolosi per la tua salute mentale, non ti pare? Per esempio rivolgerti a un terapista vero, la butto lì.»
Come se Barbara non ci fosse andata, ai tempi dell'incidente, e anche dopo. Ma non poteva fidarsi a parlarne con nessuno. Non di quello. «Ho il controllo. Questa è la differenza tra me e te. Io sono sempre in controllo.» Placò il tremore leggero della mano agitando più in fretta la matita tra indice e medio.
«Oook, sei tu il boss qui» concesse Joker con indulgenza.
«Devo ritrovare me stessa in modo autentico» rammentò Barbara a se stessa. «Solo quando l'avrò fatto sarò pronta per ricominciare davvero.» Con la stessa sincerità, con lo stesso spirito. Con la stessa speranza. Non puoi aspirare al bene se ti ristagna ancora dentro il male. Doveva semplicemente praticare un salasso.
«La maggioranza delle donne, dopo una notte insieme, fatica a dimenticarmi» si schermì Joker teatralmente. Poi la sfiorò con uno sguardo che si sarebbe quasi potuto definire intenerito, in qualche grottesca maniera. «E tu, Red... sei abbastanza memorabile, nel tuo piccolo. Ti conosco da quando eri una frugoletta. Così tanto potenziale.»
«L'hai sfruttato per bene» mormorò Barbara, «quel potenziale.»
«Il fondo si può sempre raschiare ancora, come insegna la politica italiana e i vasetti di conserva di pomodoro.» Joker la squadrò dalla testa ai piedi. «Beh, le gambe funzionano di nuovo, no? E tu credi di essere diventata una persona molto migliore ai tuoi stessi occhi e per Gotham, dopo questo rito d'iniziazione. Allora perchè non saltiamo questa parte ridicola in cui fingi di avercela con me e non mi ringrazi per il ruolo che ho avuto nel tuo character development?»
Barbara rimase stupita da come avesse letto i suoi pensieri come fossero le istruzioni di un elettrodomestico, ma poi ricordò che era solo una sua allucinazione. Sapeva tutto ciò che lei sapeva.
«Non è di uno sfogo che ho bisogno. Anche perchè picchierei l'aria» obiettò. L'aveva già picchiato virtualmente tante volte, mentre si allenava, mollando fendenti a un sacco. L'aveva ucciso già tante volte nel sonno. Il suo sangue non le serviva, nè davvero nè per finta.
«Allora di cosa?»
«Di risposte.»
Quella risposta gli piacque. Joker cambiò posizione sulla sedia e le sorrise serafico. «Abbiamo tutto il tempo... per raschiare questo fondo. Il destino si legge sempre sul fondo, delle tazzine delle caffè e delle persone. Ora dammi un po' di quella roba che hai sniffato, non sta bene festeggiare con altri e mangiarsi la torta da soli.»

*

Non dovresti farlo diventare un appoggio, pensava Barbara, non dovresti farla diventare un'abitudine da cui trai sollievo. Non dovresti fidarti di una deliberata manomissione della tua mente.
Joker si guardava intorno, come alla ricerca di qualcosa –un costume dentro una teca, come nella Batcaverna? «Che fine ha fatto la tuta viola? Ti donava di più.»
Barbara pensò a quella nuova, che sembrava essere stata immersa in un bacile di catrame, nero e giallo come i colori della Gotham notturna, quella ostile, repellente, tossica, la meno telegenica di tutte. «Appartiene–»
«Ad un periodo terminato della tua esistenza? Posso capirlo. Ora sei in lutto... Sei un oracolo di saggezza. Sei come lui, una donna matura definitivamente motivata sulla strada della giustizia sociale e del combattimento del crimine ad opera della sofferenza e dalla consapevolezza della crudeltà della natura umana.» Joker scoppiò in una risata saporita, davanti al suo volto gelido e impassibile. «Ci sei cascata? Con tutte le scarpe, e anche gli adepti della setta del pipistrello. Ma il dolore non è un incantesimo della fata madrina che ti rende Batman, Babs. Il dolore è solo un grilletto.»
«Non chiamarmi Babs» lo aggredì Barbara. «Mi hai già costretta una volta a rivalutare tutto ciò che ero. Non lo farò di nuovo. Mi sto rimettendo insieme e i pezzi coincidono. Riesco ancora ad essere qualcosa di coerente e credibile, a prescindere da quello che pensi tu.» Non si rese nemmeno conto di essersi alzata in piedi per puntargli un dito contro –ad un'allucinazione. «Credi di essere il primo ad accusarmi di emulare qualcuno che non sarò mai? Credi che nessuno prima di te mi abbia detto che non ce l'avrei potuta fare? Eppure sono arrivata dove sono ora, e quello che faccio ha un senso, ha dei risultati. Aiuto davvero quella gente. Combatto davvero la feccia come voi.»
Joker alzò le spalle, in un improvviso calo d'interesse. «Quindi hai già la soluzione. Bene, non ti faccio perdere altro tempo...»
«No, aspetta.» Barbara parlò prima ancora di rendersene conto. Non voleva che sparisse. Non voleva arrendersi così facilmente. Tutta qui era la sua resistenza? Si faceva trascinare troppo dalle emozioni.
Joker atteggiò il volto ad una smorfia di esasperazione, condita di soddisfazione. «Come posso lasciarti in pace, Barbara, se sei così insistente?»
«Adesso sono io che non lascio in pace te» ne convenne lei.
«Se continui così, ti denuncerò a tuo padre per stalking. Anche un uomo può esserne vittima, sai?!»
«Devo capire.» C'era qualcosa dentro di lei che pretendeva di essere capito, per quanto respingente potesse essere.
«Allora lascia che ti dica una cosa a cuore aperto, da brava rielaborazione della tua coscienza che sono. Tu sei così divertente da includere in uno scherzo perchè sei un punto nevralgico nell'anatomia della vigilanza di Gotham. Figlia di Gordon... beniamina di Batman... fidanzata di Robin Uno...» Joker elencò quei nomi con progressivo entusiasmo. «Accidenti, la cosa migliore che potresti fare per salvaguardare questa città sarebbe chiuderti in una cassaforte, al fine di non compromettere l'equilibrio psichico di tutte queste fondamentali figure! Sei letteralmente la fava con cui si prendono più piccioni. Eppure svolazzi di tetto in tetto e ti esponi diventando il bersaglio di banditi molto, molto pericolosi... No, non è mero autoreferenzialismo...»
«Io non sto chiusa in una cassaforte» lo interruppe Barbara, scossa da uno spasimo di indignazione. «Non sono un diamante, sono una donna, ma questo non implica nemmeno che debba starmene a casa.»
«Tutti quelli che tengono a te impazziscono di dolore se ti succede qualcosa, giusto? ne abbiamo avuto la prova... Lo farebbero di nuovo. E cosa ne sarebbe di Blüdhaven senza Nightwing? cosa ne sarebbe dei cittadini di Gotham senza James Gordon? Cosa dell'intera Gotham senza Batman?... Batgirl, invece...» Joker fece un sorrisetto beffardo e un gesto circolare con il palmo, come ad indicare vagamente il vuoto. «Beh, lascia che ti dica che nei tre anni in cui sei andata in villeggiatura la sicurezza nazionale non è crollata.»
«Non sono andata in villeggiatura, ho hackerato computer governativi e monitorato ogni singolo spostamento di tutte le persone che hai nominato, riparando le loro armi, fornendo nuova attrezzatura e curando le loro ferite» sbottò Barbara.
Joker si portò i palmi alla bocca in una simulata espressione di angoscia. «Oh, cielo, qualcuno sa usare il pc nel ventunesimo secolo! Attenzione! Si rivelerà l'espediente finale per contrastare l'Armageddon! Solo tu e la pirateria informatica contro il male universale...»
«Queste sono soltanto le mie peggiori paure» realizzò Barbara, con triste fermezza. La paura di non essere indispensabile, di non essere all'altezza, di poter essere addirittura un peso. Soprattutto sulla sedia a rotelle, e adesso, con la capacità motoria ristabilita –ma proprio come prima? La paura di essere compatita, di essere la povera storpia da far sentire importante. «Non c'è niente di vero.» Conosceva chi aveva intorno e loro erano consapevoli del suo valore. Non regnava tutta questa ipocrisia.
«Forse sono le tue peggiori paure, ma cosa ti fa pensare che non abbiano fondamento?» la punzecchiò Joker. «Sei una ragazza intelligente, Barbara, questo bisogna concedertelo. Le cose le intuisci al volo.»
«Tutto ciò che dici è una menzogna o un trucco» replicò Barbara, ripetendo ciò che Bruce aveva insegnato a lei e Dick anni prima. «Cerchi di farmi arrabbiare per manipolarmi attraverso la sofferenza.»
«Ma io non sono la nemesi di Batman, il letale gaglioffo che regna su Gotham, bambina. Io sono la tua coscienza, ricordi? Stai dicendo a te stessa queste cose.»
Lei sorrise. Le vorticava la testa. Un effetto collaterale della metoxetamina? «È vero. Tendo a dimenticarlo. Colpa dell'allucinazione, è così precisa. A volte mi sembra di poterti aprire la gola sul serio. Puoi andare, anzi, è meglio che tu vada.»
Eppure la solitudine portava un senso di incompiutezza. Come una parola sulla punta della lingua. Un colpo soffocato nel pugno che avrebbe dovuto sferrarlo.

*

Barbara incrociò Robin incidentalmente, solo per pochi istanti, mentre lui si dirigeva verso un incendio nell'East Side e lei ad un accertamento ad una fabbrica di pellame.
«Giornata tranquilla» commentò Barbara. «Gotham è silenziosa.»
«Dick è partito, giusto?»
«Sì, torna domani. Aveva delle commissioni da sbrigare dalle sue parti. Bruce?»
«Una riunione di lavoro, per una volta. Il suo lavoro di copertura.»
Si scambiarono un rapido sorriso complice, e tutto avrebbe potuto concludersi in quel modo, se non fosse che la mano di Tim la trattenne ancora un attimo dallo scendere le scale.
«A cosa ti serve quella droga, Barbara? Non cercare di negarlo, posso riconoscere i sintomi, sempre agli stessi orari.» La voce era tranquilla, controllata. «Hai avuto i tuoi antidepressivi a scopo terapeutico. La Thompkins dice che non ne hai più bisogno, quindi non devi più prenderli. Nè quello nè nient'altro. Rischi la dipendenza.»
«Lo so, Tim» si ribellò Barbara, sfuggendo alla sua presa con un gesto infastidito; era pur sempre un sedicenne a farle la ramanzina. «Non sono stupida, e non sono nemmeno una tossica.»
«È quello che penso anch'io» annuì Tim. «Per questo la risolviamo tra noi adesso, e la cosa non esce fuori con gli altri. Ma solo se tu la pianti. Altrimenti parlo.»
«Afferrato» rispose Barbara, questa volta con lo spettro del suo sorriso sulle labbra. Tim esitò.
«Posso capirti, lo sai? Mia madre è morta per via di quello che faccio. È roba da rischiare di restarci pazzi, se ci si pensa troppo a lungo. L'unica opzione è non... ossessionarsi. L'ossessione non può portare nulla di buono.»
Barbara non sospettava che Tim fosse un osservatore così attento anche quando non era sul posto di lavoro. Ad ogni modo, lo fece ancora, con più precauzioni.
«Parliamo della tua vita amorosa» esordì Joker, ricavando una rosa da un foglio per stampante e fingendo di annusarla. «Prendi la prima, commovente infatuazione adolescenziale per Batman ancora prima di lavorare per lui, sperando di attirare la sua virile attenzione con le tue gesta da mentecatta. Poi succede il miracolo: la copia ottiene il nulla osta dall'originale. Anzichè scemare –perchè c'è da dire che lui dal vivo è più basso che in televisione– la cotta diventa bruciante amore... Peccato però che il grande pipistrello ti veda solo ed esclusivamente come una figlia. Una sorellina minore, meglio? caricando inconsapevolmente il tuo sentimento di colpa incestuosa.» Joker ammiccò alle labbra serrate e sbiancate di Barbara. «A quel punto, ripieghi sul suo secondo clone wannabe. Robin. Pardon, Nightwing... Una cinesata tarocchissima, ne convengo. Forse addirittura ancora più basso di Papà Bat. Ma magari, nel buio di una camera da letto, l'illusione quasi riesce... con la giusta quantità di grappa pre-talamo...»
Barbara si unì alla sua risata con un suono più rugginoso, più sgangherato. Le era facile ridere di se stessa in quel contesto, con il cervello un po' alleggerito. Era tutto così brutto e ingiusto e falso che venissero dette quelle cose, ma aveva il sapore un po' osceno delle verità sepolte, profonde, rancide, quelle cose che un giorno da ubriaca urleresti come una bestemmia.
«Tu che parli di sentimenti? Sei in vena di battute toste, eh?»
«Ricorda che sei sempre tu che parli, Barbara, e tu sai sempre tutto, quindi dev'essere vero. Come la mettiamo, adesso?»
Barbara non lo sapeva. Non c'era più nulla di sacro o di intatto, qualcosa che lo scherno non riuscisse a raggiungere e storpiare. Tutto ciò che la sua vita conteneva era banale, prevedibile, perlopiù fallito. Anche ai suoi occhi sembrava ormai evidente. Un'utopia irrealizzabile e piena di buchi di trama. Un disastro da contemplare dall'alto, con distacco.
«Tanto meglio così» rispose. «Lui non è la persona giusta per nessuno, tantomeno per me, e neanche Nightwing. Continuiamo semplicemente a sbattere l'uno contro l'altra come lucciole che flirtano con i neon. Non ce la facciamo a stare separati. È la traccia di questa vita, che ti costringe a ricercare solo quelli come te. Con la stessa condanna sulla testa.»
«Ma tu non ricerchi mai ciò che è giusto per te, Babs? –inizio a pensare che sei fuori quanto il sottoscritto.»
Barbara chiuse gli occhi. Anche per quel giorno aveva raggiunto il livello massimo accettabile di verità. «Non chiamarmi Babs.»

*

Stava diventando sempre più facile.
«Una giornata difficile, Barbara?»
Un giorno avrebbe dovuto decidersi a non chiamare più. A non rispondere più. «Lavoro.»
«Già, prima il dovere, poi il piacere, giusto?» Joker mosse le mani davanti al viso come un prestigiatore. «Per darti la buonanotte ti racconterò una storia. C'era una volta un cittadino indigente che Gotham non nutriva e non proteggeva dagli abusi genitoriali, oggetto di bullismo da parte dei coetanei e derisione da parte degli insegnanti, che crebbe senza alcuna fiducia nel prossimo o nel sistema nè stima di se stesso, fino al giorno in cui avvenne un episodio eclatante, un incidente degno del titolo principale dei quotidiani, la fatidica goccia che fece traboccare il vaso, il che degenerò in una personalità psicotica e un desiderio di rivalsa e vendetta...» Joker finse di impensierirsi di colpo. «Oh, ma questa è una storia vecchia, giusto? Già raccontata in ogni salsa. Radici marce che succhiano veleno come linfa e producono frutti tossici. Una storia che tutti conoscono già. Allora te ne racconterò una nuova, una mai sentita prima.» Fece un passo avanti, e Barbara non potè farne uno indietro, perchè era seduta –ma adesso lei poteva alzarsi di nuovo. Però non lo fece. «Le storie di tutti i figli di Gotham si somigliano. Tranne una. La tua. Genitori amorevoli. Tappeti rossi ovunque andassi. La figlia del commissario... Un sorriso e una buona parola da tutti. E poi, dopo l'avvento di Batgirl, copertine patinate dei giornali, fan club, gadget, insomma, una pop star. Non c'è da stupirsi che pensi che questa città meriti di essere salvata...»
«Mi sono innamorata delle sue carie, non delle sue luci» rispose Barbara. Una relazione disfunzionale, a senso unico. Una cattiva scelta.
«Davvero? Quelle luci non hanno giocato nessun ruolo? Se i tuoi genitori avessero tentato di ucciderti anzichè mandarti a scuola con le scarpe nuove, credi che avresti ancora tutto questo ottimismo dentro nei confronti del prossimo? Sopravvaluti il tuo spirito umanitario.»
«Per quanto possa risultare incredibile per uno come te, il nostro non è un esercizio di narcisismo. Una città che ha bisogno di vigilanti è una città malata, e chi diventa dottore per curare la malattia di Gotham desidera solo estirparla, non ottenere ringraziamenti.»
Joker fece segno di no con l'indice, come un maestro petulante. «Non parlare al plurale, miss Gordon. Parliamo solo del tuo caso. Non sei poi così necessaria come speravi. Eri tu ad aver bisogno che Gotham avesse bisogno di te. Ti hanno sempre trattata da superiore e quindi hai deciso di diventare il dio personale di quei sudditi adoranti. Volevi dimostrare alla gente che faceva bene ad amarti come amava tuo padre. Non sei un fenomeno di altruismo, sei solo il banale prodotto della tua biografia. Non esiste nessuna gratuità e nessuno spirito di sacrificio. Ogni vigilante non può fare altrimenti che dare se stesso, e pretende sempre qualcosa in cambio. Non è stata una cattiva scelta, è stato un cattivo destino.»
Barbara avvertì la brutta sensazione di un'intrusione nella mente. «Ti senti un grande genio della manipolazione mentale nello spacciarmi tutte queste filosofiche verità sulle ragioni che mi spingono a fare quello che faccio? La verità non può farmi del male. Forse all'inizio era così, ma le cose sono cambiate...»
«La trama è cambiata, tu sei proprio la stessa.»
«Non venire a parlarmi di cose che danno senso alla nostra esistenza, tu che rapini banche in disperata attesa che Batman venga ad assistere!»
«Oh, no, no, no» rise Joker. «La paziente sei tu. Per quella sessione dovrai attendere il prossimo episodio.»
Barbara cercò di ripetersi il suo mantra, la sua formula di sicurezza: «Stai solo cercando di farmi infuriare, di farti odiare, perchè è attraverso l'odio che io posso diventare come te...»
«Ma tu non stavi parlando con te stessa, cara?» la interrogò Joker con finta premura. «Ti auto-accusi di starti sospingendo verso la perdita del controllo? Quindi qual è la verità? Sono io?... o sei tu?»
Qual è la verità?
La verità...
Barbara strizzò gli occhi. Ne aveva presa troppa. Sbagliato dose. No, lei non poteva sbagliare. Non avrebbe mai sbagliato... per sbaglio. «Non lo so.» Tutto stava perdendo la sua quintessenza di realtà, si staccava dalle cose, lasciava solo spettri, sagome, abbagli. «Io... sento che c'è qualcosa che non va in me. Non sto bene. Ho mentito. Non mi sono mai ripresa.»
«Shhh.» La voce della sua allucinazione era inspiegabilmente rilassante, quasi veniva voglia di non coglierne il significato, di farsi solo cullare. «Ti sei accorta di aver rinunciato a vivere per te stessa molto tempo fa... Di stare vivendo per tuo padre, per l'idola delle riviste... per Batgirl. Ma Batgirl vivrà anche senza di te, lo sai? Ti sostituiranno. Appena darai segno di cedimento. Appena la macchina che ti sei imbastita in corpo sarà da rottamare, manderanno in discarica anche te.» È vero, avrebbe voluto dire Barbara, ma era troppo stanca. Andrà così, non posso farci un bel niente. Uccidetemi. Uccidetemi subito. E poi, in tono di gentile ammonizione: «Batgirl non sei tu. Non sei mai stata tu.» Era così che si sentiva, era proprio così... proprio questo... Ormai era uscita dal uo controllo, come un'ombra che si stacchi dai piedi e cammini per conto suo. Batgirl era il suo mostro, la sua creazione rivoltosa, la sua figlia traditrice.
Joker le prese il mento in una mano e glie lo sollevò, in un gesto d'attenzione quasi paterna. «Puoi continuare ad essere un piccolo, effimero fuoco d'artificio per dare brio alla partita tra il tuo capo e me,» suggerì, a bassa voce, «oppure puoi diventare. Qualcos'altro.»

*

«Che cosa stai facendo?» La voce di Dick interruppe i suoi gesti per un istante, poi Barbara riprese, senza voltarsi. «Credevo che... non saresti stato qui.»
«Cambio di programma. Barbara, mi spieghi che succede?» Quella voce si stava caricando di angoscia. «Ho trovato Tim...»
«Sta bene. Sta solo dormendo» lo interruppe Barbara rapidamente. «Dormendo. Niente di che. Però sapevo che non avrebbe capito. Quindi è meglio se dorme, finchè non avrò finito.»
«Finito di fare cosa?»
Barbara lo leggeva negli occhi di Dick, che non la stava davvero ascoltando. «Funzionerà, te lo giuro. Senti –lui crede di padroneggiare il caos ma non è vero. Lui non è il caos. È uno psicopatico intelligente con una mente estremamente calcolatrice. C'è poco di caotico nel suo modo di agire. Un imprevisto può fare male a lui come a chiunque altro. Funzionerà.»
«Barbara. Ascoltami.» Ora il tono di Dick era profondo e scuro, come sempre quando parlava terribilmente sul serio. «Non devi lasciare spiragli all'oscurità. Per Joker è come sangue per uno squalo, lo sai, vero? Lo hai visto accadere tante volte. È come un avviso segnaletico che dice "vieni ad aprirmi la ferita". Ne approfitterebbe. Tu e lui–»
«So cosa sto facendo» lo interruppe Barbara, con voce tagliente. «Capisco che qui dentro sono senz'altro la meno brillante, però per una volta mi devi stare a sentire.»
Dick sgranò gli occhi. Era il ritratto del completo smarrimento, e per un istante a Barbara ricordò il piccolo Robin e fece tenerezza, ma svanì subito. «È colpa nostra. Non ti abbiamo tenuta sotto controllo a sufficienza» mormorò. «Siamo stati incauti.»
«Io ho il controllo!» strepitò Barbara, voltandosi di scatto per aggredirlo.
«No, Barbara, non ce l'hai» ribadì Dick, con fermezza. «Sennò non avresti messo del sonnifero nel caffè di Tim.»
Aggrottò la fronte. Detta così, suonava davvero male. «Io non... l'ho fatto solo per...»
«Barbara!» la invocò Dick, disperatamente, come per svegliare lei, o se stesso, da un incubo. «La tua mente è vulnerabile. Non lo capisci?»
«Non ti fidi me?» domandò invece Barbara. Era come temeva, come credeva. Come lui aveva detto.
«Quando ci fai entrare Joker? No.» La prese per le spalle e la scosse piano. «Se adesso ti rimanesse un briciolo di lucidità, mi diresti "Dick, chiudimi in una cella e butta la chiave finchè non rinsavisco". Se me lo avessi chiesto, forse l'avrei interpretato come un buon segno e non l'avrei fatto. Visto che non lo hai chiesto, devo farlo per forza. Devo essere certo che non farai del male a te stessa.»
«Ok, hai ragione» ammise Barbara, arrendevolmente. Giunta però davanti alle celle di sicurezza della Bat-caverna, però, con un movimento fluido ci spinse lui dentro e la chiuse ermeticamente.
«Quando avrò vinto e ci saremo liberati di lui mi perdonerai, Dick» spiegò, osservando la sua espressione sconvolta dall'altra parte del campo di forza. «Lui crede di avermi incastrata tramite il mio stesso codice morale. L'unico modo per batterlo è con una battuta che non può capire.»
«Sei tu che non hai capito la sua, di battuta» replicò Dick, rivolgendole un'occhiata di supplica. «Ogni volta che pensi di stare uscendo dal suo copione, ti sbagli. Stai cadendo nella sua rete. Non puoi sconfiggere il caos a scacchi, perchè non gioca secondo le regole!»
«Non riguarda voi» disse Barbara. Si girò un'ultima volta, per non incrociare più il suo sguardo. «Riguarda me.»

*

La pioggia si abbatteva sulla cabina della ruota panoramica rotta, in uno scroscio continuo di proiettili. Barbara ci entrò con i capelli zuppi. Lì dentro c'era una luce verdastra, un'atmosfera lagunare.
«Hai fatto un ottimo lavoro di traditrice» commentò Joker, gongolante, quando la vide entrare. «Credo di non aver mai messo fuori gioco tanti di voi contemporaneamente come hai fatto tu oggi. Sei appena diventata mia allieva e hai già superato il maestro. Lo sapevo, che avevi potenziale.»
«Il caos non conosce schieramenti nè scopi, dico bene?» Barbara espose al suo sguardo il pulsante. «Dopo quello che farò, a nessuno dei due rimarrà più niente.»
«Come dici?»
«Nella Bat-caverna c'è una bomba. E tu starai a guardare mentre la farò saltare.»
Joker rimase seduto sul sedile della cabina, a gambe accavallante, studiandola con una certa giudicante diffidenza. Barbara fremette sotto quello sguardo, un fremito di violenza, di energia che supplica di esplodere. Era quello il palco che voleva. L'unico banco di prova che pretendeva da se stessa.
«Ohh, che noia!» sbuffò Joker. «Stai bluffando affinchè io dimostri che in realtà sono vincolato dall'esistenza di Batman, blablabla? Via, non è un'aula di filosofia della morale, cerchiamo di piantarla con gli esperimenti mentali...» Le sue dita giocherellavano con i gemelli del polsino. Barbara inchiodò quel gesto con gli occhi.
«E tu stai sdrammatizzando, ma sei preoccupato, vero?» lo stanò. «E se non fosse un bluff? Se tutti loro morissero? All'improvviso i tuoi spalti si svuoterebbero, no? Se tu morissi, la minaccia del tuo ritorno continuerebbe a inquietare chiunque, e Batman non si libererebbe mai davvero di quel timore. Ma se loro morissero... credi davvero che qualcuno all'altezza si rifarebbe avanti, prima o poi? E quanto ci vorrebbe? Mesi? Anni? Quanto tempo credi di poter aspettare?» La sua voce aveva un'urgenza quasi sadica, una sete di sangue.
«Fammi capire, il tuo obiettivo era cercare di rimanere lucida, e per farlo hai deciso di uccidere Batman? Sta andando proprio come speravi.» La derideva per schivare lo schianto.
«Il mio obiettivo era annientarti» ringhiò Barbara. «Ridurti a niente. E quando premerò questo pulsante, tu non sarai più niente.»
«E tu sarai un'assassina di vigilanti, mia cara.» Di nuovo sulla difensiva!
«Oh, no. Il paziente ora sei tu» lo corresse, sogghignando per il gioco citazionista di cui poteva ridere da sola. «Sai quel è il tuo limite? Che sei ancora convinto che non lo farò. Che non potrei mai farlo. Perchè è questo che la ragione ti suggerisce, giusto? Perchè io sono prevedibile, giusto? Ma se lo facessi, niente tornerebbe più, vero? Anche il tuo universo poggia su dei valori, su quelli degli altri. Tutti i piani sarebbero scombinati perchè non ci sarebbero più un movente per dei piani. E allora dove sarebbe il terreno che fino ad un attimo fa stava sotto i tuoi piedi? Dove sarebbe il tuo futuro? Quali le prospettive? Che fare? Che accidenti fare?!» Barbara fece un passo avanti e posò il polpastrello sul bottone. Joker sbattè le palpebre, come se avesse evitato un manrovescio.
«Ti conviene darmi quel pulsante, ragazzina.» La sua voce era minacciosa.
«E allora, solo allora, saremmo uguali!» gridò Barbara. «Solo allora saremmo davvero alla pari! Solo allora avrai espiato.»
«Dammi il pulsante!»
«Quello è il caos! Tu non lo sei!» Poi –la mente alienata in qualche paradiso infernale– il bottone fu schiacciato. Morti, pensò Barbara, vacua. Sono morti. Li ho uccisi.
Guardò Joker. Il volto rimase immobile, terreo, come una superficie nell'istante precedente alla rottura. Poi scoppiò in una grandissima, cavernosa risata. Rise e rise e rise, sguaiatamente, ferocemente, vittoriosamente. Barbara si sentì comprimere dentro, mentre l'acme di quel potere, di quel pulsante, si volatilizzava vano.
«Ah, è così divertente... Santo cielo! È un vero spasso!» singhiozzò Joker. «È un peccato che tu non abbia uno specchio per vedere la tua faccia in questo momento, perchè...!» Dovette fermarsi di nuovo per ridere. Riprese solo diversi secondi più tardi. «Sono commosso ed esaltato, lo confesso. Non mi divertivo così da molto tempo. La ragazza perfetta ed irreprensibile che decide di perdere se stessa, solo per sconfiggere me... È l'interpretazione di Medea più spassosa che mi abbiano mai dedicato. Ma sono desolato nel dirti che lo scherzo che io ho giocato a te è ancora più divertente.» Joker ghignò soddisfatto dell'apatica sospensione del suo viso. «Sei una ragazza intelligente, Barbara... Una ragazza vittima della sua intelligenza che non può salvarle la vita. Non è che hai sbagliato le dosi, non è che non hai visto la manipolazione, solo che hai permesso che avvenisse. Perchè lo volevi.»
«No» disse Barbara.
«Non avevi il coraggio di essere responsabile di tanta delusione in prima persona. Avevi bisogno di un intervento che sovvertisse l'ordine delle cose. Che desse le dimissioni alla razionalità per te. Una piccola... spinta.» Joker la stava masticando viva. «Ci siamo fatti delle splendide chiacchierate io e te» aggiunse maliziosamente, con voce di miele.
«Non è possibile» ripetè Barbara a se stessa, inorridita, arretrando. «No. Non è vero. Io stavo parlando da sola, io stavo– no!»
«Devi accettare il fatto che vivi in una strana città» ridacchiò Joker. «Molto strana.»
Barbara si aggrappò alla barra di sostegno nella cabina della ruota panoramica. Il cavo che la connetteva alla realtà era stato tranciato. Tutto la lasciava. Era come perdere le gambe ancora, era come perdere ogni parte del corpo.
«La bomba... c'era davvero... oppure no?» ebbe solo la forza di esalare.
«Oh, se non lo sai tu che l'hai messa...! O pensi di averla messa...» Joker finse di pensarci su. «Beh, poco importa. Ho mandato Harley a disinnescarla. Forse ha fatto in tempo, forse no. In tal caso... siamo rimasti solo al mondo.» Le aveva preso il viso tra le mani. Due mani che la sorreggevano mentre tutto veniva a mancare. L'unico amo che si degnasse di recuperarla dal baratro. Era qualcosa. Era una specie di salvataggio. La mente, ormai, era così lontana, irraggiungibile. «Baciami come se fossero tutti morti, Babs.» E Barbara obbedì, mentre cadeva per sempre.

*

Barbara si svegliò in un letto ospedaliero, a Wayne Manor. Accanto a quel letto c'era una sola figura a vegliarla, la sagoma alta e tacita di Bruce. Scrutò il suo risveglio senza dare mostra di alcunchè, senza farle capire cosa ne fosse rimasto di lei. «Ti fa male qualcosa?»
«Cosa dovrebbe farmi male?» rantolò Barbara.
«Niente. Ti abbiamo trovata stramazzata a terra davanti a casa. Nessun danno fisico e nemmeno cerebrale, a quanto pare. Alfred mi ha raccontato la tua versione dei fatti.»
Barbara non ricordava nemmeno cosa avesse detto, la prima volta che si era risvegliata. «Stanno tutti bene, vero?»
«Sì, certo» rispose Bruce, stancamente. Lei si vergognò alla massima potenza. Strizzò gli occhi.
«Oh mio dio, Dick–»
«Se la caverà, è un adulto» tagliò corto lui. «Alfred lo ha già informato del fatto che tutto ciò che è successo è stato causato da un gas venefico di Joker. È più tranquillo. Anche Tim.»
La fitta di rimorso si fece sempre più forte. «Bruce, non c'era nessun–»
«–gas? Lo so. Abbiamo mentito per te.» Bruce restava impenetrabile. Se era deluso, non lo dava a vedere.
Barbara sentì le lacrime seguire il loro tragitto sulle sue guance. «Come fai a perdonarmi?»
«Sono io che ho dato un costume e un'utopia a una ragazzina di sedici anni» constatò Bruce. «Non c'è niente da perdonare. Sono la causa di tutto questo.»
Barbara avrebbe voluto obiettare, chiedere scusa, tempestarlo di pugni, invece rimase immobile nel letto.
Attesero insieme che arrivasse qualche altra parola a soccorrerli.
«Tu sei terribile quando si tratta di salvare te stessa, e incredibile quando si tratta degli altri» aggiunse Bruce. «Ti affiancherò qualcuno. Una ragazza che ha sofferto.»
Barbara chiuse gli occhi. Tipico di Bruce, dare responsabilità ai casi umani per restituire loro speranza e sicurezza in se stessi. Mettere alla prova chi è sul filo del rasoio. «Non sono nelle condizioni di insegnare alcunchè, nè tantomeno di curare ferite interiori.»
«Non sarà la tua apprendista. Sarà il tuo controllore.» A Barbara sembrò di averlo quasi visto sorridere. Sicuramente un abbaglio.
«Comunque ho detto di no» esclamò.
Il giorno dopo, conobbe Cassandra Cain.


 
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > Batman / Vai alla pagina dell'autore: MadLucy