Anime & Manga > Anna dai capelli rossi
Ricorda la storia  |      
Autore: Schmetterlinge    29/02/2020    3 recensioni
Scruto Gilbert guardarmi con occhi tristi, lucidi e profondamente dispiaciuti.
Mi accarezza la testolina folta; lo sento solleticarmi il capo, giocare, delicatamente, con le ciocche dei miei capelli ramati.
Sta per dirmi qualcosa che non mi piacerà e, il suo indugiare, non fa che confermarmelo.
Prende un respiro profondo, prima di tornare ad incastonare le sue iride scure nelle mie.
“E’ Marilla.”
Mi mordo le labbra, distogliendo lo sguardo; sento un groppo salirmi in gola.
Non voglio sentire.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna, Gilbert
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

 

Ondeggiavo, in un moto continuo, andando avanti ed indietro. 

 

Avanti e indietro.

 

Inchiodata ad una sedia a dondolo, febbricitante.

 

L’incarnato roseo aveva lasciato spazio ad un pallore grigiastro; i miei occhi avevano perso quel guizzo di imprevedibilità e di follia che li avevano, da sempre, contraddistinti.

 

Mi sentivo debole, come non lo ero mai stata.

 

Debole di fisico e, sopratutto, debole di mente.

 

Continuavo a rimarginare sugli avvenimenti degli ultimi due giorni.

 

Vedo ogni momento passarmi davanti agli occhi, uno ad uno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Scruto Gilbert guardarmi con occhi tristi, lucidi e profondamente dispiaciuti.

 

Mi accarezza la testolina folta; lo sento solleticarmi il capo, giocare, delicatamente, con le ciocche dei miei capelli ramati.

 

Sta per dirmi qualcosa che non mi piacerà e, il suo indugiare, non fa che confermarmelo.

 

Prende un respiro profondo, prima di tornare ad incastonare le sue iride scure nelle mie.

 

“E’ Marilla …”

 

Inspiro ed espiro, lentamente.

 

Mi mordo le labbra, distogliendo lo sguardo; sento un groppo salirmi in gola.

 

Non voglio sentire.

 

Stringo le palpebre, fino a farmi male, imponendomi di chiudere il mio sguardo al mondo esterno.

 

Percepisco le lacrime inondarmi gli zigomi, scendere lungo le fossette delle labbra per poi proseguire lungo l’incavo del mio collo.

 

Trattengo un singhiozzo, poi un altro ma nel momento in cui sento la fronte di Gilbert accostarsi alla mia mi arrendo, dando sfogo alla tristezza che stavo così disperatamente cercando di celare.

 

Faccio forza sui gomiti [voglio alzarmi] ma mi sento bloccare dal ragazzo che amo; mi prende per la schiena, cingendomi il braccio.

 

“No, Anne …”

 

Scuoto la testa.

 

Devo andare da lei.”

 

Lo sento aumentare la presa su di me.

 

“Non sei in condizioni; devi riposare.”

 

Abbasso il capo, tanto contrariata quanto consapevole di quanto siano vere le sue parole.

 

Respiro, buttando fuori quanta più aria possibile.

 

 Sento la rabbia salirmi fin sopra i capelli.

 

Non riesco a muovermi, non riesco a fare niente; sono debole ed io non lo ero mai stata.

 

Mai.

 

Gil mi accarezza una guancia, richiamando la mia attenzione.

 

E io rimango lì, impotente.

 

 

 

 




 

 

Sbuffo, continuando ad escogitare un modo per tornare ad Avonlea.

 

Volevo tornare a casa, volevo vederla, volevo salutarla, un’ultima volta.

 

Non mi importava della nausea, della febbre alta, delle gola arsa, della mancanza di respiro e della spossatezza che continuavano a tormentarmi da giorni.

 

Amavo Gil, sapevo quanto fosse preoccupato per le mie condizioni di salute e sapevo che era soltanto questa la ragione per cui si ostinava a non lasciarmi tornare ad Avonlea.

 

Tuttavia …

 

Non potevo abbandonarla, dovevo darle il mio ultimo saluto …

 

Marilla era stata la mamma che non avevo mai avuto; tanto severa quanto dolce.

 

Era stata il mio punto fermo, il mio porto sicuro, il mio faro in mezzo al mare, la mia ancora di salvezza.

 

Lei e Mathew lo erano stati.

 

Sento le lacrime minacciare di rigarmi il volto; ho un insopportabile groppo in gola che cerco, maldestramente, di ricacciare.

 

Mi avevano accolta quando nessuno mi voleva.

 

Mi avevano amata come se fossi stata sangue del loro sangue.

 

L’unica consolazione, se così potevo definirla, era di poterli pensare nuovamente insieme, come ai vecchi tempi.

 

Mathew non sarebbe stato più solo.

 

E, un giorno, li avrei raggiunti anche io. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gilbert giaceva addormentato sulla sedia accanto al mio letto. 

 

Lo osservo mentre dorme tra le braccia di Morfeo; il petto che si alza e si abbassa con moto regolare; le labbra semichiuse, i lineamenti signorili, i capelli scuri e folti.

 

Quanto era cambiato; crescendo era diventato ancora più bello.

 

A volte mi domando come abbia fatto a non accorgermene prima.

 

Sorrido tra me e me; doveva volermi un gran bene se era riuscito a sopportarmi e ad aspettarmi per tutti questi anni.

 

Sapevo che avrebbe dato la sua stessa vita per la mia, se necessario; ed io avrei fatto lo stesso.

 

Era grazie a lui se avevo compreso cosa fosse realmente l’amore.

 

Mi sollevo [appena] sui gomiti, stando attenta a non fare rumore.

 

Era notte fonda e l’ospedale era a dir poco spettrale.

 

Dormivano tutti.

 

Avanzo lentamente verso l’uscita, un po’ barcollante.

 

Mi appoggio a qualunque cosa incontri lungo il mio cammino, trascinandomi, passo dopo passo, verso il calesse parcheggiato nella piazza lì fuori.

 

Non oso immaginare la faccia che farà Gil quando scoprirà quello che ho combinato.

 

Meglio non pensarci.

 

Faccio per sedermi, inspirando ed espirando profondamente, ignorando un forte senso di nausea.

 

Mi sento scottare ma non mi importa.

 

Continuo a ripetermelo. 

 

Non mi importa.

 

Continuo a ripetermelo.

 

Devo farcela.

 

Poi, improvvisamente, tutto diventa offuscato, più di quanto non lo sia già.

 

Tutto intorno a me inizia a perdere stabilità; tutto inizia [stranamente] a girare.

 

Sto per cadere [lo sento] ma so di non poter fare nulla per impedirlo; semplicemente, mi lascio andare [a peso morto] pronta a sfracellarmi al suolo, quando [con mia grande sorpresa] percepisco due braccia forti, salde, afferrarmi per la vita.

 

Ho la vista appannata, fatico a distinguere i contorni di quello che mi circonda.

 

Intravedo [appena ] due iridi chiare [del color del mare in tempesta] scrutarmi allarmati.

 

Sento una voce.

 

Pare così familiare.

 

Mi chiama, urla [quasi] il mio nome.

 

E’ una voce che conosco: sembra spaventata.

 

Sento un tocco leggero, fresco [e’ così piacevole] risalire lungo la mia fronte.

 

 

 

 

So chi sei. 

 

 

 

 

Non potrei mai dimenticare le linee del tuo volto.

 


 

Non potrei mai.



 

 

Non potrei mai dimenticare quelle iridi a tratti azzurre, a tratti grigie.

 

Non potrei mai dimenticare quei lineamenti così dolci, quel fisico così perfettamente scolpito.

 

Vorrei poterti rassicurare ma non ci riesco, non riesco a parlare, anche se lo vorrei tanto.

 

Con quel poco di lucidità che mi resta ti accarezzo il dorso della mano.

 

E’ un gesto che sembra placare la tua angoscia, anche se per poco.

 

Vorrei rimanere così in eterno, tra le tue braccia.

 

Poi, reclino il collo all’indietro, perdendo totalmente coscienza di me e di ciò che mi circonda.

 

 

 

 

 

 

 

 

 



 

 

La luce del sole illumina la stanza, andando a solleticarmi gli occhi, come a volermi dare il buongiorno.

 

Qualcosa stringe la mia mano; è un tocco deciso quanto morbido, vellutato.

 

Non mi ci vuole molto per capire di chi si tratti non appena sollevo lo sguardo incrociando quello di Gil.

 

Mi fissa con aria [apparentemente] imperturbabile.

 

Ha gli occhi solcati da due profonde borse violacee, per non parlare del suo viso angelico, ora sciupato.

 

Conoscendolo, mi avrà vegliata tutta la notte.

 

Mi si avvicina, senza fretta; riesco a sentire il suo respiro solleticarmi il volto.

 

Le sue labbra sono così vicine alle mie; ho una gran voglia di baciarlo ma non credo sia il caso.

 

Prendo un respiro profondo.

 

“Ehi …”

 

Sorride, appena, con sguardo dolce quanto [ancora] teso.

 

“Ehi …”

 

Rimaniamo in silenzio per un po’, a scrutarci l’un con altro.

 

“Questa volta mi hai spaventato davvero.”

 

Lo osservo con aria dispiaciuta.

 

“Sei arrabbiato?”

 

inizio ad accarezzargli il capo, facendolo accostare alla mia spalla.

 

Spaventato e’ la parola giusta”.

 

Inspiro, colpevole.

 

Mi lascio inondare dal suo profumo agrodolce.

 

Mi stringe la mano, quasi avesse paura di perdermi da un momento all’altro.

 

Mi scruta, mi osserva, penetrandomi con quei grandi occhi grigio/azzurri.

 

“Andrò io ad Avonlea.”

 

Lo fisso come ad accertarmi di aver capito bene.

 

“Sei sicuro?”

 

Mi sorride, rassicurante.

 

“E’ il minimo che possa fare, per te e per Marilla”.

 

Sento gli occhi pizzicarmi; Gilbert era un ragazzo d’oro, in tutti i sensi.

 

“Tu, invece, resterai qui, intesi?”

 

Sorride, ironico.

 

Lo scruto come se non avessi mai visto nulla di più bello, di più perfetto in vita mia.

 

Se penso che Gilbert mi guardava così da sempre, fin da bambini.

 

Io, invece, avevo imparato col tempo.

 

Forse.

 

Gli accarezzo le labbra con la punta delle dita.

 

“Ti amo.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 







 

Sono cresciuta con questa ragazzina dai lunghi capelli rossi e dalla fervida immaginazione.

E’ stata quasi un punto di riferimento negli anni della mia infanzia, un esempio da seguire, in tutti i sensi.

Inutile dire, inoltre, che adoro il personaggio di Gilbert.

Grazie a chiunque abbia deciso di dedicare una parte del proprio tempo alla lettura di questo racconto e a chi vorrà farmi sapere il proprio parere a riguardo.

Alla prossima!

Schmetterlinge

 
   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Anna dai capelli rossi / Vai alla pagina dell'autore: Schmetterlinge