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Autore: Teo5Astor    04/03/2020    12 recensioni
Un mistero accomuna alcuni giovani della Prefettura di Kanagawa, anche se non tutti ne sono consapevoli e non tutti si conoscono tra loro. Non ancora, almeno.
Radish Son, diciassettenne di Fujisawa all'inizio del secondo anno del liceo, è uno di quelli che ne è consapevole. Ne porta i segni sulla pelle, sul petto per la precisione, e nell'anima. Considerato come un reietto a scuola a causa di strane voci sul suo conto, ha due amici, Vegeta Princely e Bulma Brief, e un fratello minore di cui si prende cura ormai da due anni, Goku.
La vita di Radish non è facile, divisa tra scuola e lavoro serale, ma lui l'affronta sempre col sorriso.
Tutto cambia in un giorno di maggio, quando, in biblioteca, compare all'improvviso davanti ai suoi occhi una bellissima ragazza bionda che indossa un provocante costume da coniglietta e che si aggira nel locale nell'indifferenza generale.
Lui la riconosce, è Lazuli Eighteen: un’attrice e modella famosa fin da bambina che si è presa una pausa dalle scene due anni prima e che frequenta il terzo anno nel suo stesso liceo.
Perché quel costume? E, soprattutto, perché nessuno, a parte lui, sembra vederla?
Riadattamento di Bunny Girl Senpai.
Genere: Mistero, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: 18, Bulma, Goku, Radish, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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55 – Coniglietta per sempre
 
 
«Ah, e così vuoi essere punito? Sei il solito maiale, Rad…» sospira Lazuli, muovendo un altro passo verso di me e afferrando con le dite la stanghetta bianca di un lecca-lecca che lascia scivolare lentamente e sensualmente fuori dalla bocca. Le orecchie da coniglio del cerchietto che porta tra i capelli si inclinano un poco in avanti verso di me, mentre accenna un sorriso malizioso. «Sei un caso irrecuperabile» aggiunge con un filo di voce, sfiorandomi i capelli con la mano e facendomi provare un brivido di piacere. Riprende a succhiare quel maledetto lecca-lecca rosso fuoco per provocarmi. Per farmi impazzire. Per rendermi suo, come se già non lo fossi.
Deglutisco il nulla, guardando il suo seno contenuto a fatica in quel costume da sexy coniglietta che mi ha cambiato la vita nell’esatto momento in cui gliel’ho visto addosso per la prima volta. In quell’esatto momento forse lei non lo sapeva, ma io ero già diventato suo.
Deglutisco ancora e risalgo di nuovo ai suoi occhi, soffermandomi forse per un istante di troppo sulle sue labbra che continuano a dedicarsi a quel dannato lecca-lecca. Si sistema una ciocca dietro l’orecchio e la mollettina glitterata nera a forma di coniglio mi sembra brillare un po’ di più, al pari dei suoi occhi di ghiaccio.
Mi perdo in quello sguardo e ci vedo dentro tutto quello che siamo io e lei.
Sento il sangue ribollirmi nelle vene fino a scuotermi. E mi sento suo. Tremendamente suo.
Sono il suo Rad, proprio come aveva detto lei nel sogno che ho fatto, e non vorrei essere nient’altro che questo.
 
 
1 dicembre dell’anno precedente
 
«Il “tuo” Rad?» sorrise Videl, stupita dalle parole di Lazuli.
«Sì, il mio Rad. Ti crea problemi la cosa?!» ringhiò la bionda, distogliendo lo sguardo dal suo e arrossendo leggermente, a disagio per le sue stesse parole e irritata dalla contro-domanda di Videl.
«Tutt’altro! Mi fa piacere!» esclamò la mora, e la stessa Lazuli la trovò sincera, anche se si sforzava di capire a che gioco stesse giocando.
«Allora? Cosa provi per lui?» si limitò a ripetere, guardandola di nuovo in faccia.
«Certo che sei molto diretta per essere una ragazza di poche parole! In televisione sembri diversa» continuò a sorridere Videl, senza scomporsi.
«Non è affar tuo pensare a come sono davvero» soffiò acida Lazuli.
«Non fraintendere, mi piace il tuo carattere!» corresse il tiro la mora, che era davvero affascinata dalla ragazza che aveva davanti.
«Te lo chiedo un’ultima volta: cosa provi per il mio ragazzo?»
Le parole uscirono dalla bocca di Lazuli come un fiume in piena. Cominciava a irritarsi sul serio e doveva sforzarsi con tutta sé stessa per mantenere il suo consueto aplomb. Stava soffrendo. Soffriva come mai aveva sofferto in vita sua. E avere davanti a sé proprio quella ragazza non faceva altro che accrescere la sua rabbia. Voleva risposte, era il minimo che potesse fare per lei, arrivate a quel punto.
«Qualcosa di cui mi sono resa conto troppo tardi, a quanto pare. Ma va bene così…» sospirò Videl dopo qualche secondo di silenzio che a Lazuli parve durare un’eternità. Stavolta fu lei a distogliere lo sguardo e a guardare il cielo, forse per trovare le parole giuste o forse perché era troppo anche per lei dire certe cose sostenendo quegli occhi gelidi e allo stesso tempo ardenti. Non aveva mai conosciuto una ragazza con quella determinazione. Non aveva mai conosciuto una ragazza con un carattere come quello di Lazuli, più che altro. «In fondo me la sono cercata. E poi quello che conta è sapere che lui ce l’ha fatta ad essere felice» aggiunse, con un sorriso che in quel momento si fece piuttosto malinconico. «Un po’ grazie ai miei magnifici consigli e un po’ grazie alle sue forze. Ma soprattutto grazie a te, Lazuli-san».
La bionda ebbe un lieve sussulto, anche se non aveva certo intenzione di lasciarsi incantare da parole che avrebbero potuto essere nient’altro che banali menzogne per imbonirla. Eppure… eppure sentiva dentro di sé che quella ragazza era sincera.
In lontananza vide i fari del treno diretto a Sapporo in arrivo sul binario alle sue spalle e anche Videl se ne accorse, muovendo poi un passo verso il lato opposto della banchina. Lazuli dedusse che era quello il treno che stava aspettando e che probabilmente abitasse in Hokkaido. Tirò anche un sospiro di sollievo perché non si sentiva in grado di reggerla fino a Kanazawa se fosse salita invece proprio sul suo, di treno.
«Anche suo fratello si riprenderà, ne sono sicura» riprese Videl, distogliendola dai suoi pensieri.
«Certo, ci siamo noi per Goku» ribatté con distacco, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Per lei era davvero una cosa scontata che lui si sarebbe ripreso. Ne era convinta perché credeva nella forza di Goku. «E poi ha quel quaderno su cui si annotava tutto».
«Sei intelligente e determinata Lazuli-san, mi piaci! Capisco perché Radish ha scelto te» sorrise Videl, stavolta pienamente, tornando anche a guardare negli occhi la sua interlocutrice.
«Eri tu Videl-chan, la tua sosia e omonima delle medie, vero?» si affrettò a ribattere Lazuli, che a quel punto voleva davvero trovare tutte le conferme di cui sentiva il bisogno, nonostante non avesse molti dubbi a riguardo. «Io l’ho sempre saputo, ma ho voluto lasciarti fare».
«Davvero hai conosciuto una mia sosia e omonima più piccola?! Avrei voluto farci una foto insieme, o magari l’avrei fatta diventare la mia sorellina!» scoppiò a ridere Videl, anche se all’occhio attento di Lazuli sembrò una risata decisamente forzata. Non sapeva certo recitare come lei e non avrebbe potuto incantarla. «Del resto dicono che tutti noi abbiamo almeno un sosia al mondo, un giorno potresti trovarne uno anche tu!»
«Mi auguro vivamente di no» sbuffò la bionda, distogliendo lo sguardo e incrociando le braccia sotto il seno. Non la sopportava proprio. La credeva davvero così stupida?!
«Sei anche simpatica Lazuli-san, non solo intelligente!» rise la mora, stavolta davvero divertita da quella che riteneva essere una battuta e che invece non era altro che il vero pensiero di Lazuli, tutt’altro che vogliosa di scherzare.
Il treno si fermò in quel momento sul binario e Videl mosse qualche passo verso l’ingresso più vicino. In mezzo al rumore generato dallo stridore dei freni, Lazuli mise di nuovo le mani in tasca e la seguì fino quasi a raggiungerla.
«Ora Radish non ha davvero più bisogno di me, ne sono ancora più certa dopo averti parlato» aggiunse Videl, guardando Lazuli dritta negl’occhi senza smettere di sorridere. «Prenditi cura di lui, per favore».
«Non serve che sia tu a dirmelo» sibilò la bionda, indurendo lo sguardo.
«Lo so, lo so, Lazuli-san! È stato bello conoscerti» le fece l’occhiolino Videl, addolcendo più che poteva il tono. Era giunto il momento di congedarsi e così diede le spalle alla bionda. Proprio in quel preciso istante si erano infatti aperte le porte del treno davanti a lei e Videl salì il primo gradino per entrare nel vagone.
«Io credo che la Sindrome della Pubertà ti abbia fatta tornare una ragazzina delle medie, almeno finché non hai chiarito i tuoi sentimenti. Il tuo desiderio inconscio di tornare indietro nel tempo per dichiarare a Rad quello che provavi ti ha fatta ringiovanire sul serio, solo un po’ troppo» disse tutto d’un fiato Lazuli, che sentiva di aver ormai azzannato la sua preda e non era disposta ad allentare la morsa, anche a costo di apparire insensibile. Si sentì un po’ come Bulma in quel momento, ma era fermamente convinta della sua teoria. Videl si bloccò a cavallo della porta scorrevole, ma non si voltò. «Ti avremmo aiutata se ce ne avessi parlato».
Ed era vero, non erano parole di circostanza le sue. Dopotutto aveva addirittura permesso a Radish di fingersi il fidanzato di una primina palesemente innamorata di lui pur di aiutarla e aveva lasciato che passasse tanto tempo con sua sorella quando era rimasta intrappolata nel suo corpo, per non parlare di tutto quello che aveva fatto per le due versioni di Bulma quando si era sdoppiata. E lei non si era mai tirata indietro, per quello che poteva fare, perché aveva imparato ad aiutare gli altri proprio come Radish aveva aiutato lei quando si era trovata in una situazione disperata. Non avrebbe quindi abbandonato nemmeno Videl, nonostante non la sopportasse e sentisse una certa gelosia per quello che il suo ragazzo aveva provato un tempo per lei. Però sapeva anche in cuor suo che Videl aveva saputo star vicino a Radish in un periodo in cui era davvero solo al mondo. Solo contro tutti, proprio come si era sentita lei finché proprio Radish bussò con insistenza alla porta del suo cuore e le cambiò la vita.
«Te l’ho detto che sei molto intelligente, Lazuli-san. E anche molto dolce, nonostante l’armatura che ami indossare e che, tra l’altro, ti sta benissimo» rispose Videl, per poi girarsi e tornare a guardarla negl’occhi, sfoggiando un sorriso che la stessa Lazuli trovò davvero sereno. Le sembrava quasi che Videl si fosse tolta un peso dalla coscienza. Continuava a non voler ammettere nulla direttamente, ma quelle parole e quell’atteggiamento le bastarono a convincersi che aveva sempre avuto ragione sul serio sulla sua situazione. «I miei sentimenti non sono mai stati chiari come adesso. Grazie, Lazuli-san» aggiunse, prima di voltarsi e salire definitivamente sul treno.
Lazuli osservò le porte chiudersi alle sue spalle e la seguì con lo sguardo mentre camminava nel corridoio per poi prendere posto. Videl la guardò dal finestrino e le sorrise raggiante, salutandola al contempo con la mano. La bionda la guardò impassibile ancora per qualche istante fissandola nei suoi grandi occhi blu, come se fosse in cerca di un’ultima risposta. Il treno partì lentamente e, proprio in quel momento, anche Lazuli accennò un sorriso continuando a guardare Videl attraverso il finestrino finché le fu possibile mantenere il contatto visivo. A quel punto si voltò di nuovo e mosse qualche passo verso il suo binario, prima di fermarsi e riprendere a fissare il vuoto come prima. Provava tanti, troppi, sentimenti contrastanti. Troppa confusione nella testa. Troppo dolore nel cuore. Si sentiva leggermente meglio di prima, ma si rese presto conto che aveva tirato fuori tutte le energie che le erano rimaste solo per dimostrarsi in grado di affrontare e vincere quella che considerava da sempre come una rivale e che fino a quel giorno aveva sempre aleggiato sopra di lei come uno spettro. Ma ora era di nuovo sola, e non faceva che pensare a Rad. Gli occhi le tornarono lucidi, un nodo riprese a stringerle la gola. Sapeva solo che voleva chiarire con lui. E desiderava con tutta sé stessa che tutto tornasse come prima. Perché lei lo sapeva che loro due restavano sempre due quadrifogli che avevano avuto la fortuna incredibile di trovarsi insieme nello stesso prato. E ed era sempre convinta che proprio loro due fossero ancora il posto più bello del mondo, come le aveva detto Radish in una notte d’estate con il cielo illuminato dai fuochi d’artificio. Lei lo sapeva, ne era convinta. E, per questo, non poteva fare a meno di continuare a soffrire.
 
 
«Cosa c’è, Rad? Non ti piaccio abbastanza, forse?» mi sussurra Lazuli, riportandomi alla realtà. Lascia scorrere sulle mie labbra il lecca-lecca e poi ci passa sopra sensualmente la lingua, lasciandomi addosso un dolce sapore di fragola, oltre a un milione di brividi. «O hai forse combinato qualcosa?» aggiunge, facendosi improvvisamente più seria e pestandomi il piede come ama fare per punirmi.
«Ahia! Cazzo…» sbotto, mentre lei cerca di soffocare una risata. Rido anch’io. «Sei molto meglio se sorridi, lo sai?» le dico.
«Me l’avevi già detto tanto tempo fa, in effetti…» mi sorride lei, prima di appoggiarmi una mano dietro la nuca e stringersi a me.
Mi bacia, e io la bacio con tutto me stesso. Vengo travolto dal suo profumo fresco e dal calore del suo corpo contro il mio, dal suo sapore che si sposa con quello di fragola e da un’eccitazione che fatico a trattenere.
«Però io sorrido se e quando mi va» riprende lei, staccandosi da me quel tanto che basta. Le nostre fronti sono appoggiate l’una all’altra. Il suo respiro caldo mi accarezza le labbra. «Anche se sorrido davvero solo a te, in realtà».
«E io ti amo un casino per questo, Là» le dico, prima di decidere che è meglio vuotare subito il sacco stavolta ed evitare l’errore che ho già commesso in passato. «Mentre venivo qui ho incontrato per caso Videl, era con una sua amica».
«Ah, sì? E ti ha detto qualcosa che già non sapessimo?» risponde Lazuli, con fare indifferente. «Devo andare in cucina a prendere il coltello? Sai, quello lungo e con la lama affilata, nel ceppo…».
«D-direi che non ce n’è bisogno, Là…» sudo freddo, stando al suo gioco. «Comunque non mi ha detto nulla di che, a parte che domani andrà a vedere il tuo film col ragazzo con cui si vede ultimamente in Hokkaido» le spiego, cercando di valutare la sua reazione. Si sta arrabbiando? Non saprei dirlo, il suo sguardo è indecifrabile.
«Lecchina» ribatte freddamente.
«Dici?» la provoco volutamente.
«Stava bene, almeno?» mi domanda, invece, sorprendendomi.
«Sì… direi di sì» le rispondo, e nei suoi occhi mi sembra di intravedere una scintilla.
«Io l’avrei aiutata se non avesse mentito a tutti. Anche se non la sopporto…» sbuffa, cominciando a perdere il suo autocontrollo.
«Lo so che l’avresti aiutata. E lo sa anche lei» le sorrido. «Perché tu sei buona, Là».
«I-io non sono buona» farfuglia improvvisamente imbarazzata, arrossendo un pochino e cercando di fare di nuovo la dura. «Tu, piuttosto, mentre la tua ragazza ti sta baciando le dici che hai appena incontrato la tua ex? Quanto fai schifo?!» aggiunge, e mi fa tornare alla mente una frase simile che mi aveva detto quando avevamo passato la nostra prima notte insieme in un hotel di Ogami e io avevo sentito Bulma per telefono.
«Non posso farci niente, sono un disastro…» sospiro, fingendomi corrucciato.
«Almeno l’ha capito che tu sei mio, Rad? Che sei solo mio?» mi soffia addosso, prima di rimettere in bocca il lecca-lecca e staccarlo dalla stanghetta bianca con un morso. Lo mastica e non smette di guardarmi negl’occhi.
«Lo sa benissimo anche lei» le sorrido. «Sono il tuo Rad, allora? Mi piace».
«È ovvio, tu sei il mio Rad. Punto».
«E tu sei la mia Là. Sei la mia coniglietta. E sei la mia senpai».
«Così va meglio…» accenna un sorriso malizioso, prima di prendermi le mani strette ai suoi fianchi e intrecciare le sue dita nelle mie. «Basta parlare di quella là, adesso» sibila, trascinandomi verso camera sua per poi spingermi con forza sul letto.
Cado all’indietro con la schiena sul materasso per poi sollevare il busto facendo leva sui gomiti. La guardo rapito, contemplo il suo corpo e i suoi capelli biondi. Mi soffermo sul pompom del suo costume, ora che mi dà le spalle per prendere in mano il cellulare e digitare qualcosa, e su quel meraviglioso tesoro che custodisce in fondo alla sua schiena e che mi ha sempre fatto impazzire.
«Mi stai fissando il sedere, o sbaglio?!» sbotta Lazuli, ridestandomi dal mio stato di trance.
Annuisco, inebetito. Lei accenna un sorriso malizioso.
«Sei il solito maiale…» sospira. «Ma mi fa piacere» aggiunge in un sussurro, appoggiando poi il telefono sul comò, accanto al trofeo di miglior giocatore del campionato nazionale che ho voluto tenesse lei. Ci siamo detti che metteremo vicini i miei due trofei quando vivremo insieme, e sinceramente penso che tra non molto mi trasferirò direttamente a vivere qui a casa sua, visto che è quello che vuole anche lei. Io e Goku viviamo ancora qui davanti, mentre i miei genitori sono rimasti nella nostra vecchia casa. I medici dicono che deve essere graduale per mia mamma e mio fratello il ritorno alla realtà di tutti i giorni, senza cambiamenti drastici. Io e Goku poi ci siamo abituati a vivere per conto nostro, ma ora è anche più bello perché vediamo e sentiamo sempre i nostri genitori. Non so come andranno le cose, forse Chichi prossimamente si trasferirà a casa mia facendo cambio con me, per ora è troppo presto per parlarne. Ma sono certo che andrà tutto bene. E che il meglio deve ancora venire per tutti noi.
«Direi che ci vuole un’altra bella canzone per il mio campione» ammicca Lazuli, notando che il mio sguardo si è posato per un attimo sul trofeo, accanto al suo cellulare che si illumina, pronto, a quanto pare, a regalarci un po’ di punk-rock, dopo il metal con cui mi aveva accolto poco fa. Come potrei non amare la mia ragazza?!
Riconosco l’incipit di “My own worst enemy” dei Lit riecheggiare intorno a noi e mi lascio rapire dagli occhi di Lazuli incastonati nei miei.
Resto lucido solo qualche secondo. Poi mi perdo. Mi perdo guardandola.
Mi sento bene fino al momento in cui Lazuli comincia a ballare, in pratica.
Così, all’improvviso. Balla e mi strega. Mi fa andare via con la testa. Balla davanti a me, per me. Balla con un dannato costume da coniglietta addosso e io perdo il contatto con la realtà
Mi ritrovo in un’altra dimensione. Una dimensione parallela dove ci siamo solo io e lei. Dove non esiste il tempo e non esiste lo spazio, dove non esistono i problemi e nemmeno il dolore. Mi perdo lì dentro, e giuro che vorrei imprigionare quest’istante nell’eternità. Vorrei chiudermi con Là in una prigione d’ambra e buttare via la chiave, che tanto noi siamo tutto quello di cui abbiamo bisogno.
Lazuli balla da ferma, come illuminata da un faro a occhio di bue rosso fuoco su un palcoscenico buio. Balla senza spostarsi dal punto che ha scelto, ma solo dimenandosi in un modo che rapisce i miei sensi e me li restituisce amplificati a una potenza che non sarei in grado di definire. Si porta prima le mani dietro il collo, poi le fa scendere sui fianchi accarezzandosi e infine dietro la schiena.
Balla con le sue scarpe nere col tacco a spillo e con quel suo costume da coniglietta. Balla e mi fissa attraverso i suoi occhi di ghiaccio in cui vedo ardere delle fiamme. Balla senza muoversi. Balla come un’onda nel mare.
Credo che le ragazze sappiano essere sensuali quando ballano, come non è una novità per me trovare tremendamente sexy Lazuli grazie a certi suoi atteggiamenti o look. Oggi è diverso, però. Oggi sto reagendo in modo diverso e non so perché. Oggi mi sta facendo impazzire, non mi sta solo facendo venire una maledetta e allucinante voglia di lei.
La mia ragazza balla da ferma e mi fissa negli occhi, suscitando in me qualcosa di non governabile e non definibile. Mi svuota dell’aria che ho nei polmoni e della saliva che ho in bocca, mi fa aumentare i battiti fino a farmi male al petto e mi fa sembrare di essere sotto il sole cocente di un pomeriggio di luglio.
Sento che mi sto abbandonando totalmente a lei mentre la contemplo, e non vorrei nient’altro che questo.
In questo momento non mi sto solo godendo lo spettacolo che è Lazuli Eighteen, ma molto di più, decisamente di più. In questo momento lei è la nascita di Venere e il primo passo di Armstrong sulla luna. È qualcosa di pazzesco, sublime e nemmeno comprensibile. È qualcosa di unico, di irripetibile, di impensabile fino a poco prima che accadesse. È più bella di un gol all’ultimo minuto, più bella della Champions League. È tutto ciò che vorrei e che avrei sempre voluto, è il lieto fine di una storia e la più grande esplosione di stelle in cielo nella mia notte più buia.
È bella come il mondo, che gira intorno a lei ed è fatto di lei.
Non so per quanto balla, non sono in grado di rendermene conto. Sono via con la testa. Sono solo cuore adesso. Cuore, emozioni e sensazioni.
Me la ritrovo sopra, a cavalcioni, e non mi sento minimamente padrone di me stesso. Sento la sua lingua in bocca, le sue labbra sulle mie, il suo calore addosso. Le sue mani, il suo seno. Il suo sapore.
Siamo solo istinto e voglia, in questo momento.
So che anche per lei è così… lo so e basta. Forse non siamo uguali io e Là, ma siamo terribilmente complici. E magari siamo anche meglio che uguali, perché siamo complementari.
Facciamo l’amore avidamente, ferocemente. Lo facciamo e lo rifacciamo, e non esistiamo altro che noi nel nostro mondo in questo preciso istante. Noi, le nostre emozioni, i nostri istinti.
Facciamo l’amore in silenzio e lo facciamo ancora, famelici, perché non vorremmo altro che noi in questo momento. Siamo solo ansimi, battiti e gemiti. Siamo sentimenti e corpi che si fondono, anime che si mescolano ed emozioni che si amplificano fino a stordirci.
Fino a non averne più.
Facciamo l’amore finché non ne abbiamo più. Finché non appaghiamo la brama di piacere che ci era esplosa addosso come un meteorite che si schianta su un pianeta. Finché non riprendiamo coscienza di noi stessi.
Finché non vedo i miei occhi neri che si specchiano nei suoi di ghiaccio, sdraiati uno accanto all’altra e vestiti solo di pelle d’oca.
Lazuli ha i capelli arruffati e, in qualche modo, ancora le sue orecchie da coniglio addosso, anche se tutte storte. Respira profondamente. Stringe più forte la mia mano.
Anch’io cerco di recuperare un respiro più regolare, nonostante mi senta ancora infuocato e il mio corpo sia bollente e sudato, come del resto quello di lei.
Cerco di recuperare me stesso, ma davvero non ce la faccio. Guardo i suoi occhi e il suo corpo, la sua bocca e il suo seno. E lei fai lo stesso, perché mi cerca, perché non è ancora abbastanza nemmeno per lei.
Ci ritroviamo avvinghiati, di nuovo. Ci baciamo e ci rotoliamo ancora su un letto ormai totalmente sfatto. Lo facciamo di nuovo e ci mettiamo davvero tutte le nostre ultime energie.
Siamo fuoco e benzina. Siamo puro istinto.
Ci diamo a vicenda tutto quello che ancora ci resta dentro. Urliamo insieme, veniamo insieme, non smettiamo di baciarci finché non crolliamo uno accanto all’altra.
E stavolta recuperiamo il controllo di noi stessi, anche se non smettiamo di tenerci per mano e guardarci negl’occhi.
«Hai intenzione di distruggermi, oggi?» ansima a un certo punto Lazuli, accennando un sorriso soddisfatto. «Sai, vorrei arrivare tutta intera all’evento di stasera. Magari potendomi anche sorreggere sulle mie gambe, sai com’è…».
«Non è colpa mia se mi fai impazzire e se ti metti a ballare così, per di più vestita da coniglietta» provo a giustificarmi, sorridendo sghembo. «E, soprattutto, non è colpa mia se sono un toro da monta» aggiungo ammiccando, sollevando al contempo le sopracciglia ritmicamente.
«Tu sei un porco, è diverso. E io ti do anche retta!» sbotta la mia ragazza, afferrando un cuscino e premendomelo sulla faccia, facendomi ridere. «Però mi piace farti impazzire un po’… e mi fa piacere se gradisci…» sussurra maliziosa al mio orecchio dopo aver lanciato via il cuscino, regalandomi l’ennesimo brivido che mi accarezza la schiena.
«Ti amo, Là» le dico semplicemente.
«Ti amo anch’io, scemo che non sei altro» risponde, e più la guardo negl’occhi e più sembra mi scavino dentro.
«A cosa pensi, Rad?»
«Ai tuoi occhi».
«Ci vedi dentro qualcosa?»
«Ci vedo tante cose nei tuoi occhi, Là. Ci vedo il mare, ad esempio. E ci vedo tutto il mio mondo, che poi sei tu. E ruota intorno a te» le rispondo, accennando un sorriso e dandole un bacio a fior di labbra, come se fossi incapace di staccarmi da lei. «Ma se guardo con più attenzione, nei tuoi occhi riesco a vederci anche tutto l’universo» aggiungo. Lazuli sorride, sembra emozionata. Felice, soprattutto. «Tu vedi qualcosa nei miei occhi anche se non sono belli come i tuoi?»
«Ci vedo gli occhi di un maiale, se proprio ci tieni a saperlo» mi prende in giro, soffocando una risata.
«Non posso negare di esserlo, in effetti!» rido a mia volta.
«Però mi piacciono i tuoi occhi, in realtà. Neri come la mia anima, come dici tu, no?» mi fa l’occhiolino. «E comunque, se vuoi saperlo, nei tuoi occhi ci vedo un paio di cose: tutte le mie certezze, perché tu sei la mia certezza, e anche il cielo».
«Un cielo nero, però» le sorrido, sistemandole delicatamente una ciocca di capelli dietro l’orecchio. «E sarò sempre la tua certezza, te lo giuro».
«Quello lo so bene, mi fido di te. E mi piace anche il cielo nero, alla fine il Jian vola anche di notte o se non c’è il sole, giusto? A lui basta condividere le ali con la sua anima gemella per volare ovunque e quando vuole» mi sorride.
«Già, io voglio volare solo insieme a te. Solo al tuo fianco. La mia ala e la tua ala. Insieme» sussurro dolcemente, ripensando alla storia del Jian che tanto amiamo fin da quando eravamo bambini. La storia dell’uccello che condivide le ali, già. «Sei tu che mi hai insegnato il cielo, che mi hai fatto vedere dove inizia e dove finisce».
«Io sono felice perché tu mi hai spinto a volare con te. Ti sono grata per questo» mi spiega Lazuli con un tono di una purezza disarmante. «Avevo perso ogni speranza, ogni entusiasmo. Tu mi hai salvata, anche se io ho fatto di tutto per non farmi salvare».
«Non è vero, eri adorabile già allora, Là».
«Cosa pensavi di me, all’inizio?»
«A parte che eri una gran figa?»
«Sono seria, Rad» mi compatisce, lapidaria.
«Anch’io. Mai stato così serio» ribatto roco, facendola leggermente arrossire.
«F-fa sempre piacere sentirselo dire, in effetti» sussurra, e penso che sono pazzo di questo suo saper essere allo stesso tempo un angelo e un demone, dolce e psicopatica, ingenua e tremendamente maliziosa.
«Se vuoi saperlo, la prima volta che mi hai rivolto la parola è stato il giorno più pazzesco della mia vita… cioè, Lazuli Eighteen mi aveva parlato, te ne rendi conto?!» sorrido. Sono sincero, quel giorno mi sembrava di volare nell’iperuranio da quanto mi sentivo su di giri. «Il più bello, invece, è stato quando mi hai baciato per la prima volta. Quando sono riuscito a riportarti indietro, quando ho costretto tutti a ricordarsi di te».
«Sei esagerato come sempre, stupido… e anche un adulatore» ride lei. «Ti trattavo un pochino male, forse, però non sapevo che eri un masochista e, soprattutto, un kohai così irrispettoso».
«Ah, ma tu eri già la mia regina e la mia dea a quel punto, non eri solo la coniglietta senpai più bella che avessi mai visto» le spiego. «E non mi trattavi male, in realtà. Ho capito subito che sul tuo cuore era come se ci fosse stato affisso un cartello con scritto “Per favore, non entrare”. Ma io me ne sono fregato e ho bussato lo stesso, alla porta del tuo cuore. Ho bussato e insistito».
«In effetti eri fastidioso e insistente…» sospira in tono divertito. «Ma sono felice che hai bussato. Che non hai mollato».
«Non potevo mollare quando per una volta avevo avuto una botta di culo nella mia vita» le sorrido. «Tu sei il mio quadrifoglio, te l’avevo già detto. Non so nemmeno io cosa ho fatto di buono per meritarmi di trovarti, Là».
«Guardo che lo stesso vale per me, scemo. Anche tu sei il mio quadrifoglio» sibila Lazuli, distogliendo per un istante lo sguardo dal mio, adorabilmente imbarazzata. «E tu sei una persona che dà tutta sé stessa agli altri se può aiutarli. Io ti ammiro. Tu sei la mia roccia. E forse… beh, forse sono io a non aver fatto chissà cosa per meritarmi di trovare il mio quadrifoglio, non certo tu».
«Sei tu la mia roccia, Là. Sei tu che mi hai salvato, fidati. Sei tu che hai dato un senso al mio mondo e l’hai riempito con tutto quello che sei, fino a farlo tuo. Il tuo mondo è l’unico posto in cui mi sento sempre al sicuro» la rassicuro, mentre le afferro delicatamente il mento tra indice e pollice e faccio in modo che mi guardi di nuovo negl’occhi. «Tu hai fatto del tuo meglio ogni giorno, più di chiunque altro. Io non sarei mai stato capace di avere la forza che hai avuto tu nella tua vita. Io da solo non sono stato abbastanza forte, tu invece sì» aggiungo, indicandole le mie cicatrici sul petto, il segno inequivocabile della forza che non sempre riesco a trovare dentro di me.
«Ma tu hai saputo rialzarti dopo essere caduto, Rad. Non è da tutti» mi sorride, accarezzandomi delicatamente il petto con la mano e facendomi battere il cuore più forte.
«Non si finisce mai di cadere e di rialzarsi in piedi…» sospiro.
«Io non penso proprio che sarei riuscita a rialzarmi senza di te quando sono caduta…» sospira a sua volta, e io le accarezzo la testa lentamente per dirle che va tutto bene.
«Sai cosa succede quando la neve si scioglie?» le chiedo, ripensando alla domanda che mi aveva fatto Videl.
«Che arriva la primavera, è ovvio» risponde Lazuli senza la minima esitazione, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. «La primavera torna sempre, non ha mai fallito nemmeno una volta, neanche in quegli inverni in cui continua a nevicare» aggiunge, prima di restare qualche secondo in silenzio. «Sai, anche se so che tutti pensano che sono fredda come la neve, in realtà la primavera è la mia stagione preferita. E infatti noi ci siamo conosciuti in primavera».
«È già passato quasi un anno, ci sono giorni che ancora non mi sembra vero. Vedremo i ciliegi in fiore insieme per la prima volta tra un mesetto» le sussurro dolcemente, accarezzandole ancora i capelli. Già, quando vedremo i ciliegi in fiore lei si diplomerà e inizierà l’università, mentre io andrò al terzo anno. Sarà brutto non vederla più a scuola, ma staremo comunque sempre insieme dopo le lezioni, nell’attesa che anch’io potrò frequentare la sua università. Lei si stringe di più al mio petto. Mi sento bene. Felice. «Amo anch’io la primavera».
«Sento il tuo cuore, Rad. Mi piace».
«Batte per la mia principessa dagli occhi di ghiaccio, lo sai? Ed è tutto suo».
«Davvero? La conosco?» mi prende in giro, fingendosi ingenua.
«Direi di sì, le sta divinamente addosso un costume da coniglietta alla mia principessa. E stasera diventerà una regina grazie al film che ha girato, visto che avrà un successo clamoroso» sto al suo gioco. «Stasera la mia principessa dagli occhi di ghiaccio diventerà una regina».
«Sono sicura che si senta una regina da quando ha conosciuto un certo kohai pervertito e irrispettoso, non ha certo bisogno di un film o del giudizio di chi non sa nulla di lei per sentirsi così» mi sorride. «E comunque le piace di più essere una principessa. Una principessa guerriera, magari. Non troppo smielata, ecco. Un po’ “cazzuta”, come dici tu, alla Harley Quinn».
«Ti adoro, Là!» esclamo, stringendola a me e facendola ridere. «Quando sorridi, il mondo è più bello».
«Beh, questo è scontato» ghigna.
«Sai, io penso che finché saremo insieme andrà tutto per il meglio» le dico, di nuovo serio.
«Allora non andartene mai, per favore» risponde con un filo di voce, stringendosi forte a me e travolgendomi con tutta la tenerezza e la purezza che sa tirare fuori in certi momenti. Quando fa così non vorrei fare altro che proteggerla per sempre, da tutto e da tutti. Essere la sua casa, la sua fortezza, il suo castello. Una cassaforte senza serratura. Un’armatura indistruttibile.
«Non me ne andrò mai da nessuna parte, Là, te lo giuro. Se potessi esaudire un desiderio con le Sfere del Drago del tuo film, chiederei che la nostra storia fosse come uno di quei manga che iniziano e basta, senza avere mai fine. Perché io credo che tutte le cose belle hanno una fine, ma l’unica eccezione siamo io e te».
«Lo credo anch’io, Rad, e proprio per questo sarebbe un desiderio stupido. Stupido come te. Lo sprecheresti, sarebbe inutile» mi spiega, prima di scompigliarmi i capelli senza smettere di sorridere. «Noi staremo insieme per sempre e basta, non c’è bisogno di sprecare nessun desiderio» aggiunge, allungando il suo pugno destro chiuso verso di me.
«Hai ragione, come sempre» rispondo, battendo il mio pugno contro il suo e suggellando la nostra promessa.
«Alla fine è semplice, prova a chiudere gli occhi» mi dice, e io lo faccio, incuriosito da quella richiesta. «Con quante persone sei stato realmente te stesso? Con quante sei stato tutto? Pazzia, rabbia, incoerenza, dolcezza, fragilità, forza e debolezza… a quante persone le hai mostrate davvero? Con quante persone sei stato una persona felice? Davvero felice?»
«Con te, Là… solo con te» rispondo d’istinto. E dico la verità. «Da quando ti conosco ho capito che solo con te mi concedo il lusso di essere davvero me stesso, sempre».
«E lo stesso vale per me. Ho pensato esattamente la stessa cosa su di te» sorride Lazuli, e io la trovo di una dolcezza disarmante. «Per questo credo in noi e ci crederò sempre».
«Sarò la tua armatura, ti farò da scudo da tutto e da tutti».
«Lo fai già da quando ti conosco, scemo. E ti amo anche per questo» sospira, scuotendo leggermente la testa. «Guarda cosa mi hai fatto diventare, non avrei mai pensato di essere capace di dire cose simili fino a qualche mese fa!»
«E io non pensavo di poter provare qualcosa di così forte per qualcuno… è stato l’amore a fregarci!» rido.
«Già, ci ha fregato!» ride anche lei. «Però è stato bellissimo farsi fregare, non trovi?»
«Certo, è una figata farsi fregare così dall’amore. E, se tu sei felice, lo è ancora di più».
«Sono felice, Rad».
«Aspetta, ti voglio dedicare una canzone» le sorrido, mentre allungo il braccio in cerca dei miei jeans abbandonati sul pavimento ai piedi del letto. Recupero il cellulare dalla tasca e seleziono l’ultimo pezzo che avevo ascoltato prima di venire qui, appoggiandolo poi sul comodino e riprendendo a guardare negli occhi Lazuli.
«La adoro questa, e lo sai anche tu» mi sorride, non appena riconosce l’incipit di “With me” dei Sum 41. «L’avevamo cantata insieme anche alla vigilia di Natale!»
«I don’t want this moment to ever ends, where everything’s nothing without you» comincio a cantare con un filo di voce, senza smettere di fissare i suoi meravigliosi occhi di ghiaccio. E vorrei davvero che non finisse mai questo momento, dove tutto è niente senza di lei. «I’ll wait here forever just to, to see your smile cause it’s true. I am nothing without you» proseguo, e aspetterei davvero per sempre solo per vedere un suo sorriso. Perché è vero, e perché non sono niente senza di lei.
Là sorride, i suoi occhi di ghiaccio brillano. Il mio cuore batte un po’ più forte.
La musica va avanti, ci avvolge. La voce di Deryck Whibley sembra cullarci. Ci avvicina, ci fa stringere l’uno all’altra.
«All the streets where i walked alone, with nowhere to go, have come to an end» comincia a cantare la mia ragazza, e la sua voce mi arriva fino all’anima. Mi fa capire che tutte le strade in cui ha camminato da sola senza sapere dove andare, alla fine, l’hanno portata da me. Me lo canta sorridendo. Me lo canta col cuore in mano, sdraiati e nudi uno accanto all’altra. Occhi negli occhi. Credo di non essermi mai sentito così bene. Così un tutt’uno con lei.
«I want you to know, with everything i won’t let this go! These words are my heart and soul!» cominciamo a cantare in coro, alzando la voce, senza smettere di guardarci negli occhi. Ce lo diciamo a vicenda che non lasceremo mai andare tutto quello che abbiamo costruito insieme. Che queste parole sono il nostro cuore e la nostra anima. «I hold on to this moment, you know, cause i’d bleed my heart out to show that i won’t let go». È vero, ci teniamo a questo momento, ci teniamo un casino e lo sappiamo già. Ma è stupendo dirselo così, cantando insieme a squarciagola e guardandoci negli occhi. E io penso davvero che farei sanguinare il mio cuore pur di dimostrarle che non lascerei mai andare via tutto quello che siamo io e lei. Ho già visto il mio petto sanguinare, ma io so benissimo che quando sanguina il cuore è molto peggio. Fa male davvero. Ma io farei tutto per lei. Tutto.
Ci guardiamo negli occhi e cantiamo fino alla fine. Finché la canzone finisce e ci ritroviamo a baciarci di nuovo, come se non l’avessimo fatto da chissà quanto tempo.
Ci stacchiamo a fatica, ma restiamo abbracciati. Di nuovo eccitati, quello sì, ma sentiamo entrambi che abbiamo ancora qualcosa di importante da dirci in questo momento.
«Allora, per festeggiare quello che siamo e saremo per sempre, potremmo chiedere alle tue famose Sfere del Drago un bel viaggio, cosa dici? C’è qualche posto che ti piace e che vorresti visitare, Là?» rompo il silenzio, sorridendo dolcemente alla mia ragazza.
«Diciamo che il posto più bello del mondo lo conosco già» mi stringe la mano forte, mentre appoggia la testa sul mio petto e non smette di sorridere. «E tu? Tu lo conosci?»
«Certo che lo conosco il posto più bello del mondo» ribatto dolcemente, accarezzandole i capelli e spostandole quel tanto che basta il cerchietto con le orecchie da coniglietta. Il cuore mi batte forte sotto alle cicatrici che ormai so che non faranno più male. Batte forte, come quello di Lazuli su di me. Mi sento felice. Sereno, come mai prima d’ora. Perché mi rendo conto che la mia ragazza è felice, e io non potrei desiderare nient’altro di meglio. «Però dimmelo tu qual è, Là».
«Siamo noi. Il posto più bello del mondo siamo noi, Rad».
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: cosa dite, pensate anche voi che Rad e Là siano il posto più bello del mondo? Io sì, ne sono convinto, come penso che ognuno di noi, relativamente alla propria vita, possa immedesimarsi in loro. Per me è così, almeno, ma credo che in generale la forza di questa lunga storia sia stata la possibilità di volta in volta di immedesimarsi nei vari personaggi che ci hanno tenuto compagnia e con i quali abbiamo riso, sofferto e amato.
È strano essere qui per i saluti finali, visto che non mi piacciono gli addii vi dico subito che questa storia si conclude qui perché penso che fosse arrivato il momento giusto per farlo a livello narrativo, ma a livello emotivo credo che non finirà mai. Sicuramente scriverò ancora su questi personaggi, avrei in mente qualche special inserito qua e là nella trama, un po’ come quello che avevo pubblicato alla vigilia di Natale. Penso che li metterò in una raccolta, quindi tenete sempre d’occhio la mia pagina se vi fa piacere. Come credo che scriverò anche qualche one shot a rating rosso su Rad e Là, visto che qui mi sono limitato perché non sono voluto andare oltre l’arancio. Però non so dirvi quando avverrà tutto questo, per ora mi sto dedicando al nuovo progetto che comincerà già mercoledì prossimo, cioè la mia rivisitazione personale del classico Disney “Aladdin”, di cui avevo già postato tempo fa una preview sotto forma di drabble dal titolo “Le sette (sfere) e una notte”, che sarà poi anche il titolo di questa nuova long. Bene o male i personaggi principali saranno gli stessi che ci hanno tenuto compagnia qui, solo che magari verranno un po’ distribuiti diversamente i ruoli principali. Io spero di ritrovarvi tutti quanti anche mercoledì prossimo, mi farebbe anche sentire un po’ meno la malinconia per la fine di “Remember me” che, vi assicuro, è tanta, anche se non potrà mai essere superiore alla gioia e alla soddisfazione che mi ha dato scrivere e pubblicare una storia come questa e leggere di settimana in settimana il vostro entusiasmo, sentire il vostro sostegno. Siete stati strepitosi e mi avete dato tanto, è stato un viaggio stupendo e vorrei elencarvi tutti come faccio di solito al termine di una mia long, solo che stavolta è oggettivamente impossibile perché per mia fortuna siete stati tantissimi e non voglio rischiare di dimenticare nessuno. Ma vi ringrazierò uno ad uno anche nelle recensioni che vorrete lasciarmi a questo capitolo finale, ovviamente, come ci terrei a ringraziare tutti voi che avete letto in silenzio fin qui. Se vorrete darmi il vostro parere globale su quest’opera io ne sarò onorato, ovviamente. Grazie anche a chi ha messo la storia nelle liste, a chi è stato così gentile da farmi i meravigliosi disegni che ho potuto pubblicare di volta in volta che hanno reso ancora più speciale questa long e mi hanno riempito il cuore. Grazie a chi ha realizzato le splendide fan art di questo capitolo, come il bellissimo disegno in bianco e nero di Radish e Lazuli realizzato da AcquaSaponePaperella, una versione alternativa di Là coniglietta e di Là in divisa scolastica e poi Rad e Là insieme a scuola. Un applauso anche a Yohann Le Scoul, con Là che telefona a Rad per dirle che ha trovato Videl in giro per Fujisawa e l’ha catturata, prima di appenderla tutta legata. Lazuli dice che Videl è il vostro premio visto che siete arrivati fin qui, adesso che non può più scappare saprà soddisfare ogni vostra curiosità senza essere evasiva. Rad e io, invece, ci teniamo a ringraziarvi almeno duemila volte per la passione che ci avete trasmesso seguendo “Remember me”.   ;-)
 
Niente, spero che vi sia piaciuta la resa dei conti finale tra Là e Videl, con gli ultimi dubbi che dovrebbero essere stati ormai dissipati. E mi auguro abbiate apprezzato la lunga parte dedicata ai nostri bellissimi Rad e Là, una coppia di cui vado tremendamente fiero. C’è stato spazio per qualche momento hot, per tanta dolcezza e per qualche risata: io li adoro, se sono piaciuti anche a voi e li ricorderete così, sappiate che mi avete reso un autore felice.
Ci tenevo a fare tre cose in quest’ultimo capitolo: la frase finale la doveva dire Lazuli, e la parola conclusiva di tutta la long non poteva che essere “Rad”. E poi volevo che l’ultima parola che pronunciasse Rad fosse proprio “Là”.
La storia si conclude l’1 marzo perché mi piace come data, in più vi ricordo che marzo è il mese conclusivo dell’anno scolastico giapponese, mentre con l’inizio di aprile si parte subito con quello nuovo. Rad a un certo punto cita la parola “iperuranio”, che sarebbe il mondo delle idee che secondo Platone si trova al di là del cielo. Per il resto ci sono diversi riferimenti ai capitoli precedenti sparsi qua e là, come i Sum 41 usati anche nello special natalizio ad esempio.
 
Bene, se non me l’avete detto settimana scorsa, vi invito ancora a elencarmi i vostri personaggi preferiti di questa storia se volete farlo stavolta. Come prevedibile Rad ha sbancato il jackpot tra le preferenze, ma insieme a lui sono stato felice di constatare che i personaggi più amati sono state Là e Bulma. In quarta posizione (o terza, se escludiamo il protagonista) troviamo Lunch, e devo dire che mi ha fatto piacere vedere che avete apprezzato il development che ha avuto come personaggio, e poi Vegeta, che ha sempre grande successo e al quale dobbiamo fare i complimenti più sinceri, visto che è praticamente l’unico dei personaggi principali a non essere finito nella morsa della Sindrome della Pubertà. Ma è stato bello vedere che tutti hanno ricevuto voti, io stesso mi sono affezionato a tutti i personaggi: Videl, la cui presenza è stata massiccia anche quando non c’era e ha dato molti consigli, Chichi, che ho adorato nelle sue interazioni con Rad e nell’immaginarla sorella di Là, Goku, straordinario e dolcissimo nella sua duplicità e fragilità, persino la stessa Sindrome della Pubertà, dato che alla fine è stato il motore di tutto e ha permesso a tutti di migliorarsi. Non l’ha citata nessuno, ma a me è piaciuta molto anche Mai nel suo ruolo di supporto, l’ho trovata adorabile. E sono stato felice anche del ruolo e lo sviluppo che hanno avuto Husky e Marion, oltre a Napa e Cabba.
Mi è stato suggerito giustamente di chiedervi quale sia stato il vostro personaggio più odiato, anche tra quelli comparsi di sfuggita. Prevedo un dominio delle mamme di Là e Chì, magari del Dr Gelo o di Yamcha e Marion quando si comportavano male.
Ok, ho scritto note lunghe e sconclusionate anche oggi, ma sono abbastanza emozionato e non vorrei mai mettere la parola fine a questo capitolo per pubblicarlo. Non mi resta che ringraziarvi ancora e darvi appuntamento a mercoledì prossimo con “Le sette (sfere) e una notte”, sperando di ritrovarvi tutti anche lì, mi farebbe piacere!
A presto, un saluto da Rad e Là!
 
Teo

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