Anime & Manga > Lady Oscar
Segui la storia  |       
Autore: _Agrifoglio_    04/03/2020    15 recensioni
Una missione segreta, un’imboscata vicino al confine austriaco e il corso degli eventi cambia. Il senso di prostrazione dovuto al fallimento, il dubbio atroce di avere sbagliato tutto, un allontanamento che sembra, ormai, inesorabile, ma è proprio quando si tocca il fondo che nasce, prepotente, il desiderio di risorgere. Un incontro giusto, un’enorme forza di volontà e, quando tutto sembrava perduto, ci si rimette in gioco, con nuove prospettive.
Un’iniziativa poco ponderata della Regina sarà all’origine di sviluppi inaspettati da cui si dipanerà la trama di questa storia ricca di colpi di scena, che vi stupirà in più di un’occasione e vi parlerà di amore, di amicizia, di rapporti genitori-figli, di passaggio alla maturità, di lotta fra concretezza e velleitarismo, fra ragione e sogno e della difficoltà di demarcarne i confini, di avventura, di duelli, di guerra, di epos, di spirito di sacrificio, di fedeltà, di lealtà, di generosità e di senso dell’onore.
Sullo sfondo, una Francia ferita, fra sussulti e speranze.
Davanti a tutti, un’eroica, grande protagonista: la leonessa di Francia.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il Generale corso e la bella creola
 
Il nome di Napoleone Bonaparte, udito dalle labbra di Alain durante i festeggiamenti per le nozze della sorella, risuonò più volte nei dialoghi di Oscar e André.
Pur consapevoli che legare le sorti della guerra a un individuo rimasto fino a quel momento oscuro costituiva un notevole azzardo, i due coniugi capivano anche che, allo stato attuale, tali sorti erano alquanto compromesse.
I dubbi erano tanti. Alain aveva subito un trauma e si era arruolato in guerra desideroso di prendere le distanze dai volti, dai luoghi e dalle circostanze che avevano determinato la morte del cugino. Era naturale che, in una situazione così instabile, fosse portato a dare credito a una nuova conoscenza, per giunta brillante, che gli aveva aperto nuove prospettive e gli aveva infuso rinnovate speranze. Era pur vero, d’altro canto, che non era molto semplice ingannare Alain de Soisson, uomo di buon senso e con i piedi saldamente piantati per terra e che trascurare la seppur minima possibilità di risollevare la Francia sarebbe stata un’imperdonabile leggerezza.
Dopo vari ripensamenti e titubanze, Oscar e André riferirono le parole di Alain alla Regina e questa convocò il Consiglio di Reggenza alla cui seduta furono ammessi anche il Generale de Jarjayes e il Vescovo de Talleyrand.
Il Generale de Jarjayes fu uno dei primi a prendere la parola e lo fece con l’autorevolezza che mai lo abbandonava.
– Da militare di lungo corso, sono sempre stato scettico di fronte alla scoperta di nuovi uomini della provvidenza che, molto spesso, sono soltanto dei mistificatori. Di Alessandro Magno ce n’è stato uno solo e lo stesso vale per Giulio Cesare e anche loro, del resto, avevano molti difetti, primo fra tutti una smodata ambizione cui si associava l’insaziabilità e l’incapacità di fermarsi.
– Perdonate, Generale – gli si rivolse Talleyrand – E’ già da qualche anno che seguo da lontano il percorso di Bonaparte e tutti i miei informatori sono concordi nel considerarlo un giovane Generale molto promettente. Non manca di difetti e ha sicuramente un carattere scontroso e accentratore. Alcuni lo ritengono portatore di un’idea esagerata della propria grandezza ed eccessivamente innamorato della sua figura. Non è un mistero che, all’accademia militare, intrattenesse dei rapporti difficili con gli altri allievi. Ciò nonostante, potremmo sempre servircene finché ci sarà utile.
– Condivido le perplessità espresse dal Generale de Jarjayes – intervenne Girodel, promosso, due anni prima, Brigadier Generale – Anch’io ho preso alcune informazioni e tutti quelli che hanno conosciuto il Generale Bonaparte sono concordi nel valutarlo un uomo di grande ambizione e di nessuna modestia, interessato esclusivamente alla sua gloria personale. Il pericolo è che la situazione ci sfugga di mano e che, a un certo punto, sarà lui a non ritenerci più utili.
– Non precorriamo troppo i tempi – intervenne Maria Antonietta per chiudere la disputa – Si tratterebbe soltanto di affidare alcuni incarichi di rilievo al Generale Bonaparte, partendo dal poco e arrivando, se lo riterremo opportuno, a qualcosa di più e non certo di conferirgli pieni poteri. Tutti abbiamo preso informazioni su Bonaparte e la partecipazione di lui alla campagna d’Italia è stata, senza ombra di dubbio, notevole sotto ogni profilo.
Fece una pausa, durante la quale guardò a turno tutti i presenti e aggiunse:
– Madame Oscar, mi avete accennato a un ricevimento che si terrà a Parigi in onore del Generale Bonaparte e al fatto che Voi e il Conte de Lille siete stati invitati.
– Sì, Maestà, siamo stati invitati dal Visconte Paul de Barras per conto di una signora che egli conosce.
– Il Visconte de Barras ha fatto pervenire l’invito anche a mia moglie e a me, Maestà – intervenne il Generale de Girodel.
Maria Antonietta contrasse impercettibilmente il volto e assottigliò le labbra, perché la fama e il passato di Barras la disgustavano e, subito dopo, disse:
– Madame Oscar, Conte di Lille, Generale de Girodel, Vi ordino di partecipare a quel ricevimento. Prenderete i primi contatti col Generale Napoleone Bonaparte, lo studierete per quanto Vi sarà possibile e, poi, mi riferirete.
 
********
 
Parigi, Rue Chantereine, n. 6, marzo 1798
 
Fu così che, in una sera di marzo del 1798, Oscar e André si recarono, muniti di buona volontà e di scarso entusiasmo, alla festa organizzata in onore del Generale Bonaparte.
Il ricevimento si sarebbe tenuto al numero sei di Rue Chantereine, una via parigina situata nel periferico quartiere de la Chaussée-d’Antin. L’edificio ove si sarebbe svolta la festa era una villetta in muratura a due piani, circondata da un piccolo giardino. La casa aveva un prospetto gradevole e ben proporzionato e una struttura classicheggiante, ma appariva inevitabilmente modesta se paragonata ai palazzi dei grandi aristocratici.
Ad accoglierli sulla soglia, non trovarono la padrona di casa, ma il Visconte de Barras che si vociferava trovarsi con lei in rapporti particolarmente teneri. Oscar represse un moto di ripulsa quando Barras andò loro incontro per salutarli. Il Visconte aveva, infatti, una reputazione da uomo corrotto e dissoluto e un passato da trasformista che avrebbe fatto invidia a un camaleonte. Entrato nella scena politica nel 1789, si era fatto conoscere come un fiero giacobino e un fervente repubblicano, salvo, poi, cambiare bandiera e ridiventare un convinto monarchico dopo il duplice suicidio di Robespierre e di Saint Just. Aveva, quindi, preso a frequentare i salotti della piccola e media nobiltà e della buona borghesia, circondandosi delle dame più avvenenti, intellettuali e alla moda di quegli ambienti.
– Generale de Jarjayes, Conte di Lille, è un vero onore averVi al nostro ricevimento!
Le maniere di Paul de Barras apparivano ossequiose e artefatte, ma la soddisfazione che lasciava trasparire non era esagerata, dato che Oscar e André appartenevano al gradino più elevato della società francese, i cui membri non erano soliti frequentare la cerchia del Visconte.
Oscar contenne l’avversione per quell’ambiguo personaggio – diversamente, la ragione stessa della serata sarebbe venuta meno – e ricambiò il saluto con distaccata cortesia. André, pur condividendo le riserve della moglie, fu meno spigoloso e più amichevole.
Furono subito introdotti nel salone grande, posto nella parte centrale del piano terra che, malgrado l’espressione usata per definirlo, era alquanto angusto, se confrontato con le immense sale della reggia o dei palazzi de Jarjayes e de Girodel.
L’arredamento non mancava di gusto ed era palese che la padrona di casa aveva fatto del suo meglio per metterlo insieme, ma tradiva l’esiguità dei mezzi di cui ella disponeva.
I due nuovi arrivati furono ben presto presi d’assalto da molti servitori, alcuni dei quali erano mulatti, che offrirono loro champagne, dolciumi e frutta esotica o di serra. Era evidente il grande dispiego di mezzi – persino la frutta, all’epoca, era un cibo per ricchi – ma anche l’ostentazione: troppo vino, troppi macarons, troppi bignés, troppa panna, troppi frutti di bosco, troppo di tutto e l’eccesso andava sovente a discapito della qualità.
Il salone era illuminato a giorno da un’infinità di candele, per fabbricare le quali, pensò Oscar, erano stati svuotati tutti gli alveari di Francia.
La gente che riempiva la sala ostentava abiti e gioielli di fattura più grossolana rispetto a quella cui erano abituati Oscar e André, ma compensata dalla pretenziosità delle maniere e dal vivo desiderio di mettersi in mostra dei soggetti abbigliati. I gentiluomini e le dame esibivano modi eleganti e raffinati di recente apprendimento, spesso, però, contraddetti da piccoli gesti spontanei e fuori posto che facevano crollare in pochi secondi l’intera impalcatura. Quelle persone si stavano giocando, senza troppo ritegno, la mano della vita e André, nell’osservarle, comprese che sarebbe stato saggio non offenderle, per non moltiplicare il rischio di trovarsele, un giorno, implacabili nemiche.
Il Vescovo de Talleyrand, che aveva ottenuto un invito all’ultimo momento, conversava con l’uno e con l’altro, adattandosi mirabilmente a ogni tipo di interlocutore e osservando tutti con l’occhio dello scienziato e la scaltrezza del prete.
In un lato della sala, Oscar notò i coniugi de Girodel e pensò, non senza una punta di ironia, che Barras, quella sera, avrebbe fatto indigestione di vero onore.
Quasi evocato dal pensiero di Oscar, il Visconte de Barras, che si era per un momento allontanato, riprese ad affaccendarsi intorno ai due illustri ospiti, rassicurandoli che la padrona di casa sarebbe presto venuta a ossequiarli. Questi lo ringraziarono, prendendo subito, con un pretesto, le distanze da lui.
Mentre l’orchestra, più volenterosa che di talento, riempiva di note alla moda il salone, Oscar e André, liberatisi temporaneamente dalle opprimenti attenzioni di Barras, si diressero verso i coniugi de Girodel.
Proprio in quel momento, fece il suo ingresso nel salone, dopo essersene allontanata per questioni organizzative, la padrona di casa, accolta dal crescente vocio degli ospiti.
Oscar fu la prima a notarla mentre André era ancora voltato di spalle.
Visti i due nuovi arrivati, la donna si diresse verso di loro con portamento leggero ed espressione vivace e accogliente. Gli occhi nocciola di lei brillavano come stelle in un aggraziato volto ovale ed erano messi in risalto dalla carnagione ambrata e dai riccioli scuri e setosi che scherzavano intorno a una piccola tiara di perle di fiume. L’abito di seta, di fattura non perfetta, ma per nulla criticabile, ne sottolineava la figura snella ed elegante. Tutto in lei era fascino e gaiezza. Sebbene non fosse, per nascita e per attuale posizione, superiore a molti dei suoi invitati, li distanziava tutti per grazia ed eleganza. C’era in lei qualcosa di naturalmente etereo e aristocratico che le faceva perdonare l’imperfezione dei modi e l’eccessiva ostentazione.
– Signori, benvenuti – disse la donna, con la sua bassa voce argentina, perfettamente modulata – E’ per me un vero onore ospitarVi nella mia dimora.
Quel saluto, sebbene non differisse, nell’uso dei termini, da quello utilizzato un quarto d’ora prima da Barras, in bocca a lei appariva molto più naturale e gradevole.
Oscar rispose con un lieve inchino mentre André, attirato dal saluto della padrona di casa, si voltò verso di lei ed ebbe un lieve sussulto. Anche la donna, nel vederlo, non riuscì a reprimere un moto di sorpresa e, stringendo gli occhi e arricciando il naso, proruppe in una spontanea risata argentina, prontamente coperta dall’agitarsi civettuolo del ventaglio.
– Ma che combinazione e che piacere, Signore! Voi siete il mio salvatore e io sono la Vostra dama del fiume!
André le rispose con un inchino mentre Oscar, pur non essendo stupita perché sapeva dell’episodio del calesse, fu impercettibilmente infastidita dalla confidenza che la signora si stava prendendo con il marito.
Fu allora che l’onnipresente e iperattivo Barras si avvicinò al gruppo e disse:
– Generale de Jarjayes, Conte di Lille, permettete che Vi presenti la padrona di casa, la Viscontessa Marie Josèphe Rose de Beauharnais….
– E’ un vero onore! – esclamò la Viscontessa, interrompendo le presentazioni – Signor Conte, visto che, senza di Voi, avrei messo radici in quell’orribile torrente, invitatemi a danzare!
Ciò detto, rapì letteralmente André, trascinandolo verso il centro della sala mentre Oscar represse a stento un moto di fastidio. Intorno a loro, la festa diventava sempre più allegra e i suoni crescevano d’intensità. Per alcuni interminabili minuti, Oscar guardò il marito volteggiare leggermente con la graziosa Viscontessa e grande fu il sollievo di lei quando il ballo finì.
Concluso il giro di danza, André tornò al fianco della moglie mentre un soprano iniziò a cantare. Tutta la sala tacque – o, meglio, abbassò i toni – per udire i virtuosismi del castrato, piuttosto famoso nella media società parigina, ma ben lontano dalle vette dei suoi colleghi di corte e per nulla paragonabile al celebre e ormai defunto Farinelli. Nell’udire la voce poco potente ed estesa e, a tratti, un po’ graffiante del “musico”, Oscar, ancora contrariata per l’intraprendenza di Madame de Beauharnais, pensò che l’etimologia “rane cantanti” di Rue Chantereine era adattissima a rappresentare quel luogo.
Prima che il soprano avesse finito la sua aria, la Viscontessa de Beauharnais si rivolse con gaiezza ad André, dicendogli:
– Conte di Lille, raramente ho danzato con un ballerino provetto come Voi!
Nel pronunciare queste parole, scosse leggermente il capo, facendo oscillare i pendenti di perle di fiume e di piccolissimi diamanti che, riflettendo la luce dei lampadari, conferirono nuova brillantezza agli occhi di lei, già per loro natura vivaci e splendenti.
– Madame, non attribuitemi meriti che non possiedo – rispose l’uomo – Sono, invero, un ballerino alquanto mediocre.
– Ma non dite sciocchezze! – lo redarguì scherzosamente lei, percuotendogli l’avambraccio col dorso del ventaglio.
Giunta al culmine della sopportazione per quella che considerava un’inaudita sfacciataggine, Oscar disse al marito:
– André, il Generale de Girodel sta conversando col Visconte de Barras e la moglie è rimasta sola. Invitala a danzare.
Proprio in quel mentre, un valletto, con voce impostata, annunciò:
– Il Generale Napoleone Bonaparte.
 
********
 
Gli sguardi dei presenti si volsero verso l’ingresso del salone, per posarsi subito dopo sulla figura di un uomo magro e di media statura, di età inferiore ai trent’anni, che indossava una divisa da Generale degli artiglieri. Il giovane ufficiale entrò con passo rapido e sicuro e portamento solenne, seguito da alcuni ufficiali di grado inferiore, evidentemente a lui molto fedeli, fra cui figurava il sottotenente de Soisson.
Oscar e André lo scrutarono con attenzione e, in base a una prima impressione, pensarono che quell’uomo, dall’aspetto ordinario e dal fisico poco prestante, fosse stato da Alain grandemente sopravvalutato. Lo scopo della loro partecipazione al ricevimento e una sensazione, contrastante con la prima, che prendeva corpo poco a poco li spinsero, tuttavia, a non perderlo d’occhio. Avvenne così che, nello scrutarlo, si accorsero che, seppure a bassa voce, il giovane Generale si rivolgeva alla padrona di casa chiamandola confidenzialmente col diminutivo di Joséphine.
Il soprano riprese a cantare e Oscar continuò a osservare Bonaparte, iniziando ad ammettere che, forse, quell’uomo non era, poi, così ordinario e che, anzi, dai gesti e dalle espressioni di lui, emanavano un grande carisma e una notevole forza di attrazione sull’interlocutore del momento. Il Generale degli artiglieri, a sua volta, impiegò pochissimo tempo ad accorgersi dell’insistente affaccendarsi di “Joséphine” intorno ad André e, già contrariato dal fatto di doverla dividere col legittimo consorte oltre che con Barras, almeno in base alle voci che si facevano di giorno in giorno più insistenti, iniziò a rabbuiarsi e a lanciare occhiate sempre più nervose e taglienti.
Fu così che Oscar lo sentì ringhiare:
– E’ una vera ignominia che, in nome dell’arte, si perpetui ancora il crimine della castrazione. Certe pratiche barbare dovrebbero essere abolite.
La donna condivideva sicuramente il merito di quell’affermazione, ma era più che convinta che l’autentico motivo di tanta estemporanea indignazione fosse un altro.
Dopo alcuni minuti, il Visconte de Barras e Madame de Beauharnais presentarono Napoleone Bonaparte a Oscar, ad André e ai coniugi de Girodel.
Trovandosi a pochissima distanza da quel volto pallido e spigoloso, incorniciato da una chioma castana che lambiva le spalle e iniziando la conversazione, la donna dovette ricredersi completamente e abbandonare il pregiudizio iniziale. Lungi dall’essere un mediocre, Napoleone Bonaparte era non soltanto notevole, ma addirittura eccezionale e, seppure fosse di statura appena superiore alla media, pareva sovrastare tutti con la possanza di un gigante. Ciò che colpiva di più in lui erano gli occhi azzurri come l’acciaio, mobilissimi, intelligenti e indagatori. Quello sguardo magnetico e geniale dapprima si posava sull’interlocutore, per, poi, ghermirlo come un’aquila con la preda, penetrarlo e, infine, soggiogarlo. Oscar, però, non abbassò lo sguardo né cedette, seppure per un istante, alla forza dominatrice di lui, ma, anzi, gli tenne testa con la fierezza di una leonessa.
Napoleone percepì quella reazione così insolita e ne fu, malgrado neppure lui lo comprendesse a pieno, infastidito e, nel contempo, incuriosito. Oscar, a sua volta, era preda di sensazioni contrastanti, non riuscendo a inquadrare quell’individuo indubbiamente straordinario e a comprendere se costituisse una risorsa o un pericolo. Per lei, il bene della Francia era, famiglia a parte, da anteporsi a tutto, ma per quell’uomo cosa veniva prima? La patria? E quale patria, la Francia o la Corsica? L’ambizione personale? La voracità di gloria? Il senso di rivalsa per qualcosa? L’insoddisfazione che emanava da quei raggi fulminei, freddi e inquisitori, che sembravano fagocitare tutto come un vortice mortale e inesorabile?
Mentre ascoltava e rifletteva, Oscar era sempre più invischiata in quell’enigma che la confondeva e, come se non bastasse, provava un’insistente sensazione di déjà vu. Per uscire dall’impasse e perché quello era lo scopo della serata, rivolse, insieme a Girodel, alcune domande a Bonaparte, in risposta alle quali il Generale si espresse in modo impeccabile. Le frasi di lui erano essenziali e brevi, ma, allo stesso tempo, complete ed efficaci. Pareva che nessuna parola, dopo quelle pronunciate da lui, avrebbe mai potuto descrivere il fenomeno in modo migliore o aggiungervi qualcosa. Padroneggiava la tecnica militare, la strategia e l’arte del comando in modo assoluto, sconvolgente e innovativo. Nonostante tutto, Oscar era dubbiosa, oppressa dal senso del pericolo e sempre più convinta che tanta genialità nascondesse un rovescio della medaglia terrificante.
Alain, intanto, guardava Napoleone con ammirazione e pendeva letteralmente dalle labbra di lui. Oscar lo notò e se ne stupì, dato che non era certo facile ammaliare il suo ex subalterno. Fu sorpresa dalla constatazione e anche ingelosita, sentendo di avere perso l’esclusiva dell’ammirazione incondizionata del soldato.
– Perché avete scelto il corpo degli artiglieri, Generale Bonaparte? – gli domandò, a un certo punto, il Generale de Girodel.
– Perché le grandi battaglie si vincono con l’artiglieria – rispose seccamente Bonaparte, senza troppo dissimulare l’istintiva antipatia per quel grande aristocratico con l’aspetto di un cicisbeo settecentesco che troppe opportunità più di lui aveva avuto nella vita.
Fu in quel momento che Oscar ricordò. Aveva già visto quell’uomo dieci anni prima, all’uscita dall’Hôtel des Invalides, quando aveva presieduto al trasferimento delle armi trovate in Rue Buffon. Ora come allora, il sangue le si gelò nelle vene e il senso di grave pericolo e di bufera incombente la avvolse come una cappa. D’un tratto capì: quegli occhi non erano soltanto geniali, ma erano gli occhi di un tiranno.
Per darsi un contegno e proseguire l’esame dell’interlocutore, gli chiese:
– Generale Bonaparte, come affrontereste l’Inghilterra?
– Colpendola direttamente negli interessi economici – rispose, con sicurezza e rapidità, Napoleone – La superiorità della Royal Navy non ci consente di attaccare le isole britanniche e paralizza la nostra flotta e gli approvvigionamenti via mare. Dobbiamo invadere l’Egitto e la Siria per spazzare via i collegamenti dell’Inghilterra con le colonie e infliggere un colpo mortale alla Compagnia delle Indie. Sin dai tempi di Alessandro Magno, l’oriente ha portato gloria ai condottieri valorosi.
Con occhi scintillanti, Napoleone continuò a intrattenere gli interlocutori coi suoi progetti ambiziosi e col suo genio militare, finché il Vescovo de Talleyrand non si avvicinò silenziosamente al gruppo e gli rivolse, con voce vellutata, una domanda.
– Se doveste scegliere fra il Vostro bene e quello della Francia, cosa scegliereste, Generale Bonaparte?
– Che differenza ci sarebbe, Eccellenza? – fu la laconica e convinta risposta di Bonaparte.
All’uscita dalla casa di Madame de Beauharnais, Oscar domandò ad André: 
– Cosa ti sembra di Napoleone Bonaparte?
– Valente lo è – rispose l’uomo, con aria pensierosa – A parte te e parlando con tutte le riserve di una conoscenza ancora troppo recente, è il militare più geniale che abbia mai conosciuto e, nella situazione in cui siamo, non possiamo certo fare gli schizzinosi….
– Però?
– Però, non mi convince. C’è qualcosa di terribile in lui che non saprei descriverti.
Oscar tacque, preoccupata per il fatto che André condivideva le sue stesse perplessità.
 
********
 
– Il quadro, adesso, è più chiaro, anche se è molto inquietante – disse Maria Antonietta, con voce grave – Quell’uomo è indubbiamente un eccellente Generale, ma è dotato di un’indole e di un’ambizione che richiedono la nostra massima attenzione.
– Dopo averlo conosciuto e averci parlato, conservo le mie perplessità – intervenne il Generale de Girodel – che, anzi, ho moltiplicato. Non ha limiti, non ha freni e non credo che consideri alcuna autorità superiore alla sua.
– Oltretutto – affermò il Generale de Jarjayes – Pur essendosi formato nelle nostre accademie militari, è estraneo al nostro ambiente, proviene dalla Corsica e la famiglia di lui è vicina all’indipendentista corso Pasquale Paoli.
Dopo una breve pausa, strinse la mano a pugno e aggiunse:
– Da che mondo è mondo – e lo dico da militare – dare troppo potere a un ufficiale è pericoloso.
– L’indole del Generale Bonaparte non è delle più modeste e rassicuranti – convenne Talleyrand – ma, per determinati scopi, potrebbe risultare estremamente utile. Ci vuole un uomo risoluto, militarmente preparato e di ampie vedute come lui per abbattere i nostri nemici. Dopo che ce ne saremo serviti, faremo sempre in tempo a sbarazzarcene.
– Rimango fermo sulle mie posizioni iniziali – insistette Girodel – Quell’uomo non sarà certo d’accordo nel farsi manovrare da noi come un burattino. Rischiamo di allevarci una serpe in seno.
– L’idea di colpire l’Inghilterra nei commerci, però, non è sbagliata – intervenne Maria Antonietta – Occorre soltanto verificare se è realizzabile e finanziariamente sostenibile. Il Generale Bonaparte è stato convocato, fra una settimana, a comparire davanti al Ministro della Difesa e allo Stato Maggiore dell’Esercito dove sarà valutato ed esporrà il suo progetto.
La Regina tacque per alcuni istanti e, poi, domandò:
– Cosa pensate, Madame Oscar? Finora, siete rimasta in silenzio.
– Napoleone Bonaparte è, a tratti, molto inquietante e tiene a se stesso molto più che alla Francia, Maestà – rispose Oscar con tono severo – Nella situazione in cui ci troviamo, però, non esistono alternative e non è escluso che, affidandogli alcuni incarichi di rilievo, si possa conquistarlo alla nostra causa.
– Condivido la prima parte del discorso di mia moglie – si inserì André – ma non l’ultima.
– Sono cosciente dell’incertezza della situazione – riprese la parola Oscar – Non mi sono espressa a cuor leggero e non sottovaluto quanto affermato da mio padre: dare troppo potere a un Generale può portare a un colpo di Stato. Resto, però, convinta che potremmo sempre fermarlo in tempo, se si rivelasse pericoloso.
– Attendiamo l’esito della convocazione davanti al Ministro e allo Stato Maggiore – concluse Maria Antonietta – In caso di valutazione favorevole, se quell’uomo vorrà l’Egitto, avrà l’Egitto. Non è detto che gli sforzi di lui saranno coronati dal successo, potendo pure bruciarsi. Se, invece, otterrà quanto si è prefisso, infliggerà un duro colpo all’economia inglese, con l’ulteriore vantaggio che, combattendo in Africa, se ne starà lontano dalla Francia e sarà meno pericoloso per tutti noi.







Facciamo, in questo capitolo, la conoscenza del Generale corso e della bella creola.
Entrambi, in verità, sono già apparsi, il primo, alla fine dell’ottavo capitolo e, la seconda, nel corso del precedente. Ora, però, entrano nel vivo della vicenda.
Abbiamo, quindi, scoperto l’identità della dama del fiume e che identità! Nel capitolo precedente, le presentazioni furono interrotte dall’arrivo di Euphémie (autentica cameriera mulatta della Beauharnais), così che mentre Joséphine conosceva l’identità di André, quella di lei era rimasta ignota. Gli inviti eccellenti al ricevimento, però, sono stati fatti da Barras e, quindi, lo stupore della Beauharnais nel rivedere André è autentico.
Nella mia ricostruzione alternativa, il terrore non c’è stato e il Visconte Alexandre de Beauharnais non è stato ghigliottinato. Napoleone e Joséphine de Beauharnais, dunque, non sono coniugi, ma amanti e lei, con la sua indole leggera e libertina, intrattiene rapporti anche con Barras e con altri uomini che le piacciono o che l’aiutano a tenersi finanziariamente a galla e ad elevarsi.
Le frasi “Le grandi battaglie si vincono con l’artiglieria” e “Sin dai tempi di Alessandro Magno, l’oriente ha portato gloria ai condottieri valorosi” furono realmente pronunciate da Napoleone.
Joséphine de Beauharnais, che viveva separata dal marito anche prima della vedovanza, abitò effettivamente al numero sei di Rue Chantereine, oggi Rue des Victoires, in un palazzetto che fu la prima dimora coniugale di lei e di Napoleone. Ecco un’immagine dell’allora numero sei di Rue Chantereine.
Come al solito, grazie a chi leggerà e recensirà!
   
 
Leggi le 15 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Lady Oscar / Vai alla pagina dell'autore: _Agrifoglio_