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Autore: Carme93    02/03/2020    4 recensioni
Questo calendario dell'avvento è un po' particolare, in quanto dietro ogni casellina si cela un personaggio di Harry Potter (elenco che aggiornerò man mano):
- 1 Dicembre. Oliver Baston.
- 2 Dicembre. Kingsley Shacklebolt [E' il 1985, la guerra contro Lord Voldermort è ormai un brutto ricordo; ma mentre la comunità magica si prepara a festeggiare il Natale, un giovane Auror è pronto per la sua prima missione. Kingsley Shacklebolt, giovane coraggioso e idealista, è entusiasta all'idea di mettersi finalmente alla prova e dimostrare il proprio valore. Questa storia si è classificata decima al contest "Il contest delle prime volte" indetto da inzaghina.EFP sul forum di EFP].
- 3 dicembre. Argus Gazza [Questa storia si è classificata quarta al contest "Sincero (non mi odi più) indetto da GiuniaPalma sul forum di EFP ed è vincitrice del premio speciale "Brutte intenzioni"].
- 4 dicembre
[Questa raccolta partecipa alla challenge "M(h)arry Christmas - Il calendario dell'Avvento" indetto da blackjessamine sul forum di EFP]
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Coppie: Hannah/Neville, Teddy/Victorie
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Più contesti
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Una squadra di Quidditch, grazie
 
 
 
 
 
 
 
Era così bella. Lo era sempre stata per lui, naturalmente, ma nelle ultime settimane aveva qualcosa di diverso: sembrava risplendere.
Eppure quando le chiedeva se fosse accaduto qualcosa, magari a Scuola, lei rispondeva di no, che era tutto normale.
 
«Ho cucinato i pancake. Marmellata e cioccolata» gli sorrise. «Ehi, Oliver, sei qui con me? Tutto bene?».
«Sì, certo. I pancake, buoni. Tu, stai bene?» domandò Oliver a sua volta, senza neanche degnare di uno sguardo la colazione.
«Sì». In quel sì, però, Oliver colse un pizzico d’incertezza. La conosceva troppo bene.
«Avanti, sbrighiamoci a fare colazione. Ho un paio di commissioni da sbrigare e stasera dobbiamo cenare dai miei».
Oliver Baston, Portiere del Puddlemere United, annuì ma per tutta la colazione continuò a fissare la moglie di sottecchi: Alicia Spinnett non era brava a mentire, non a lui comunque. E poi, perché mai avrebbe avuto bisogno di mentirgli? «Che commissioni devi fare? È la Vigilia di Natale. Posso aiutarti, se vuoi».
Di nuovo quell’espressione incerta, quasi spaventata. Che cosa gli nascondeva? «No, grazie».
«Ma che devi fare?» insisté Oliver.
«Devo andare a prendere dei libri al Ghirigoro e poi dei vestiti da Madama McClan. Libri e vestiti, non sono cose che ti esaltano… a meno che non riguardino il Quidditch, naturalmente… Perché sei così nervoso oggi? Ci vediamo a pranzo al Paiolo Magico, va bene?».
«Non sono nervoso» borbottò Oliver bevendo l’ultimo sorso di caffè. Era una mezza verità in fondo: non era ancora nervoso, ma cominciava a diventarlo. «Mi fa piacere accompagnarti, possiamo fare una passeggiata».
«No». Quel ‘no’ era arrivato così precipitosamente, che Oliver non poté fare a meno di sollevare gli occhi su di lei e fissarla con sospetto. «Ti lamenteresti per tutto il tempo, lo sai».
«Non è vero».
«Sì, che è vero».
Oliver incrociò le braccia al petto, sempre più irritato.
«Oh, Merlino, Oliver, perché stiamo litigando proprio oggi? È il nostro primo Natale da marito e moglie» sospirò Alicia sedendosi tra le sue braccia e baciandolo.
Oliver rispose al bacio, ancora seccato, ma non abbastanza da non approfittarne.
Alicia ridacchiò e lo cinse con le sue braccia sottili. «Ti amo, pomeriggio sarò tutta tua».
Oliver mugugnò, ma la tenne stretta finché lei non si lamentò che avrebbe tardato.
«Mica scappano i tuoi libri» bofonchiò infastidito. «Chi vuoi che li compri? Uno dei tuoi alunni?».
Alicia alzò gli occhi al cielo. «Alcuni sono bravi» ribatté. «Ma dubito di trovarli al Ghirigoro la mattina della Vigilia alla ricerca di un libro sulle Antiche Rune».
Oliver si lasciò andare sulla poltrona vicino al camino, mentre la moglie rassettava la cucina con rapidi colpi di bacchetta prima di raggiungerlo.
«Ci vediamo a pranzo, ok?».
«Sì, sarò puntuale» confermò Oliver, baciandola e poi osservandola entrare nel camino spento e usare la Metropolvere. Altro aspetto sospetto: ultimamente Alicia non ricorreva alla Materializzazione. Qualche giorno prima si era offerto di andarla a prenderla a Hogsmeade per fare un giro insieme prima di tornare a casa, ma lei aveva preferito rientrare direttamente con il camino del suo ufficio.
Sbuffò e decise di andare a sfogarsi sotto la doccia. Questa volta, però, l’acqua calda non fu molto d’aiuto: il senso d’inquietudine non sparì. Si fidava ciecamente di Alicia e allora perché il suo comportamento sospetto lo turbava tanto?
Si vestì con cura e tornò in soggiorno, dove tentò di leggere il quotidiano.
Sfogliò il giornale per una mezz’oretta, senza, però, comprendere pienamente le parole che vi leggeva. Non riusciva a non pensare alla moglie! Perché tutto questo mistero per un paio di libri e per dei vestiti?
Alla fine non resistette più e recuperò il mantello: avrebbe fatto un giro a Diagon Alley. La gelosia era una pessima consigliera, su questo non aveva dubbi. Quante volte, scherzando, Alicia gli diceva – citando non ricordava quale autore babbano - che era un mostro dagli occhi verdi e ingannevoli?
Uscì sul retro della villetta dove un ampio e incolto giardino lo accolse. Ancora non avevano deciso come sistemarlo: Alicia avrebbe voluto un gazebo, magari anche un laghetto con pesciolini rossi e tartarughe; lui, neanche a dirlo, avrebbe voluto costruire un piccolo campo da Quidditch dove allenarsi. Certo non sarebbe venuto molto grande, ma almeno tre anelli ci sarebbero entrati comodamente e, piantando alberi alti e dal fusto robusto, non avrebbero dovuto preoccuparsi dei Babbani. Naturalmente, non avevano trovato un punto d’accordo.
Beh, non era certo quello il momento di pensarci: saggiamente Alicia aveva deciso che ci avrebbero ripensato in primavera e ci avrebbero riflettuto con calma nel frattempo.
Oliver tentò di concentrarsi e si smaterializzò poco fuori dal Paiolo Magico. A quel punto tutta la sua sicurezza vacillò e si vergognò di sé stesso: stava mettendo in dubbio la parola di Alicia? Era sua moglie ed era anche una fiera Grifondoro: quando era arrabbiata con lui non l’aveva mai nascosto, né aveva lesinato sugli insulti. Eppure nel suo comportamento c’era qualcosa di strano. In lei c’era qualcosa di diverso.
Non sapendo quale fosse l’atteggiamento corretto da tenere in una circostanza simile, decise di entrare al Paiolo Magico e bersi qualcosa.
L’idea si rivelò quasi subito pessima: il locale era gremito e fu letteralmente assaltato dai suoi fan. In quei momenti comprendeva bene perché Harry preferisse recassi in luoghi totalmente babbani con Ginny.
Nonostante il suo umore stesse solo peggiorando, si costrinse a firmare autografi per figli, nipoti, bisnipoti, cugini, cugini di secondo e terzo grado.
Non che non gli piacesse la fama, ma, quando invadeva la sua vita privata, diveniva decisamente fastidiosa.
Così rinunciò alla burrobirra calda che avrebbe voluto sorseggiare, mentre rifletteva – ogni tanto sapeva essere filosofico anche lui – e tornò nella fredda e affollata Diagon Alley. Non che qui la gente non lo fermasse o additasse, ma, con il cappuccio ben calcato sulla testa, era più facile passare inosservati. A quel punto decise di andare al Ghirigoro e se avesse incontrato la moglie le avrebbe detto la verità: era preoccupato e forse era il caso che ne parlassero senza bugie di mezzo. Di solito la moglie – anche quando doveva soltanto ritirare dei libri – trascorreva come minimo una mezz’oretta in libreria, di conseguenza o c’era già stata e non l’avrebbe trovata oppure l’avrebbe beccata con il naso il mezzo a qualche vecchio tomo che sperava avrebbe potuto attirare l’attenzione dei suoi studenti. Quand’erano ragazzi non avrebbe mai pensato che Alicia da grande potesse divenire un’insegnante tanto appassionata, o forse era davvero troppo preso dal Quidditch per accorgersi del mondo intorno a lui, come ogni tanto lei gli aveva rinfacciato.
In libreria non vi era traccia della donna, ma per essere sicuro Oliver fece un giro completo fermandosi a osservare qualche nuovo titolo nel reparto sportivo: avevano finalmente pubblicato la biografia di Viktor Krum. Si trattenne dal comperarla, perché sicuramente qualche amico o familiare gliel’avrebbe regalata per Natale. Prima di uscire si fermò alla cassa e chiese al proprietario se avesse visto la moglie. Magari, se non c’era ancora stata, sarebbe stata meglio attenderla lì: se i libri non lo facevano impazzire, ancora peggio i vestiti.
 
«No, signor Baston, non ho visto sua moglie oggi».
«Capisco» replicò Oliver, poi, sperando di far cosa gradita alla moglie e farsi perdonare il suo piccolo attacco di gelosia, disse: «Prendo io i libri che ha ordinato».
Il proprietario, un uomo molto più basso di lui, con ciuffi già bianchi sulla testa e degli occhialetti piccoli sul naso, lo fissò sorpreso. «Non ricordo alcun ordine. L’ultimo è stato evaso una settimana fa».
«Impossibile» bofonchiò allora Oliver. «Mia moglie mi ha detto che sarebbe passata proprio per ritirare alcuni saggi sulle popolazioni celtiche».
«Mi dia un attimo per controllare sul registro, ma non ricordo proprio». L’ometto tirò fuori un registro enorme - e all’apparenza molto più pesante di lui - e con il dito scorse alcune colonne. «Niente, come le dicevo, l’ultimo ordine della professoressa Spinnett risale a due settimane fa e le ho inviato io i libri, quando mi sono arrivati».
La notizia infastidì non poco Oliver, che dopotutto avrebbe preferito essere rimproverato per la sua gelosia e cercare di farsi perdonare piuttosto che scoprire che la moglie gli avesse veramente mentito.
Sospirò e tentando di tranquillizzarsi – magari era stata solo una svista della moglie, tanto ritirava libri peggio di un Corvonero - si fece consigliare un romanzo, che avrebbe potuto piacerle, e lo acquistò.
Tornato sulla via principale di Diagon Alley, si diresse a passi svelti verso il negozio di Madama McClan, questa volta entrandovi senza tentennare.
La signora ormai anziana dovette strizzare gli occhi per riconoscerlo, ma lo accolse calorosamente e gli chiese se avesse bisogno di una veste elegante per le feste.
Oliver negò e le chiese gentilmente se avesse visto la moglie quel giorno.
 
«No, no. La signora è venuta ieri in compagnia della madre, ma alla fine non ha acquistato nulla».
Oliver sapeva che il giorno prima Alicia era uscita con la madre, ma chissà perché quella mattina gli era sfuggito: sarebbe stato utile per smascherare le menzogne della moglie. Si sentì profondamente in colpa per quei pensieri e si chiese se avesse commesso qualche sbaglio, se Alicia fosse arrabbiata con lui per qualcosa. Ma insomma, quella mattina era sembrata sì nervosa, ma da come l’aveva baciato, promettendo un pomeriggio solo per loro due, non sembrava avercela con lui. A meno che non volesse torturarlo.
«Signor Baston, tutto bene?».
«Sì, sì» replicò Oliver riportando la propria attenzione sulla sarta. «Senta, sa per caso se mia moglie fosse interessata a qualche vestito in particolare?».
Madama McClan rifletté per qualche istante e poi gli mostrò un’elegante veste scarlatta, decisamente degna di una Grifondoro. Oliver non dubitava che sarebbe calzata a pennello ad Alicia. «Perché non l’ha acquistata?» domandò sorpreso.
«Non lo so» replicò la sarta. «L’ha pure provata e le stava divinamente».
Oliver si passò una mano sui capelli e sbirciò il cartellino del prezzo: era cara, ma non poteva credere che la moglie vi avesse rinunciato per quello. Lavoravano entrambi e avevano un buon stipendio.
«Lo prendo io, se le stava divinamente, non posso che regalarglielo».
«Oh, lei è un marito premuroso! Lo incarto?».
«Sì, grazie». Un marito premuroso? Forse, ma in quel momento si sentiva in colpa e profondamente confuso: non aveva fatto nulla!
Trascorse il resto della mattinata passeggiando per Diagon Alley e, a parte un salto a Accessori di Alta Qualità per il Quidditch, rendendo felici fans e proprietari, mantenne un umore cupo: sua moglie non era in nessun negozio. Sua moglie quella mattina non si era recata a Diagon Alley. Poco prima di mezzogiorno ritornò al Paiolo Magico, qui fu di nuovo preso d’assalto e tentò di accontentare tutti e non affatturare nessuno; appena libero chiese al proprietario di condurlo in una saletta privata, dove avrebbe pranzato con la moglie.
Attese più di mezz’ora prima che ella arrivasse.
«Oliver! Ti ho fatto aspettare tanto?».
Vederla così raggiante, gli fece dimenticare i suoi propositi di litigare. Alicia lo abbracciò e lo baciò.
«È stata una mattinata intesa?» non riuscì a non commentare.
In quel momento sopraggiunse un cameriere per prendere le ordinazioni.
«Già» replicò soltanto Alicia, le cui guance erano teneramente arrossate per il freddo. I due coniugi ordinarono.
«Raccontami».
Alicia sembrò sorpresa dalla richiesta e si strinse nelle spalle, nuovamente nervosa, come se Oliver fosse un esaminatore dei M.A.G.O.
«Da quando ti interessi di vestiti e libri?» borbottò nervosamente e fu palesemente sollevata quando il cameriere servì gli antipasti. Da quel momento parlò di cibo e di come si sarebbero organizzati per andare dai suoi genitori a cena.
Oliver tentò di distrarsi e farsi coinvolgere in quelle chiacchiere, ma in nessun modo riusciva a non essere infastidito.
«Che hai comprato?» chiese stupita Alicia, notando le buste quando si alzarono per andare a pagare.
«Niente, cose che mi ha chiesto mia madre» replicò Oliver bruscamente.
Quel pomeriggio Alicia non mantenne la promessa: appena rientrati a casa, affermò di essere stanca e andò a sdraiarsi. Non che Oliver avesse voglia di star con lei: quella questione irrisolta lo stava facendo impazzire. Nonostante ciò qualche ora dopo si lasciò consigliare sui vestiti da indossare e tentò di farsi contagiare dal suo entusiasmo natalizio.
«E sorridi!» sbuffò Alicia. «Sembra che stiamo andando a trovare Gazza!».
Oliver si accigliò: ma come le venivano in mente simili battute?
«Lo so dove stiamo andando» bofonchiò in risposta. «Non capisco perché non possiamo smaterializzarci. Ci sporcheremo tutti».
«Da quand’è che t’interessa tanto?».
«Da quando non interessa a te?» sbottò Oliver.
Alicia sembrò ferita dal suo tono, ma sussurrò: «Non mi sento bene, preferisco non smaterializzarmi. Andiamo, o faremo tardi. Se vuoi posso andare anche da sola con la Metropolvere».
«No, figurati» borbottò Oliver, sentendosi in colpa per la millesima volta. «Ma che ti senti?» le chiese preoccupato, mentre lei prendeva un pugno di polvere volante.
«Niente, tranquillo».
Oliver sbuffò vedendola sparire nuovamente quel giorno in uno sbuffo verde, questa volta la seguì senza tentennare. A casa dei suoceri, però, non ebbero tempo di parlare. La questione continuò ad aleggiare tra loro per tutta la serata.
Oliver discusse di Quidditch con il suocero, sebbene non tifasse per il Puddlemere United, così come il resto della famiglia Spinnett. Quasi si rilassò almeno finché non rischiò di affogarsi con la monetina dentro il Christmas pudding, suscitando le risatine dei presenti.
«Ti porterà fortuna» gli disse sorridente Alicia, apparentemente dimentica della loro discussione, e gli scoccò un bacio sulla guancia.
Quella notte, quando rientrarono a casa, Alicia lo abbracciò appena misero piede sul tappeto del salotto. «Non ti avevo promesso un pomeriggio solo per noi due? Sono un po’ in ritardo, ma…».
«Dobbiamo parlare» la interruppe Oliver che in caso contrario sarebbe scoppiato.
«Di cosa?» gli chiese sorpresa Alicia.
Come poteva non capire? E dire che era lei che insegnava Antiche Rune!
«Ecco questi sono per te!» sbottò porgendole gli acquisti effettuati quella mattina a Diagon Alley.
«Ma, Oliver, ci siamo già scambiati i regali» borbottò stupita Alicia. «E il tuo anello è bellissimo… grazie di non averlo messo nel pudding, in caso contrario mi sarei affogata come hai fatto tu…».
«Guardali» intimò Oliver, ignorando le sue parole e la mano anellata che gli sventolava sotto gli occhi.
Alicia con un sospiro obbedì e scartò il romanzo e il vestito, rimanendo a bocca aperta.
«Bello, vero? Madama McClan mi ha detto che l’hai provato».
«Grazie, non dovevi» mormorò lei avvicinandosi con la chiara intenzione di baciarlo, ma lui la respinse.
«Non mi chiedi quando sono stato a Diagon Alley?».
«Cosa…?» cominciò Alicia, ma poi si fermò a riflettere. Oliver la vide sgranare gli occhi e fissarlo turbata. «Stamattina? Sei stato a Diagon Alley stamattina?».
«Già. E tu non c’eri» sbottò Oliver, tirando fuori quello che lo tormentava da tutto il giorno. «Non mi venire a fare la morale sulla gelosia! Non ti ho trovato».
Alicia sospirò e annuì, sedendosi sul bracciolo di una poltrona. «Hai ragione, Oliver: è un po’ che ti devo dire una cosa, ma prima volevo esserne sicura».
Oliver, nervoso, accese il fuoco nel caminetto e si voltò a fissarla. «Dov’eri stamattina?» le chiese direttamente, visto che lei sembrava in difficoltà.
«Al San Mungo».
Per poco Oliver non lasciò cadere l’attizzatoio. «Dove?». Era l’ultima risposta che si sarebbe aspettato.
«Sono incinta, Oliver».
L’attizzatoio colpì il pavimento rimbombando nel silenzio della villetta.
I due giovani si fissarono negli occhi per qualche secondo, finché Oliver non ruppe il contatto e si passò una mano tra i capelli. «Incinta? Ho sentito bene?». Alicia annuì. Sembrava spaventata e fu proprio questo a scuotere Oliver. «È una cosa bella, no?». La strinse in un abbraccio e Alicia scoppiò in lacrime.
Oliver l’accarezzò per un po’, poi la spinse dolcemente sul tappeto in modo che fossero più vicini al fuoco e appellò un plaid a motivi natalizi.
«Ce la caveremo» le disse a un certo punto. «Hanno imparato tutti a fare i genitori».
Alicia rispose con una risatina acquosa e si accoccolò meglio tra le sue braccia.
«Ce la caveremo» gli concesse.
«Ho solo una richiesta» disse Oliver giochicchiando con i suoi capelli. I loro visi erano illuminati dalle fiamme scoppiettanti.
«Cosa?» mormorò Alicia leggermente assonnata.
«Voglio una squadra di Quidditch».
«Una squadra di Quiddich?» replicò Alicia non comprendendo.
«Beh, sì, sette figli proprio come i Wigtown Wanderers».
Alicia sbuffò: «Stai scherzando, vero?».
«Non li vuoi sette bellissimi bambini?».
«Forse, ma non ho particolare voglia di tirare su una squadra di Quidditch».
«Oh, non ti preoccupare, ci penserò io ad allenarli».
Alicia rise.
«Allora me lo prometti? Mi darai una squadra di Quiddicth?».
Alicia rise fino alle lacrime, coinvolgendo anche Oliver, ma quando si calmò, annuì: «Sì, te lo prometto, farò del mio meglio».
«Oh, grazie, non vedo l’ora. Dobbiamo disegnare una divisa adatta per la nostra squadra. Che colori vorresti? Tinta unita o no?».
«Oh, Merlino, Oliver» sospirò Alicia.
«Non è mai troppo presto per scegliere la giusta divisa» ribatté il ragazzo.
Alicia scosse la testa, si voltò e gli buttò le braccia al collo. «I genitori normali discutono per il nome da dare al bambino, non per il colore della divisa di una squadra di Quidditch immaginaria» borbottò prima di baciarlo a lungo.
«Ma tu me l’hai promessa!» riuscì a dire Oliver, quando gli diede la possibilità di prendere fiato un attimo.
«Buon Natale, Capitano» sussurrò allora Alicia.
«Buon Natale, Presidentessa».
 
   
 
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