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Autore: DanzaNelFuoco    04/03/2020    0 recensioni
COW-T #10 - missione 3 - prompts: luoghi del COW-T #2
Raccolta di BakuDeku, per la maggior parte AU
altri pairing vari indicati a inizio fic (perché in generale mutlishipping is the way)
--- Katsuki ha la bocca secca, un po’ perché quella soda era davvero una merda, un po’ perché non riesce a staccare gli occhi dei muscoli del tizio che guizzano sotto la maglietta ad ogni cassa di vino che impila sul pavimento - porca merda, è una cazzo di statua greca, in che palestra va e perché lui non lo ha mai visto?
“Katsuki, tesoro, lo so che è un eye candy, ma smetti di sbavare,” Mina gli dà un buffetto sulla spalla, e Bakugou potrebbe ringhiare che non è vero, non sta sbavando (bocca secca, ricordate?), ma è troppo concentrato a cercare di far combaciare la figura davanti a sé con il nerd rachitico che lo seguiva ovunque alle medie. Perché sì, ci ha messo un po’, ma alla fine lo ha riconosciuto: quello è Deku.
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Prompt: La signora in Verde Pistacchio - Investigazioni
Wordcount: 1649
Note: quirkless fem!Izuku 

 

 

“Penso che mio marito mi tradisca.”

 

“Vorrei sapere con chi passa tutto il suo tempo mia figlia.” 

 

“Penso che mia moglie mi tradisca.” 

 

“Credo che la mia segretaria mi rubi dei soldi.” 

 

“Credo che mio marito vada a letto con la segretaria.” 

 

“Credo che mia moglie vada a letto con la segretaria e 

che la segretaria le rubi i soldi.” 

 

“Vorrei che mi aiutasse a capire dove possono essere 

spariti i fondi per l’università di mio figlio.” 

 

“Ritengo che mio marito giochi d’azzardo.” 

 

“E se mia figlia si droga? Che faccio, eh?” 

 

* * * 

 

Midoriya Izumi si massaggiò le tempie, stanca. 

Cosa diamine le era venuto in mente di aprire un’agenzia di investigazione privata. 

Perché aveva anche solo potuto pensare che avrebbe potuto sostituire il suo desiderio di diventare una Eroina?

L’unica cosa che aveva risolto era farsi venire un mal di testa colossale e annoiarsi a morte. 

Volevano quasi tutti la stessa cosa: sapere se il partner era stato infedele e con chi. 

Ma le coppie non si parlavano più?

Stai zitta, tu, che l’unico motivo per cui i tuoi sono ancora insieme sulla carta è che non vivono insieme da vent’anni! 

Izumi aveva dannatamente bisogno di un caffè. E se questo fosse stato un film noir degli anni ‘Quaranta anche di una sigaretta. 

Sistemandosi l’impermeabile verde, scelto per andare d’accordo con il verde dei suoi capelli e perché faceva molto investigatore privato - come se non fosse molto più comodo andare in giro in tuta per un pedinamento - Izumi si decise a uscire, proprio quando qualcuno bussava alla porta. 

“Avanti!” 

“Cercavo l’Agenzia Investigativ - Deku?”  

Izumi alzò gli occhi sulla voce conosciuta. 

“Ka - Kacchan!” 

Davanti a lei, l’eroe numero 1, Ground Zero, che lei non era mai riuscita a chiamare in nessun altro modo, se non con il soprannome di quando erano bambini.

Katsuki osservò il nome sulla porta e poi la ragazza vestita di verde.

“Avrei dovuto fare due più due,” sospirò l’Eroe, prima di entrare comunque. “Ti dispiace?” 

Izumi si chiese che avesse fatto di male nella sua vita per avere la sua eterna cotta con cui non parlava da anni proprio lì nel suo ufficio. 

“Prego. Offriamo la massima discrezione, per qualsiasi incarico. Come posso aiutarla?”

Katsuki sorrise e il cuore di Izumi gli salì in gola. 

Si era scavata la fossa con le sue stesse mani. 

“Penso di essere stato sottoposto ad un mind altering quirk, ma non ho le prove.” 

“Che tipo di quirk?” 

“Non lo so. So che ho preso una botta in testa durante una missione e quando mi sono svegliato al mio capezzale c’era una ragazza che diceva di essere la mia fidanzata. Ma io non l’ho mai vista prima.” 

“È possibile che sia un effetto della concussione?” 

“I medici dicono di sì, ma… non fido. I miei amici se la ricordano vagamente, ma… non penso mi sarei dimenticato una cosa così importante come sposarmi, no?”

“Penso che dovrebbe rivolgersi alle autorità competenti, signor Bakugou.” 

“Oh, andiamo, Deku, piantala con queste formalità! Non posso andare alla polizia.” 

“E perché no?” 

Lo sapeva perché. Sai che scandalo sui tabloid… 

“Perché - perché - perché l’arresterebbero, ecco perché!” 

Questo non se lo aspettava. “E allora?” 

“E allora io sono innamorato di lei, anche se penso che sia un sentimento impiantato. Non voglio… non voglio vederla arrestata senza prove.” 

No, Izumi non aveva firmato per questo schifo.

Alzandosi in piedi, gli aprì la porta. 

“Signor Bakugou… Kacchan. Non penso di essere la persona più adatta per questo incarico. Ci sono molti altri modi, più semplici, legali e meno costosi per dirimere la questione.”
“Mi stai suggerendo di rivolgermi agli spezzaquirk dell’ospedale?” Ridacchiò Katsuki. “Pensi non ci abbia già provato? Mi hanno detto che se sono sotto l’influenza di un quirk, mi servirà il bacio di qualcuno veramente innamorato di me per liberarmene, che i loro non sono sufficienti. Perciò no, non posso. E ti ho già detto che non andrò alla polizia, non la metterò in questa condizione senza prima avere le prove che sia una pazza fanatica che si finge la mia ragazza.” 

“Cosa mi stai chiedendo, Kacchan, di baciarti?” 

“Cos -? No! Perché dovrei chiederti una cosa del genere?!” 

Izuku sollevò le sopracciglia. All’epoca Katsuki e i suoi amici l’avevano presa in giro allo sfinimento per la cotta che aveva per lui. 

“Cazzo, Deku, no! Non sono venuto qui per - Non sapevo nemmeno fosse tua l’agenzia! E poi te l’ho già detto, dovresti essere ancora almeno infatuata di me perché la cosa funzioni!” 

Izumi arrossì e sentì l’irrefrenabile impulso di imprecare al pari di Kacchan. 

Perché sempre a lei queste situazioni di merda? 

“D’accordo. Sta fermo.” 

Diamine, se poteva cavarsela abbastanza in fretta da baciarlo e mandarlo per la sua strada senza essere costretta a rivederlo mai più forse sarebbe potuta anche sopravvivere ai successivi dieci anni in cui questo ricordo sarebbe tornato a perseguitarla, perfetto e assolutamente imbarazzante. 

Izumi si alzò sulle punte dei piedi e gli posò un casto bacio sulle labbra, aggrappandosi alle sue spalle per non cadere. 

Il suo petto era caldo sotto la camicia e Izumi chiuse gli occhi, premendo ancora di più le loro bocche insieme. 

Poi si allontanò tremante. “Come - come va?”

Le mani di Katsuki si chiusero sulla sua vita e sulla sua nuca, stringendola verso di sé, poi la baciò, questa volta più irruente e prepotente e Izumi gli gettò le braccia al collo. 

Si separarono ansanti. 

“Sei ancora innamorato di lei?” chiese la ragazza, temendo la risposta. 

Bakugou ancora senza fiato, scosse la testa in cenno di diniego. 

Izumi si sciolse dalla sua presa. 

“Allora il tuo problema è risolto, no? Penso - Penso dovresti andare, sì.”

Katsuki la lasciò andare ancora un po’ scombussolato. “Sì, io… sì, dovrei andare. La polizia…” 

Izumi gli aprì la porta, ma Bakugou ancora esitava ad uscire.

“Senti Deku - Izumi. Grazie. Per aver risolto il mio problema e… sì, beh, per tutto. Grazie.” 

Sembrava che volesse dire altro, ma poi infilò la porta e se ne andò, lasciando Izumi, sola, stanca e infinitamente triste. 

Almeno poteva consolarsi del fatto che non lo avrebbe rivisto mai più, magra consolazione che era per il suo povero cuore. 

 

* * *

 

Bussarono alla porta ancora, ma quella mattina Izumi era fresca e pronta a mettersi al lavoro, nonostante quella notte avesse dormito pochissimo. 

Ci aveva messo un po’ a relegare in un angolo del suo cervello quello che era accaduto il giorno prima, ma finalmente ce l’aveva fatta, ed per un po’ avrebbe potuto pensare al lavoro senza che Bakugou Katsuki affollasse la sua mente costantemente. 

Cioè, avrebbe potuto farlo, se solo Bakugou Katsuki non fosse stato dall’altro lato della porta con due tazze di caffè in mano. 

“Cosa ci fai qui?”
“La colazione. Dal coffeeshop più buono di tutta la città.” 

Katsuki entrò con sicumera - tradito soltanto dal lieve rossore sulle guance - e appoggiò i bicchieri di carta e il sacchetto dei croissant nell’unico angolo di scrivania libero da scartoffie.

“Vedo due tazze.” 

“Sì, una è la mia.”

“Pensavo mi avessi portato la colazione. Non che ti volessi fermare.”

“Non vuoi che resti.” 

“Perché dovrei volerlo?” ribatté Izumi davanti alla sua incredulità. 

“Io - Io - pensavo.” 

“Senti, Bakugou,” fece più male a lui che a lei, quel cognome buttato lì senza formalità, come se lei non lo avesse chiamato Kacchan per tutta la vita, “non so cosa pensi che sia successo ieri, ma non puoi venire qui a scombussolarmi la vita, due giorni di fila. Devo lavorare. Perciò lascia la colazione se vuoi o riportatela via, ma qualsiasi cosa tu stia facendo: non farla.”
Katsuki incrociò le braccia sul petto. “Izumi,” calcò quasi di ripicca, lui che non l’aveva chiamata mai nient’altro che Deku, “se preferisci ti chiederò quanto ti devo per ieri, ma onestamente non lo pensavo ieri e non lo penso oggi che tu l’abbia fatto per lavoro. Sono venuto qui per sbaglio, non ci vedevamo da quasi dieci anni e non mi dovevi niente. Eppure mi hai baciato lo stesso - solo tu sai perché, dopo tutto quello che ti ho fatto - e qualcosa deve pur aver significato se sei riuscita dove tre spezzaquirk hanno fallito. Perciò va bene, se vuoi fingere che non sia mai entrato da quella porta devi solo dirmi quanti yen è la tariffa.” 

La bocca di Izuku si aprì in una O di sdegno. “No, non te la caverai così facilmente. O sono una puttana o devo essere follemente innamorata di te?” 

“No. O sei una codarda che preferisce nascondersi tra tutte queste scartoffie o sei la ragazza che ieri mi ha baciato nonostante tutto.” 

“Appunto: nonostante tutto.” 

“Cazzo,” Katsuki si passò una mano tra i capelli frustrato. Niente di quello che gli usciva dalla bocca era la cosa giusta da dire, come poteva farsi capire? “Senti, non ti sto chiedendo di sposarmi e di farti rinchiudere nel mio castello di Barbablù per farmi da punchingball. Ti sto chiedendo di darmi l’opportunità di chiederti scusa e ringraziarti.” 

“Dieci anni. Ti ripresenti dopo dieci anni nella mia vita, per chiedermi scusa. Dov’è il trucco?” 

“Non - non c’è il trucco. Voglio solo offrirti un caffè. E una cena, se me lo permetterai.” 

Izumi sedette alla scrivania e prese il caffè. 

Era davvero il più buono che avesse mai bevuto. 

Dannazione, quanto avrebbe voluto rispondere di sì e crederci. Ma poteva crederci davvero? Dopo tutto? 

No, ma non era nemmeno quello che Kacchan le stava chiedendo.

Lo aveva detto lui stesso, non voleva il suo cuore su un piatto d’argento. 

Solo un caffè. 

Solo la possibilità - di ringraziarla e di riottenere la sua amicizia, la sua fiducia e poi forse…

Solo un caffè.

E poi - magari - solo una cena.

E poi forse…

Izumi spostò un plico di fogli, sgombrando la scrivania. 

“Per la cena vedremo. Intanto siediti.” 

 
  
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