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Autore: AdhoMu    03/03/2020    5 recensioni
SOSPESA
[Lee Jordan/Gwenog Jones]
Dice l'Oracolo:
“Se sei un amante sfegatato di Pluffe e Boccini e il tuo sogno è quello di diventare il più grande cronista di tutti i tempi, esistono grandi possibilità che tu perda la testa per una stella del Quidditch.
Attenzione, però: se la stella in questione è una battitrice del calibro di Gwenog Jones la testa, oltre che metaforicamente, rischi di perderla anche in modo piuttosto... letterale”.
Una storia d'amore a colpi di mazza, di reggae e di Gossip sportivi.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gwenog Jones, Lee Jordan, Ludovic Bagman
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
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12. Saying’, (this is my message to you-uh-uh).
 
China in avanti, il viso sprovvisto di occhialoni protettivi sferzato dal gelido vento novembrino, le mani serrate intorno al manico della scopa fino a farsi diventare bianche le nocche, Gwenog guadagnava rapidamente quota, allontanandosi a tutta velocità da Avery House, dal ricevimento nuziale ormai in preda al caos e, soprattutto, dal suo novello sposo, il cui solo pensiero la ricolmava di orrore.
Nel volo su scopa Gwen era sempre stata molto abile, ma il modello di cui era riuscita ad appropriarsi non era certo dei migliori: lei era abituata a veleggiare su manici professionistici, generalmente fabbricanti dalla Nimbus o dalla Firebolt (ah! Se avesse avuto con sé la sua adorata Celtic!); quella, invece, era una Silver Arrow vintage dall'aspetto retrò, una sorta di pezzo d'epoca più adatto ai capricci di un collezionista che non alle manovre sul campo. E definitivamente, del tutto inadatta per essere cavalcata da una donzella in fuga, vieppiù infilata in un abito assai poco aerodinamico, con quelle maniche a sbuffo che frenavano la risalita e quell'immensa gonna che qualcuno, da sotto, avrebbe potuto scambiare facilmente per un paracadute.
Le condizioni meteo, oltretutto, non erano quel che si suol dire delle migliori. Laggiù, a terra, il giardino degli Avery era stato incantato con una serie di fatture Riscaldanti e Primaveribili al fine di garantire il buon esito della festa e l'agio degli invitati; ad alta quota, però, il freddo era intenso e, tutt'intorno a Gwen, avevano cominciato a fioccare mulinelli di nevischio sodo e insistente.
Lei, complice il fatto che le basse temperature non l'avevano mai disturbata più di tanto, teneva duro e non smetteva un solo istante di spronare la scopa; tuttavia, dopo un po', il rigore dei venti che, implacabili, le schiaffeggiavano volto, capelli e vestito, si fece insopportabile. Tenacemente aggrappata al manico Gwen tremava da capo a piedi ma, testarda come un muflone, stringeva i denti e continuava, conscia del fatto di non potersi fermare.
Lontano, centinaia di metri sotto di lei, il mare in burrasca spumeggiava senza sosta, producendo boati sordi che la raggiungevano nonostante la distanza e il fischiare ininterrotto del vento: al momento della fuga da Belfast, infatti, Gwen si era diretta ad Est senza pensarci due volte. Imboccando il cammino inverso a quello che l'avrebbe portata nell'entroterra nordirlandese, aveva invece intrapreso la traversata del braccio di mare che separava l'Irlanda dalla Scozia. Era stata una decisione dettata dal puro istinto e, come tale, parecchio avventata; se da una parte, infatti, allontanarsi dai domini degli Avery avrebbe potuto considerarsi sensato, dall'altra, volare in condizioni tanto avverse significava rischiare grosso.
Certo: l'ideale sarebbe stato poter estrarre la bacchetta e tentare una smaterializzazione d’emergenza, che le avrebbe immdiatamente consentito di trovarsi al caldo e all’asciutto. Gwen, però, era sufficientmente esperta da sapere che le condizioni erano troppo critiche e che, in quel momento, non poteva permettersi di compiere passi falsi. Le raffiche di vento erano troppo forti, e il vestito, inzaccherato e reso sdrucciolevole dalla pioggia e dal nevischio, rischiava ad ogni metro di farla scivolare dalla scopa a causa del peso eccessivo.
Doveva resistere, quindi, almeno fino a quando non avrebbe toccato terra. Una volta raggiunta la Scozia avrebbe potuto spostarsi utilizzando la magia; non prima, però.
"Tieni duro, Gwenny" si disse la battitrice, intensificando la presa delle mani intorpidite (erano talmente gelate che non se le sentiva più) sul manico ormai ricoperto di brina biancastra.
 
Lee non ci poteva credere.
Attorniato dagli amici, altrettanto perplessi, il ragazzo camminava incessantemente su e giù per l'esiguo salotto del Covo, in un inquieto viavai di dreadlocks spettinati.
- Sparita nel nulla. Volatilizzata - continuava a ripetere, incapace di rassegnarsi.
- Letteralmente, direi - concordò George mentre Angelina, seduta fra lui e Fred, si rigirava fra le mani la punta di una delle lunghe treccine brune e, pensosa, seguiva con lo sguardo l’andirivieni dell’amico.
- Certo è - osservò in tono vagamente ottimista la ragazza - che non avrebbe potuto tagliare la corda in modo più adatto alle sue capacità. Gwen è un asso delle scope. Se la starà cavando alla grande.
Aussie Spinnet non sembrava dello stesso avviso.
- Nope. È molto brava, certo - ammise, stringendosi nell’immancabile sponcho di lanuginosa pecora australiana che, fin dai tempi del suo primo approdo sulle Terre di Albione, le faceva compagnia nella sua strenua crociata contro i geli del Nord. – Ma concorderete con me: fa troppo freddo per volare nei cieli del Nord con indosso soltanto un abito da sposa, per quanto mastodontico.
- Esagerata - la rimbeccò (per puro principio) Oliver che, quando era stato suo Capitano a Grifondoro, le aveva spesso rimproverato l'indole eccessivamente freddolosa. - Non è che faccia poi così...
- Per te, forse - replicò Alicia, rabbrividendo - che sei una specie di colosso abituato alle nevi e ai ghiacci.
- Ma per piacere - Oliver fece una faccia come a dire "panzane subequatoriali". – E poi, con tutto il rispetto per le preferenze di Jordan, la Jones non è esattamente quel che si suole definire una margheritina di campo. Pensate che una volta, durante una partita contro il Puddlemere....
- ... ha fatto a pezzi Ritter, Ollie caro. Lo sappiamo - lo interruppe svogliatamente Katie, che conosceva a menadito quella storia da tanto gliel’aveva sentita ripetere. - Il che, fra parentesi, ti ha permesso di soffiargli il posto come Portiere titolare. Dico bene?
Oliver si tinse di porpora.
- L'hai mai ringraziata per questo? - rincarò Angelina in tono provocatorio.
I presenti in sala si lasciarono andare ad un chiacchiericcio concitato, scandito da risatine nervose e gesti scattosi, simili a tic.
- Sta di fatto, comunque - decretò all’improvviso Lee, tornando ad imporsi sul brusio generale - che non sappiamo dov'è. E che dobbiamo assolutamente trovarla, prima che a farlo siano altri.
Alicia gli rivolse un’occhiata intrigata.
- Idee a riguardo, Ziggy?
- Non proprio – rispose lui, un po’ scoraggiato. – Ma mi auguro di tutto cuore che, con l’aiuto di Radio Potter, qualche pista salti fuori.
 
Le raffiche di vento spazzavano il cielo, dando vita a mulinelli insidiosi che le schiaffeggiavano impietosamente il viso paonazzo per il freddo.
Una volta resasi conto che dell’inutilità di proseguire nella ricerca, aveva immediatamente tentato di smaterializzarsi; purtroppo per lei, però, la sua stanchezza era tale da non permetterle di raccogliere la concentrazione necessaria per formulare l'incantesimo.
Gwenog si guardò intorno, facendosi scudo con la mano per cercare di scorgere qualcosa oltre il bianco turbinio che le sbarrava il passo, ma la nevicata non accennava a scemare e, anzi, si faceva ad ogni istante più fitta.
- Tosca Santa...
Alla vista della Tana completamente messa a soqquadro la battitrice sospirò, contrariata nel rendersi conto dell'ennesimo insuccesso del suo piano d'azione.
L’idea di recarsi in Galles non le era neanche passata per la testa, perché sospettava che la casa paterna a Pontwelly potesse essere in qualche modo sorvegliata e non voleva mettere a rischio la sua famiglia - anche perché Megan, la più giovane delle Jones, si trovava ad Hogwarts per frequentare l’ultimo anno, e lei temeva eventuali ritorsioni da parte del Nemico sulla sorella più giovane.
E così, una volta approdata in suolo scozzese, Gwen non aveva esitato e si era subito smaterializzata alla volta di Londra per ricongiungersi con Lee, la cui mancanza le bruciava nel petto tanto quanto i cristalli di ghiaccio che ora le scalfivano la pelle del viso. Una volta giunta al loro appartamentino però,per suo enorme sgomento, l'aveva trovato immerso nella confusione più completa, come se fosse stato saccheggiato...
“...o peggio, perquisito” aveva pensato Gwen deglutendo a secco, sconsolata alla vista del disastro: i vasi di fiori ridotti in frantumi, il divano e i puf gialloneri crudelmente sventrati, le vivaci tappezzerie giamaicane lacerate da strappi magici, evidentemente irricucibili...
E nel bel mezzo di tutto quella confusione sconcertante, nessuna traccia di Lee – il che poteva essere un segnale sia positivo che negativo, in effetti.
Nel dubbio, per mantenere la calma, Gwen aveva douto dare fondo a tutto il suo scarso autocontrollo da battitrice sanguigna.
“Ragiona, Gwennie” si era detta, respirando fondo. Se Lee non si trovava a casa, e a meno che non avesse tagliato la corda e se la fosse svignata a Kingston (cosa che lei, conoscendolo, sapeva essere assai improbabile, se non impossibile), c’era soltanto un luogo dove avrebbe potuto trovarsi.
“Il Covo, naturalmente”.
Senza temporeggiare oltre, Gwenog si era spostata ad Amesbury, nelle campagne del Wiltshire dove, a poche decine di metri dal Cerchio Magico di Stonehenge, il cottage di Oliver Baston alloggiava le fila dei dissidenti.
 
L’escursione ad Amesbury, però, si era rivelata un assoluto fiasco.
Gwen lo aveva anche presupposto, che i sistemi di sicurezza di Radio Potter fossero stati intensificati con l’aggravarsi della situazione; quel che proprio non immaginava, tuttavia, era che, una volta materializzatasi sul posto, si sarebbe imbattuta nel vuoto assoluto.
Stonehenge era scomparsa.
- Che cosa sta succedendo? – aveva domandato ad un gruppo di babbani che, appena scesi da un lustro pullman turistico, si guardavano intorno disorientati, gli obiettivi delle macchine fotografiche puntati verso il nulla. Quelli l’avevano guardata con fare perplesso, sorpresi nel trovarsi davanti una giovane donna vestita da sposa con una scopa in mano, spuntata da chissà dove.
- È sparito... – le aveva risposto una donna dall’espressione incredula che, intorno al collo, recava un cartellino con su scritto “Mary Shelby. Guida Accreditata”. – Se l’è inghiottito la nebbia...
Gwen si era guardata intorno.
Effettivamente la nebbia, pur così frequente da quelle parti, quel giorno aveva assunto una densità simile a quella di un bicchiere di orzata. E cercare – la battitrice lo aveva compreso subito – sarebbe stato inutile, perché quella, evidentemente, non era una nebbia normale, ma una foschia eccezionalmente spessa e impenetrabile indotta con la magia. Stonehenge non sarebbe mai saltato fuori, neanche se i turisti babbani avessero battuto le campagne palmo a palmo.
Gwen non aveva perso tempo, neppure per tentare un timido Revelio. Poco oltre la spessa e mutevole coltre di nebbia che circondava lei e i babbani, infatti, aveva avvistato il movimento ondulatorio di un lembo di mantello nero, probabilmente appartenente a qualcuno che, come lei, stava cercando di risalire all’ubicazione del Cerchio Magico e, per associazione, al Covo.
Meglio non dare troppo nell’occhio e tagliare la corda, prima di farsi sorprendere.
Consapevole del fatto che le alternative a disposizione si stavano assottigliando in modo allarmante, ma supportata dalla sua consueta tenacia, Gwen si era quindi recata laddove sperava persone amiche le avrebbero dato asilo, mettendola finalmente sulla buona strada per ricongiungersi con Lee e gli altri e, magari, far pervenire sue notizie ai suoi familiari che, di sicuro, dovevano essere preoccupatissimi.
“A Ottery St. Catchpole!” aveva recitato, prima di smaterializzarsi di nuovo, stavolta alla volta della Tana.
 
La progressiva ripresa di coscienza le rivelò che il suo corpo si trovava adagiato su un letto soffice, coperto da un caldo piumino d’oca che la rinfrancava come un abbraccio.
Gwen sbattè le palpebre, sorpresa, e tirò su leggermente la testa.
La stanza era tiepida, immersa nella penombra; oltre la finestra chiusa e schermata da tende color giallo zafferano, il vento ululava, e le raffiche di neve castigavano i muri che la tenevano protetta. Poco lontano da lei, da una cornice posata sulla superficie lustra di una scrivania di legno di pino chiaro accanto ad un flacone di Ossofast, il volto rassicurante di un bel ragazzo dai lineamenti gentili occhieggiò al suo indirizzo, sorridendole con affetto.
- Per tutti i Boccini...
La battitrice si tirò su a sedere di scatto, osservando stupita le pareti di quella stanzetta sconosciuta e accogliente. Appeso alla parete, proprio sora al letto, uno stendardo di Tassorosso le riempì le pupille, che subito fremettero di emozione nel posarsi su una serie di fotografie posizionate poco sotto. Da una di esse, l’immagine di una se stessa di qualche anno più giovane e attorniata da un gruppetto di ragazzi e ragazze le rivolse una trionfante “V” di vittoria.
- Oh, accipicchia...
Gwen tornò a fissare la cornice appoggiata sulla scrivania, sforzandosi di ricordare come fosse giunta lì. Il giovane della fotografia le sorrise di nuovo, in un lampo giocoso nelle morbide iridi castane. Le stesse che...
L’aveva trovata, la Tana. Peccato, però, che, analogamente a quanto accaduto all’appartamentino suo e di Lee, essa fosse completamente distrutta.
Fiaccata dal tanto cercare, Gwen non aveva saputo dire se per magia o per davvero; aveva bofonchiato un debole Rivela Incanto, tanto per fare un tentativo, ma nulla era successo.
“Ora sì che sono nei guai” si era detta, rassegnata ma tenacemente decisa a non fare ritorno in Galles, per non mettere a repentaglio le vite dei suoi cari.
Non aveva neanche avuto il tempo di chiamare a raccolta le idee che un lampo di luce verde, scaturito da chissà dove, le aveva fatto il pelo. Gwen era saltata indietro, ringraziando mentalmente Tosca per i riflessi pronti che, nonostante il freddo, la fame, lo sfinimento e lo scoramento continuavano ad animarla.
- Ferma dove sei, lurida traditrice del tuo sangue!
Una voce dal timbro sprezzante che lei, suo malgrado, conosceva fin troppo bene, le aveva intimato di arrendersi; cosa che lei, chiaramente, si era ben guardata dal fare. Incapace di affrontare una semplice smaterializzazione (figurarsi un combattimento), Gwen era saltata sulla scopa ed era scappata via, rituffandosi nella tempesta di neve.
Purtroppo per lei, la fuga era durata poco.
La maledizione di Aidan Avery aveva centrato in pieno la coda di saggina della scopa, mandandola a fuoco. La Silver Arrow aveva cominciato a perdere quota, sbandando pericolosamente, finché una raffica di vento più forte delle altre non era finalmente riuscita a disarcionare l’ormai esausta battitrice.
La caduta era stata violenta, il dolore al braccio destro quasi insopportabile laddove l’osso si era rotto nell’impatto con la lapide di marmo di quel piccolo cimitero di campagna; Gwen si era impedita di gridare, per non rivelare la sua posizione, ma sapeva che Avery e i suoi scagnozzi si trovavano lì vicino e che, presto o tardi, l’avrebbero trovata.
E mentre se ne stava lì cercando stoicamente di non svenire, in quel limbo oscillante fra veglia e incoscienza, a stringersi il braccio rotto fra le dita ormai insensibili della mano sinistra, una figura indistinta, che compariva e scompariva fra i fiocchi di neve impazziti, si era chinata su di lei riempiendola di meraviglia.
“Andiamo, Gwenog” le aveva detto il giovane dall’evanscente sciarpa giallonera. “Seguimi, prima che arrivino”.
Gwen era esausta, malridotta e sconcertata. Ciononostante, si era tirata su a fatica e lo aveva seguito senza fare commenti, né chiedere spiegazioni per quel fatto insipegabile.
“Mai arrendersi” aveva soggiunto il ragazzo con un sorriso incoraggiante, mentre lei arrancava nella neve alta per non perderlo di vista. “Prima regola, sul campo e nella vita. Me lo hai insegnato tu, Capitana”.
- C-cedric...
Gwen distese di scatto il braccio per afferrare la cornice dalla quale lui la guardava, continuando a sorridere. Il movimento, eccessivo per il suo braccio rotto all’interno del quale l’Ossofast, durante la notte, aveva cominciato a fare il suo lavoro, le strappò un urlo di dolore. La porta della stanza in cui si trovava si aprì immediatamente, mentre la voce di una donna dal viso stanco, subito accorsa, riecheggiava nel silenzio della casa:
- Amos! Si è svegliata!...
 
Nonostante l’inestinguibile senso di perdita che vi aleggiava, la casa dei Diggory era calda e accogliente.
Grata e rinfrancata, Gwenog vi si trattenne per qualche giorno in attesa di recuperare le forze; nel frattempo, il signor Amos stava cercando di mettersi in contatto con mamma Jones – che lui e la moglie, essendo stati entrambi suoi compagni di Casa a Tassorosso, conoscevano molto bene.
- Sintonizzarsi con i nuclei della Resistenza e con coloro che hanno protetto le loro abitazioni tramite Fidelius è molto difficile, ultimamente, ma sono sicura che Amos, grazie ai suoi contatti, ce la farà – le diceva la signora Diggory, fra una fasciatura e l’altra. – Purtroppo neppure i Patroni sono molto sicuri, di questi tempi: ci è giunta voce di un paio di intercettazioni finite male...
- Vorrei solo fare sapere loro che sto bene... – mormorava lei, stringendo fra le dita una pallina magica che l’aiutava a ritrovare i movimenti.
- Ti stanno cercando tutti, mia cara – sorrideva tristemente la donna. – Quel tuo fidanzato, per esempio: non fa terminare un solo programma di Radio Potter senza prima aver fatto un appello per ritrovarti...
Gwen distoglieva lo sguardo, leggermente imporporata, il cuore gonfio di nostalgia di Lee e della sua allegria contagiosa- il più prezioso dei balsami, per il corpo e per la mente.
Col passare dei giorni, almeno, il braccio migliorava.
- Purtroppo non siamo Medimaghi – si schermiva il signor Diggory, desolato per non poter fare di più.
- Non vi ringrazierò mai abbastanza, invece – rispondeva Gwenog, grata.
I coniugi Diggoy non mancavano di rivolgerle quei loro sorrisi un po’ tristi e, con gli occhi lucidi, le rispondevano.
- Dovere, Gwen cara. Hai fatto così tanto per lui...
Lei si sentiva invadere il petto da un dolore profondo, pur sapendo che mai avrebbe attinto i picchi che affliggevano loro.
- Gli volevo bene. Impossibile non volergliene.
Per discrezione, aveva evitato di raccontare loro dell’apparizione che l’aveva guidata fuori dal cimitero di Ottery St. Catchpole per poi portarla al sicuro. Non voleva creare false speranze, né rimestare nel torbido, né comportarsi in modo inopportuno. Eppure, ogni tanto, aveva l’impressione che i Diggory, qualcosa, avessero intuito, soprattutto dopo che, una volta, la mamma di Cedric l’aveva sorpresa in un fitto dialogo a senso unico con il ritratto del figlio.
 
E fu proprio grazie al ritratto di Cedric che, quella sera di fine novembre, Gwen ebbe finalmente modo di ritrovare i suoi cari.
Si era da poco ritirata in camera sua, dopo essersi intrattenuta per un po’ in salotto, dopo cena, in compagnia dei signori Diggory. Prima di avere il tempo di infilarsi a letto e spegnere il lume, però, si era accorta che il ritratto del giovane Cercatore si era messo a fissare con insistenza la radiolina appoggiata sulla scrivania. Guardava Gwnog, le faceva cenno con la testa, e poi guardava di nuovo la radiolina.
- Vuoi che l’accenda? – aveva domandato infine lei.
La fotografia di Cedric assentì con la testa.
- Okay, Ceds...
Gwen non si pentì affatto di averlo accontentato.
L’inconfondibile giro di basso di uno dei brani reggae più amati da Lee si spanse nella stanza, congelandola sui due piedi; subito dopo una voce (la sua! La sua, Tosca benedettissima!) le rimbombò nella testa e nel cuore, riempiendola di speranza e di gioia:
- Buonasera a tutti, streghe e maghi del Mondo Magico Libero; River e gli altri membri di Radio Potter rivolgono un caloroso "bentrovati" a tutti coloro che hanno rintracciato le nostre onde radio avvalendosi della parola d’ordine Algabranchia. Prima di cominciare, la password per la prossima trasmissione, che ci verrà fornita dalla nostra nuova collaboratrice, esperta in magicriptografia.
Una voce femminile giovane, dal marcato accento gallese, pervase l’etere. Quando la udì Gwen fece un saltello, come se uno spillone le si fosse materializzato dietro alle chiappe.
"Megan?! Che cosa accidenti ci fa quella scriteriata fuori da Hogwarts?..."
- Buonasera, River, e grazie per l’invito. Dunque: per ascoltarci su queste stesse frequenze fra sette giorni esatti, salvo inconvenienti, il nuovo codice segreto è: Nimbus1980.
Gwen aggrottò la fronte, sedette sul bordo del letto e proseguì nell’ascolto.
- Molto bene, Enigma - continuò Lee - e grazie a te per la partecipazione a questa trasmissione e, soprattutto, per averci aiutati a perfezionare i nostri sistemi di sicurezza, che saranno il principale tema trattato oggi.
 
(...)
 
- ...quindi, ricapitolando: servendovi della Tabella Aritmantica Elementare e avvalendovi di calcoli che, come vedete, sono facilmente realizzabili...
Non proprio, nanerottola” bofonchiò Gwenog, suotendo la testa. “Solo per te, forse...”
- ... potrete potenziare i vostri Fidelius in termini mensurabili e di gran lunga più sicuri.
- Davvero impressionante – disse Lee, ammirato. - Un brindisi alla cara professoressa Vector, che spero ci stia ascoltando: non avrei mai pensato che l’Aritmanzia potesse offrire applicazioni così utili e diverse.
- Cin-cin – intonò Megan. - E... ecco, ci sarebbe dell’altro...
- Ah sì?
- Sì. Se invece dell’Incanto Patronus tradizionale pronunciate la formula Ex√Pecto!πatronuS2, il vostro animale parlerà in un codice comprensibile soltanto all orecchie del legittimo destinatario. Provare per credere!
Seguì un breve silenzio allibito, cui Gwen, che aveva sempre detestato l’Aritmanzia, non potè fare a meno di associarsi.
- Oh. Fa- fantastico. Grazie mille per le dritte, Enigma – disse Lee,
- Di nulla.
- Molto bene. Ed ora, prima di chiudere, il consueto appello: Gwen, se...
Il cuore di Gwen si riempì di tenerezza. Era tutto vero, quindi. La signora Diggory era stata sincera, quando le aveva detto che Lee non aveva mai smesso di cercarla. Tutta la sua accorata emozione, però, venne immediatamente spazzata via dall’intervento repentino di Megan:
- Ehm, River....
Lee si interruppe.
- Vuoi aggiungere qualcosa?...
Si udì uno sbuffo malcelato.
- Assolutamente sì, River. Quello che voglio dire è questo: Gwen, se vengo a sapere che ci stai ascoltando e che, ciononostante, non ti fai viva, la prossima volta che ti vedo ti prendo a mazzate, hai capito!?...
La costernazione dello speaker dovette essere fin troppa, perché dalla bocca di Lee non fuoriuscì il minimo commento. Megan, però, non aveva ancora finito.
- Siamo tutti preoccupati da morire per te, va bene? – sbraitò la più piccola delle Jones, con voce incrinata dall’apprensione. - Fatti viva, Gwen; e vedi di non fare la stronza, per una volta!
 
Gwen sbattè le palpebre, riscuotendosi dallo sconcerto di sentirsi minacciata in pubblico.
“Sei un genio, nanerottola” pensò soltanto, prima di afferrare la bacchetta e brandirla con decisione.
Le ci vollero un paio di tentativi, dovuti alla complessità della formula, ma alla fine l’incantesimo le riuscì.
Il falco pellegrino argentato diede un paio di rapidi giro intorno alla stanza, per poi dileguarsi attraverso il muro perimetrale della stanza.
Gwen spostò lo sguardo al ritratto di Cedric, che le strizzò l’occhio di rimando mentre il Patronus criptato partiva alla ricerca di Lee.

 
Post-scriptum:
Il rapporto di odio/amore fra le sorelle Jones (Megan e Gwen, nella fattispecie, perché con Hestia vanno d’accordo tutte e due), così come la caratterizzazione di Megan – coetanea di Harry, ottima Battitrice come la sorella nonché abilissima in Artimanzia – mi sono stati gentilmente concessi da Ems, cui va tutta la mia gratitudine (grazie anche per avermi indicato il suo nome in codice).
Sono molto contenta che vi sia ancora qualcuno a seguire le avventure di Lee e Gwen, che da tanto tempo dormicchiavano nel mio PC fra le righe di bozze confuse e che con un po’ di fatica, in questi giorni, finalmente, sto riuscendo a ritirare fuori.
Spero davvero di riuscire presto a donare loro la giusta conclusione.
   
 
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