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Autore: dreamlikeview    05/03/2020    2 recensioni
Dodici anni dopo la fine della guerra, Draco Malfoy-Potter si considera una persona felice. Nonostante qualche scaramuccia con suo marito, il loro matrimonio è solido e stabile, il suo lavoro lo soddisfa e si sente fortunato, fino quando un Auror bussa alla sua porta. In quel momento, la sua vita perfetta è messa in discussione da una notizia, la notizia peggiore che possa ricevere: Harry risulta disperso, dopo un attentato alla sua squadra ed è probabilmente morto. E il cuore di Draco muore insieme a lui.
[dal capitolo 1:
Quelle terribili parole, che non avrebbe mai voluto sentire, erano appena state pronunciate dall'Auror. E il mondo di Draco Malfoy in Potter era crollato come un castello di carte dopo una folata di vento. Aveva perso Harry.]
[Drarry, short-fic, angst con happy ending]
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Disclaimer: I personaggi non mi appartengono, la storia è scritta senza alcuno scopo di lucro e non è finalizzata a offendere nessuno.
 
WARNING! ALERT! DANGER! La storia tratta per la maggior parte di lutto e come viene affrontato dal protagonista, anche attraverso dei flashback. Viene fatto un uso (abuso) sbagliato dell’alcool che io non condivido. Non fatelo a casa!

Avviso: L'OOC è leggero, credo di non aver stravolto troppo i personaggi stavolta. Ma la prudenza non è mai troppa. 
Nota: I flashback non sono in ordine cronologico.

Enjoy the show!


_____________________

 

The One That Got Away

1. Empty Space.


 

I've been doing things I shouldn't do, overthinking,
I don't know who I am without you […]
'Cause only you could fill this empty space.
[Empty space – James Arthur]

 

Era una bella mattina di marzo, la primavera era entrata e sembrava essersi lasciata alle spalle il grigiore invernale, anche se Londra tendeva ad essere piovosa, quella mattina un acceso sole brillava nel cielo. Quella sarebbe stata una bella giornata, pensò Draco Malfoy in Potter, mettendo il naso fuori dalla finestra della sua camera da letto.
Osservò il suo curatissimo giardino al piano di sotto e soffermò la sua attenzione sulla piantina di narcisi che lui e Harry coltivavano insieme ai gigli, in omaggio alle loro madri che li avevano lasciati troppo presto, dando la loro vita per salvare i rispettivi figli. Harry c’era stato per Draco, quando Narcissa era morta, due anni dopo la guerra. Era stata incarcerata, dopo essersi assunta tutte le colpe, anche quelle di Draco, dichiarando che lei e Lucius avessero obbligato il ragazzo a prendere il marchio nero, per poter scagionare il figlio, che era stato ampiamente protetto da loro e dalla testimonianza miracolosa di Harry Potter, il quale aveva dichiarato che Draco Malfoy avesse rischiato la propria vita, nascondendo sua la identità, quando era stato catturato e portato a casa sua. Entrambi i suoi genitori, però, erano stati condannati per crimini di guerra. Suo padre era stato condannato alla pena massima, cioè l’ergastolo, mentre la condanna di sua madre era stata mitigata dall’intervento di Harry; tuttavia non era sopravvissuta ad Azkaban, lì si era ammalata e, nonostante fosse stata ricoverata tempestivamente al San Mungo, il suo corpo non aveva resistito ed aveva ceduto.
Draco non aveva vissuto bene il periodo dopo la sua morte, ma al suo fianco aveva avuto Harry, all’epoca si frequentavano ancora, non erano ancora sposati. Harry lo aveva sostenuto durante il funerale e durante i mesi di lutto, aggravati anche dalla morte di Lucius, che probabilmente si era suicidato in preda al dolore e ai sensi di colpa. Draco era stato roso dalla colpa, avrebbe dovuto fare di più per loro, per proteggerli, avrebbe dovuto essere un figlio migliore… era stato incredibilmente fortunato ad avere suo marito accanto durante quell’oscuro periodo, era certo che, se non ci fosse stato lui, si sarebbe lasciato andare e avrebbe fatto qualche sciocchezza.
Cercò di scacciare quei pensieri dalla mente e si disse di essere ottimista; era una giornata troppo bella per avere pensieri tristi e negativi. Rivolse uno sguardo malinconico al cielo terso e sospirò, pensando per un attimo a sua madre e a tutto ciò che aveva sacrificato per lui. Se non fosse stato per lei, non sarebbe mai tornato a Hogwarts e non avrebbe mai scoperto che dietro all’eroe del mondo magico, si celava l’amore della sua vita – che pensiero totalmente sdolcinato – pensò, mentre le sue labbra si tendevano in un morbido sorriso – ma anche dannatamente vero.
Un leggero sbuffo di vento freddo gli colpì il naso, ma non lo infastidì più di tanto. Rientrò in casa e scese al piano di sotto per fare colazione; lui e Harry vivevano insieme in una villetta a schiera a Godric’s Hollow, non molto distante dal cimitero del quartiere magico, dov’erano seppelliti i genitori di Harry e dov’erano stati seppelliti anche quelli di Draco – l’enorme e sontuosa cappella della sua famiglia, era stata distrutta durante la guerra e dopo di essa, il ministero aveva preso qualunque possedimento dei mangiamorte e l’aveva messo all’asta. Così, Harry aveva suggerito di seppellirli nello stesso cimitero dove riposavano i suoi. Draco gli era stato grato anche di quello, il suo maledetto San Potter sapeva sempre cosa fare e come rendergli le cose più semplici.
La casa, in cui vivevano, era spaziosa e divisa su due livelli: al piano terra, il salone e la cucina formavano un unico ambiente molto ampio, diviso da una penisola con due sgabelli, i mobili erano di legno chiaro e sulla destra della sala c’era un bel divano nero di pelle e un televisore davanti ad esso, invece al centro c’era un enorme tavolo da pranzo circondato da decine di sedie, alle pareti erano appese tante foto e una enorme libreria occupava interamente la parete più grande della sala, la maggior parte dei libri era di Draco, i suoi libri accademici e quelli di lettura erano tantissimi, c’erano anche alcuni libri di Harry, ma il moro non conosceva nient’altro, a parte i film in dvd e il suo lavoro (non a caso, da tre anni era il capo della divisione Auror). Per lo più, i suoi erano libri accademici, alcuni di Hogwarts e altri del corso per Auror (pochi altri erano quelli che Hermione gli aveva regalato, ma lui non aveva mai letto), a completare il piano terra, c’era un piccolo bagno, arredato con il minimo indispensabile; al piano di sopra, invece c’era la loro camera da letto, decorata con i colori delle loro case, che facevano a pugni gli uni con gli altri e suscitavano le critiche di Draco, che avrebbe voluto meno colori accesi per la casa, avevano un enorme bagno, in cui c’era la più grande gioia di Draco: un’enorme vasca a idromassaggio, in cui adorava immergersi insieme a suo marito, dopo le giornate più lunghe e dure, inoltre c’era anche una stanza per gli ospiti, quest’ultima per lo più sterile, la usavano raramente, di solito quando qualcuno dei loro amici litigava con le consorti e si rifugiava da loro. Non erano stati mai molto d’accordo sull’arredamento della casa: a Draco sarebbero piaciute cose più ornamentali, Harry prediligeva stili più semplici, l’accozzaglia di colori nella loro camera era stata voluta dal moro e a quella provocazione il biondo aveva risposto con la vasca da bagno, ma a parte qualche scaramuccia per l’arredamento, erano sereni ed erano una coppia stabile (e innamorata, avrebbe detto Potter). Vivevano lì da quasi nove anni, si erano trasferiti in quell’abitazione due anni prima di sposarsi. A maggio avrebbero festeggiato il loro settimo anniversario di matrimonio. A volte, a Draco quella vita sembrava un sogno. Non era certo di meritarla, ma lottava ogni giorno per dimostrare di esserne degno.
Gli mancava Harry in quel momento, era partito due mesi prima per l’ennesima missione e non era ancora tornato. Per questo, quando aveva visto quel sole mattutino, aveva sperato che preannunciasse buone notizie, un buon auspicio per il ritorno di suo marito, ad esempio. Anche se non gli inviava una lettera da oltre due settimane, per una volta aveva deciso di non pensare al peggio. In realtà, era abbastanza preoccupato per suo marito, con il lavoro che faceva Harry, era difficile non esserlo costantemente, soprattutto perché nonostante la guerra fosse finita da dodici anni e Voldemort morto da altrettanti, i maghi oscuri si divertivano ancora a prendere di mira San Potter il sopravvissuto, per la leggenda secondo la quale era morto e ritornato in vita. Cercava, però, di continuare ad essere ottimista.
Fece un paio di incantesimi di pulizia e mise in ordine il salone, che era sottosopra a causa dell’imboscata dei suoi amici i quali, la sera precedente, si erano autoinvitati a casa sua, portando del cibo cinese d’asporto, sostenendo che avesse poca vita sociale a causa di San Potter. Gli aveva fatto bene staccare la spina per un po’, mangiare in loro compagnia e divertirsi, soprattutto quando avevano tirato fuori gli alcolici. Anche lui aveva bevuto un po’ e, quando gli altri erano andati via, era collassato nella metà di letto che in genere occupava Harry. Non era una persona così sentimentale da sentire il disperato bisogno di sentire il profumo del proprio partner sempre con sé, quando non c’era. Anche se, quando Harry era in missione usava le sue sciarpe senza problemi, avevano un buon profumo, tutto qui.
Che in quel momento stesse indossando la maglia del pigiama di Harry, era un mero caso: la sera prima era troppo ubriaco e aveva sbagliato maglietta, ovviamente (e anche il lato del letto. Per fortuna era solo in casa, così sarebbe stato più semplice nascondere il misfatto).
Stava ancora facendo colazione, quando il campanello suonò. Scattò dalla sua sedia e si diede una veloce rassettata, era davvero convinto che fosse lui. Corse ad aprire la porta e si ritrovò davanti un Auror impettito che lo guardava con pietà. Il biondo deglutì, sentendo il suo buon umore iniziare a svanire, il suo sorriso si spense.
L’ultima volta che un Auror si era presentato alla sua porta, in quel modo, era stato per comunicargli che Harry era stato colpito quasi mortalmente da una maledizione e che fosse ricoverato al San Mungo in gravi condizioni. Era stata una delle giornate peggiori per Draco, ricordava di aver preso il giorno di permesso dal lavoro, perché Harry gli aveva promesso che al suo ritorno a casa, sarebbero partiti per il finesettimana, quindi voleva preparare tutto l’occorrente per il viaggio. Harry era stato in coma indotto per quattro giorni, prima che le pozioni di guarigione iniziassero a fare effetto. Non aveva lasciato il suo capezzale per giorni, aveva ottenuto un permesso in quanto guaritore esperto, nonché suo marito. Si era preso cura di lui, fino a che non aveva visto i suoi occhi verdi aprirsi, segno che il peggio fosse passato.
In quel momento, gli sembrò di rivivere quell’attimo.
Fissò l’uomo davanti a sé per qualche istante, prima di riuscire ad aprire la bocca. Era quasi paralizzato, non voleva ascoltare nessuna cattiva notizia e per un momento, sperò che gli volesse solo dire che la missione avrebbe richiesto qualche altra settimana e il suo stupido marito avesse contattato il ministero per poterlo avvisare – a volte lo faceva, quando non poteva mandargli lettere o comunicare con lui.
«Posso fare qualcosa per lei?» chiese lui, celando la paura e la disperazione della sua voce, dietro ad un tono che poteva sembrare formale e impersonale. L’uomo gli rivolse uno sguardo dispiaciuto e non perse tempo a comunicargli la spiacevole notizia, spezzandogli il cuore.
«Signor Potter, io e tutto il Ministero siamo dispiaciuti di comunicarle che la squadra guidata dall’Auror Potter è stata vittima di un attentato, ci sono state molte vittime e suo marito risulta disperso da due settimane, purtroppo in questi casi si pensa al peggio, ci auguriamo di poter riportare a casa il suo corpo per un degno funerale» il suo corpo, degno funerale erano le parole che rimbombavano nella mente di Draco in quel momento. Aveva sempre conosciuto i rischi che comportavano l’essere sposato con il capo del dipartimento Auror, il quale aveva il difetto (o il pregio, a seconda dei punti di vista) di essere un ex Grifondoro con la sindrome dell’eroe, nonché salvatore del mondo magico; era consapevole che un giorno avrebbe ricevuto quella notizia, ma non era pronto, non così presto. Poi l’uomo gli consegnò una lettera e la comunicazione ufficiale, cartacea, da parte del Ministero. Draco istintivamente girò la lettera, la grafia storta e disordinata di suo marito recitava le parole Per Draco M. Potter, mentre la missiva ufficiale del Ministero conteneva solo la comunicazione di quella terribile notizia. Pur essendone consapevole, aveva sempre sperato di non trovarsi mai in quella situazione, dopotutto, uno dei motivi per cui Harry era sempre sopravvissuto era stata la sua fortuna sfacciata sul campo di battaglia. Dov’era finita quella volta? Dov’era quando lui ne aveva avuto bisogno?
Quelle terribili parole, che non avrebbe mai voluto sentire, erano appena state pronunciate dall’Auror. E il mondo di Draco Malfoy in Potter era crollato come un castello di carte dopo una folata di vento. Aveva perso Harry. «Questa lettera è stata ritrovata nella sua tenda, speriamo che possa esserle di conforto. Appena ritroveremo il corpo, le verranno restituiti tutti gli effetti personali di suo marito» comunicò «Siamo costernati, le nostre più sentite condoglianze».
Draco annuì davanti all’uomo, impassibile, gli strinse la mano, lo ringraziò – tutti gesti molto meccanici e privi di qualsiasi emozione, non sapeva bene cosa provasse in quel momento – e anche se la sua voce aveva tremato per un secondo, riuscì a non versare nemmeno una lacrima, non davanti a quell’uomo almeno.
Non poteva permettere che qualcuno lo vedesse crollare, lui non era quel genere di persona.
«Il Ministero sarà a sua disposizione. Se dovessero esserci novità su suo marito, sarà il primo ad esserne informato» disse formalmente «Mi dispiace davvero» aggiunse con tono meno formale e più amichevole «Conoscevo Harry personalmente, era uno dei migliori là dentro, per non dire il migliore».
«Già» mormorò senza forze Draco «La ringrazio» fece, stringendo la maniglia della porta per sorreggersi «Con permesso». L’uomo annuì e, dopo aver porto un saluto formale al vedovo, se ne andò. Quando lo vide sparire, Draco si chiuse la porta alle spalle e si lasciò scivolare contro di essa, senza riuscire più a muovere un muscolo e si portò una mano alla bocca per reprimere un singhiozzo, poi strinse al petto la lettera di Harry. Si fece forza su se stesso per non cedere alla disperazione, ma non riuscì a trattenersi a lungo, calde lacrime iniziarono a rigare le sue guance e si ritrovò a singhiozzare come un bambino, senza essere in grado di fermarsi. Il dolore era così forte che quasi non riusciva a respirare. Aveva perso Harry, non gli sembrava possibile una cosa simile.
Il mio Harry…
Aveva sempre immaginato che qualcosa del genere potesse accadere, aveva sempre avuto un sesto senso per quelle cose e suo marito non gli scriveva una lettera da più di due settimane, quello sciocco aveva la pessima abitudine di scrivergli settimanalmente quando partiva per le missioni; era fuori già da due mesi e gli aveva spedito solo due lettere, tre se contava quella che gli era stata appena consegnata. L’assenza di lettere da parte sua era stato un campanello d’allarme per Draco, che però non aveva subito pensato al peggio come suo solito. Harry lo rimproverava sempre di essere troppo pessimista, gli ripeteva costantemente che se avesse sempre pensato al peggio, poi nulla sarebbe andato bene.
«Perché?» si chiese tra i singhiozzi «Perché proprio lui?»
Perché era partito? Perché non lo aveva ascoltato neanche quella volta? Draco lo aveva supplicato di restare, lui era il capo, poteva mandare qualcuno al suo posto, poteva restare a casa quella volta. E invece non lo aveva ascoltato.
 
«Tornerò da te» aveva promesso il moro con quel suo sorriso ammaliante, il giorno che era andato via «Non preoccuparti, tornerò sempre da te».
 
«Bugiardo!» urlò Draco alla stanza vuota. Guardò quella lettera tra le sue dita e decise di non leggerla. Non ancora, non era pronto a leggere l’ultima lettera di Harry, conoscendolo il moro gli aveva raccontato delle sue ultime giornate in missione, di quanto gli mancasse e un’altra serie di stronzate che Draco non era pronto a leggere. Così si alzò a fatica dal pavimento e appoggiò la lettera sul mobiletto svuota-tasche che avevano vicino alla porta – senza quello Harry avrebbe seminato le sue cose ovunque, era famoso per il suo disordine, Draco aveva visto poche volte il suo ufficio ed aveva compatito la sua povera segretaria, che era costretta a capire qualcosa in quel porcile ed era certo che avrebbe trasformato anche casa loro in quello stato, se lui non fosse corso ai ripari  – e la lasciò lì. Tornò alla sua colazione, sentendo una terribile sensazione nascere dentro di lui, ma rifiutò di credere che la notizia appena ricevuta fosse vera.
Harry aveva promesso che sarebbe tornato e lui era famoso per mantenere le sue promesse. Doveva solo avere pazienza e tutto sarebbe andato per il verso giusto. Sì, Harry sarebbe tornato, era ciò che faceva sempre, era la sua caratteristica, tornava sempre a casa, tornava sempre da suo marito. Draco doveva solo credere che anche quella volta lo avrebbe fatto e aggrapparsi disperatamente a quella speranza per non sprofondare nella disperazione.
Era arrabbiato, triste, confuso, vuoto; non riusciva neanche a riconoscersi, voleva solo urlare e piangere, ma non poteva lasciarsi andare alla disperazione. Per tutta la giornata non riuscì a sentirsi se stesso, sentiva che una parte importante di sé fosse sparita, ma provò a fare altro, andò al lavoro e fece del suo meglio, cercando di non pensare a ciò che era successo quella mattina. Non mostrò a nessuno i suoi più tormentati sentimenti, nessuno dei suoi colleghi né il suo capo sospettarono nulla. Non voleva la loro pietà, non voleva la pietà di nessuno, non ne aveva bisogno, si sentiva già abbastanza patetico di suo. Fu impeccabile come al solito sul lavoro e alla fine del suo turno, quasi fuggì dall’ospedale.
Non tornò subito a casa, si fermò in un bar e ordinò qualcosa di forte da bere. Non servì a molto, l’amarezza e il dolore erano ancora pesanti sul suo cuore, così ritornò sui suoi passi. Aveva sperato che un po’ d’alcool sciogliesse quel macigno che aveva nel petto fin da quella mattina, ma era solo un illuso, se sperava di risolvere così i suoi problemi.
L’unica cosa che fece l’alcool fu farlo rilassare un po’.
Tornò a casa e una volta lì, come un automa si tolse i vestiti di dosso e indossò uno dei pigiami sformati di Harry, poi si mise nella sua parte di letto e strinse il suo cuscino. E fu lì che realizzò davvero ciò che era successo. Respirò il suo profumo e capì che non lo avrebbe più sentito di nuovo dalla sua pelle. Ancora una volta, diede sfogo alle lacrime, stringendo a sé quel cuscino e la realizzazione lo investì in pieno, come il mare in tempesta che s’abbatteva sulle navi e le faceva naufragare. Per la seconda volta, sentì la sua vita crollare, come un castello di sabbia travolto da un’onda brusca che lasciava solo il vuoto dietro di sé, lo stesso vuoto che Draco in quel momento sentì dentro di sé. Un vuoto che non sarebbe riuscito a colmare senza Harry, perché lui era l’unico in grado di colmarlo. Aveva bisogno di lui, un disperato bisogno di lui, gli aveva lasciato dentro una voragine e voleva solo che la riempisse di nuovo come prima, che tornasse.
«Avevi promesso di tornare, perché non sei tornato?» singhiozzò nel vuoto della stanza «Sei solo un maledetto, patetico, stupido, stronzo bugiardo, Potter» imprecò «Torna a casa…» mormorò. Si addormentò per sfinimento, a causa delle lacrime e dei singhiozzi che avevano sconquassato il suo corpo. Si addormentò stretto a quel cuscino, illudendosi di stringere lui, che fosse tornato e che fosse al sicuro tra le sue braccia. Lo sognò, sognò la sua voce che gli diceva te l’avevo detto che sarei tornato, sognò di baciarlo e di stringerlo a sé, sognò di fare l’amore con lui e di minacciarlo, affinché non partisse più e di lui che lo accontentava, promettendogli che non sarebbe mai più partito, che non lo avrebbe mai più lasciato da solo.
La mattina dopo, si alzò dal letto con il volto stravolto e quasi inespressivo. Non toccò cibo, né altro, bevve solo una pozione per far passare il latente mal di testa dovuto all’alcool che aveva bevuto e, dopo essersi lavato, controllò la posta. Il suo gufo gli aveva lasciato alcune lettere sulla finestra e decise di aprirne qualcuna, sperando dentro di sé di trovarne una in cui gli dicevano che c’era stato un errore e che la notizia del giorno precedente era sbagliata.
 
Draco, mi dispiace che abbiano mandato quell’incompetente a darti la notizia. A me lo hanno comunicato stamattina. Ti prometto che farò di tutto per riportarlo a casa, sono sicuro che è ancora vivo, sappiamo entrambi che ha la pelle dura. Se hai bisogno di qualcosa, di qualsiasi cosa io e Hermione ci siamo, okay? Abbiamo promesso a Harry che ci saremmo presi cura di te.
Ti aggiorno, amico.
Ron.
 
Lesse la missiva di Weasley e quasi ebbe l’istinto di strapparla e di urlare di nuovo. Ma era una buona notizia, giusto? Che Weasley mobilitasse qualche squadra per cercarlo e per riportarlo a casa, era positivo. Ron aveva ragione, Harry era vivo, disperso da qualche parte, ma era vivo. Doveva aggrapparsi alla convinzione che tutto si sarebbe risolto per il meglio. Deglutì un boccone amaro e annuì, scrisse una breve risposta colma di gratitudine al rosso e poi uscì di casa. Andò al lavoro, pronto ad affrontare un’altra giornata, sebbene avesse la morte nel cuore, nonostante le parole di conforto del rosso, non riusciva ad essere completamente ottimista. Quando raggiunse il San Mungo, ad accoglierlo trovò delle facce afflitte e dispiaciute – la pietà – i colleghi di lavoro e il primario dell’ospedale avevano scoperto della presunta morte di Harry dalla prima pagina della Gazzetta del Profeta. Maledetti accattoni.
Ignorò i “ci dispiace tanto, facci sapere se possiamo fare qualcosa per te” e i “perché non hai detto niente ieri?” e ancora “ti siamo vicini”, liquidò tutti con delle risposte fredde, formali e impersonali. Voleva solo lavorare e dimenticare. Il suo capo gli suggerì di prendersi un periodo di riposo per elaborare il lutto, ma lui rifiutò.
Non poteva lasciare il lavoro, se l’avesse fatto, sarebbe impazzito, ne era certo. Rifiutò qualsiasi tipo d’aiuto o conforto e si rifugiò nel lavoro. Sperava solo che prima o poi il dolore passasse un po’, che smettesse di fare così male e forse una piccola parte di lui sperava che Harry tornasse, che la sua fortuna sfacciata lo avesse salvato di nuovo e fosse trovato vivo e vegeto da qualche parte. Ma la sua era una speranza vana.
Come il giorno precedente, alla fine del suo turno, si recò nello stesso bar e ordinò da bere. Tornò a casa solo quando sentì la testa leggera e le lacrime minacciare di fuoriuscire dai suoi occhi. Si sforzò di resistere fino a casa, poi prese il cellulare e digitò il numero di Harry, ricordava bene quando il moro lo aveva convinto a comprarlo, solo perché lui adorava la tecnologia babbana e aveva dovuto coinvolgerlo.
Portò l’aggeggio all’orecchio e attese, a rispondere fu la segreteria telefonica di suo marito «Questa è la segreteria telefonica di Harry Potter, se mi avete chiamato e non posso rispondervi, mi dispiace! Lasciate un messaggio e vi richiamerò appena possibile… Draco, se sei tu, sarai il primo ad essere richiamato, ti amo».
Draco strinse il telefono e lasciò andare qualche lacrima, prima di avviare di nuovo la telefonata, solo per poter sentire ancora una volta la sua voce. Pianse più forte raggomitolandosi sul letto e strinse al petto il cuscino di Harry. Ascoltò di nuovo il messaggio e poi lo fece ancora e ancora, senza riuscire a smettere.
«Io…» sussurrò con la voce spezzata, dopo il bip «Volevo solo sentire la tua voce» disse piano cercando di non piangere «Ti prego, torna a casa…» aggiunse, prima di chiudere per l’ennesima volta la telefonata andata a vuoto.
Si rannicchiò sul letto, piangendo ancora e si addormentò con il cellulare in una mano e la testa sul cuscino, nella sua mente sembrò che fosse il petto di Harry. Draco era solito appoggiarsi a lui quando andavano a dormire.
Era patetico, spezzato, solo, distrutto.
 

°°°

 
Due settimane dopo, guardava ancora quella lettera sul mobiletto, in attesa di essere letta, senza avere il coraggio neanche di toccarla, anche se una parte di sé, quella più curiosa, ma anche masochista, premeva affinché la leggesse. 
Fin da quando aveva ricevuto la notizia ed aveva ottenuto quella missiva, non l’aveva aperta, non l’aveva letta. Non poteva farlo, perché farlo avrebbe significato segnare un altro colpo al suo cuore. Leggere le ultime parole di Harry, sarebbe stato come lasciarlo andare davvero, perderlo per sempre. Ma lo aveva già perso, lo aveva perso quando era partito per la missione, perché lui era un dannatissimo eroe e doveva comportarsi sempre come tale, senza pensare a chi si lasciava alle spalle, senza pensare al proprio marito.
Da quel giorno, la sua vita aveva assunto una nuova routine, andava al lavoro rispettando i suoi turni, alla fine di ognuno andava nel solito locale a bere, tornava a casa e dormiva con i vestiti di Harry e con la testa sul suo cuscino. Il suo dolore non usciva da quella casa. Al mondo intero sembrava che stesse bene, anche se lui aveva la morte nel cuore. Non si sarebbe mai fatto vedere distrutto dagli estranei che stavano solo aspettando il momento giusto per affondarlo, soprattutto non dopo le ultime notizie dal ministero, tutti gli uomini che erano partiti con Harry erano stati ritrovati, sia i sopravvissuti che i deceduti, l’unico ancora scomparso risultava proprio Harry, di cui si erano perse completamente le tracce. Nella migliore delle ipotesi, ritroveremo il suo corpo a pezzi – aveva dichiarato brutalmente l’Auror, che gli aveva comunicato quella notizia. L’ipotesi più plausibile era che, in qualità di capo, Harry fosse stato catturato, torturato e ucciso dai maghi oscuri. Quando l’aveva saputo, Draco aveva fatto fatica a non perdere il controllo, era stata davvero dura non crollare in pezzi lì, sull’uscio di casa. Non si era presentato al lavoro quel giorno, aveva bevuto e vomitato per tutta la mattinata ed era a pezzi. Il suo capo non aveva mosso obiezioni, anzi, gli aveva suggerito di prendersi più giorni e quella volta, il biondo lo aveva ascoltato perché non aveva la forza di muoversi da casa. In poco più di quindici giorni le cose erano precipitate, senza che lui se ne fosse reso conto.
Erano poche le persone a conoscere i suoi reali sentimenti: Pansy, Blaise, Theo, i suoi amici storici e le new entry: gli ex Grifondoro amici di Harry. Tutti loro erano andati da lui, quando avevano appreso la nuova notizia per dargli conforto, persino Ronald Weasley, che non aveva mai nutrito particolare simpatia nei suoi confronti, colui che si era opposto attivamente alla scelta di Harry di frequentarlo, dopo avergli promesso che avrebbe fatto di tutto per riportare l’altro a casa, era andato da lui, lo aveva riempito di frasi fatte, aveva tentato di convincerlo ad esternare il dolore, a parlarne con qualcuno per spronarlo, dicendogli che Harry non avrebbe voluto vederlo ridotto così, che avrebbe voluto che lui fosse forte. Peccato che lui non si sentisse forte in quel momento, non lo era mai stato, era sempre stato un ragazzino che si pavoneggiava di essere ricco e che si nascondeva dietro alle parole di suo padre ed era sprofondato a causa sua, fino a che non aveva trovato Harry e si era aggrappato a lui, sia fisicamente che mentalmente. Era Harry la sua forza e adesso che non c’era più, Draco si sentiva perso. Era stato lui a farlo risollevare dopo la guerra, a salvarlo da se stesso, dalla sua autodistruzione. Senza di lui, niente sembrava avere senso.
Da quando Harry Potter era diventato il centro della sua vita? Da quando era così dipendente da lui? Perché gli aveva fatto questo? Anche i suoi colleghi di lavoro erano stati a casa sua, anche se lui aveva detto espressamente di non voler essere aiutato. Pansy lo aveva abbracciato con forza, ma lui aveva risposto con una strana freddezza che aveva fatto infuriare l’amica, Blaise aveva dormito a casa sua per evitare che si facesse del male. Theo gli aveva portato del cibo d’asporto e avevano pranzato insieme, anche se Draco non aveva per niente fame, erano giorni che mangiava poco e niente. Hermione gli aveva portato dei libri ed era rimasta con lui per assicurarsi che stesse bene, l’aveva ringraziata, ma aveva sottolineato che non avesse bisogno di essere controllato come un bambino, Ron era stato da lui per dirgli che avrebbe voluto fare di più, avrebbe voluto riportarlo a casa, quasi scusandosi con lui. Sua zia Andromeda era andata da lui per assicurarsi che stesse bene e per dargli il suo supporto. Un altro merito di Harry? Averlo fatto riappacificare con la zia, l’unica parte buona rimasta della sua famiglia. Non era stato facile, ma alla fine aveva stabilito un rapporto d’affetto con la donna e anche con Teddy Lupin, il figlioccio di Harry e figlio di sua cugina, Nymphadora. Soprattutto il ragazzino di appena dodici anni, lo aveva spronato a reagire con una serie di lettere in cui gli spiegava i motivi per cui Harry sarebbe tornato, perché lui era certo che lo zio Harry tornerà, lui torna sempre. Draco avrebbe voluto credergli, davvero, ma non riusciva neanche a trovare la forza di sperare per il meglio. Harry gli aveva sempre promesso che sarebbe tornato e lo aveva sempre fatto. Perché quella volta non poteva essere come tutte le altre?
«Dovresti leggere la lettera» gli disse Andromeda, prima di andare via quella sera. Lei era l’unica a non forzarlo a parlare, a fare cose, Draco non voleva piangere davanti agli altri, piangeva già abbastanza quando era da solo e già si sentiva abbastanza patetico per la cosa, non ci teneva ad essere così anche davanti agli altri, anche se erano suoi amici «Sono sicura che troverai un po’ di conforto nelle parole di Harry».
«Non lo so» ribatté lui con la voce strascicata «Mi sento… bloccato».
«Lo capisco» disse lei appoggiandogli una mano sulla spalla «So bene come ti senti, ho perso sia mio marito che mia figlia, so bene cosa provi» aggiunse, Draco si sentì in colpa, sentendo quelle parole, perché era consapevole che la morte di Nymphadora fosse stata anche colpa sua, durante la guerra lui stava dalla parte sbagliata, era stato complice degli assassini di sua cugina; Harry gli aveva fatto dimenticare questo dettaglio, riusciva sempre a fargli trovare il lato positivo in ogni cosa: Pensa che se non fossi sopravvissuto, non saresti qui – gli aveva detto una volta. «Cerca solo di non lasciarti andare del tutto, okay?»
«Ci proverò» soffiò lui, sentendo un sordo dolore al petto «Mi dispiace».
«Non è colpa tua, ricordati che hai una famiglia e che non sei solo, okay?»
Draco annuì e quando sua zia andò via, sentì le mani prudere e la parte di sé che voleva leggere quella lettera ebbe la meglio. Così, quella sera prese un respiro profondo, prima di prenderla tra le dita, essa giaceva abbandonata sul mobile dell’ingresso da troppo tempo. Era arrivato il momento di leggerla e di sapere cosa gli avesse scritto Harry nella sua ultima lettera. Sospirò, prima di aprirla con le dita tremanti, poi iniziò a leggerla e i suoi occhi si riempirono di lacrime. La sua grafia era disordinata come al solito, un po’ sbavata in alcuni punti, frettolosa quasi. Era disordinato anche quando scriveva, ricordava i giorni in cui studiavano insieme, quando ancora erano amici e Harry gli scriveva dei bigliettini durante le lezioni per lamentarsi dei professori… erano da decifrare, ma Draco li conservava tutti, come conservava tutte le lettere che Harry gli aveva scritto nel corso della loro relazione, tutti i bigliettini d’auguri e le piccole note che gli lasciava sulla cucina, quando non riuscivano a fare colazione insieme. Li teneva tutti in una scatola nell’armadio, in uno scomparto segreto, cosicché nessuno, a parte lui e Harry, fossero a conoscenza del suo sporco segreto. Non voleva pensare che quella sarebbe stata l’ultima lettera che avrebbe aggiunto… era qualcosa che gli spezzava il cuore.
 «Harry…» sussurrò a bassa voce, come se da quella lettera suo marito potesse uscire e stringerlo con forza, com’era solito fare quando aveva gli incubi. Quasi gli sembrò di sentire la sua voce, mentre leggeva quelle parole, come se Harry fosse lì a leggergliela… ma Harry non era lì, Harry non sarebbe mai più tornato a casa, da lui, perché era morto.
 
“Marzo 12, 2010
Ciao amore mio, questa è l’ultima lettera che ti scrivo, prima che il mio plotone parta per una ricognizione che spero metta fine a questa missione, non potrò scriverti per qualche settimana, ma per la fine di questo mese, tornerò a casa. Se dovessi ritardare, sappi che sarò a casa in tempo per il nostro anniversario, quest’anno tocca a me sorprendere te, signor Potter. Ho già in mente un paio di cosette che potrebbero piacerti… ma non ti rivelerò nulla, ti sorprenderò.
Mi manchi come ogni volta che sono lontano da te, mi manchi come l’aria. Pensare a te mi permette di affrontare le battaglie e di arrestare quanti più maghi oscuri possibili, so che in questo modo ti proteggo e tengo lontano da te ogni cosa negativa. Ma, adesso posso dirtelo, amore, questa è l’ultima missione a cui partecipo.
Dopo la nostra ultima discussione, mi sono reso conto di quanto tu soffra realmente ogni volta che parto, di quanto tu stia in pena per me. Perdonami se non l’ho capito prima, perdonami se ti ho fatto soffrire e se ti ho fatto preoccupare. Seguo questo caso da troppo per non portarlo a termine, ma ti prometto che sarà l’ultimo. Non mi allontanerò mai più da te per così tanto tempo. Mi dispiace, mi dispiace tantissimo, amore mio, so quale sacrificio ti chiedo ogni volta, so che per te è difficile, che non vorresti farmi partire mai e mi dispiace costringerti a sopportare questo peso, ma ti prometto che questa è l’ultima volta. Ho provato a mettermi nei tuoi panni, ad immaginare di essere io al tuo posto e non è stato piacevole. Io morirei dentro a saperti in pericolo. Te lo prometto, tornerò presto e non ti lascerò mai più. Gestirò le missioni dall’ufficio e incaricherò un altro Auror di seguire le indagini sul campo e di riferire tutto a me, ma non ti lascerò mai più da solo, non per così tanto tempo, non andrò più sul campo di battaglia, te lo prometto.
Ti amo, Draco, con tutto il mio cuore.
Ci vediamo presto, amore.
Tuo, Harry”.
 
«Idiota, stupido testone con la sindrome dell’eroe» singhiozzò Draco, stringendo la lettera con le mani tremanti «Torna da me, ti prego, torna da me…»
Quello doveva essere uno stupido, crudele scherzo del destino, doveva esserci qualcuno che si prendeva gioco di lui, perché non poteva credere che quella lettera gli fosse arrivata, dopo aver scoperto della sua morte. Harry era morto durante la sua ultima missione, cos’era? Uno stupido scherzo? Oh, qualcuno doveva odiarlo davvero troppo per quel risvolto. Aveva bisogno di Harry, aveva un disperato bisogno di lui, e invece… non c’era. La disperazione si fece di nuovo largo in lui e scoppiò nuovamente in lacrime, stringendosi nella felpa di Harry che aveva indossato quella mattina.
Ormai indossava i suoi abiti e dormiva nella sua metà del letto, perché fare diversamente gli sembrava impossibile. Aveva bisogno di sentirsi vicino a lui in qualche modo. Qualcuno ancora gli diceva che il suo corpo non era stato ritrovato, che poteva sperare ancora. Ma Draco aveva perso la speranza, dopo che anche Ron aveva confermato che ormai non c’era più nulla da fare. Non era riuscito ad impedirgli di partire, sapeva che non sarebbe mai riuscito ad impedirlo, ma aveva fallito, quando aveva stretto suo marito, prima della partenza e gli aveva chiesto di non lasciarlo solo, di non partire… aveva fallito quando suo marito aveva aperto la porta ed era andato via.
Ovviamente, come poteva non aver fallito in qualcosa? La sua vita era una collezione di fallimenti: aveva fallito nell’essere il migliore a scuola, aveva fallito come mangiamorte, aveva fallito come compagno e come marito. Sentì nella sua mente la voce di suo padre, prima della sentenza, che gli ripeteva la lista dei suoi errori, quelli commessi durante la sua adolescenza. Aveva fallito in ogni missione affidatagli, fin da quando a undici anni suo padre gli aveva ordinato di farsi amico Potter. Aveva fallito, perché il bambino sopravvissuto aveva preferito il giovane Weasley, era finito in Grifondoro ed era diventato un eroe per tutto il mondo magico, mentre lui era sempre stato considerato il suo antagonista, perché si era sempre comportato in maniera meschina.
Anche per lui, Harry Potter era un eroe, ma col tempo era diventato anche qualcosa di più. Era diventato tutto per lui, l’uomo perfetto, nonostante i suoi infiniti difetti, suo marito. Non era stato facile tra di loro, certo, ma… Potter lo aveva reso semplice, anche se avevano un passato per niente facile alle spalle e una serie di errori e rimorsi che non erano andati via con facilità.
Il giorno che il ragazzo-sopravvissuto-che-aveva-sconfitto-Voldemort si era avvicinato a lui con la sua aria trasandata e sempre un po’ malconcia, durante quel fatidico ultimo anno, lo aveva invitato ad andare ad Hogsmeade con lui.
“Perché?” – gli aveva chiesto Draco sorpreso. Fin da quando erano tornati a scuola si erano evitati come due estranei, fino a quel freddo pomeriggio di metà novembre, quando la sua vita era cambiata. Alla sua domanda, il Grifondoro gli aveva semplicemente sorriso, in quel modo che lo contraddistingueva e che aveva sempre fatto battere il cuore di un sacco di persone – sì, anche quello del freddo Draco Malfoy – “Perché mi sembri solo. E penso che la guerra abbia fatto già troppe vittime. Basta con le vecchie faide” – aveva risposto, porgendogli la mano. A Draco era sembrato di vivere un déjà-vu al contrario e di essere tornato quel ragazzino di undici anni, a cui era stata rifiutata una stretta di mano, tuttavia era consapevole di non essere più quel ragazzino e di essere maturato da allora, così non si era fatto ripetere due volte l’invito, aveva afferrato la mano del moro e gliel’aveva stretta con forza, accettando la sua amicizia e tutto ciò che quella scelta avrebbe comportato, perché il sorriso che Harry gli aveva rivolto quel giorno e che non avrebbe mai dimenticato, lo aveva stregato immediatamente, anche se ci era voluto del tempo, prima che se ne accorgesse.
Erano andati a Hogsmeade insieme, Harry gli aveva offerto una Burrobirra e dei dolcetti deliziosi di Mielandia e avevano parlato di un sacco di cose, ma non avevano parlato dei processi, non avevano parlato del fatto che Harry avesse fatto il possibile per tenere Draco fuori dalla prigione, che la sua testimonianza, nonostante l’ammissione di colpa sua madre, fosse stata la sola cosa che lo aveva tenuto lontano da Azkaban. Per questo motivo, Draco si era sempre sentito debitore nei confronti del Grifondoro e quest’ultimo non toccava mai con nessuno l’argomento guerra. Non ne parlarono quel giorno né il mese successivo, ma aspettarono di essere pronti entrambi ad affrontare vecchi fantasmi e demoni.
Circa sei mesi dopo, sotto l’ombra del Platano Picchiatore, nascosti da tutta la scuola, si erano baciati per la prima volta. Harry gli aveva preso il viso tra le mani, aveva esitato qualche istante, gli aveva accarezzato le gote e poi aveva premuto le sue labbra contro quelle del biondo. Il bacio era stato impacciato all’inizio, un po’ esitante, ma perfetto nella sua imperfezione, i loro cuori che battevano all’unisono erano la conferma della perfezione.
Era stata la prima vittoria di Draco Malfoy. La prima cosa che aveva scelto davvero, che nessuno gli aveva imposto. Perché era giusto così. Ma la loro non era stata una storia facile, c’erano stati i mesi di tortura psicologica da parte di Ron Weasley, poi la stampa che ficcava il naso ogni volta che li vedeva insieme, la gelosia di Ginny Weasley che non riusciva a farsi una ragione del fatto che il suo ex preferisse gli uomini alle donne. (Harry aveva confessato di essere bisessuale, ma di preferire gli uomini.)
Avevano superato tutte le difficoltà insieme ed erano diventati più forti, si erano fatti forza l’un l’altro ed avevano vinto contro amici ostili e contro l’opinione pubblica, perché erano certi che il loro amore era più forte.
Non erano una coppietta romantica all’inizio, erano romantici a modo loro, c’erano sempre l’uno per l’altro nei momenti di bisogno, Harry era sempre sveglio quando Draco, durante la notte, aveva gli incubi che lo tenevano sveglio fino all’alba e lo stesso faceva Draco, quando Harry era giù di morale o preoccupato. Erano sempre pronti a confortarsi a vicenda. Ed erano sempre, estremamente competitivi, in tutto ciò che facevano, persino nella loro intimità, tra loro c’era sempre stata una latente rivalità, una sorta di reminiscenza del loro passato adolescenziale, che sfociava sempre nel dimostrare chi fosse più virile e dominante a letto – Draco riusciva sempre a sopraffare Harry, ma era convinto che il moro lo facesse di proposito, per non farlo sentire secondo a lui un’altra volta – bisticciavano a volte, ma erano felici. Harry era stato l’unico a vedere oltre la sua freddezza, a scavare sotto la corazza che si era edificato intorno e alla fine aveva trovato e conosciuto il vero Draco. Era l’unico di cui si fidasse al punto tale da mostrarsi debole o fragile nei momenti di sconforto. Sapeva che l’altro non lo avrebbe mai giudicato, con Harry era facile lasciarsi andare, mettersi a nudo e piangere quando ne sentiva il bisogno. Sapeva che c’era lui a sorreggerlo e che non lo avrebbe giudicato.
 
«Tu non sei cattivo» mormorò Harry con le labbra contro il suo petto, mentre percorreva una delle cicatrici che lui stesso gli aveva lasciato al sesto anno con il Sectumsempra «Avevi solo sedici anni quando hai preso il Marchio, eri stato plagiato dalla tua famiglia…» disse a bassa voce «E Voldemort minacciava di ucciderti. Eri un ragazzino spaventato, smettila di sentirti in colpa per questo» gli disse con voce dolce, mentre lo accarezzava «Anche io ho fatto un sacco di errori di cui mi pento, primo fra tutti è stato il non aiutarti quella volta nel bagno di Mirtilla» continuò accarezzandogli il petto, soffermando le dita sulle cicatrici «Avrei dovuto porgerti una mano, avrei dovuto chiederti se avessi bisogno d’aiuto» disse con rammarico «Averti quasi ucciso, averti lasciato queste, è qualcosa di cui mi pentirò sempre» confessò.
«Non è colpa tua, Harry, io… progettavo di uccidere Silente, avevo preso il marchio, ho cercato di lanciarti una cruciatus…»
«Invece è colpa mia. Avrei dovuto conoscere quell’incantesimo, prima di scagliarlo contro di te» disse piano continuando ad accarezzarlo «Avrei dovuto essere più empatico verso di te, capire che stavi vivendo un incubo».
«Ero un mangiamorte, ero sempre stato pessimo con te e con i tuoi amici, non avresti mai potuto aiutarmi… non avrei mai accettato il tuo aiuto» confessò Draco. A mente fredda, Draco sapeva che non avrebbe mai accettato l’aiuto di San Potter, ma spesso aveva immaginato il moro porgergli la mano quella fatidica volta e promettergli che lo avrebbe salvato. Harry sospirò, comprendendo le parole del compagno, un’ombra di paura attraversò gli occhi di Draco, temeva di aver detto qualcosa di sbagliato.
«Basta» sussurrò il moro, contro il suo orecchio «Non voglio più sentirti parlare male di te stesso» mormorò.
«Io… Harry, è complicato».
L’altro scosse la testa e prese tra le sue mani il braccio di Draco, quello con il marchio e lo portò alle labbra «Basta pensare al passato» sussurrò lasciandogli dei piccoli baci sull’avambraccio marchiato «… è ora di andare avanti, amore». I momenti in cui parlavano del passato erano i peggiori, ma anche i migliori, perché in qualche modo, Harry riusciva a mandare via i demoni del suo passato.
Erano insieme nella camera da letto di Harry, erano stati insieme al cinema (Draco l’aveva adorato) ed avevano mangiato dello scadente cibo babbano, ma si erano divertiti; rapidamente erano finiti in camera di Harry, baciandosi e spogliandosi a vicenda, travolti dalla passione. Stavano per fare l’amore, quando Draco aveva emesso un singulto e aveva detto di non meritare quell’amore, di non meritare Harry, di non meritare la sua comprensione perché lui era stato crudele in passato, aveva preso il marchio, si era schierato con Voldemort e l’ex Grifondoro aveva risposto in quel modo meraviglioso, facendolo sentire importante, facendogli battere il cuore, confessandogli i suoi errori e soprattutto che si pentiva di quella volta nel bagno, durante il sesto anno. Tuttavia, sapeva di non meritare tutta quella comprensione.
«Ma io credevo davvero che i babbani fossero una piaga e che i sanguemarcio… scusa, i nati babbani non dovessero essere chiamati maghi» ribatté sospirando «Ho sempre pensato cazzate, vero?»
«Giusto un po’. Ma eri giovane e ingenuo ed eri plagiato dalle idee di tuo padre, adesso hai quasi vent’anni, Dray, è ora di smetterla con i vecchi sensi di colpa…»
«Lo so, ma…»
«Shhh» sibilò e lo baciò, zittendo le sue proteste «Ti amo esattamente come sei, difetti compresi» sussurrò contro la sua bocca. Draco non rispose e lasciò semplicemente che l’altro gli dimostrasse di avere ragione. Lui non era cattivo, era codardo, ma gli piaceva il modo in cui Harry lo vedeva, avrebbe voluto vedersi anche lui così, ma decise di fidarsi del suo compagno. Si sarebbe sempre fidato di lui e del suo giudizio.
 

Draco si sfiorò le labbra e si guardò attorno, la casa era maledettamente vuota, fredda senza Harry, lui riusciva a riempire gli spazi vuoti con la sua sola presenza, con un solo sorriso; quel sorriso che Draco non avrebbe mai più rivisto. Forse non era cattivo, ma codardo sì e così si sentiva in quel momento, perché non riusciva a reagire alla sua perdita. Non poteva farcela, davvero. E adesso era solo e a pezzi.
Harry aveva davvero visto del buono in lui, ma Draco non era mai stato disposto a tirarlo fuori, o a mostrare ad Harry quanto davvero tenesse a lui; cosa che il moro aveva fatto. Lo aveva portato con sé ovunque, sfidando amici e parenti acquisti. La prima volta che erano andati insieme a casa dei Weasley e loro li avevano visti arrivare insieme, le espressioni sulle facce di tutti erano mutate: da gioiose erano diventate spente e tristi, alcune erano furiose. Draco aveva detto ad Harry che sarebbe andato via, ma lui lo aveva trattenuto, stringendogli la mano e «Ehi, vi ricordate di Draco? Stiamo insieme, vi sarei grato se evitaste di giudicarlo; la guerra è finita, ne ha passate tante anche lui, no?» Tutti erano rimasti impassibili, ma poi Molly Weasley si era avvicinata a lui e lo aveva abbracciato, Draco era rimasto immobile. «Benvenuto in famiglia, Draco».
Se lui fosse stato un po’ più incline alle emozioni avrebbe pianto, ne era certo. Non si era mai sentito accolto da qualche parte, come quel giorno. Non lo meritava, lo sapeva, ma dopo di lei tutti gli altri lo avevano accolto, dopo aver visto lo sguardo felice sul volto di Harry. Era tutto ciò che contava: vedere lui felice.
Quella volta, non aveva dovuto fare niente per ottenere l’affetto di quella famiglia, la signora Weasley gli aveva detto che a lei bastava che rendesse felice Harry, il resto non contava. Spesso, da quando la sua relazione con Harry era stata ufficializzata, si erano ritrovati alla Tana a pranzo o a cena e la donna lo aveva sempre trattato alla stregua di un figlio, nello stesso modo in cui trattava Harry. Anche il signor Weasley, dopo un po’ di reticenza, lo aveva accolto nella famiglia. Ron, nonostante fosse un po’ perplesso e taciturno, aveva grugnito qualcosa del tipo “Beh, se rendi felice Harry, dovrò accettarti, ma se gli fai del male, te ne pentirai amaramente”. L’unica che restò sulle sue per un po’ fu Ginny, la quale si rassegnò alla sua presenza al fianco di Harry solo dopo aver capito di apprezzare la compagnia femminile a quella maschile, rendendosi conto che quella che aveva avuto per Harry era stata solo un’infatuazione per l’eroe che l’aveva salvata quando aveva soli undici anni.
Nella famiglia Malfoy, invece, non bastava rendere felice qualcuno per ottenere la loro approvazione, bisognava eccellere, essere meschini, crudeli, servire un pazzo megalomane, ma lui era il fallimento, no? La delusione di tutti i Malfoy e anche l’ultimo rimanente a quanto pareva. Il giorno della sentenza della pena di suo padre, Harry e tutti gli altri gli erano stati vicino, come una vera famiglia e lo avevano sostenuto anche dopo le parole crudeli di suo padre. E c’erano stati anche durante i funerali dei suoi genitori.
Si era sempre sentito insicuro tra di loro, ma che lui andasse d’accordo con i Weasley rendeva fece Harry. Lui avrebbe fatto di tutto per vederlo sorridere sempre. Il moro era un idiota, avrebbe potuto avere chiunque, e invece amava lui. Gliel’aveva detto sempre con quel tono dolce e coinvolto, gliel’aveva sussurrato quando era convinto che Draco non lo sentisse – io ti amo, Draco, ti amo così tanto – e sperava di averlo fatto sentire amato, tanto quanto lui stesso si era sentito amato dall’altro. Harry lo aveva salvato da se stesso e gli aveva donato una famiglia che lo aveva accolto, nel momento in cui aveva perso la sua; Harry gli era stato sempre accanto a sostenerlo e a supportarlo; Harry avrebbe potuto amare chiunque, scegliere chiunque, ma aveva scelto lui, amava lui.
 
«Potresti avere chiunque, perché perdi tempo con me?» chiese Draco, durante il loro primo appuntamento ufficiale. Avevano preso i MAGO da appena una settimana e avevano deciso di darsi una possibilità durante quell’estate, prima che Harry iniziasse il corso per diventare Auror e Draco quello per diventare guaritore.
«Lo sai che mi piacciono le sfide» disse il moro guardandolo negli occhi, quegli occhi verdi che facevano girare la testa al biondo da qualche settimana, da quando si erano baciati prima della fine definitiva della scuola «E poi, tu sei interessante».
Draco alzò un sopracciglio «Mi frequenti perché sono interessante? Non perché sono sexy?»
Harry rise, la sua risata fece vibrare il cuore di Draco «Lo sei, sei dannatamente affascinante e sexy. E poi sei l’unico che non mi tratta come un eroe, ne ho le scatole piene di essere acclamato. Con te parlare è interessante e non mi annoio mai in tua compagnia» confessò il moro, le sue gote si tinsero leggermente di rosso, agli occhi di Draco sembrò adorabile «Mi permetterai di corteggiarti?»
«Oh certo che lo farò» ridacchiò il biondo «Chi non vorrebbe essere corteggiato da San Potter, lo Sfregiato?»
«Cretino» sbuffò Harry, lanciandogli contro alcune palline di carta che aveva fatto distruggendo nervosamente un tovagliolo «Dico sul serio, Draco, tu tiri fuori il meglio di me, anche solo guardandomi» confessò «Mi piaci».
«Come sei sentimentale, San Potter» disse il biondo sorridendo, bevendo un sorso di vino «E comunque, anche tu sei interessante, se escludiamo tutta la parte in cui ti elogiano come un eroe. Lo sanno tutti che hai avuto solo fortuna, e per fortuna intendo la Granger, probabilmente se non ci fosse stata lei, saresti morto da anni».
«Oh poco, ma sicuro! Senza di lei sarei morto al primo anno!» esclamò il moro, sentendosi meno in imbarazzo. Draco vide il disagio scivolare via dalle sue spalle e lo vide distendersi, ridacchiarono entrambi e si guardarono con complicità «Facciamo un brindisi» aggiunse dopo qualche istante, riempiendo i loro calici di vino «A… uhm, noi?»
«A noi» confermò il biondo, facendo scontrare leggermente i loro bicchieri.

 
Harry era la parte migliore di tutta la sua vita e adesso non c’era più.
Niente poteva andare peggio. Aveva perso tutto quello che aveva guadagnato con fatica. Forse aveva ragione suo padre, era solo un fallimento. Sarebbe stato difficile andare avanti ora, senza Harry sarebbe stato difficile vivere, ma era un Malfoy, anzi un Malfoy in Potter. Si sarebbe rialzato anche quella volta, anche se non sarebbe stato facile.
L’alcool era diventato il suo migliore amico, credeva che con esso potesse cancellare il dolore opprimente che sentiva nel petto, ma niente avrebbe riempito il vuoto che la morte di Harry Potter aveva lasciato nel suo cuore.
 
Harry se ne stava appoggiato al ripiano della cucina, a petto nudo, mentre aspettava che l’acqua nel bollitore arrivasse alla temperatura giusta per infondere la bustina di tè verde che aveva già preparato per lui. Draco lo guardava dall’uscio della porta con aria sognante. Aveva passato la notte da lui per la prima volta, fin da quando avevano iniziato a frequentarsi ufficialmente, nessuno dei due era rimasto per la notte (anche se il sesso non mancava mai) ma quella volta era stato diverso. Harry lo aveva trattenuto in un abbraccio caldo e con la voce arrochita dal post-orgasmo, gli aveva chiesto di restare, senza troppi sentimentalismi. Draco, emozionato, aveva annuito e appoggiato la testa sul suo petto, sentendosi stupidamente felice.
Si era svegliato quella mattina con una strana sensazione nello stomaco, le cosiddette farfalle nello stomaco e si era sentito felice. Lo aveva raggiunto in cucina e lo aveva trovato lì, intento a preparargli la colazione. Ed era la cosa più bella che avesse mai visto in tutta la sua vita. Lo raggiunse velocemente e lo abbracciò da dietro, appoggiando la testa sulla sua spalla.
«Buongiorno» mormorò contro il suo orecchio, dandogli un bacio sotto al lobo, sentendolo tremare tra le sue braccia. Potter era così, una persona forte, sicura, determinata, che tremava come un verginello per un semplice bacio in un punto un po’ più sensibile. Era anche per questo che Draco lo amava. La consapevolezza lo colpì come un pugno nello stomaco, ma non fece male, fu solo l’accettazione della cosa a renderlo un po’ malinconico. Se Harry non avesse ricambiato i suoi sentimenti? La sua presa su Harry si fece più intensa e questo lo spinse a voltarsi verso di lui e a guardarlo negli occhi.
«Buongiorno a te» gli sorrise – era il sorriso più bello che Draco avesse mai visto «Dormito bene?»
«Sì, bene…» mormorò in risposta, aveva la testa altrove, il suo pensiero continuava a tornare su Harry, sui suoi sentimenti e non prestava attenzione a ciò che accadeva. Si frequentavano da quasi un anno e nessuno dei due aveva mai fatto cenno a una dichiarazione. Draco di certo non sarebbe stato il primo. Potter stava per porgergli una domanda, ma lui lo fermò prima che potesse farlo e lo baciò con passione. Non gliel’avrebbe detto, ma gliel’avrebbe fatto capire… poi avrebbe lasciato che le cose procedessero nel modo giusto.
«Ti amo» soffiò Harry contro le sue labbra, prima di affondare la testa contro la sua spalla, con le gote rosse «Per Godric, che stupido, scusa… non avrei dovuto dirlo così, volevo fare le cose per bene…»
Draco sentì i fuochi d’artificio esplodere nella sua testa, il suo cuore ballare la rumba e trattenne il fiato, poi gli fece alzare la testa e lo guardò negli occhi, prima di sussurrare sulle sue labbra «Ti amo anch’io» mormorò «Anche se sei pessimo con il romanticismo» affermò prima di scoppiare a ridere. Harry lo baciò ancora, mentre il bollitore fischiava.
Era tutto perfetto così per Draco.

 
E se era vero che Harry c’era sempre stato per Draco, beh, era vero che anche quest’ultimo ci fosse stato sempre per l’altro. Ricordava quando avevano deciso di trasferirsi da Grimmauld Place a Godric’s Hollow, perché Harry aveva gli incubi costantemente, soprattutto la notte di Halloween, quando ricorreva l’anniversario della morte dei suoi genitori, il due maggio, quando ricorreva l’anniversario della fine della guerra e il 18 giugno, quando ricorreva la morte del suo padrino, Sirius Black. Draco era stato con lui tutte le notti, lo aveva stretto quando piangeva e un giorno di punto in bianco, aveva deciso che si sarebbero trasferiti in un’altra casa, perché secondo lui quella era piena di brutti ricordi e influssi negativi. Non era stato facile, gli incubi continuavano a tormentare Harry, soprattutto in quelle tre occasioni, ma col tempo erano diminuiti e aveva smesso di svegliarsi nel cuore della notte, urlando.
Ma soprattutto, Draco c’era stato quando Harry aveva iniziato a lavorare come Auror e tornava a casa sconvolto per i casi più cruenti che seguiva. Una volta, in particolare, era tornato cereo e tremante. Lo ricordava come se fosse accaduto di recente, invece risaliva a quando Harry era un semplice Auror e non il Capo della sua divisione.
 
«Draco?» lo chiamò Harry, entrando come una furia in casa «Draco, dove sei?» la sua voce divenne più allarmata e Draco uscì dal suo laboratorio, dove stava sperimentando una nuova pozione di guarigione. Non aveva mai sentito Harry così agitato di ritorno dal lavoro e non lo aspettava così presto. Lo aveva chiamato per avvisarlo che avrebbe fatto tardi a causa di un caso arrivato all’improvviso. Così, quando era tornato dal suo turno al San Mungo, aveva ripreso a lavorare alla versione migliorata della pozione anti-lupo, sperava di ottenere un risultato ottimale e poter essere certo di essere in grado salvare le persone che venivano morse da un lupo mannaro in piena trasformazione. Non aveva mai dimenticato il terrore che provava ad ogni luna piena, quando in casa sua viveva Greyback, il terrore che lo aggredisse durante la notte lo paralizzava ancora a volte, anche se ormai era morto nella sua fetida cella di Azkaban. E, inoltre Harry gli aveva raccontato del professor Lupin, di come fosse diventato un licantropo contro la sua volontà e come si impegnasse per non fare del male a nessuno durante le sue trasformazioni.
Sperava di riuscire migliorarla, soprattutto perché avrebbe significato aiutare molte persone. Frequentare Potter gli aveva fatto decisamente male, doveva ammetterlo.
«Draco!» urlò di nuovo il moro, era preoccupato.
«Harry, sono qui, che succede?» chiese. Non fece in tempo a vedere il volto sconvolto di suo marito che questi lo raggiunse in fretta e lo abbracciò con così tanta forza, da togliergli il respiro. Draco lo avvertì sotto le braccia, Harry tremava e respirava affannosamente «Ehi, ehi…» lo chiamò piano «Che succede? Perché tremi così?»
«Un caso, non posso parlartene» rispose con la voce tremante. Draco si staccò da lui e lo guardò negli occhi, erano spenti, sgranati, pieni di terrore, il suo corpo era tutto un tremito e il suo volto era cadaverico.
«Col cavolo che non me ne parli. Sei sconvolto».
«Ho solo bisogno di stringerti» fece Harry con aria smarrita «Posso…?»
«Vieni con me» rispose il biondo, prendendogli delicatamente la mano. Lo trascinò fino al piano di sopra, nella loro camera da letto, Harry lo seguì senza protestare. Il biondo lo aiutò a distendersi sul letto, dopo avergli tolto le scarpe, e gli mise le coperte addosso, prima di stendersi accanto a lui e stringerlo. Subito, Harry lo avvolse tra le sue braccia e affondò il viso nell’incavo tra il suo collo e la sua spalla, cercando conforto.
«Va tutto bene» sussurrò Draco «Sono qui con te».
«Tu non capisci…» deglutì Harry, la sua voce tremava ancor di più «Potevi essere tu…»
«Io?» chiese perplesso, l’altro annuì «Spiegami, senza dettagli. Dimmi solo quello che ti ha sconvolto così» fece lui «Lascia solo che ti aiuti, Harry».
«Era…» la sua voce si spezzò «Abbiamo ricevuto una chiamata. C’era un cadavere a Notturn Alley» deglutì «E-E lo abbiamo trovato io e Ron» si strinse di più contro Draco «Aveva… la nostra età, e… abbiamo scoperto che aveva il marchio nero. Supponiamo che sia un mangiamorte pentito e…» non riusciva a parlare e anche Draco iniziò ad agitarsi un po’ «Pensiamo che il colpevole sia qualcuno che ha preso di mira gli ex mangiamorte» deglutì «Sono andato nel panico, perché pensavo a te e il Ministro mi ha mandato a casa per controllare la situazione» disse con la voce che tremava ancora «Sono venuto a prenderti al lavoro e mi hanno detto che eri andato via già da un po’ e mi sono diretto a casa» raccontò ancora «Mentre tornavo, pensavo che ti avessero già trovato, che ti avessero fatto del male» spiegò affannando «Quando sono entrato e non ti ho visto, sono andato nel panico, mi dispiace, dovrei essere più forte di così».
«Ero nel laboratorio e non ti ho sentito subito, stai tranquillo» sussurrò con gentilezza al suo orecchio.
«Sono patetico» si lamentò il moro con un grugnito.
«Sei solo preoccupato, Harry, lo sappiamo entrambi che sei la persona più coraggiosa di tutto il mondo magico». Harry scosse la testa, Draco lo abbracciò e lo accarezzò, sperando che si calmasse «Sto bene, nessuno ha attentato alla mia vita e ti prometto che se dovessi avvertire il pericolo, te lo dirò subito».
L’altro annuì, ma Draco lo sentì tremare di nuovo. Non aveva mai visto Harry così sconvolto, si chiese in che condizioni fosse questo cadavere, per aver turbato così tanto colui che non aveva tremato neanche davanti a Voldemort.
«Non posso perderti, Draco» sussurrò il moro e la sua voce si spezzò in un singhiozzo «Non posso…»
«Non mi perderai» gli disse di rimando l’altro «So difendermi e ho il futuro capo Auror a proteggermi» lo rassicurò accarezzandogli la schiena «Devi solo calmarti. Andrà tutto bene». Harry scosse di nuovo la testa e Draco strinse la presa su di lui, stringendolo più forte; gli ci volle un po’, ma riuscì a farlo calmare senza dovergli somministrare nessuna pozione. Tuttavia lo tenne stretto ancora, fino a che non lo sentì rilassato tra le sue braccia.
Solo dopo una settimana di indagini – due Auror che scortavano, insieme a Harry, Draco al lavoro e che restavano lì durante i suoi turni, altri due di guardia davanti a casa loro – e un altro cadavere senza marchio, scoprirono che in realtà si trattava di un regolamento di conti tra ricettatori di manufatti di magia oscura e che il marchio nero sul braccio del primo era stato solo una spiacevole coincidenza.
«Da oggi, ai tuoi soprannomi si aggiungerà anche, Mr Tragedia Greca» disse il biondo «Ti si addice dopo la scenata che hai fatto per quest’ultimo caso» lo prese in giro, per allentare un po’ la tensione che si era creata in quei giorni. Harry annuì, pensieroso, poi si avvicinò a lui e lo baciò appassionatamente, prendendogli il viso tra le mani, sorridendo sollevato che quella storia fosse finita, Draco poteva sentire il suo sollievo sulla propria pelle. Erano stati giorni lunghi e difficili quelli, Harry era sempre sull’attenti e la notte non dormiva, temendo che qualcuno entrasse in casa per far del male al biondo.
«Chiamami come vuoi» sussurrò «Farò sempre di tutto per saperti al sicuro, anche se sarò un po’ esagerato, non mi importa. Tu sei più importante del resto, tu vieni prima di qualsiasi cosa». Draco arrossì e scosse la testa, baciandolo di nuovo, Harry avvolse le braccia attorno al suo busto e lo strinse per baciarlo meglio. Erano sposati da poco meno di un anno, ma a lui sembrava di essere stato suo marito da tutta la sua vita, come se avesse vissuto ogni istante, anche quelli più tormentati e oscuri, per trovarsi lì, tra le braccia di Harry Potter, al sicuro dopo che aveva mobilitato un intero dipartimento per proteggerlo per un “sospetto”. Era esagerato, ma adorabile. E «Ti amo, sciocco San Potter». Harry rise rilassato, prima di regalargli un altro bacio, stavolta più dolce. Adesso che la situazione era più calma, avevano bisogno entrambi di rilassarsi.

 
Draco buttò giù l’ennesimo bicchiere di liquore, mentre altre lacrime invadevano il suo viso.
Aveva tutto e lo aveva perso.
Non era giusto, semplicemente non era giusto.




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Lumos!
 
Hola gente!
Come promesso, ecco la nuova short-fic Drarry.
Con la notizia ufficiale delle scuole e delle università chiuse, mi ritrovo immersa in una melma indistinta, perché quest’anno dovrei laurearmi e non ho idea di cosa succederà per ora nel futuro. Quindi mi distraggo un po’ facendo ciò che mi viene meglio, scrivere e tormentare i personaggi.
State già preparando i pomodori? Volete già farmi fuori? Vi prego, non fatelo! Altrimenti non potrete mai sapere se il corpo di Harry verrà ritrovato o meno! Avevo questa storia in mente da tanto, ancor prima di TOF lol ma non avevo mai avuto l’estro giusto per scriverla. Poi sono riuscita a buttare giù un bel po’ di cose (e a sfruttare pezzi di altre cose che avevo abbozzato) e sono molto proud di questa storia. Sebbene sia breve (3 capitoli) questa storia cerca di raccontare la storia d’amore tra Harry e Draco, attraverso i flashback di quest’ultimo e il suo dolore nello scoprire ciò che gli è successo.
So sad, lo so. Però, però, però c’è un però lo scoprirete solo leggendo tutti e tre i capitoli u.u
Arrivate alla fine della storia, sono certa che non ve ne pentirete *occhiolino* Sguazzate insieme a me in questo mare indefinito di angst e attendete con ansia di scoprire cosa è successo davvero al nostro eroe del mondo magico, nonché marito di questo poveraccio che ho deciso di far soffrire indegnamente. Scappo, prima che Draco mi lanci una maledizione e si vendichi per il dolore che ha subito.
Spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto!  Ci becchiamo la settimana prossima per il secondo <3
See you soon, people!
Se volete recensire o lanciarmi i pomodori siete i benvenuti! :3
 
Nox.

 
   
 
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