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Autore: Danny Fan    28/02/2020    0 recensioni
[Il Giro del Mondo in 80 giorni]
[Il Giro del Mondo in 80 giorni]Una pazza scommessa, un viaggio intorno al mondo, un incontro voluto dal destino. Una storia d'amore senza tempo, fra i rintocchi dell'orologio e il tè dell'India coloniale.
Genere: Avventura, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Benares e Allahabad, India, 24 ottobre 1872.
 
Intorpidita, Aouda si sforzò di aprire gli occhi.
Le pareva di essersi appena destata da un lungo incubo, da un susseguirsi di immagini mostruose, di presagi terrificanti ai quali lei, con le sue sole forze, non poteva sottrarsi.
Poi, nel destarsi, ricordò tutto.
La morte dell’anziano Raja del Bundelkund, suo marito, e il terribile destino del sati, al quale i parenti di lui l’avevano destinata. La fuga disperata, il terrore nell’essere ricatturata, lo stordimento dei vapori della canapa ai quali fu costretta, e i vaghi momenti di lucidità durante la chiassosa processione del funerale, al termine del quale sarebbe dovuta essere arsa viva assieme al cadavere del vecchio. Ma tutto questo non era stato purtroppo un sogno. Le era accaduto veramente. E adesso? Si trovava su un treno in movimento?
Le era sembrato di essersi svegliata in precedenza e di aver sentito il rumore della locomotiva. Qualcuno le aveva dato da bere, poi era ripiombata nel sonno.
Infine eccola ancora o di nuovo su un treno.
Adesso però riusciva a ragionare, a capire e a valutare.
Si tirò un po’ a sedere e subito gli sguardi di coloro che dividevano con lei lo scompartimento le si puntarono addosso, perlopiù preoccupati.
Aouda lanciò loro sguardi stupiti, a tratti spaventati. Poi si guardò le braccia, e il grembo. Era avvolta da una coperta calda e morbida, che aveva un bellissimo quanto lieve profumo di colonia maschile inglese. Aouda lo riconobbe perchè suo padre, mercante parsi di Bombay, era solito commerciarla molto spesso con l’Inghilterra.
Un po’ a malincuore scostò la coperta, perchè la teneva calda, ma si avvide di non indossare più l’abito indiano color oro e il velo bianco, bensì un vestito vaporoso, all’europea, in lana dal disegno scozzese sui toni del rosso.
Chi mi ha spogliata e rivestita?! Gridò fra sè, irrigidendo la schiena e guardando i tre uomini nello scompartimento.
Quello davanti a lei, giovane, aveva capelli neri, occhi azzurri e il viso un poco rotondo e sorridente. Seduto accanto a questi, c’era un uomo con indosso la divisa da brigadiere generale dell’esercito inglese, mentre sul sedile fianco a lei, a discreta distanza, un gentiluomo a capo chino su una carta coperta di orari e coincidenze di battelli.
<< Signora Aouda >>, disse il soldato di fronte a lei, in tono gentile, << Non vi spaventate. Siete in salvo >>.
In salvo? No, non poteva crederci. L’avrebbero per certo ripresa.
Il soldato le sorrise, offrendole subito un poco di liquore che potesse meglio rianimarla.
Aouda, guardinga, ma spiazzata, accettò.
<< Che cosa è accaduto? >>, mormorò, << Io... non ricordo bene. Chi siete? >>.
<< Io sono sir Francis Cromarty, brigadiere generale inglese di stanza ad Allahabad. E questi sono il signor Phileas Fogg >>, le indicò il gentiluomo, << E il suo servitore Passepartout >>.
Il giovane seduto di fronte a lei annuì con un enorme sorriso.
<< Sono coloro che vi hanno tratta in salvo >>, continuò a spiegarle Cromarty, con tono pacato e rassicurante, << Il signor Fogg ha avuto l’idea di sottrarvi al sati e questo bravo giovane vi ha strappata al rogo sostituendosi al vostro defunto marito sulla pira >>.
Sconcertata, Aouda guardò Passepartout come se non riuscisse a credere a quel racconto. Era stata quindi condotta sulla pira, e quei viaggiatori avevano pensato di strapparla al suo triste destino?!
Sono viva per miracolo.
<< Ma no, la mia è stata solo una idea bislacca, che per nostra fortuna ha funzionato >>, disse il servitore, << Il merito è del signor Phileas Fogg, non mio >>.
Aouda si volse verso il gentiluomo, il quale tenne lo sguardo sulla sua consultazione, e non disse nulla.
<< Vero >>, disse Cromarty, << Il signor Fogg non ha esitato a mettere a repentaglio la sua vita e la sua libertà per salvarvi, dimostrando una autentica abnegazione, anche quando tutto sembrava perduto. Pensate, signora, che mentre eravamo ignari del piano di Passepartout, io e il parsi che ci ha fatto da guida abbiamo faticato a trattenerlo per impedirgli di lanciarsi sulla pira in fiamme! >>.
Passepartout annuì con forza, e Aouda si volse di nuovo al suo vicino di sedile. Egli rimase imperturbabile, come se non si stesse parlando di lui. L’attimo dopo, chiuse con un elegante scatto le proprie carte e la guardò per la prima volta.
Aveva occhi penetranti, di un celeste chiaro, freddo come il ghiaccio. Lo stesso sguardo era distante, un poco sfuggente. I capelli erano biondo scuro, corti sulla nuca, ma più lunghi sul davanti, dove si arricciavano morbidamente, giusto un poco ribelli. Portava baffi ben curati, del medesimo colore chiaro della capigliatura, e che capeggiavano su una bocca leggermente spessa ma ben disegnata, virile. Non dimostrava più di quarant’anni.
Era un uomo... bello. Pensò Aouda. Non riuscì a impedirsi di fare quell’osservazione, fra sè. Era stata educata da inglese, parlava quella lingua fluentemente con ottima pronuncia, e a Bombay molto spesso aveva conosciuto cittadini inglesi. Quindi non era la prima volta che si imbatteva in un europeo, e quella constatazione non era data dalla novità. Lo stesso Cromarty, come il signor Fogg, era alto e biondo, ma non le aveva dato i medesimi pensieri, se non una aperta gratitudine che si estendeva a tutto il trio. Se pensava che quei coraggiosi l’avevano strappata a morte certa, le salivano le lacrime agli occhi.
Qualcuno che mi aiuta... pensò mentre piangeva silenziosamente, cercando di dimostrare con gli occhi la sua gratitudine, qualcuno che non vuole che io muoia... Guardò per un momento fuori dal finestrino, dove scorreva veloce il panorama della sua India, che così tanto l’aveva maltrattata. L’India dove era nata e dove era stata anche felice, da bambina, fino a che non erano morti i suoi genitori ed era stata data in sposa ad un Raja vecchio decrepito, morto dopo soli tre mesi dalle nozze, e che l’aveva lasciata vergine, vedova e condannata a morte. L’India, ancora così pericolosa per lei. Forse i parenti del defunto ancora la cercavano, forse l’avrebbero ripresa e arsa viva senza che nessun Passepartout o Phileas Fogg potesse più salvarla. Forse anche loro sarebbero stati uccisi... Ebbe un brivido di terrore, mentre cercava di non scoppiare in pianto, in modo decisamente infantile e indecoroso.
Voltandosi, si accorse che il signor Fogg la stava ancora guardando, e probabilmente aveva colto quella sua reazione involontaria.
<< Signora >>, fu la prima parola che gli sentì pronunciare, << Rassicuratevi >>.
Aouda ricambiò il suo sguardo con le ciglia che sbattevano umide.
<< Sono disposto a condurvi fino a Hong Kong, prossima tappa del mio viaggio, sicchè potrete rimanere là al sicuro, lontana dall’India >>.
La sua voce grave, quasi baritonale, pronunciò quell’incantesimo di salvezza. Aouda credette di sognare.
<< Voi davvero... ? >>, ma non riuscì a terminare la frase, perchè la gola le si strozzò.
<< Naturalmente >>, rispose Phileas Fogg, interrompendo il contatto visivo come se avesse soggezione delle sue lacrime, << Una volta là, valuteremo il da farsi >>.
<< In effetti... >>, disse Aouda, << Ho un parente a Hong Kong. Uno dei più importanti negozianti parsi che vive in quella provincia inglese. Una persona per bene. Potrei domandare asilo a lui... >>.
Il signor Fogg annuì, freddamente.
Aouda si sentì molto a disagio. Il gentiluomo le stava evidentemente facendo un favore forzato, dettato dalla buona etichetta, ma lei costituiva con ogni evidenza un imprevisto per lui, che lo rendeva distaccato, quasi altezzoso. Quell’atteggiamento, manifesto nella mancanza di cordialità, che invece vibrava nello sguardo vivace del servo francese, la avviliva. Certo però non aveva altra alternativa che accettare la gelida gentilezza, tipica inglese, del signor Fogg.
 
 
A mezzogiorno, il treno arrivò a Benares, e fu la fermata di sir Francis Cromarty.
Tutti nello scompartimento si levarono per salutarsi.
Aouda osservò gli uomini stringersi le mani in commiato.
<< Signor Fogg, è stato un piacere viaggiare con voi. Vi auguro il massimo successo, e che la prosecuzione del vostro viaggio si svolga in modo meno originale ma più proficuo >>.
A quelle parole, Aouda ebbe ancora di più la sensazione di essere un vero e proprio inghippo per Phileas Fogg, senza capirne esattamente il motivo.
Il gentiluomo annuì e sfiorò appena le dita dell’altro, nella stretta di mano, << Il piacere è stato mio >>, disse, in un consueto risparmio di parole.
Per nulla turbato, Cromarty si volse a Passepartout e strinse la mano anche a lui, il quale parve onorato da quel gesto. Aouda sapeva che i servitori non godevano di tali considerazioni da parte dei padroni o dei gentiluomini in generale, e lo aveva sempre reputato ingiusto. Cromarty però salutò Passepartout come un compare, e lei ne fu felice. Non la mise a disagio come lo scambio precedente fra lui e Fogg.
<< Signora Aouda >>.
Lei chinò il capo in saluto, e il generale le baciò la mano, << Vi auguro il meglio >>.
<< E io a voi. Grazie ancora. Di tutto. Non vi dimenticherò mai >>.
<< Non lo merito >>, sorrise il generale, quindi piegò la schiena, e scomparve.
Poco dopo, il treno proseguì in direzione di Allahabad.
Aouda pensò che avrebbe dovuto dire qualcosa. Così si preparò un breve discorso, e cercò di intavolarlo.
<< Signor Fogg >>, cominciò.
<< Signora? >>, rispose lui.
<< Io... Mi sono resa conto che, nel mio stato confusionale e nella mia commozione, non vi ho ringraziato a dovere. Sia per avermi salvato la vita assieme al vostro bravo servitore, che per il viaggio che vi accingete a offrirmi. Uscire dall’India significa prendere un piroscafo... >>.
<< Il Rangoon, signora >>, confermò Phileas Fogg.
<< Non ho nulla con me che possa ripagarvi... >>.
<< Signora, ve lo ripeto. È innecessario che vi preocupiate di queste cose di poco conto. Sono ben lieto di provvedere alle vostre esigenze. Come mi giudichereste se volessi avvantaggiarmi delle vostre difficoltà? >>.
<< Non un gentiluomo >>, rispose Aouda, a mezza voce, arrossendo, << Spero di non avervi offeso, ma la mia gratitudine è grande >>.
<< Nessuna offesa, signora. Viaggiate a mente e cuore leggero >>.
Aouda sorrise, anche se a labbra chiuse. Non compiva quel gesto da mesi.
Decise di seguire il consiglio di Phileas Fogg, e di lasciarsi il passato alle spalle.
 
 
 
La signora Aouda si era addormentata. Passepartout russava appena, la testa abbandonata contro il finestrino del treno.
Era notte ormai.
Phileas incrociò le braccia e si appoggiò meglio al sedile, ripetendosi che doveva dormire. La sua ora per farlo, mezzanotte, era passata da un pezzo.
C’erano volte nelle quali non riusciva a spegnere il cervello. Ora, mentre attraversavano l’India, era una di quelle volte.
Ripensò alla notte del sati e all’audacia di Passepartout. E già che il francese gli era stato così ben raccomandato, ma nel momento di assumerlo non aveva minimamente pensato che potesse rivelarsi tanto prezioso. Gli uomini come lui erano pochi, ormai. Ricordò con un sorrisetto il Raja che si ergeva sulla pira che cominciava ad ardere, il corpo di Aouda abbandonato e inerme fra le braccia.
Anche lui era rimasto di sasso, perciò comprendeva la reazione degli indigeni, che si erano prosternati gridando al miracolo, e dando loro il tempo di fuggire.
Passepartout non aveva detto loro nulla. Gli era venuta l’idea, e l’aveva attuata. In questo erano simili.
La signora aveva fatto il viaggio sull’elefante fino al treno in stato di prostrazione. A volte cercava di aprire gli occhi, si lamentava, e perdeva di nuovo i sensi.
Phileas strinse i pugni. Non riusciva a concepire, da europeo civilizzato, come si potesse desiderare la morte di una creatura simile. Al di là dell’indicibile bellezza della giovane donna, come darsi tanto da fare nel rincorrere, ricatturare, e obbligare qualcuno al rogo? Qualcuno senza colpe. Qualcuno di così... indifeso. Educato. Gentile. Qualcuno con occhi così grandi, così neri, così limpidi, che era quasi difficile fissarli troppo a lungo? Scosse il capo fra sè.
Per salvarla, aveva perduto i due giorni di vantaggio accumulati fino a quel punto, ma non lo rimpiangeva affatto. D’altra parte, non era nemmeno in ritardo.
Va bene. Adesso dormo.
Chiuse gli occhi, cercando la posizione più comoda consentita, ma nel compiere quel gesto, di nuovo ricordò l’attimo prima di vedere il Raja risorgere. Aveva pensato fosse tutto perduto. Aveva visto le fiamme. Si era lanciato in avanti, ma la sua corsa era stata bloccata da qualcosa che lo teneva indietro. Delle braccia. Due paia di braccia, quelle di sir Francis e quelle del parsi loro guida. Si era divincolato con tutte le sue forze, respingendo i due uomini indietro con facilità. In quel momento, pensava che fosse semplice, arrampicarsi sulla pira oliata che bruciava in fretta di un fumo odoroso, sollevare Aouda inerme e ridiscendere, sparire nel bosco... Certo, gli avrebbero sparato dietro. Forse si sarebbe preso una pallottola, come quella che gli aveva bucato il cappello nella roccambolesca fuga. Ma i suoi compari avrebbero proseguito la corsa. D’altra parte, come continuare a vivere dopo aver assistito alla morte di una creatura così soave?
“Bene”, aveva detto a Passepartout, una volta in salvo con la giovane. Avrebbe voluto dirgli molto di più, ma non era bravo nel manifestare i sentimenti. Tutti i sentimenti. Si sentiva molto più sicuro dietro il suo scudo di freddezza, senza far capire agli altri cosa provava, di modo che non potessero avvantaggiarsi su di lui. In nessun modo.
  
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