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Autore: GladiaDelmarre    09/03/2020    10 recensioni
Una serie One Shots che parlano di missing moments.
Ognuna di queste associata ad uno dei cinque sensi: vista, gusto, olfatto, udito, tatto.
E forse, alla fine, esisterà anche un sesto senso, quello che serve a comprendere la vita e le sue ragioni.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Sense of Life '
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Oro
 
Londra, 1990

(perditi negli occhi)

 

Era stata una giornata come mille altre, per Aziraphale.

La libreria era stata aperta, come tutti gli altri giorni, in un orario scelto da lui stesso secondo l’umore del momento. Aveva guardato con orrore, come tante altre volte, un bimbo piccolo con un gelato pericolosamente gocciolante girare trascinato per mano dalla madre tra gli scaffali e le pile di libri (era riuscito ad invitarli con educazione fuori senza danni irreparabili). Aveva anche quel giorno evitato che un compratore gli sfilasse una delle sue preziose primissime edizioni (una del paradiso Paradiso Perduto di Milton, in questo caso). Aveva custodito il sapere umano e la sua collezione come un soldato, come sempre.

E come sempre più spesso accadeva, Crowley era arrivato dopo l’orario di chiusura.

Aziraphale era seduto sulla sua poltrona preferita e sorseggiava un the al bergamotto.

 
Quando vedeva Crowley arrivare Aziraphale non riusciva mai a trattenere un sorriso. Una reazione istintiva alla presenza di colui con cui aveva diviso, bene o male, tutti gli anni della sua lunghissima vita. Col tempo aveva imparato ad associare a quegli incontri un piacere caldo che si irradiava dal centro del petto e raggiungeva ogni parte del corpo: dalle cellule epiteliali a quelle neurali che componevano il suo cervello umano, ognuna di queste fremeva e risuonava alla vista dei capelli dai riflessi di un fuoco da campo, della sua figura magra e nervosa, alla sua voce mutevole.
 
Quel giorno Crowley aveva una busta di carta con sé e se la rigirava tra le mani senza parlare.
“Beh, tieni”, disse infine, inclinando un po’ la testa e tendendogli il pacchetto raffazzonato.
 
Non era la prima volta che gli portava qualcosa in regalo, e la sua libreria era disseminata di oggetti, ninnoli e libri rari che Crowley gli aveva donato nel corso del tempo.

Stracciò la carta, scoprendo una tazza bianca, che al posto del manico aveva due piccole ali da angelo.
 

Rimase in silenzio per un attimo “Crowley, mio caro… è deliziosa!!” esclamò, con un sorriso che avrebbe scaldato uno stadio intero.
Crowley si aggiustò gli occhiali con un contegnoso “Ngk”.

 

***

 

Aziraphale usò la tazza per anni. La adorava, letteralmente.
 
Qualche tempo dopo l’Apocalisse-mai-avvenuta, la tazza gli cadde dalle mani.  Per chissà quale ragione era particolarmente distratto in quel momento, e al tonfo della porta della libreria che si chiudeva colpo semplicemente la lasciò cadere. Aziraphale, come al rallentatore, la guardò rompersi in una serie di frammenti. Le tanto amate ali si spezzarono.

Quando alzò lo sguardo, Crowley era lì a guardarlo.

Ad Aziraphale si riempirono gli occhi di lacrime. Dopo un attimo di silenzio, fu lo stesso Crowley a dirgli “Angelo, non ti preoccupare… basta un minuscolo miracolo… torna come nuova…” e si apprestò a schioccare le dita.
“No!” esclamò Aziraphale. “No non farlo. La riparerò alla vecchia maniera!” gli rispose concitatamente, inginocchiandosi a terra ed iniziando a raccogliere i pezzi. Si sentiva sciocco. Li prese tutti, fino all’ultimo, e li mise in un tovagliolo di stoffa, per riporli al sicuro sul suo scrittoio.

 

***

 

Il giorno successivo Aziraphale non aprì affatto la libreria.

 
La mattina presto si recò da un suo conoscente, Mizuyo Yamashita, con cui aveva spesso pranzato nei migliori ristoranti giapponesi di Londra. Parlarono a lungo, sorseggiando the verde importato dalla terra del Sol Levante, fino a che Aziraphale si inchinò profondamente e si congedò.

Riportò con sé una piccola borsa con dentro alcuni contenitori di coccio e delle pietre d’agata.
 
Dispose i pezzi della tazza ordinatamente sullo scrittoio. Erano una decina, più o meno, e Aziraphale provò più volte l’ordine in cui rimetterli a posto, memorizzandolo con attenzione.

Poi prese uno dei contenitori di coccio e lo fece scaldare, fino a che la pasta vischiosa al suo interno non divenne quasi liquida. Con un bastoncino la spalmò lungo i tagli netti del coccio, facendoli aderire.

“La lacca urushi tira in fretta” lo aveva avvisato Mizuyo, e Aziraphale si attenne scrupolosamente alle sue istruzioni. Ricompose la tazza con attenzione e poi passò alle ali, a cui si dedicò con una cura speciale. Aspettò il tempo necessario perché la lacca solidificasse, poi passò la pietra d’agata in modo da ridurne l’eccesso che aveva sporcato i bordi. Ripeté il processo più volte, riempiendo i vuoti lasciati dai frammenti più piccoli che non era riuscito a rimettere a posto, levigando e smussando via via ogni piccola asperità, fino ad arrivare quasi alla forma perfetta e originale della tazza.
 
Mancava solo l’ultimo strato.

Aziraphale prese la seconda boccetta e ne versò il contenuto su un foglio di carta velina su cui aveva preventivamente fatto una piega al centro. Era una polvere d’oro, sottilissima.

Ne mise un poco all’interno della tazza, appena un velo. Poi, con un tampone di seta, strofinò lievemente la superficie fino a far imprimere l’oro nella lacca stessa. Lo fece ancora su ognuna delle crepe, dentro e fuori, fino a che non furono completamente dorate.
 
Aziraphale si alzò in piedi, sgranchendosi e stiracchiando le membra intorpidite: era notte ormai, e non si era mosso dalla scrivania per ore ed ore. Aveva passato l’intera giornata in silenzio, mentre praticava la tecnica del kintsugi. Era stata un’esperienza mistica, in qualche modo.
Guardò la tazza ancora una volta, nuovamente intatta ma venata d’oro: mille volte più bella di com’era prima.
 
Splendida.
 
Quando Crowley tornò a trovarlo, Aziraphale aveva la sua tazza con le ali tra le mani. La stessa, eppure rinnovata.

Quando Crowley gli si sedette di fronte e lo guardò dopo essersi tolto le lenti scure, Aziraphale si perse per un attimo nella luce dei suoi occhi. Crowley forse era stata spezzato nella Caduta. Le sue ali erano diventate nere. Aveva perso la grazia di Dio.
 

Ma i suoi occhi d’oro, specchio dell’anima, dicevano il contrario.
 
 
 





Note: torno dopo tanto tempo su questa raccolta, dopo aver riflettuto un po' perchè non volevo scadere nella banalità. Spero che possiate apprezzarla. Grazie <3
   
 
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