Serie TV > Queer as Folk
Segui la storia  |       
Autore: piccina    01/03/2020    4 recensioni
"Non era mai stato un padre tradizionale, ma a quel figlio voleva bene e sentiva che in questo momento aveva bisogno di lui"
Brian alle prese con la difficile adolescenza di Gus fa i conti con il suo essere padre. Justin è al suo fianco.
Idealmente circa una decina di anni dopo la 5X13
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Brian Kinney, Gus Kinney, Justin Taylor, Lindsay 'Linz' Peterson, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Erano bastate poche settimane perché Susan potesse fare a meno dei braccioli adesso era in grado di stare a galla, non beveva più e aveva imparato a nuotare a cagnolino. Quella era stata una sorpresa riservata all’arrivo di papà insieme a Gus, per l’ultima parte delle loro vacanze marittime. Si era allenata con Papi per poter lasciare senza parole i due Kinney che, sorpresi, non le avevano lesinato i complimenti.
“Papà - aveva detto tutta fiera - non mi sevvono più” quando Brian aveva cercato di metterle i braccioli prima che si tuffasse, come al solito super entusiasta, in acqua.
Brian si era voltato interdetto verso Justin che era comparso alle sue spalle per non perdersi la scena e sorrideva compiaciuto, gli aveva rivolto un cenno di assenso con il capo e aveva esclamato, all’unisono con la figlia: ”Sorpresa!!”
E così fra tuffi, grigliate, drink, risate, capricci e giochi erano volate via anche le ultime tre settimane ed erano tornati a casa, chi a Toronto e chi a Pittsburgh, dove Brian si era lanciato a capofitto negli ultimi mesi di campagna di Brad. Arrivava a casa stanco, piuttosto tardi, ma con un luccichio di soddisfazione negli occhi che Justin da tempo che non gli riconosceva. Sembrava perfino più giovane suo marito.
Sarebbe morto piuttosto che riconoscersi geloso, non lo era, non voleva esserlo, non aveva il diritto di esserlo dopo quel che aveva combinato con Susan. Il brillante medico non era fra le sue dieci persone preferite, ma certamente lo era per suo marito che non dava mostra di accorgersi del suo disappunto o aveva deliberatamente deciso di ignorarlo e gli imponeva una frequentazione che a Justin sembrava non del tutto motivata da esigenze professionali.
Aveva particolarmente caldo, la cravatta gli stringeva più del solito e trovava le chiacchiere dell’ennesimo cocktail elettorale incredibilmente tediose, ma si stava sforzando di sorridere e fare conversazione, si applicava per essere la spalla che Brian si aspettava e mascherava il disagio di essere lì ripetendosi che usciti dal Country club avevano davanti due giorni da soli, con i figli e soprattutto senza Brad fra i piedi. Da una frase casuale di Brian rivolta a Chyntia aveva capito che le sue erano pie illusioni e che avrebbe dovuto condividere il marito anche nel finesettimana e per giunta a casa loro, così nonostante i suoi buoni propositi era sbottato e scrollando la testa si era incamminato con passo marziale verso il parcheggio. Ne aveva definitivamente le palle piene di quella serata, di Brad e pure di Brian.  Aveva qualche passo di vantaggio, quando lo scricchiolino della ghiaia aveva anticipato la voce del marito: “Ehi aspettami”
Si era fermato, ma girato solo di poco, il tempo per rispondere che si era rotto le scatole e avrebbe preso un taxi per rientrare: “ti lascio la macchina, ci vediamo a casa”
“Ti avevo detto che arrivavo” aveva replicato Brian aumentando il passo e arrivandogli vicino.
“Sì, quarantacinque minuti fa. Non affettarti, rimani a determinare le sorti del mondo insieme al tuo amico, io vado.”
“E aspetta un attimo, per dio. Dammi il tempo di recuperare la giacca e rientriamo insieme, tanto con Brad finirò domani, gli ho detto di passare per un brunch, che abbiamo ancora dei dettagli da definire, ma ne ho per il cazzo di andare in ufficio anche il sabato e almeno così non ti mollo da solo con Susan”
“Oh, ma che carino … sarai così di compagnia e utile mentre confabuli con il Dott. Hamilton! Aspetta un attimo che ti ringrazio” e si era rimesso in movimento, tirando fuori il cellulare per chiamare il taxi.
“Ah perché era meglio se domani andavo in ufficio? Ma ti senti? Fermati cazzo e piantala con sta stronzata del taxi”
“No, sarebbe meglio, di gran lunga meglio, se tu e il dottore non rompeste le palle anche nel fine settimana. Comunque tranquillo è un’ottima idea, fallo venire pure a casa! Brad sempre Brad, non c’è minuto senza Brad, la sera, a cena, adesso a casa, a quando nel nostro letto?”
Justin era così alterato che non si era quasi accorto di essere arrivato alla macchina e per poco ci sbatteva dentro, mentre il solerte fattorino ne apriva la portiera. Justin si era seduto sul sedile del passeggero, chiudendo la comunicazione con la centrale taxi. Brian piuttosto frastornato dall’improvvisa scenata, era salito al posto di guida, ormai dimentico della giacca.
Aveva messo in moto senza rendersi conto e stava facendo manovra in modo automatico, la mente concentrata a cercare di capire cosa diavolo fosse successo negli ultimi minuti.
Justin si era limitato a guardarlo di sfuggita mentre allacciava la cintura e aveva scosso la testa, poi era rimasto zitto e aveva preso a tamburellare con le dita sul vetro del finestrino. Il silenzio l’aveva fatta da padrone fino all’imbocco della superstrada e solo dopo qualche minuto Brian aveva commentato: “ Tu stai scherzando, mi stai prendendo per il culo. Sì, per forza. Hai scommesso con quel coglione di Honeycut, per caso?”
“Una scommessa, sì certo!”
Brian sempre più esterrefatto non aveva trovato di meglio che guidare veloce fino a casa, appena fermata l’auto davanti alla porta del garage, però Justin non aveva aspettato l’apertura del portellone ed era uscito come una saetta dall’abitacolo, diretto alla porta di casa.
Del marito al piano terra non c’era traccia, immaginava di trovarlo da Susan e così era stato, stava dando un bacino alla piccina addormentata, poi aveva accostato le persiane ed era uscito dalla stanza.
“Steffy è appena andata via, non l’hai incontrata giù?”
Brian aveva scosso il capo: “Non sono entrato dalla porta, ma dal garage”
”Ah, giusto. Ti saluta. Susy è stata brava, pare che non abbia fatto storie per addormentarsi” aveva chiuso la porta dietro di sé, lasciando un piccolo spiraglio e aveva anticipato Brian nel corridoio.
”Ci facciamo un goccio?”
”No, vado a letto, sono stanco”
”Stanco o incazzato?”
”Stanco e parecchio infastidito”
”Perché domani mi tocca lavorare? Se non ti conoscessi direi quasi che sei geloso”
Justin aveva sbuffato vistosamente e aveva tirato dritto verso la loro camera da letto.
“Non mi stai facendo una scenata di gelosia, vero?”
“Dovrei?” gli aveva risposto senza neppure voltarsi.
“No e francamente non so cosa ti sia preso.”
A quel punto il biondo si era girato, aveva fatto qualche passo indietro e si era fermato a cinquanta centimetri dal marito.
“Non lo sopporto, non sopporto lui e quel suo modo di guardarti, tutte quelle scuse pur di poterti vedere e sentire e poi cazzo ti tocca sempre. Che cazzo ha da toccarti? Io indubbiamente ho fatto delle cazzate enormi negli ultimi tempi, ma se tu cedessi ora ne faresti una più grande! Perché adesso abbiamo Susan, siamo quello che volevamo essere e anni fa non abbiamo avuto il coraggio di essere, però ora c'è anche Brad che ha tutto quello che tu desideri: è sexy, è potente, è un gay di successo, perché proprio tu dovresti lasciarti scappare uno così?”
“Minchia, Justin!” poi aveva annullato in un passo la distanza fra loro e aveva preso il giovane fra le braccia, una stretta forte, bloccante, dalla quale Justin cercava di sciogliersi. “Ma chi cazzo ti ha messo ste idee nella testa?” poi sfruttando la sua maggiore altezza lo aveva sollevato un poco e portato a cadere sul loro letto, schiacciandolo con il suo corpo sul materasso. Lo aveva fissato dritto negli occhi, che gli fosse chiaro chi era lui, chi erano loro e chi diamine era che lo stava premendo su quel dannato letto, con infinita lentezza si era avvicinato alle labbra con le labbra e gli aveva soffiato: “Ti amo”, poi si era sollevato sulle braccia con le mani ai lati del viso del marito e senza smettere di guardarlo aveva ripetuto: “Ti amo” e poi lo aveva baciato forte.  “Hai capito?”
Justin aveva puntato le mani sul suo torace e cercava di scostarlo, ma Brian non aveva perso tempo a bloccargli i polsi delicati con una mano e a portargli entrambe le braccia dietro la testa, prima di baciarlo di nuovo e ripetendogli ancora e ancora “Ti amo”, quindi aveva ripreso a baciarlo, senza preoccuparsi che Justin si stesse contorcendo. “Ti amo, hai capito?” e finalmente Justin aveva smesso di combattere e si era arreso, annuendo con il capo.
“Hai capito?” aveva chiesto nuovamente. “Sì” “Mmm e cosa hai capito?” “Che mi ami…” aveva concesso Justin. “Così va meglio e ora girati” mentre con le mani già faceva scivolare sui fianchi, verso i piedi, i pantaloni eleganti del marito.
Era stato amore duro, che lasciava il segno. Justin era rimasto fra le braccia di Brian. Accaldati e un po’ turbati erano rimasti in silenzio a lungo, ascoltando i loro respiri farsi regolari, la pelle rinfrescarsi e i pensieri chiarirsi. Justin aveva sospirato, infine, come qualcuno a cui è stato tolto un peso dal cuore e solo a quel punto Brian aveva aperto bocca: “Quindi pensi anche tu che Brad sia sexy?” Justin si era girato come una serpe, lo aveva fulminato con un’occhiataccia, ma non era riuscito a soffocare una risata. Sto coglione di Brian riusciva a prenderlo per il culo e a farlo ridere contemporaneamente. 
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Queer as Folk / Vai alla pagina dell'autore: piccina