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Autore: VenoM_S    04/03/2020    0 recensioni
Portia è arrivata da poco a Vesuvia, e presto dovrà prendere servizio a palazzo per iniziare le proprie indagini sulla morte del Conte. Ma forse non dovrà affrontare tutto da sola.
[Missing Moments sull'incontro tra Portia e Pepi]
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia partecipa al COWT di Lande di Fandom
Settimana: quinta
Missione: M2
Prompt: Venezia
N° parole: 1528
 

Portia quella sera si stava aggirando per le strade di Vesuvia senza una meta precisa, totalmente immersa nei suoi pensieri e nelle sue preoccupazioni.
Dopo essere venuta a sapere di quello che era successo a suo fratello, della terribile piaga del morbo rosso che aveva colpito la città e delle accuse mosse contro di lui, non era riuscita a rimanere a casa sua un secondo di più, quindi aveva fatto in fretta i bagagli, era salita sulla prima nave disponibile a partire insieme a Mazelinka ed aveva lasciato Nevivon per raggiungere Vesuvia con il preciso intento di trovare quello zuccone ed aiutarlo a venir fuori da quell’immane problema in cui si era cacciato. Era davvero incredibile la sua capacità di trovarsi sempre nel posto sbagliato al momento sbagliato, perché era sicuramente questo il motivo di tutto quel pasticcio, Portia ne era stata convinta fin dal primo momento e di certo non avrebbe cambiato idea troppo facilmente.
Al loro arrivo a Vesuvia, lei e Mazelinka erano riuscite a trovare una piccola casa alla periferia della città, nei dintorni del mercato di South End, dove avevano potuto sistemarsi ed iniziare le ricerche di Julian. Non era una reggia, sicuramente, ma loro non erano mai state abituate al lusso e tutto quello di cui avevano bisogno era un tetto solido sopra la testa ed un letto caldo.
Peccato solo che sembrava sparito nel nulla.
Essendo passati due anni dall’accusa di omicidio che gli era stata rivolta di certo Portia non si aspettava di trovarselo al molo ad aspettarla a braccia aperte in mezzo alla gente, ma nemmeno pensava che, dopo averle comunicato quello che gli era successo, lui se ne sarebbe andato dalla città senza avvisare né lasciare una traccia su dove fosse o come contattarlo. Tipico di Julian, certo, ma assolutamente inopportuno.
Dopo diversi tentativi di ricerca andati in fumo però, le si era presentata un’occasione unica: a quanto pareva cercavano nuovo personale di servizio nel Palazzo della città, lo stesso luogo in cui era avvenuto l’omicidio del Conte di cui era accusato Julian. Non se l’era fatto ripetere due volte, e si era subito presentata per prendere servizio il prima possibile, fortunatamente con esito positivo da parte dei funzionari di corte. Ovviamente aveva sorvolato candidamente sul suo cognome, così come su ogni piccolezza che potesse collegarla a Julian e al fatto che sapesse leggere e scrivere – non che servisse davvero ometterlo, ma spesso in questi ambienti era meglio apparire meno interessanti possibile per passare inosservati, e a lei piaceva tenere qualche piccolo segreto come asso nella manica –. Mentre rimuginava sulla questione, la ragazza non poté fare a meno di alzare gli occhi al cielo come se avesse il fratello di fronte a lei. Avrebbe scoperto la verità ad ogni costo e salvato le sfuggenti chiappe di Julian, con o senza il suo aiuto.

Vesuvia di notte si trasformava, prendendo nuova vita.
La ragazza era partita dal quartiere dove si trovava la piccola casa che condivideva con Mazelinka con l’idea di fare due passi e schiarirsi le idee prima del giorno successivo, quando si sarebbe definitivamente trasferita a palazzo per iniziare il servizio e le sue indagini private, e si era diretta inizialmente verso il Teatro, nel distretto delle arti di Goldgrave. Le strade acciottolate di quella parte più benestante della città scorrevano veloci sotto i suoi sandali, mentre scendeva la sera e le lanterne poste sulle facciate delle case oppure sospese sulle vie più grandi si accendevano creando una meravigliosa atmosfera colorata ed accogliente. La città era un insieme di distretti costruiti sull’acqua con grande maestria, attraversati e divisi da una miriade di canali grandi e piccoli che venivano solcati continuamente da gondole ed altre imbarcazioni, che permettevano agli abitanti di muoversi agevolmente in quel dedalo intricato. All’estremità nord della città, contornato dalle alte mura che ne delimitavano il perimetro, si trovava il Palazzo del Conte, ed ai suoi piedi si estendeva il distretto della piccola nobiltà caratterizzato dal pittoresco mercato galleggiante. Non aveva intenzione di spingersi così vicino al Palazzo, ma camminare per le strade illuminate ed i piccoli ponticelli di legno e pietra sotto i quali scorreva limpida l’acqua producendo un suono cristallino e rilassante le era utile per pensare. Allungò il suo percorso quasi senza accorgersene, arrivando di fronte all’imponente struttura del Colosseo dove fino a qualche anno prima si tenevano sanguinosi combattimenti tra uomini armati fino ai denti sotto lo sguardo del Conte e della città intera. Osservandolo, Portia rabbrividì al pensiero di quanto sangue fosse stato sparso su quel terreno, su quanto la violenza fosse stata il fulcro del divertimento della città fino all’omicidio del Conte Lucio. Scuotendo la testa, vide in lontananza dietro i tetti delle case l’imponente silhouette del Palazzo di Vesuvia, con le sue torri che svettavano sottili e candide fino al cielo stellato.
 «Domani inizierà la vera sfida», si disse la ragazza mentre faceva dietro front per tornare verso casa. Aveva camminato abbastanza, ora tutto ciò che le serviva era una buona notte di riposo, magari dopo aver mandato giù un po’ di quella meravigliosa zuppa che Mazelinka era solita preparare per lei e Julian nelle occasioni speciali.

Mentre si riavviava verso casa, Portia si ritrovò a passare di fianco ad una rumorosa taverna che si trovava appena all’ingresso del distretto di South End, a pochi passi da uno dei canali che in quel quartiere erano molto meno attraenti e più segnati dagli anni di negligenza: una bassa costruzione di legno che avrebbe avuto sicuramente bisogno di una sistemata, dalle cui finestrelle poste ai lati della porta scura trapelava una calda luce tremolante e tra le quali era appesa un’insegna mezza inclinata su cui era dipinto il nome del locale: Rowdy Raven. Incuriosita, la ragazza volle sbirciare da una delle finestre, e intravide una grande sala aperta nella quale si trovavano diversi tavoli circondati da sedie pieni di avventori che bevevano, giocavano a carte o cantavano qualche canzonaccia da marinai. Sul lato destro della sala si allungava il bancone del bar, dietro il quale un uomo sulla quarantina con una folta barba scura ed un grembiule sporco stava lucidando alcuni boccali. Dietro di lui si trovava un grande scaffale a parete sul quale erano impilate diverse decine di bottiglie contenenti altrettanti tipi di alcolici. Era un posto che a Julian sarebbe sicuramente piaciuto frequentare, pensò la ragazza con un sospiro piombando nuovamente nella tristezza. Uno strano rumore proveniente dalla sua sinistra, però, la riscosse dai suoi pensieri. Avvicinandosi e svoltando dietro l’angolo del locale, Portia si ritrovò in uno stretto vicolo male illuminato nel quale erano accatastati diversi mucchi di spazzatura: cassette di legno, bottiglie vuote, tavoli e sedie rotti, persino qualche avanzo di cibo che rendeva l’aria non troppo piacevole da respirare. Il rumore si ripeté di nuovo, e Portia capì che proveniva dal mucchio di bottiglie di vetro di fronte a lei. Una di esse ebbe un sussulto e cadde a terra con uno schianto rompendosi in tanti pezzi, facendo sobbalzare la ragazza per la sorpresa, e subito dopo un flebile lamento si levò da dietro la pila di fiasche. C’era qualcosa che si muoveva tra i vetri!
Portia si avvicinò lentamente, e una volta lì si accovacciò ed iniziò a smuovere i vari frammenti trasparenti facendo attenzione a non ferirsi le mani, fino ad arrivare all’origine di quei suoni. Tra le bottiglie rotte, ferito e con il pelo sporco e arruffato, si trovava un minuscolo gattino color crema che miagolava piano.

«E tu, da dove salti fuori? Sei ferito!» la voce di Portia fece sollevare la testa alla creaturina, rivelando un muso screziato di scuro e due meravigliosi occhi blu che faticavano a restare aperti a causa di uno strato di sporcizia e muco. La sua zampa destra era ferita, probabilmente a causa di una di quelle bottiglie, e un rivoletto di sangue rosso brillante si espandeva da sotto il gattino verso i piedi della ragazza. Lasciarlo lì, tutto solo e ferito, era assolutamente fuori questione.
«Vieni qui, da bravo… Ecco così!»
Portia prese delicatamente tra le mani quel minuscolo fagottino, che iniziò a miagolare un po’ più forte e a tremare leggermente. Per cercare di calmarlo e tenerlo al caldo, la ragazza si tolse la bandana a righe rosse e arancioni con cui teneva legati i lunghi capelli fulvi che le ricaddero in voluminose onde lungo la schiena e la avvolse attorno al gattino, poi si riavviò a passo svelto verso casa dove sicuramente Mazelinka la stava aspettando, aumentando la velocità lungo gli ultimi due ponticelli di legno che si levavano sopra l’acqua più sporca di quel quartiere di periferia, su cui i suoi sandali producevano un rumore forte e scricchiolante tanto che ebbe il timore che una delle assi si sarebbe potuta spezzare. Non fece nemmeno in tempo ad arrivare alla porta di casa che il piccolo si era già addormentato e faceva sommessamente le fusa. Portia lo guardò con occhi dolci, grattandogli dolcemente la sommità della testa tra le orecchie, mentre si voltava di nuovo indietro ad osservare il profilo sbiadito dei tetti spioventi delle torri del palazzo.
Con un leggero sorriso, pensò che forse l’indomani non sarebbe stata più così sola.
 
**********
 
Note per il COWT: Vesuvia, la città nella quale si svolgono gli avvenimenti principali in The Arcana, trae ispirazione da Venezia per la presenza di molti canali che la attraversano e l’uso di gondole per attraversarli.  
  
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