Gatto nero
La
luce soffusa della lampada della scrivania illuminava le parole scritte
con una
penna biro da una mano molto veloce. La schiena curva gettava
un’ombra sul
tavolo di legno su cui appoggiava il piccolo quaderno, sul quale si
stavano
riversando quel mare di frasi. Gli occhiali tondi scivolavano
frequentemente
sul piccolo naso, punteggiato di lentiggini, e continuamente
infastidito da
ciocche di capelli scuri che sfuggivano alla molletta che li teneva
controllati
sulla cima della testa. Le labbra venivano, durante la scrittura di
parole
particolarmente intese, mordicchiate, e a volte pure lacerate
dall’agitazione.
Fuori
dalla finestra un temporale si scatenava.
Nonostante
il grande trambusto che proveniva dall’esterno, le orecchie
della giovane
captarono subito il leggero battito contro la finestra, diverso da
quello della
scrosciante pioggia. Con uno sbuffo infastidito, sbatte la penna sul
tavolo,
dopo aver chiuso velocemente il quaderno, e girandosi verso la grande
finestra
della camera, non poté fare a meno che alzare gli occhi alla
vista di una
grande ombra oscura, e probabilmente fradicia, rannicchiata in un
equilibrio precario
sul davanzale della sua finestra.
Con
ai piedi dei calzettoni colorati, si alzò dalla sedia e si
diresse verso la
finestra, aprendola con uno scatto e non potendo fare a meno di
rabbrividire
nel momento in cui la pelle nuda delle sue braccia e del suo viso venne
a
contatto con l’aria tempestosa.
“Finalmente
kiwi”.
Un ragazzo,
decisamente alto e decisamente bagnato, con un salto agile dal
davanzale, si ritrovò sul tappeto della camera, e calciando
le scarpe in un
angolo, iniziò a svestirsi, senza preoccuparsi di
sgocciolare in giro.
“Idiota
potresti evitare di infangare il mio tappeto con i tuoi sudici abiti! E
per
favore, potresti avere anche un po’ più di
contegno, dio santo, sei pur sempre
nella camera di una ragazza!”.
“Ragazza?
E dove?” ghignò il ragazzo, girandosi verso kiwi
mentre era intento a
levarsi i calzini.
“Quella
che mi trovo davanti è solo una nerd completamente immersa
in un momento di
nerdaggine compulsiva. Non dirmi che stavi scrivendo un'altra delle tue
stupide
e scorrette storie, kiwi” disse
occhieggiando il quaderno chiuso di
tutta fretta sulla scrivania.
“Non
dovresti disperarti per gli imminenti esami o qualcosa del genere? Dio
negli
ultimi tempi sei così sbadata che non ti si può
stare vicino, o si corre il
rischio di essere colpiti da oggetti rotanti o altamente esplosivi.
Cavolo, mi
hai addirittura chiuso fuori casa, per la miseria, quante volte devo
dirti di
togliere la chiave dalla serratura!”.
“Chi
ti dice che questo non sia stato intenzionale, idiota?”.
“Intenzionale
o no, kiwi, mi hai comunque fatto entrare, quindi
puoi chiamarmi idiota
quanto vuoi, ma di me ti importa”.
Sbuffando
la ragazza si diresse verso l’uscita della camera,
spostandosi verso la piccola
cucina, attraversando il piccolo salotto. Dietro di lei, a piedi nudi,
procedeva il giovane, che con un asciugamano in mano era intento ad
asciugarsi
la folta chioma che aveva in testa.
Una
volta preparato il tè nella sua simpatica tazza a forma di
porcellino, occhiali
sollevati sulla testa, la giovane tornò verso la sua stanza,
non riuscendo a trattenersi
dal lanciare un’ occhiata al giovane dai capelli scuri, ora
comodamente e
scompostamente disteso sul suo divano, accerchiato dai suoi cuscini e
dalle sue
coperte.
“Buonanotte
idiota” sussurrò la giovane una volta spenta la
luce, e mentre stava chiudendo
la porta della sua stanza.