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Autore: Freya_Melyor    07/03/2020    6 recensioni
~ Quarta classificata al contest "November Rain" indetto da MaryLondon sul Forum di EFP ~
3093 parole per raccontare dello straziante dolore di un ragazzo di fronte all'improvvisa morte della sorella.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eterea

 

 

 

Il ticchettio della pioggia sembrava essere l'unico suono che le orecchie riuscissero a captare, nonostante molti altri contaminavano fastidiosamente quella dolorosa circostanza che non richiedeva altro se non silenzio. Il cielo, ricoperto per intero da grige nubi cariche d'acqua, pareva essersi unito al lutto che d'improvviso aveva stravolto la vita di Alex, seguitando a buttar giù goccioloni che da ore piangevano insieme a lui.

La cerimonia era finita da un pezzo ma Alex si era rifiutato di fare ritorno a casa, così come non aveva voluto alcun ombrello a proteggerlo dal gelido acquazzone: il freddo aveva preso possesso della sua anima e non c'era più pericolo che la pioggia potesse estinguere la felice fiamma che da tredici anni a quella parte aveva illuminato le sue giornate... quella fiamma, ormai, si era spenta insieme a sua sorella.

 

 

Grace¹ era stata una sorpresa per l'intera famiglia, venendo al mondo quando ad Alex mancava solo un anno per raggiungere la maggiore età. Nascendo, aveva riempito di gioia i cuori di tutti, riconoscenti al buon Dio per aver mandato loro quella grazia inaspettata che li aveva finalmente completati. Alex, soprattutto, aveva vissuto quei nove mesi nella più totale incredulità, quasi come se avesse avuto paura che il sogno di tutta la sua vita potesse dissolversi e tramutarsi nel peggiore degli incubi.

Fin da bambino aveva desiderato un compagno di giochi, prediligendo ovviamente un fratellino che avrebbe ospitato nel proprio mondo immaginario abitato da dinosauri parlanti e sceriffi alieni. Quando la madre gli domandava cosa avrebbe fatto se invece fosse arrivata una sorellina, Alex la portava davanti la pattumiera rispondendo che l'avrebbe gettata nella spazzatura, attendendo quindi che nascesse un maschietto. Arrivato in seconda elementare, però, quand'anche l'ultimo dei suoi amichetti cessò di essere figlio unico, la visione di Alex mutò, dichiarando infine che non gli sarebbe importato se fosse nata una sorellina; l'importante, per lui, era non rimanere da solo. Ma col passare degli anni nulla accadde e Alex, tristemente, si abbandonò alla rassegnazione. Fino a quando, il giorno del suo diciassettesimo compleanno, i genitori gli fecero il regalo più bello di tutta la sua vita: all'inizio non trovò nulla di strano in quella semplice t-shirt la cui stampa riportava un boccale di birra con su scritto “Big Beer”; ma poi, scartando il secondo pacchetto, quasi non riuscì a contenere il tremore che lo colse per la commozione mentre osservava con occhi lucidi la maglietta per neonati in pendant con la propria, raffigurante questa volta un biberon colmo di birra e la frase “Little Beer”.

E così Grace crebbe amata e coccolata da tutti, principalmente da Alex che ancora non riusciva a credere di essere diventato un fratello maggiore, orgoglioso di quella sorellina che il sé di quattro anni avrebbe gettato nella spazzatura. Quando Grace non aveva ancora compiuto due anni Alex andò all'università e, nonostante la leggera lontananza e la consistente differenza d'età, i due crebbero uniti da un legame speciale tutto loro, divenendo complici e confidenti: Alex sapeva essere severo e buono allo stesso tempo, dicendo sempre di “sì” a Grace quando era possibile e riuscendo a spiegarle senza sforzo il perché dei “no”. Ogni volta che faceva ritorno a casa, le portava un pensierino che l'avrebbe sicuramente viziata se non fosse stato per l'animo nobile della bimba, la quale dava poca importanza al materiale dato che per lei il regalo più grande consisteva nel riabbracciare il fratello.

Qualche anno dopo, quando Alex raggiunse i propri obiettivi diventando indipendente, decise di trasferirsi non troppo lontano da casa; aveva avuto fortuna nel trovare un lavoro che gli piacesse sul serio, ma la realtà dei fatti era che non voleva allontanarsi dalla sorellina. Quasi ogni venerdì pomeriggio, finito di lavorare, andava a prendere Grace che lo aspettava impaziente con la sua piccola valigetta gialla, pronta a passare il fine settimana con lui: Alex la portava in giro con sé e i propri amici, i quali si affezionarono presto alla bambina quasi fosse stata un po' anche loro sorella. Andavano al cinema, al luna park o a far volare gli aquiloni al mare; d'estate, poi, amavano fare lunghe passeggiate in montagna respirando un po' d'aria fresca, fantasticando su cosa avrebbero fatto se fossero stati costretti – a causa di qualche disgrazia apocalittica – a rintanarsi sui monti e a sopravvivere senza altri mezzi se non col proprio ingegno. Ascoltando le assurde quanto ben costruite e fantasiose congetture di Grace, Alex si sentiva estremamente grato e, colmo di felicità, pensava che alla fine era stato lui a essere ospitato nell'immaginario mondo della sorella.

 

 

Un lampo squarciò il cielo bigio che stava diventando sempre più scuro e un fragorosissimo tuono ruppe il flusso dei pensieri di Alex, facendolo sobbalzare. Annaspando come se l'aria gli fosse mancata, si lasciò cadere accanto al cumulo di terra divenuto ormai fanghiglia. Non sapeva più se a bagnargli il volto fosse solo l'acqua o se la pioggia continuasse a mescolarsi alle sue lacrime; credeva di averle ormai piante tutte, eppure non riusciva a smettere di singhiozzare. Percepiva lo stomaco dolergli per i singulti di cui non possedeva il controllo ma che, sebbene silenziosi, non l'avevano più abbandonato da quando la funesta notizia lo aveva devastato per sempre: con la sua nascita Grace gli aveva cambiato la vita e con la sua morte l'aveva fatto ancora, catapultandolo nel più vuoto e gelido degli inferni senza possibilità di ritorno.

Alex non riusciva a darsi pace, si spremeva le meningi alla ricerca del più piccolo particolare che potesse essere loro sfuggito – a lui e ai suoi genitori; quel dettaglio che, se individuato, avrebbe potuto in qualche modo impedire che la Signora con la Falce portasse via la loro Grace così prematuramente. Tuttavia, per quanto si sforzasse, non riusciva a trovare nulla. Sua sorella aveva sempre goduto di ottima salute e la domenica precedente, quando l'aveva riaccompagnata a casa, era pimpante come al solito, felice per l'avventura vissuta col fratello solo il giorno prima e allo stesso tempo un po' triste poiché già terminata.

Al ricordo, un sorriso amaro spiegò le pallide labbra del ragazzo mentre gli occhi gli guizzarono sulla corona di margherite e gigli bianchi² adagiata sulla tomba; quel tripudio di candore, fortemente voluto da Alex, spiccava in mezzo agli altri fiori che adornavano l'eterno giaciglio, portando un po' di luce nell'anonimato di quei colori divenuti improvvisamente spenti e tristi.

 

 

Nonostante la stanchezza accumulata durante la settimana, Alex aveva ceduto agli occhi dolci di Grace; così quel sabato mattina di fine giugno si alzarono di buon'ora e partirono alla volta di una scampagnata sui monti che tanto adoravano. Erano innumerevoli le volte in cui avevano percorso quei sentieri, spingendosi sempre un po' più lontano alla ricerca di qualche vicenda che potesse metterli alla prova. Almeno questo era quello che Alex aveva sempre lasciato credere a Grace, la quale, crescendo, continuò a stare al gioco benché avesse scoperto le carte del fratello. Ma a loro bastava questo: passare del tempo insieme, godersi la natura e parlare delle più improbabili e surreali vicissitudini che avrebbero mai potuto vivere; eppure, quando quella mattina si avviarono verso la montagna, non sapevano ancora che avrebbero vissuto per davvero una delle avventure su cui tanto avevano fantasticato.

Iniziarono la loro camminata dal punto cui erano soliti partire, un piccolo sentiero che dal ciglio della strada si inoltrava nel fitto della vegetazione; si trattava di una scorciatoia immersa nel verde che portava fino al rifugio del luogo, meta assai ambita dagli amanti della montagna che lì si fermavano a riposare dopo la sfacchinata della salita. Tuttavia Alex e Grace non avevano mai percepito affanni, presi com'erano dai loro obiettivi; conoscevano quel sentiero a memoria, ricordavano l'esatta posizione di ogni masso e albero, sapevano quando avrebbero trovato il piccolo ruscello facile da oltrepassare e avevano impresso nella mente il punto in cui – una volta – sorpresero un capriolo col proprio piccolo. Ogni tronco, fiore e filo d'erba era stato testimone, negli anni, della crescita di entrambi e del meraviglioso legame che li univa in quanto fratelli.

Giunti al rifugio, non sentendosi per nulla stanchi, decisero di procedere verso la vetta del monte continuando a seguire il viottolo che, gradualmente, diveniva sempre meno trafficato quanto malridotto; ma a loro non importava, anzi!, la cosa sembrava divertirli – soprattutto Grace. La giornata era meravigliosa, il sole splendeva alto nel cielo e la temperatura si manteneva mite; condizioni queste che al maggiore dei fratelli sembrarono buone per avanzare verso l'ignoto. Così seguitarono a salire, inoltrandosi nel bosco e spingendosi poi oltre il confine immaginario da loro tracciato. Appena varcatolo, entrambi si sentirono pervadere da un'adrenalina indescrivibile: lei perché eccitata di avventurarsi in una nuova situazione e lui perché avrebbe fatto qualunque cosa pur di vederla felice. Si resero conto di come il paesaggio mutasse man mano che avanzavano, abbandonando l'aria da sottobosco quasi fiabesco per cedere il posto a fitti faggeti e querceti; persino l'aria sembrava diversa, maggiormente pura e salubre, mentre il verde acceso della macchia veniva sostituito da una tonalità più scura e intensa. Non incontrarono altri essere umani, solo un pascolo di mucche e vitelli sorvegliato da quattro pastori maremmani. Grace amava i bovini, la mucca era il suo animale preferito e ogni volta che incontrava una mandria insisteva affinché rimanessero a osservala per un po'; così, come avevano sempre fatto fin da quando era bambina, si sedettero su una roccia e iniziarono ad assegnare dei nomi alle bestie, immaginando quella che potesse essere la loro storia. Tra una fantasia e l'altra, ne approfittarono per mangiare il pranzo a sacco e, come spesso accadeva, furono raggiunti dai cani da pastore ai quali diedero gli avanzi. Oltre alle mucche, Grace amava tanto anche i loro guardiani e, nonostante si trattasse di animali dall'indole non sempre pacifica nei confronti di sconosciuti che si accostavano al pascolo, da lei si lasciavano avvicinare concedendole di fare loro qualche carezza. Alex non sapeva come ci riuscisse, ma non si stupiva affatto; era difficile, se non impossibile, non voler bene a Grace.

D'un tratto però, in quella che doveva essere l'ora più calda della giornata, il clima cambiò in un battito di ciglia: l'aria si alzò fredda, smuovendo le fronde degli alberi che iniziarono a frusciare con veemenza e il cielo abbandonò la sua limpidezza; presto fu ricoperto da pesanti nuvoloni che nascosero interamente il sole, scurendo il panorama che solo pochi minuti prima risultava vivace e luminoso. Tra le bestie calò un'agitazione generale e i maremmani cessarono la pausa che si erano concessi, ritornando al lavoro per contenere il nervosismo della mandria. Anche Alex iniziò a preoccuparsi, maledicendosi per aver condotto la sorella in alta montagna; eppure niente, in quella giornata, sembrò in precedenza predire l'arrivo di una tempesta che avrebbe mutato forme e tinte del paesaggio circostante. Grace invece era calma, pareva che la repentina metamorfosi non l'avesse turbata affatto e quando il fratello le domandò se fosse allarmata rispose di no, dicendogli che il nonno di Heidi era solito ripetere che in montagna le cose possono cambiare da un momento all'altro. Alex le sorrise e il cuore gli si alleggerì di poco, sollevato all'idea che Grace non fosse spaventata e stupito di come avesse fatto tesoro di un cartone animato dell'infanzia; bisognava però che corressero ai ripari e, per la tempesta che si preannunciava, tornare indietro risultava impossibile: la strada era lunga e non avrebbero fatto in tempo a raggiungere il rifugio. Guardandosi intorno alla ricerca di qualcosa che potesse proteggerli, Alex ricordò all'improvviso la baita non molto distante che lui e i suoi compagni avevano scoperto tanto tempo prima, quando, durante un campo estivo, si erano avventurati per i boschi in una missione Scout. Da allora erano passati più di dieci anni, ma valeva la pena provare a vedere se la vecchia baita fosse ancora in piedi. Così, risalendo la montagna, si diressero rapidi lungo il sentiero nodoso che s'inoltrava tra i fitti faggi. Ma dopo soli pochi passi la pioggia iniziò a scrosciare prepotente e, nonostante gli alberi li proteggessero in parte dall'acquazzone, non era prudente rimanere in mezzo ai tronchi che potevano essere colpiti da un fulmine. Alex incitò la sorella a un passo più sostenuto mentre la preoccupazione cresceva in lui, al contrario di Grace che invece iniziò a ridere di gusto, felice di quella che aveva tutta l'aria di essere l'inizio di un'avventura. Completamente fradici e affannati, giunsero infine alla baita che ancora resisteva al tempo e, con uno spintone, Alex aprì la pesante porta in legno leggermente deformata a causa delle intemperie susseguitesi negli anni.

Il rifugio non era molto grande, composto da soli due locali, ciononostante appariva ancora confortevole e relativamente in buono stato: la prima stanza aveva tutta l'aria di essere una cucina, arredata da pochi e modesti mobiletti di evidente fortuna, così come di fortuna erano anche il tavolo e le panche al centro dell'ambiente; in un angolo trovava posto il camino e – con sollievo di Alex – abbastanza legname da poter accendere un fuoco. Non si trattava di una casetta munita di luce elettrica, acqua corrente o altri comfort, ma non importava poiché l'unica cosa di cui in quel momento necessitavano era un fonte di calore in grado di asciugarli... e poi, com'era solita immaginare Grace in uno dei suoi tanti scenari, finalmente avrebbero potuto dare sfogo a tutte le loro risorse per cavarsela in una situazione ostile. Sempre col sorriso sulla labbra, la ragazzina aiutò il fratello ad accendere uno scoppiettante fuoco e, dopo aver tolto gli indumenti bagnati ed essersi riscaldata, andò a curiosare nell'altra stanza scoprendola decisamente più sgombra: due brandine arrugginite e un vecchio comodino consistevano negli unici elementi d'arredo, lasciando intendere che quella fosse la camera da letto. Grace si avvicinò al comodino e lo ispezionò, trovando all'interno del cassetto alcuni mozziconi di candele e – con grande stupore – un mazzo di carte; per il resto null'altro era contenuto nella casa, se non qualche pezzo di corda e alcuni utensili presenti in cucina. Trascorsero così quello che si preannunciava un uggioso pomeriggio, giocando a carte davanti al caminetto e discorrendo delle più astruse ed elaborate fantasie da sempre protagoniste delle loro conversazioni; risero e scherzarono parecchio, gettando di tanto in tanto uno sguardo fuori dalla finestra. Benché si trattasse di un temporale estivo, la tempesta sembrava non volersi fermare eppure ai due fratelli la situazione non dispiacque affatto, i quali continuarono tranquilli a inoltrarsi nell'intricato labirinto dell'immaginazione. Osservandola cimentarsi in chimeriche congetture, Alex non poté fare a meno di sorridere dentro e fuori, completamente innamorato di quella ragazzina che considerava non solo come sorella ma anche un po' come figlia. Avrebbe dato la vita per lei, pur di vederla felice e spensierata come lo era in quel momento.

Dopo un tempo consistente la pioggia cessò la propria caduta e lasciò che il rosa del cielo si creasse un varco tra il grigio delle nubi, illuminando leggermente tutto ciò che sotto di esso si trovava; la baita si riempì così dei flebili raggi del sole morente, colorando di un tenue arancio l'interno della stanza. Grace voltò la testa verso la finestra, scrutando l'esterno con occhi curiosi mentre Alex, di fronte a lei, osservava rapito il suo profilo, ammirando il caldo bagliore che leggero si posava sui delicati lineamenti, facendola apparire quasi eterea in quella posa sognante bagnata dalla luce del tramonto. Nonostante quel momento non durò che pochi attimi, gli rimase impresso nella memoria come un ricordo indelebile che, ne era sicuro, non avrebbe mai potuto dimenticare.

Con sincera spensieratezza a fargli battere il cuore, Alex si apprestò a seguire Grace all'esterno; fermatosi vicino a lei, le cinse le spalle mentre insieme posavano lo sguardo sul vasto prato che si estendeva ampio sul retro della baita, non rimembrandolo tuttavia nelle proprie memorie da ragazzino. Probabilmente a quattordici anni non ci aveva fatto caso, troppo occupato a concentrarsi su altri dettagli; ma da quando era arrivata la sua piccola sorellina, aveva imparato a fermarsi insieme a lei: Grace, con candida ingenuità, gli aveva insegnato fin da subito a guardare al di là delle apparenze, a scrutare oltre la superficie e a meravigliarsi per la bellezza offerta dal mondo. E così, perso in profonde riflessioni e stretto a Grace in un tenero abbraccio, Alex si emozionò alla vista di quel campo verde puntellato qua e là da vivaci fiorellini. «Ti voglio bene» fu la sincera risposta di lei che, ricambiando la stretta, continuò a rimirare gli infuocati bagliori del tramonto.

 

 

Ma di infuocato, ora, non rimaneva nulla: né il cielo, né il suo cuore, né tanto meno il dolore. La morte di Grace era calata su di lui come un'ombra, strappandolo alla calda fiamma che l'aveva riscaldato fino a neanche tre giorni prima. L'unica cosa che adesso percepiva era il vuoto; un vuoto amaro e gelido che gli gravava sul petto come se fosse rimasto intrappolato sotto quintali di neve. Riflettendoci, l'avrebbe preferito: avrebbe preferito per davvero rimanere vittima di una valanga piuttosto che preda di quel dolore così intenso, atroce e soprattutto vivo.

Vivo, a differenza di lei...

A tale pensiero, una risata sarcastica mischiata ai singhiozzi si alzò tetra nell'aria, facendogli dolere ulteriormente il torace: il vivido male che provava era l'unica cosa che l'avrebbe per sempre legato a Grace, confermando che lei era esistita per davvero, che quegli ultimi tredici anni non erano solo stati frutto della sua immaginazione.

Un altro lampo, un altro tuono. L'unico conforto, in quella giornata, era stata proprio la pioggia che – insieme a lui – aveva pianto e continuava mestamente a piangere. Zuppo di acqua e lacrime, con dita tremanti sfiorò i delicati petali delle margherite e dei gigli, incurante del maltempo che continuava a peggiorare. Strano come a fine giungo avesse luogo un temporale del genere, eppure non si trovavano in alta montagna dove le cose potevano cambiare da un momento all'altro.

Il plurale... pensava ancora al plurale...

Al ricordo delle parole di Grace, un debole sorriso gli mutò i tratti del volto. Sì, aveva i ricordi, ma se non ci fosse stata la sofferenza a tenerlo ben saldo coi piedi per terra, era sicuro che la propria mente straziata gli avrebbe – un giorno o l'altro – giocato qualche scherzo; d'altronde, da ancor prima che lo lasciasse solo in quel turbinio d'infinita tristezza e tormento, Grace era reputata da Alex come una creatura ultraterrena che, con la sua infinita dolcezza e genuinità, rendeva il mondo un posto migliore... ed era proprio così che lui l'avrebbe ricordata: per sempre buona, per sempre innocente, per sempre candida, per sempre sua sorella.

 

 

 

 

 

¹Grace significa “grazia” e, essendo stata appunto una grazia per la famiglia, non è un caso che abbiano scelto di darle proprio questo nome.

²Le margherite simboleggiano l'innocenza mentre i gigli bianchi la purezza; per tale motivo Alex ha voluto per la sorella una corona composta esclusivamente da questi fiori.

   
 
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