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Autore: Red1701    02/03/2020    2 recensioni
Amavo moltissimo quel indefinibile non so che trasmessomi con forza dalle persone dell'altro sesso. Era come la passione segreta che alcuni nutrono per i temporali, i terremoti o i lunghi blackout. Potrei chiamarlo "magnetismo", una forza che, nostro malgrado, ci attira inevitabilmente a sé e ci risucchia.
Una forza che si può paragonare a un profumo.
-Murakami Haruki, A sud del confine, a ovest del sole.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Itachi, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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AD OVEST DEL SOLE.
 
Gli esseri umani, a volte, sono destinati, per il solo fatto di esistere, a fare del male a qualcuno.
-Murakami Haruki, A sud del confine, a ovest del sole.
 

 
 
 

“Continuai ad avere davanti agli occhi quell’immagine, fino a che qualcuno mi si avvicinò e mi appoggiò con delicatezza la mano sulla spalla.”
Sasuke lanciò l’ennesimo libro contro la parete opposta del salotto.
Non ne poteva più dei libri.
Non ne poteva più dei film.
Non ne poteva più neanche di stare tra quelle quattro mura.
Decise così di uscire a correre anche se fuori aveva iniziato a piovere. Con il cappuccio della felpa ben calato sul volto si diresse verso la solita passeggiata che facevano tutti i giorni prima di arrivare in palestra ad allenarsi.
«Cazzo» esclamò.
Non aveva avuto bisogno di alzare lo sguardo per capire da dove venisse quel profumo che generalmente invadeva anche casa sua, quel profumo che ora lo stava mandando direttamente al manicomio.
Sapeva di essere stato un coglione, perché non c’erano altre parole per definirlo. E se anche Naruto e Itachi erano d’accordo sul fatto che la colpa fosse tutta sua, non poteva far altro che ammettere a sé stesso che stavolta aveva fatto la cazzata più grande del mondo.
Arrivò in palestra fradicio e con il bisogno impellente di mettersi i guantoni e prendere a pugni qualcuno o qualcosa.
«Ehi Teme!» il biondo lasciò a terra la corda con cui si stava allenando per andare verso l’amico.
«Come stai oggi?» gli chiese sperando che fosse cambiato qualcosa. Era un mese che sia lui che il fratello cercavano un qualsiasi modo per liberargli la mente, ma tutte le volte era un tentativo fallito già in partenza.
Il moro scrollò le spalle mormorando un “bene” poco convinto, detto solo per chiudere la questione più in fretta possibile. Non stava bene, neanche per idea, ma ammettere di aver bisogno di qualcuno era per Sasuke Uchiha la cosa più complicata che potesse mai fare. Non aveva la benché minima paura di lanciarsi all’inseguimento del peggior criminale di Seattle, ma chiedere aiuto lo terrorizzava nel vero e proprio senso della parola.
Si arrotolò le fasce rosse intorno alle mani e il coach Hatake gli chiuse i guantoni.
«Allora, Uchiha, come siamo messi oggi?» gli chiese. Kakashi glielo leggeva negli occhi quanto il ragazzo avesse bisogno di staccare.
Si sistemò il paradenti con la lingua e tirò il primo pugno in risposta.
 
«Preparati, stasera usciamo»
Itachi era comparso sulla soglia della porta di casa del fratello. Vivevano in due villette una collegata all’altra, e per la prima volta nella sua vita l’Uchiha maggiore era grato di non dover avere a che fare con cancelli o porte chiuse. Era cosciente che il fratello minore non gli avrebbe aperto la porta neanche per idea.
Sasuke, seduto sullo sgabello dell’isola della cucina, l’aveva guardato per un paio di secondi e poi era tornato a guardare lo schermo del suo computer.
Stava guardando la prima serie tv che Netflix gli aveva proposto, ma non sapeva davvero cosa fosse e soprattutto quanto tempo fosse passato da quando l’aveva avviato.
Gli si sedette di fronte e gli tolse le cuffie.
«Non sto scherzando. Naruto, Shikamaru, Neji e Obito ci aspettano al Checkmate alle 22:00»
«Io non ho intenzione di uscire di casa»
«Otouto, è un mese che stai chiuso qui dentro ed esci solo per andare al lavoro o in palestra»
Sentendo quell’appellativo si bloccò. Da quanto tempo non sentiva suo fratello chiamarlo in quel modo? Quanto doveva essere visibilmente distrutto per chiamarlo come faceva quando erano piccoli?
Abbassò lo schermo del computer e si diresse verso camera sua.
 
Non aveva la minima voglia di stare in quel locale.
C’era troppa gente, la musica era pessima e non c’era lei. Lei, l’unica ragazza al mondo che era riuscita a trascinarlo a ballare, l’unica che l’aveva fatto sentire vivo, l’unica che aveva mai amato.
La cameriera portò al loro tavolo vari drink che avevano ordinato e non ci pensò due volte a scolarsi il suo di punta. Non gli era mai piaciuto bere cocktail del genere, preferiva di gran lunga passare le serate al pub in tranquillità, con bella musica e buone birre.
«Teme, dovresti andarci piano»
«E per qual motivo? Lei non c’è più, non corro il rischio di fare altre cazzate»
Si era lasciato scappare quella risposta in un momento di sconforto più totale.
Il grande e apatico Sasuke Uchiha non era di certo uno che si lasciava andare, soprattutto in mezzo a persone che non conosceva. Certo, gli amici sapevano che non se la passava così bene, ma nessuno si aspettava una risposta del genere.
Alzò lo sguardo verso la pista da ballo nel momento esatto in cui il biondo stava per dirgli qualcosa. Stavano finalmente passando una bella canzone, la loro canzone. La canzone sulla quale si erano scambiati il loro primo bacio in quella stessa discoteca circa quattro anni prima.
«Non questa canzone» sussurrò Itachi stampandosi una mano sul volto.
Capì che in lui qualcosa si era davvero rotto quando vide una chioma rosa fluttuare in mezzo alla pista. Lei era lì, a ballare, con intorno Ino e Hinata e qualche ragazzo che non aveva mai visto. Indossava quel body nero che avevano comprato insieme a Portland, un paio di jeans stretti a vita alta e delle scarpe da ginnastica. Il suo rossetto bordeaux le risaltava le labbra come al solito, ed era sicuro che al mondo non potesse esistere niente di più bello. Non poteva averlo già rimpiazzato, perché dopo quattro anni di relazione non si poteva rimpiazzare qualcuno così velocemente. Si aveva fatto una cazzata, è vero, ma solo i Kami erano a conoscenza di quanto si pentisse di quella cosa ogni singolo giorno da quando se ne era andata.
Sentì un vuoto in mezzo al petto e la salivazione venirgli meno, e da lì fu un attimo. Sentì una mano sulla spalla che lo trascinava fuori, sul retro del locale, e dovette appoggiarsi con la fronte al muro freddo di mattoni per non cedere.
«Otouto»
«Sono un coglione»
«Già»
«Devo riprendermela, Itachi. Io non posso andare avanti così» gli disse girandosi verso il fratello.
Lui in tutta risposta lo abbracciò. Non si ricordava neanche l’ultima volta che si erano abbracciati, ma il fratello sapeva quanto amava quella ragazza e sinceramente anche a lui mancava.
«Torna dentro, ora»
Naruto non era mai stato così duro con Sasuke. Lui era l’amico che ti dava consigli sempre con quel sorriso contagioso, che ti infondeva forza e sicurezza, non lo aveva mai visto che il volto così teso.
«Sas’ke, torna in quel locale e vatti a riprendere Sakura-chan. Lo so quanto la ami, e anche lei lo sa»
«Non mi perdonerà mai. Lo sai quanto è orgogliosa»
Il grande e forte Uchiha era crollato come il vetro al contato con una scheggia di ceramica.
 «So anche quanto orgoglioso sei tu. E se uno dei due non comincia a metterlo da parte, tra un po’ di tempo vi mangerete le mani»
Fece un mezzo sorriso in risposta all’amico. Dopotutto non poteva andare peggio di così? Vero?
Si passò una mano tra i capelli ed entrò seguito a ruota dai due. La cercò con lo sguardo fin quando la trovò ancora nel posto in cui l’aveva vista prima di uscire. Con ancora gli stessi ragazzi che le ronzavano intono.
Avanzò a grandi falcate facendosi spazio tra la gente come se non vedesse altri che lei, e quando le fu a pochi centimetri di distanza l’afferrò per un polso e se la trascinò al lato della pista.
«Che diavolo vuoi, Uchiha?»
Era incazzata, visibilmente. Lo chiamava per cognome solo quando aveva combinato qualcosa di brutto.
«Te» le rispose. Ogni singola cellula dentro al suo corpo stava tremando di paura, ma non poteva farsi di certo vedere in quel modo da lei.
«Dopo quello che hai fatto è già tanto se non ti ho preso a pugni» gli rispose soffiando come un serpente velenoso. Sapeva di averla ferita, ma quando la guardò negli occhi vide quella luce spenta. Aveva sicuramente rotto qualcosa in lei.
«Fallo. Adesso, davanti a tutti»
Lei scosse la testa, stufa di dover sopportare ancora tutta quella situazione e fece per andarsene.
Non ci voleva neanche andare a ballare, lei, ma le sue amiche l’avevano trascinata con la scusa di passare una serata tra ragazze come ai vecchi tempi. Aveva sospettato qualcosa quando aveva visto un ragazzo biondo simile al suo migliore amico alzarsi di scatto e uscire dal locale, e aveva quasi avuto la conferma di essere caduta nella trappola quando al bancone il barista le aveva passato una birra rossa dicendole che le era stata offerta da un ragazzo con dei lunghi capelli neri.
Alla prima nota di quella canzone le era mancato un battito, e i suoi occhi avevano sezionato il locale alla ricerca di due occhi neri come la pece. Quando non l’aveva trovato, come succedeva tutte le volte in cui andavano a ballare, gli occhi le si riempirono di lacrime e dovette alzare lo sguardo al soffitto per evitare di mettersi a piangere in mezzo a tutta quella gente.
«Scusa, sono un coglione» le disse a pochi centimetri dal suo orecchio. La forza con cui l’aveva attirata a sé era stata talmente forte da farla sbattere contro al suo petto.
Lei si allontanò di alcuni passi con le lacrime agli occhi.
«Si, lo sei»
«Torna a casa, Sakura. Ti prego, ho bisogno di te»
«Lo sai quello che mi hai fatto? Lo sai quanto sono stata male in questo periodo?»
«L’unica cosa che so è che mi pento di quello che ho fatto dall’istante in cui ti sei sbattuta la porta di casa alle spalle»
 «Ti odio» gli rispose sbattendo i pugni sul suo petto.
Le passo una mano sulla schiena nuda e se la strinse a sé. Affondò il viso nei suoi lunghi capelli rosa e sentì quel profumo di casa di cui aveva un disperato bisogno.
Lei lo lasciò fare continuando a sbattere i pugni impercettibilmente. Voleva essere forte e mandarlo al diavolo, ma l’amore che provava per quella testa dura di un Uchiha era più forte di qualsiasi cosa. Più forte anche dell’orgoglio che si trovava.
 
«Kami quanto mi sei mancata»

 
 
   
 
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