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Autore: Il Professor What    01/03/2020    1 recensioni
"I am the Master, and you will obey me."
Conosciamo tutti il Maestro, il Signore del Tempo rinnegato, l'amico diventato nemico, colui che porta caos e distruzione ovunque vada. Ma non abbiamo mai sentito la sua versione della storia, mai l'abbiamo sentito parlare. E non abbiamo mai saputo come ha fatto a districarsi da tutte le situazioni senza via d'uscita in cui l'ha messo la sua infinita rivalità con il Dottore.
Questa raccolta di missing moments racconta proprio questo. Ogni piano, ogni scappatoia, ogni rigenerazione cui non abbiamo assistito, dalla partenza da Gallifrey fino all'ultima incarnazione. Oserete conoscere la verità?
N.B. Comprende anche la serie classica e gli audio Big Finish. Informazioni all'interno delle storie.
Genere: Angst, Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Doctor - Altro, Master - Altro, Master - Simm, Missy
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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INTRODUZIONE
Buongiorno e benvenuti a questa raccolta. Giusto due informazioni prima di lasciarvi alla lettura.
Come avete letto nella presentazione, questa è una raccolta di "missing moments" che racconta tutto quanto la serie tv ha lasciato in sospeso riguardo al Maestro: le rigenerazioni, i piani, le scappatoie. Siccome comprende nel conto anche la serie classica e gli audio Big Finish, all'inizio di ogni capitolo sarà compreso questo breve spazio che, per chi non conosce né l'una né gli altri, riassumerà gli avvenimenti della storia in questione così che possiate comprendere il resto della storia. Alla fine di ogni one-shot, sarà inoltre compresa un'immagine della storia di DW che seguirà.
Gli avvenimenti saranno narrati dal punto di vista del Maestro, in prima persona (la foto all'inizio renderà chiaro quale incarnazione stiamo parlando); ogni capitolo avrà poi note alla fine per spiegare eventuali accenni al mondo DW citati nella storia. 
Bene, direi che ho detto tutto. Buona lettura!


Il deposito è silenzioso, nella notte quieta. Le sagome scure delle macchine si ergono nel buio come sentinelle, il metallo grigio che riflette in mille sfumature la luce delle poche lampade. Il loro brusio ha il suono brulicante di un ronzio, una promessa di vita tra le fredde pareti, una tranquilla potenza che aspetta solo di essere risvegliata. Solo qualche ammaccatura qua e là accenna al loro stato danneggiato, che altrimenti resterebbe un mistero gelosamente custodito – uno dei tanti, su Gallifrey.


Un brivido di pura eccitazione mi attraversa la spina dorsale. Mi ero aspettato di trovare più sicurezza, specie alla luce di quanto sta succedendo, ma invece non c’è quasi nessuno. Be’, direi che questa è la conferma: sono ufficialmente parte di una razza di idioti, che non mi dispiacerà affatto lasciare al proprio destino.

Il rollio aumenta nel mio cervello, e devo fermarmi a respirare.

Non adesso, non adesso!

Non posso cedere, non posso sentirli ora!

Forza, forza, inspira, espira, regolare e lento … Appoggiati … ecco, così, bravo … vorrei urlare, ma mi sentirebbero; dovrò accontentarmi di espellere fuori l’aria con tutta la potenza che ho nei polmoni, mentre il ritmo dei miei due cuori torna regolare.

Coraggio, riprenditi!

È il solito suono, quello che sento da quando sono stato portato di fronte allo Scisma, quello che domina i miei sogni e resta come un sottofondo a ogni mio pensiero. Ho imparato a conviverci, anche se temo a prezzo della mia sanità mentale. Ma poco importa, ho la forza di sopportare questa privazione.


L’ho sempre avuta.

Rialzo finalmente il capo, e mi vedo riflesso sulla parete di un TARDIS. Il viso ampio, robusto senza essere grasso, con due occhi scuri, i capelli corti e la barba folta, mi osserva. C’è un’intelligenza viva dietro quegli occhi lucenti, entusiasmo e voglia di vivere, impazienza e bramosia per quanto mi aspetta: una vita intera lontano dalle pastoie di una società decadente e malata, marcia al proprio interno, che da sempre rifugge dalla sua vera grandezza. Potevamo essere i protagonisti, e invece abbiamo voluto essere dei semplici spettatori. Be’, non io.

Non noi.

Una fitta dolorosa mi coglie ai cuori. Non dovrei essere solo adesso. Dovremmo essere tutti noi qui a cogliere il nostro destino. Mortimus il matto, Ushas la scienziata, Drax il costruttore … e ovviamente lui, che se ne è andato poche settimane fa con quella smorfiosa di sua nipote.


No!

Ti proibisco questo sciocco sentimentalismo da ragazzino! Sei un uomo, anzi più di un uomo! Sei un Signore del Tempo, come mai nessuno lo è stato e sarà prima di te, e non ti permetterò di rovinare tutto per qualche lacrimuccia!

Mi stacco dal TARDIS e riprendo a camminare. L’ipnosi con cui ho distratto le guardie non durerà ancora a lungo; persino le mie doti hanno dei limiti. Ho lavorato per potenziarle, ovviamente, ma non sono onnipotente … non ancora, almeno (pensiero che mi fa ridere: chissà …).

“Fermo!”

E infatti, come volevasi dimostrare, eccoli i cani, risvegliati dal sonno, venirmi incontro con le pistole puntate. Ma non mi avranno! Se solo
riuscissi a chiudermi dentro un …

Detto fatto, vedo un TARDIS aperto di fronte a me, le porte spalancate, probabilmente perché ancora in riparazione. So che non dovrei farlo (di solito le porte aperte sono segno che i lavori sono ancora in corso), ma purtroppo non ho il lusso di aspettare. Mi fiondo all’interno e mi precipito sulla console; premo in tutta fretta il pulsante per chiudere le porte e spero che almeno quello funzioni.

Funziona!

Lascio uscire una risata soddisfatta mentre i giganteschi rettangoli di metallo ruotano sui propri cardini fino a unirsi, chiudendo fuori i miei assalitori, che troppo tardi mi localizzano. Libero dalla necessità di nascondermi, continuo a ridere, lasciando risuonare fra le pareti il mio bellissimo timbro scuro: un suono che presto echeggerà per tutto l’universo, promessa di trionfo per me, disperazione per chiunque mi ostacoli.

Ma non posso ancora cantare vittoria; se questo affare non parte, il mio viaggio sarà finito prima di cominciare. Calmo la mia esultanza e osservo meglio i comandi.

Scanner? Sì, si accende. Lo schermo mi mostra i soldati che circondano il TARDIS provando a entrare, e di fronte all’impossibilità di aprirlo da fuori (la mia prima precauzione), si dispongono ad aspettare un meccanismo più potente per aprire le porte.

Luci? Ok, funzionano. Meno male, almeno non devo brancolare nel buio.

Motori? Partono. Stridono in modo non sanissimo, ma partono. Se la smaterializzazione funziona, sono a posto.

Campo di for …

Oh, NO!

Gli indici del campo di forza sono al minimo. Provo ad avviarli insistendo con il pulsante, ma i livelli restano bassi.

“MALEDIZIONE!”

Se parto con un campo di forza così basso, il TARDIS rischia di cadere a pezzi nel Vortice, e io con lui. Dannazione, dannazione, dannazione! Lo sapevo che non dovevo entrare, lo sapevo! E adesso?

L’istinto di sopravvivenza comincia a farsi sentire, mentre io medito sulle conseguenze delle mie azioni. Dopotutto, non ho ancora fatto niente. Se esco, potrei ancora venire a patti con la giustizia. Sempre meglio che morire nel Vortice, disperso a pezzetti per lo spazio e per il tempo.

Ma l’orgoglio ruggisce dentro di me, la consapevolezza che, se esco e mi arrendo, non avrò più un’altra possibilità. Il Dottore se ne andrà in giro libero per il cosmo e io dovrò restare qui, l’ennesimo Signorino del Tempo a soddisfare lo standard della sua razza di parrucconi! No, no, MAI! MAI!

Uno sguardo allo scanner e la mia decisione è presa. Un Capitano della Guardia sta arrivando con un passepartout. Se voglio partire, devo farlo ora, a qualunque costo.

I tamburi si fanno più forti, rombano come un tuono nella mia testa. Il respiro mi si blocca in gola, mentre afferro la leva della smaterializzazione e tiro con la forza della disperazione. Rassilon, ti prego, fa’ che si avvii, fa’ che parta …

Il tonfo della colonna al centro della console.

Il raschiare dei motori.

Sono pazzo?

No. No. Parte! PARTE!

L’euforia è sostituita dal terrore quando le pareti iniziano a tremarmi attorno – ovviamente, con il campo di forza così malmesso. Ma c’è ancora una possibilità. Se ho abbastanza energia … forse riesco a …

Sì, sì! Posso tenere unita la sala di controllo, chiudermi dentro una bolla! Il resto andrà perduto nel Vortice, ma non ho né tempo né modo di preoccuparmene.

Digito una data a caso, una destinazione a caso, e concentro tutto il potere del campo di forza attorno alla sala di controllo. Le luci si accendono e si spengono, le pareti si crepano, luci d’emergenza si accendono sulla console, e io ignoro tutto, concentrando ogni mio nervo nello sforzo di tenere unito questo rottame e allontanarmi il più presto possibile da Gallifrey.

Avanti, avanti!

AVANTI!

 

Non so quanto tempo passi prima che un sonoro tonfo mi annunci che sono atterrato da qualche parte. Stremato come sono, ho appena la forza di controllare lo scanner e accertarmi che non sono più su Gallifrey, prima di crollare a terra esausto. Non ho nemmeno la forza di esultare, anche perché, se è vero che sono vivo, è anche molto probabile che del TARDIS con cui sono partito sia rimasto meno di niente. Il che, però, non è esattamente un problema, perché se sono arrivato su un pianeta e in un tempo anche un minimo civilizzato ...

No, pausa, ora sto correndo troppo. Alziamoci e controlliamo.

Mi basta uno sguardo alla console per capire che i miei timori erano fin troppo reali. Praticamente la sala di controllo è tutto quel che è rimasto del mio TARDIS. Il resto è disperso nel Vortice: alloggi, macchina del cibo, motori, altre sale di controllo … Tutto ciò che mi permetterebbe di viaggiare nello spazio. Però i circuiti del viaggio nel tempo sono ancora intatti, il che significa che, anche se bloccato in un luogo, non sono bloccato in un tempo. Be’, poteva andare peggio.

Per quel che riguarda l’ambiente in cui mi trovo … Ecco, qui poteva andare decisamente meglio. Lo scanner mi mostra un pianeta abitato, sì, ma il cui livello tecnologico è decisamente basso. Capanne di paglia e legno sorgono a qualche distanza da me, con qualche sporadico edificio in muratura grezza. Manipolo lo scanner e riesco a vedere gli abitanti: creature rettiloidi con scaglie e artigli. Camminano su due zampe, quindi sono intelligenti, ma di sicuro non sono in grado di fornirmi l’assistenza di cui ho bisogno.

Controllo velocemente gli indicatori temporali, stando ai quali sono nel … Primo Segmento di Tempo? Praticamente all’inizio dell’universo?

Oh Rassilon, NO!

In questo Segmento non c’è praticamente nessuna civiltà dotata del benché minimo sviluppo tecnologico necessario anche solo a costruire un’astronave, figuriamoci far ripartire un TARDIS! E anche ce ne fosse una, non potrei raggiungerla, visto che sono bloccato su questo pianeta!

Sono così arrabbiato che potrei urlare, ma mi costringo alla calma. Sbraitare e disperarmi non mi porterà da nessuna parte, ora ho bisogno di pensare. Ho già visto che sono bloccato nello spazio ma non nel tempo. Se manipolo bene gli strumenti potrei andare a un punto nella storia di questo pianeta in cui queste creature sono sviluppate abbastanza e chiedere aiuto. È un po’ un salto nel buio, ma sempre meglio che aspetta …

Qualcosa entra nell’atmosfera del pianeta, richiamando la mia attenzione.

Qualcosa che non è un corpo celeste.

Qualcosa che assomiglia a un’astronave, e che, per mia fortuna, non è un TARDIS.

La guardo atterrare, a poca distanza dal mio TARDIS, e sì, è proprio un’astronave. Non riconosco la civiltà, ma è comunque più avanzata del popolo di rettiloidi che ho visto, abbastanza da poter viaggiare nello spazio. È grande, molto grande, può contenere un gran numero di gente, troppa per una missione di esplorazione.

Forse sono coloni.

Forse vengono per restare.

E forse …

Un’idea inizia a nascermi nella mente mentre i primi occupanti dell’astronave escono a terra. Il loro atteggiamento è una conferma più che sufficiente. Sì, sono coloni; e assomigliano agli esseri umani della Terra, anche se ovviamente non possono essere loro. Sono spaesati e confusi, mentre verificano che l’atmosfera sia respirabile e fanno un segno agli altri di scendere.

L’idea prende corpo, e la bocca mi si contrae in una smorfia soddisfatta mentre inizio a ridere piano.

Ho studiato abbastanza la storia della Terra (soggetto molto interessante) per sapere cosa succede quando dei coloni arrivano su una terra vergine. Si insediano, la occupano, la modificano a loro immagine e somiglianza, combattono con le unghie e con i denti per la propria sopravvivenza, e nel farlo la loro ingegnosità, già prodigiosa per natura, ne viene potenziata. Il novanta per cento delle volte, questa è la morte e la fine del popolo indigeno, perché gli umani, e ogni specie che somiglia a loro, sono fra le più adattabili e pericolose specie dell’universo. In soli cento anni, possono passare da un livello primitivo a una civiltà organizzata, e in mille, duemila …

Rido di nuovo, e stavolta è davvero una risata liberatoria e di esultanza. Ogni stanchezza è svanita, e l’adrenalina mi scorre nelle vene, riempiendomi la testa di progetti e idee.

Guiderò lo sviluppo di questa colonia finché non saranno giunti a un livello tale di tecnologia da permettermi di ricostruire il TARDIS. Mi basta che arrivino al livello di poter spaccare l’atomo e accedere all’energia nucleare, da lì potrò andare avanti io. E visto che posso andare avanti nel tempo, potrò assicurarmi che seguano i progetti … e se trasformo il popolo indigeno in un avversario da cui difendersi, lavoreranno ancora più alacremente e … e …

Sì, sì, perfetto! Perfetto! Non c’è tempo da perdere, decido, andrò subito a offrire loro i miei servigi. Saranno sospettosi, all’inizio, come è naturale, ma convincere la gente è sempre stato qualcosa in cui sono bravo (è uno dei motivi per cui ho scelto il mio nome). Mi basterà essere amichevole, stare un po’ con loro, magari fare qualcosa di buono per loro, e crederanno a ogni singola parola che esce dalla mia bocca.

Moriranno per me.

Seguiranno i miei progetti.

Cresceranno a mia immagine e somiglianza.

Perché io sono il Maestro, e loro mi obbediranno.


NOTE
- Il Maestro ha debuttato nella serie TV nel 1971, all'epoca del Terzo Dottore, ma successivi rimaneggiamenti nel canone hanno stabilito che quella non era l'incarnazione originale, bensì la penultima del suo primo ciclo di rigenerazioni. Nell'audio Big Finish "The Destination Wars" (copertina sopra, 2017), è stato introdotto il Primo Maestro, interpretato da James Dreyfus, che sarà il protagonista di queste prime one-shot.
- Il deposito dei TARDIS è quello che abbiamo visto in "The Name of the Doctor", quello da cui scappa anche il Doc accompagnato da sua nipote, Susan.
- I tamburi fanno ovviamente riferimento alla terza e quarta stagione della serie nuova e a quanto abbiamo appreso in quell'occasione sul piano di Rassilon.
- Mortimus (aka il Monaco), Ushas (aka la Rani) e Drax sono altri tre Signori del Tempo rinnegati introdotti nella serie classica. Anche loro hanno rubato un TARDIS e se ne sono andati; il Monaco e la Rani sono poi diventati anche loro avversari del Dottore.
- Le guardie di Gallifrey vestono quella divisa nella serie classica.
- La fine della one-shot si ricollega direttamente all'audio "The Destination Wars".
  
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