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Autore: Elis9800    10/03/2020    6 recensioni
Kageyama Tobio è un geniale avvocato dal cuore di pietra.
Totalmente disinteressato a chi lo circonda, s’imbatte per puro caso in un medico dall’odioso sorriso perennemente stampato sul volto.
Quando una sistematica esistenza perfezionista e solitaria ne incontra una libera da schemi e sprizzante vitalità…
Un ferreo autocontrollo saprà resistere alle sconcertanti conseguenze dello scontro?
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[Future!AU]
[KageHina]
[side!BokuAka] [side!KuroKen] [side!IwaOi]
[14/15, epilogo in arrivo!]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Karasuno Volleyball Club, Nuovo personaggio, Shouyou Hinata, Tobio Kageyama
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Ambigue contraddizioni






I battiti del cuore di Shoyo si arrestarono bruscamente.

La sua respirazione si spezzò, come se un vigoroso calcio gli fosse stato assestato sullo sterno.

“Ka…Kage…yama?”

Non seppe il modo in cui fu in grado di emettere quell’unico, rauco suono, con la saliva condensatagli in gola similmente ad arido cemento.

Fissò l’uomo con sguardo allibito per quelli che gli apparvero interminabili minuti.  

Non credeva di essere mai rimasto talmente scioccato da qualcosa, prima d’ora.

Frenetiche e deliranti domande iniziarono a vorticargli impazzite nel cervello, regalandogli l’aspetto di una centrifuga priva d’ogni controllo.  

Che ci faceva Kageyama sulla soglia di casa sua?
Come conosceva il suo indirizzo?
Perché lo stava cercando?
Perché era lì??!

Improvvisamente, la bocca del legale si aprì e la voce profonda che ne uscì lo percorse come una scarica elettrica.

“Io… ecco, perdona l’invadenza. Forse… sono stato… inopportuno…”

Tobio s’interruppe, scoccando un’occhiata all’abbigliamento casalingo del medico.  

Il persistente stato di shock di Hinata fu repentinamente rimpiazzato da un terribile senso d’imbarazzo.
La temperatura della sua pelle crebbe vertiginosamente e le guance assunsero presto la colorazione di un pomodoro fin troppo maturo.

Chinò colpevolmente gli occhi sui morbidi pantaloni di flanella a righine azzurre.

Si sentiva veramente… mortificato.

Tobio percepì nello sguardo desolato del rosso qualcosa di profondamente stonato.

Si maledisse internamente per la propria mancanza di tatto.

Possibile che non ne faceva mai una giusta?
Era lì da appena una manciata di minuti e aveva già combinato un casino?
Perché doveva comportarsi sempre in maniera talmente inadeguata?

“Non che mi dispiaccia!” abbaiò con foga, agitando forsennatamente la mano in avanti nella speranza di correggersi.
“Ti sta davvero… cioè trovo che tu… che le righe ti donin… cioè sei, sei… insomma, sei carino con questo dannato coso addosso!!”   

Gli occhi di Shoyo guizzarono verso l’alto, inaspettatamente divertiti nonostante le gote ancora arrossate.

Kageyama stava cercando di…
Rivolgergli un complimento?

Tobio cercò di riacquisire un normale ritmo respiratorio, sebbene avvertisse distintamente il battito cardiaco tra le tonsille.  

“Quello che vorrei dire, è che… mi dispiace per… l’improvvisa intrusione ma… ecco, volevo… volevo solo… vederti”

Un silenzio pregno d’aspettativa colmò l’esiguo spazio che separava i due uomini l’uno dall’altro.

Imbambolato sulla soglia, Shoyo era completamente a corto di parole.
Riusciva solo a scrutare con occhi sconcertati la figura che gli si ergeva dinanzi.
I suoi neuroni erano stati nuovamente risucchiati in un ossessivo loop d’interrogativi privi di risposta.

Kageyama…
Si era scusato?
Aveva desiderato rivederlo?
Mettendo da parte l’orgoglio?
Raggiungendolo persino nella sua abitazione?

Il tenace silenzio perpetrato da Hinata provocò nel corvino la perdita d’ogni briciola di risolutezza rimastagli in corpo.

Si schiarì la voce con espressione abbacchiata, distogliendo goffamente lo sguardo.

“Se… se la mia presenza non è gradita… posso… togliere il disturbo”  

Forse fu quel tono mesto, quasi… sconfitto, a far finalmente reagire le sinapsi di Shoyo.

Sbatté le palpebre, risvegliandosi dalla torpida trance che l’aveva avvolto tra le sue labirintiche spire.

“No! No, io… non voglio che tu…”

Esalò un profondo respiro, tentando di riassestare i nervi in fibrillazione.

Non voleva che Kageyama se ne andasse.
Non voleva che quel titanico gesto d’avvicinamento andasse sprecato.

Riaprì le palpebre e rilassò le spalle rigide.

“Sono soltanto… sorpreso. Davvero sorpreso, Kageyama. Non mi sarei mai aspettato di aprire la porta e... trovarti qui” concluse con voce sommessa, abbassando gli occhi.

Non riusciva pienamente a metabolizzare che il legale si trovasse solo a qualche centimetro da lui.
Era una situazione talmente…

“E’ così assurdo?” domandò Tobio in un borbottio a malapena udibile.

Sì, eccome se lo era.

“Devo essere sincero?” ribatté ironicamente Shoyo con le sopracciglia inarcate.

Compresa l’antifona, Kageyama non si scomodò nemmeno a replicare.
 
Indirizzando nuovamente la propria attenzione sul medico, si soffermò sul vestiario casalingo, i capelli rossi spettinati e…

“Ti ho svegliato?!” chiese improvvisamente trafelato, colto da una terribile realizzazione.

Era un disastro.
Maledizione.
Non poteva credere di averlo disturbato per il suo stupido…

“Nono, mi sono alzato già da un’oretta” lo rassicurò però il medico, abbozzando un’espressione ilare a quell’atteggiamento apprensivo.

Scorgere Kageyama talmente nervoso… era strano, ma gli infondeva tranquillità.
Forse, gli ricordava che anche lui, in fondo, fosse un comune essere umano.

“Te l’ho detto, non mi…”

“Bacino, bacino!”

Il sangue di Tobio gelò inaspettatamente all’interno delle sue arterie.

“Shoyo, Shoyo! Bacino, bacino!”

L’espressione di Shoyo balzò dalla sorpresa.
Voltò velocemente la testa, nascondendosi alla visuale dietro la sbiadita porta in legno.

Il viso del legale s’incupì spaventosamente.
Una familiare sensazione omicida gli avviluppò prepotentemente le viscere.

Ovvio che il medico fosse stato colto tanto alla sprovvista dalla sua impensata apparizione.
La sua reazione adesso appariva perfettamente plausibile.
Perché non aveva considerato quella a dir poco scomoda possibilità?
Credeva di avere davvero il primato sul medico?
Era stato lo stesso Hinata a comunicare con assoluta franchezza il suo desiderio di rivedere l’essere dal rivoltante piercing sulla…

“Ai-chan, stai buono”

Le macchinose congetture di Tobio subirono una rude interruzione.

Ai…?
Cosa?

“Ti ho detto mille volte di rimanere in cucina quando sono alla porta”

Strabuzzò gli occhi, colto alla sprovvista.

Il rosso stava rivolgendo la propria attenzione a qualcosa di colorato che si agitava in maniera inusuale, quasi…
Svolazzando?

Tobio assottigliò le palpebre, interdetto.

Un…

“Campanello, campanello!”

Uccello?

“Insomma, ti sembrano modi?”

Le pupille dilatate di Tobio seguirono lentamente la direzione degli occhi di Shoyo e…

Uno strambo volatile dai colori accesissimi aveva arbitrariamente deciso di rendere la folta chioma del medico il proprio nido.

“Non ci si comporta così davanti a degli ospiti, Ai-chan”

Nonostante il perentorio rimprovero di Hinata, il volatile pareva essere concentrato a fissare con impertinenza Kageyama, che si accigliò infastidito.
Possibile che quell’assurdo pennuto gli stesse rivolgendo un’occhiataccia con quegli antipatici occhietti neri?

All'improvviso il becco giallastro si spalancò emettendo uno stridio acuto, da cui però si riuscirono a identificare due parole.

“Bacino, bacino!”

Shoyo sospirò con rassegnazione.

“Scusami se ti sto ignorando, Ai-chan” si difese, districandosi il pappagallo dai capelli e posizionando le piccole zampine sull’indice della mano destra.
“Ma non sei l’unico a pretendere la mia attenzione per oggi” spiegò con un sorriso, mentre la cocorita gli picchiettava affettuosamente la guancia.

Lo sguardo inebetito di Tobio indugiò su quella scenetta per diversi minuti.

Era un idiota.
Poteva essere più stupido di così?
Si era sul serio ingelosito di un fottutissimo…

“Scusami, dicevamo?”

Non ottenendo risposta, Shoyo si accorse che lo sguardo del corvino fosse ancorato sull’uccello variopinto appollaiatosi sulla spalla.

Una risatina abbandonò vivacemente le sue labbra.

“Kageyama, ti presento Ai-chan. Sembra essere un po’… geloso della tua presenza” ridacchiò allegramente all’espressione buffa del legale.

Ah, era il pappagallo a essere geloso di lui?

“E’ una cocorita di due anni, è molto intelligente e…”

Un sonoro brontolio echeggiò inaspettatamente per tutto l’ingresso.

Le guance di Hinata si dipinsero nuovamente di rosso fuoco.
Per coronare l’imbarazzante situazione, Ai-chan garrì allegramente “Fame! Fame!”

Grazie Ai-chan, grazie davvero.

“Ecco, a dir la verità… stavo pranzando” mugugnò grattandosi impacciato la nuca, non scollando le iridi dal pavimento dell’atrio.

A essere del tutto sinceri, stava letteralmente morendo di fame.

Gli occhi di Tobio, però, mal celavano un bizzarro luccichio.

“Ecco, io… immaginavo che stessi pranzando e… quindi ti… ti ho portato questi” bofonchiò mangiucchiandosi le parole e porgendo al rosso con il braccio teso come un fusto un sacchetto, nascosto fino a quel momento dietro la schiena.

Non riusciva a essere più naturale di così, dannazione?!

Le spalle del medico sobbalzarono dalla sorpresa.
Studiando di sottecchi il viso del corvino, accettò con circospezione la busta offertagli, e...  

Un inatteso odore familiare gli fece strabuzzare gli occhi.

“Nikuman??” esclamò con voce pregna di gioiosa aspettativa.

Non perse tempo a spalancare la busta e a sospirare estasiato, pescando un caldo fagottino bianco e addentandolo voracemente.

L’espressione a dir poco sognante stampata sul volto del medico mentre masticava il morbido panino di carne, stregò l’attenzione di Tobio più di quel che avrebbe potuto immaginare.

Era così strano che degli occhi potessero brillare con tanta intensità per qualcosa di talmente irrilevante, banale.
Faceva persino sembrare che fosse…
Semplice, essere felici.

Lo squisito sapore di carne di maiale aveva ottenebrato i sensi di Shoyo per qualche minuto, permettendogli di dimenticare che si trovasse ancora sull’uscio d’ingresso, in pigiama con Ai-chan sulla spalla e con davanti…

Un singulto strozzato gli sfuggì dalla bocca prima d’ingoiare speditamente il boccone.
Bastava un semplicissimo nikuman a scollegarlo totalmente dalla realtà?

Focalizzandosi nuovamente su Kageyama, si rese conto che il legale lo stava scrutando attentamente.

Gli occhi blu non erano freddi, bensì…
Tiepidi.
Le labbra erano piegate in un…
Sorriso?

Possibile…?

Le gote di Shoyo si colorarono appena.
Non per l’imbarazzo però, quella volta.

Umettandosi il labbro inferiore, spazzando via ogni rimanente briciola, prese finalmente una decisione.

“Vuoi… entrare?” domandò nonostante la trapelante punta d’insicurezza, spostandosi verso il cornicione della porta.

Il cuore di Tobio si cimentò in una spericolata acrobazia.

Hinata l’aveva appena invitato in casa?
Le sue graziose labbra a cuore avevano davvero proferito tali parole?
Il medico aveva seriamente posto da parte il risentimento nei suoi confronti…?

Annuì con vigore, tentando di racimolare la determinazione che l’aveva condotto lì quel pomeriggio, ma che pareva essersi letteralmente volatilizzata non appena aveva pigiato il campanello dell’abitazione del medico.
Era rimasto a fissare per interminabili istanti la targhetta sbeccata recante il nome “Hinata” come se avesse potuto trapassarla con lo sguardo.
Era sembrata l’attesa di un condannato a morte sul patibolo.

Abbozzando un sorrisino, Shoyo indietreggiò, permettendo al legale di entrare.
Si fermarono nel genkan, dove Kageyama s’inginocchiò per sfilarsi i mocassini neri.

Le iridi di Shoyo non riuscivano a staccarsi dal capo chino del corvino nemmeno per un singolo istante.

Era una situazione oltremodo surreale.
Mai, mai avrebbe potuto nemmeno contemplare che Kageyama, quel Kageyama, avrebbe messo piede in casa sua.
Non riusciva a credere che l’interesse del legale… si spingesse a tal punto.


“Insomma Shoyo, ti ha chiesto di uscire perché gli piaci, no? Avrebbe mai agito così se ti avesse ritenuto una persona banale?”


Le pizzicanti parole d’incoraggiamento di Suga gli risuonarono nel cervello come un ammiccante mantra, rasserenando almeno un po’ il suo cuore ballerino.

Riponendo il fagottino sfregiato dal suo enorme morso dentro il sacchetto, al cui interno appurò con estrema felicità vi fossero altri cinque nikuman pronti per esser divorati, Hinata si guardò velocemente intorno.

Non aspettava certamente di ricevere visite.

Passò vergognosamente in rassegna la tavola con il pasto non ancora consumato, il tatami bisognoso di una ripulita, le buste dell’immondizia accatastate accanto al frigorifero…

“E’ piccolo qui” fu la prima constatazione di Tobio non appena si addentrò nell’open-space con ai piedi soltanto i calzini scuri.

Hinata si mordicchiò il labbro inferiore.

“Non… non ho bisogno di molto spazio” si giustificò, mentre un’estranea sensazione di disagio gli fermentava astiosamente dentro il petto.   

Gli occhi di Kageyama sembravano scandagliare il modesto ambiente con particolare interesse.

“Non ho detto che sia una cosa negativa” replicò distrattamente, osservando l’enorme parete a vetri che si affacciava su una moltitudine di alberi dalle rossicce tonalità.
“E’ un posto che ti si addice” osservò pacatamente, lo sguardo smarrito in quella vista autunnale.

Shoyo aggrottò scetticamente le sopracciglia.

“Il disordine?” borbottò ironicamente.

Tobio ritornò a scrutare il viso del medico.

“No” pronunciò con sincera semplicità.

Sollevò appena la mano sinistra e additò la vetrata.  

“Avevi detto che non saresti riuscito a vivere senza un contatto con la natura, quindi è coerente che la tua casa sia accanto a un parco”

Il torace di Shoyo fu pervaso da un sussulto.

Kageyama…
Lo aveva davvero ascoltato?
Si ricordava con precisione la conversazione, avvenuta ormai il mese precedente, al Rikugi-en?
Possibile che l’egocentrismo del legale gli avesse ritagliato un po’ di spazio nella sua mente tanto individualista?

“Anche il disordine è… ecco, parte della tua… estetica?”
 
Il medico sbatté le palpebre, interdetto.

Poi, come se si fosse finalmente risvegliato da quella trance guardinga e circospetta che non lo aveva mai rispecchiato, scoppiò in una fragorosa risata spontanea.


“Non ti complicare la vita. Sii te stesso come sempre e non sbaglierai. A lui, del resto, piaci per questo”


Perché non imparava ad ascoltare i consigli di Suga più assiduamente?

Aveva sperimentato a proprie spese che con Kageyama fosse sempre meglio comportarsi in maniera estremamente genuina.

“Estetica? Ma ti senti quando parli?” lo prese in giro, incrociando le braccia al petto e appoggiando la schiena sulla vetrata della cucina.
“Puoi smetterla di utilizzare questi paroloni quando sei fuori dal tuo studio. Ti fanno sembrare ancora più buffo” sogghignò bonariamente.

Le guance di Tobio s’incendiarono dall’imbarazzo…
Tuttavia, non osò ribattere.  
Sentiva di meritarlo, quel trattamento sardonico.

“E poi, in fondo sei una persona semplice quanto me” considerò il medico scrollando le spalle, facendo alzare in volo Ai-chan.

Tobio corrugò la fronte.  

Semplice come lui…?

“Che vorresti dire?!” obiettò accoratamente, ma il frastuono prodotto dall’animale che gli svolazzava sopra la testa lo distrasse dal tentare di far valere il suo orgoglio.

“Ma non ha una gabbia questo pennuto?” inveì con esagerata veemenza.

Shoyo ridacchiò sotto i baffi.

Nonostante le varie incomprensioni e problematiche trascorse… quell’atteggiamento da testa calda gli era lievemente mancato.

Puntò la mano verso l’alto e in pochi istanti la cocorita si appoggiò sulle sue dita.

“La gabbia di Ai-chan è lì” spiegò, indicando un’imponente voliera accostata nell’angolo tra la televisione e la piccola libreria.
“Ma la utilizza soltanto la notte e quando io non sono in casa. Da solo tutto il giorno potrebbe combinare qualche guaio e farsi male” chiarì, guardando l’animaletto con affetto.
Ai-chan gli rispose strofinando le piume del capo contro la sua guancia.
“Anche se è un uccello, è comunque un essere vivente. Ti piacerebbe vivere rinchiuso in una gabbia tutto il giorno, Kageyama?” chiese in tono stranamente serio.
Come se avesse perfettamente compreso la conversazione, Ai-chan squittì sonoramente “Libero, libero!” e ricominciò a volteggiare graziosamente per la stanza.

Il legale si mordicchiò la guancia, riflettendo sull’implicazione di quella domanda.

“Ha senso” mugugnò alla fine, provocando un sorrisetto vittorioso nel medico.  
Tuttavia, prima di poter aprir nuovamente bocca, fu interrotto da un assordante fischio proveniente dalla tv, che causò come immediata conseguenza l’inizio di una serie di stridenti garriti da parte della cocorita.

Aveva notato, non appena entrato nell’appartamento, che la televisione fosse accesa a un volume decisamente superiore alla norma, ma in quel momento, con l’aggiunta dell’acuto verso del dannato uccello, la situazione stava divenendo intollerabile.

Resistette con uno sforzo alla tentazione di tapparsi le orecchie.  

“Come fai a vivere in mezzo a questo putiferio?” strepitò con voce dolente.

Celando un risolino divertito, Shoyo recuperò in mezzo ai cuscini del divano il telecomando e abbassò il volume della tv di qualche tacca.
“In realtà il rumore mi piace” svelò con un occhiolino, spostandosi poi distrattamente verso la cucina.

Seguendolo, Tobio scorse solo allora il pasto lasciato in sospeso sul tavolo rettangolare.  

“Oh, io… scusami, stavi mangiando e…”

“Non preoccuparti” scosse via il problema il medico, sedendosi per terminare il suo pranzo prima che diventasse del tutto immangiabile.
“E’ un po’ tardi per pranzare, ma ho finito il turno alle sette di questa mattina e ho praticamente dormito fino a poco fa” spiegò mentre afferrava le bacchette e trangugiava la rimanenza di riso nella ciotola azzurrina.
“E in realtà stavo proprio morendo di fame” confessò con la bocca piena.

Tobio arricciò il naso.

Non sapeva se essere disgustato dal modo di mangiare del rosso, di cui aveva già avuto esperienza diretta alla festa di Bokuto-san, o di trovarlo piuttosto…
Carino.

“Non avevo quasi nulla in frigo e anche se adoro il tamago kake gohan non ne avevo proprio una voglia pazza oggi, però non potevo fare altrimenti” continuò quasi senza prendere una pausa tra una parola e l’altra mente persisteva nell’ingurgitare mucchi di riso avvolti nell’uovo.

Il cervello di Tobio lavorava all’impazzata per raccogliere quante più informazioni possibili dalle parole di Hinata, cercando freneticamente di stare al suo passo.
Adorava il tamago kake gohan?
Non aveva nulla da mangiare?
Perché…?

“Quindi la mia domanda è…”

S’interruppe per inghiottire il boccone finale di riso.

“Sei un veggente per caso, Kageyama?”

Le sopracciglia di Tobio schizzarono verso l’alto.

“No, davvero” rise il rosso, passandosi con nonchalance la manica del pigiama sulle labbra.
“Come facevi a sapere che fossi così affamato? E’ anche una bizzarra coincidenza che tu mi abbia portato i nikuman, uno dei miei cibi preferiti… non trovi?” osservò sarcasticamente.

Le guance di Tobio si velarono di uno strato color porpora.

“Siediti e mangia i nikuman con me” esclamò Shoyo d’un tratto, intuendo il disagio crescente nel legale.
Afferrò con entusiasmo il sacchetto ancora tiepido e lo porse a Kageyama, che accettò con un cenno del capo un fagottino di carne e si piegò per sedersi davanti al rosso.
“Puoi sederti anche qui, Kageyama” pronunciò Shoyo con nonchalance mentre arraffava il proprio nikuman e ne divorava con foga la metà rimanente.

Il respiro di Tobio divenne improvvisamente rantolante.

Gli aveva appena chiesto… di sedersi accanto a lui?

Inghiottendo un grumo di saliva e tentando di non lasciar trapelare il proprio nervosismo, Tobio si sedette sulla sedia proprio accanto al medico, addentando il nikuman con maggior pacatezza rispetto al padrone di casa.

In realtà, non comprendeva perché il proprio cuore battesse tanto speditamente.

Si era già trovato a una certa distanza ravvicinata rispetto a Hinata.
Quando erano andati al Rikugi-en erano stati vicini e… diamine, era anche finito con lo stare sopra al medico!
Aveva avuto modo di scorgerne ogni connotato in maniera nitida, ogni piccola lentiggine…
 
Non era una situazione nuova per lui, allora perché reagire così?

Il suo cervello non avrebbe dovuto essere avvezzo a quelle sensazioni?
Al dolce odore di pesca, al modo in cui la sua mascella si muoveva, alle adorabili fossette sulle guance…

“Sono davvero squisiti! La carne è così tenera!” la squillante voce di Hinata giunse ai timpani di Tobio in maniera approssimativa.

Perché gli batteva poderosamente il cuore?

Non era in ansia, il difficile di quella situazione l’aveva passato, no?
Era arrivato lì, aveva racimolato il coraggio necessario per suonare a quel maledetto campanello.
Aveva ammesso le sue colpe, stava cercando di… rimediare, no?
Hinata non aveva detto niente di speciale.
Non aveva pronunciato nulla in grado di ribaltargli lo stomaco e fargli crollare le certezze che aveva sempre posseduto, come molte volte era riuscito in quei due mesi.

Allora…
Perché il solo essere seduti accanto a lui gli provocava quel palpito incalzante?
 

“Ti piace sul serio, eh”


Era per quello?
Era per quella ragione che si sentiva tanto stralunato?
Era così che ci si sentiva quando…

“Questo devo chiedertelo però, Kageyama. Come hai fatto ad avere il mio indirizzo?”

La voce cristallina di Hinata fu come un colpo di frusta per la mente del corvino.

Come aveva fatto a sapere…?

Sbatté le palpebre, incrociando gli occhi con le iridi nocciola del medico, vispe come non mai.
L’espressione curiosa sembrava incoraggiare Tobio a svelare tutti i suoi più intimi segreti.
Non che fosse mai stato complicato interagire con il rosso…

“Io… ecco…” si arrestò, scrutando il fagottino stretto tra le dita come in trance.

Era troppo mortificante rivelare l’effettivo svolgersi degli eventi.
Non poteva mica confessargli d'aver letteralmente implorato Kozume Kenma di…

“Prometto di non prenderti in giro se è una storia imbarazzante” lo precedette Hinata, terminando il nikuman in un boccone e scoccando un occhiolino al corvino.

Tobio assottigliò gli occhi.

“L’ho già sentita questa promessa” sibilò mordace.

Il rosso si lasciò scappare una risatina al ricordo di come l’avesse preso in giro al parco.

“Stavolta non userò trucchetti. Sono davvero curioso di saperlo” assicurò, annuendo con vigore.
“E daaai, Kageyama. Ti ho anche invitato a entrare. Non merito qualche piccola informazione?” cinguettò in tono innocente, allargando gli occhi e inclinando la testa.

Cazzo.
Era esageratamente carino.

Sbuffò simulando fastidio, sebbene in realtà sperasse di non lasciar trasparire il suo rossore.

“Ho chiesto a Kozume Kenma” sputò fuori tutto d’un fiato.

Il viso del medico fu attraversato da un’espressione di sorpresa, seguita da una appena oltraggiata ma imperniata di malizia.

“E come l’avresti convinto a farlo parlare?” domandò perfidamente.

Non era mica stupido.

Kenma non l’avrebbe mai venduto così facilmente senza un adeguato scotto da pagare.  
Soprattutto dopo che la loro ultima interazione era stata l’assoluto disastro della settimana precedente…

Tobio parve preso alla sprovvista da quella domanda.
Non pensava mica che il medico avrebbe preteso di conoscere la modalità con cui fosse venuto a conoscenza di quei dettagli

“Allora, Kageyama?” lo rimbeccò Shoyo  con un sorrisetto diabolico, provocando in Tobio la voglia di affondargli la testa nel sacchetto dei nikuman e soffocarlo.



La verità era che dopo aver ricevuto la risposta di Akaashi ed essere tornato a casa, Kageyama era rimasto sdraiato sul letto a fissare il contatto email di Kenma per interminabili minuti.
Scrivere un messaggio al biondino alle quattro del mattino sarebbe stato assolutamente inappropriato.
Era ben diverso dal rivolgersi ad Akaashi, che, nonostante non riuscisse ancora a considerare un amico nel senso stretto del termine, era decisamente più avvezzo al comportamento di Tobio.
D’altro canto però temeva che se avesse fatto trascorrere troppo tempo avrebbe perso la sua fatidica occasione.
Si sentiva particolarmente motivato dopo le parole di quel ragazzino, Jun, che ancora gli riecheggiavano nel cervello e lo incalzavano a darsi una mossa.


“Potresti spiegare la situazione a un suo amico cosicché possa darti l’indirizzo. Sono sicuro che capirà. L’importante è mostrarsi sincero del tuo pentimento”


Alla fine, con la mente frastornata da tutti gli eventi di quella bizzarra serata, aveva gettato al vento la razionalità che gli impediva di compiere quel piccolo, ma fondamentale, passo in avanti.


4:03
A: Kozume Kenma
“Kozume-san, sono Kageyama Tobio. Ci siamo visti l’ultima volta all’incirca una settimana fa, alla cena con Bokuto-san, Kuroo-san, Akaashi-san e… Hinata. Mi scuso per l’ora, ma ho urgentemente bisogno di un’informazione, ovvero l’indirizzo di Hinata. So che può sembrare una richiesta inopportuna… ma ho davvero la necessità di parlare con lui”




“Ho solo… spiegato le mie motivazioni”

Shoyo emise un tenue sbuffo.

“Non è che non voglia crederti, Kageyama, ma ci vuole ben altro per convincere Kenma a schierarsi momentaneamente dalla tua parte. Soprattutto considerati gli ultimi avvenimenti”

L’allusione del medico non passò certamente inosservata e il legale quasi si strozzò con la sua stessa saliva.

Dio, odiava quello scricciolo.
Ma al tempo stesso…

“Ci prendi gusto a umiliarmi così?” bofonchiò a testa china, non osando incrociare lo sguardo del rosso.

Shoyo parve rimuginare su quella domanda, prendendosi il mento con le dita ed emettendo un mugugno pensieroso.
“Sarei tentato a rispondere di sì solo per prendermi una rivincita, ma la verità è che trovo il tuo imbarazzo piuttosto carino”

Tobio sgranò gli occhi, impreparato a un’osservazione del genere.

Vincendo le proprie resistenze, sollevò il capo sul volto di Hinata e trovò ad attenderlo un’espressione decisamente divertita.

“Allora, me lo dici o no come hai fatto?” rincarò la dose, avvicinando pericolosamente con fare giocoso il viso a quello del corvino, che da parte sua percepì un certo calore espandersi sulle sue gote.

Le iridi nocciola lo guardavano con fervente aspettativa, luccicanti come non mai.

Sospirando sconfitto, quante volte doveva sentirsi sbaragliato da quel pel di carota?!, rammentò malvolentieri lo spinoso scambio di messaggi con Kozume Kenma nel cuore della notte di sabato.



04:05
Da: Kozume Kenma
“Non c’è bisogno di presentazioni, so bene chi sei. Perché dovrei darti l’indirizzo di Shoyo?”


04:07
Da: Kageyama Tobio
“Ho bisogno di parlargli faccia a faccia. Vorrei scusarmi”


04:08
Da: Kozume Kenma
“Non credo allora sia necessario il suo indirizzo di casa. Potete sempre vedervi in ospedale”


04:11
Da: Kageyama Tobio
“Ho bisogno di vederlo al più presto, non posso aspettare la prossima visita. Per favore, Kozume-san”


04:12
Da: Kozume Kenma
“Potevi pensarci prima, Kageyama”


04:14
Da: Kageyama Tobio
“Kozume-san, sto cercando di rimediare. Sono… davvero pentito del mio comportamento e voglio dirlo chiaramente a Hinata. Ho già fatto passare troppo tempo”


04:15
Da: Kozume Kenma
“La colpa è solo la tua”


04:17
Da: Kageyama Tobio
“Lo so, ne sono consapevole. E’ per questo che ho bisogno di vederlo e… ecco, vorrei sorprenderlo in positivo per una volta”


04:18
Da: Kozume Kenma
“Perché dovrei aiutarti?”


04:19
Da: Kageyama Tobio
“Perché sei una delle persona più vicine a Hinata e ho bisogno del tuo consiglio”


04:20
Da: Kozume Kenma
“Ripeto, potevi pensarci prima, non credi?”


04:22
Da: Kageyama Tobio
“Ho sbagliato, Kozume-san, ho sbagliato va bene? Cosa posso fare più che ammetterlo?”


04:23
Da: Kozume Kenma
“Convincermi che non farai soffrire Shoyo un’altra volta.”


04:26
Da: Kageyama Tobio
“Non posso dartene la certezza, Kozume-san. Sono fatto così, non posso cambiare chi sono”


04:29
Da: Kageyama Tobio
“Però conoscere Hinata mi ha fatto riflettere su cose che non avevo mai preso in considerazione… tra cui capire di aver sbagliato nei suoi confronti. Ho bisogno di rivederlo, per favore Kozume-san. Quando sono con lui sento qualcosa di diverso, che non avevo… mai percepito prima”


04:30
Da: Kageyama Tobio
“Voglio vederlo e cercare di spiegargli perché sono fatto così, quello che provo quando sono con lui… e se allora non vorrà più vedermi, va bene. Però… prima voglio provarci, Kozume-san”


04:32
Da: Kageyama Tobio
“Per favore”


04:34
Da: Kozume Kenma
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“Gli ho detto che avevo bisogno di vederti per scusarmi con te…”

S’interruppe, mordendosi con veemenza l’interno della guancia e percependo l’amarognolo sapore del sangue.

“Ed è bastato solo questo?” chiese scetticamente Hinata con un sopracciglio inarcato, non smettendo di scavare con quei suoi occhioni brillanti nemmeno per un istante l’anima di Kageyama.

Tobio sbuffò scocciato, nonostante internamente stesse letteralmente bruciando di vergogna.

“E che ti avrei confessato come mi sento quando ti sto accanto, okay?! Contento adesso, idiota d’un medico?!”

Shoyo sbatté le palpebre più volte, interdetto da quell’improvvisa e fomentata dichiarazione.

Se da un lato percepì la temperatura corporea aumentare vertiginosamente, dall’altro non poté trattenere una smorfia compiaciuta che gli disegnò i lineamenti in pochi secondi.

“Che hai da guardare in quel modo, eh?!” sbottò istericamente Kageyama, le guance in fiamme e l’acuto desiderio di sotterrarsi all’istante.

Una risatina abbandonò con naturalezza le labbra di Shoyo, che si coprì il volto con le mani.

“Kageyama, sei davvero incorreggibile, non c’è che dire”

“Come hai detto scusa?!”

“Sì, hai sentito bene. Come fai anche solo a negare di essere un maldestro omaccione che non sa esprimersi senza arrossire e strillacchiare?”

Tobio lo guardava con un’espressione talmente oltraggiata da provocare nel medico un’ulteriore ondata di risatine.

“Sembra quasi un déjà vu della prima volta che abbiamo parlato come si deve… alla festa di Bokuto-san” mormorò alla fine, un piccolo sorriso che rispecchiava l’espressione morbida del viso, come se fosse immerso in un dolce ricordo nostalgico.

Il nervosismo di Kageyama si acquietò e fissò il medico per qualche minuto.

“Che ne è dell’uomo senza cuore, allora?”

Gli occhi di Shoyo guizzarono sorpresi, riconcentrandosi sull’uomo a pochi centimetri da lui.

A una prima occhiata, il volto del corvino indossava la solita espressione impassibile.
Linea della bocca dritta, occhi freddi.
Tuttavia, se lo si scrutava con maggior attenzione come aveva imparato a fare sue spese…

Poteva chiaramente scorgere una sfumatura di amarezza in quelle iridi scure.
Una tinta di rammarico nella linea delle labbra.
Un ruga di insicurezza nella fronte pallida.

Non seppe esattamente perché, ma avvertì distintamente un moto di emozione all’interno del petto, di natura sconosciuta.

“Penso che all’uomo senza cuore piaccia giocare a nascondino” commentò il medico con un tono di voce difficilmente interpretabile.

Kageyama gli restituì uno sguardo perplesso.

Lo stava prendendo in giro?
O le sue parole celavano un significato ben più profondo?
Che ci fosse una punta di dispiacere…?

“Soprattutto quando è con me” aggiunse con una pizzico di sfacciataggine.

Il legale abbozzò un ghigno scettico.

“Ne sei così convinto?”

“Decisamente, altrimenti non saresti qui”

Le pupille di Tobio si dilatarono, basite.

“Ah, invece è stato Kenma a dirti che mi piacciono da morire i nikuman, vero?” chiocciò Hinata con un occhiolino, afferrando un altro panino di carne dal sacchetto e addentandolo ferocemente.

Il suo stomaco non aveva del tutto dimenticato la fame repressa.

Tobio si grattò distrattamente la nuca.

“Sì” mugugnò, osservando Hinata divorare uno dopo l’altro i nikuman.
“Come è possibile che nonostante tutto il cibo che ingurgiti sei rimasto così piccolo?” ridacchiò senza trattenersi, indugiando più del previsto sulla bocca adornata di briciole del medico.

Shoyo abbozzò, nonostante la bocca piena, un’espressione di ostentato fastidio assottigliando gli occhi e scagliandogli, a suo avviso, un’occhiataccia.

Ingoiò rumorosamente l’enorme boccone.

“Perché, la mia statura ti dispiace, Kageyama?” ribatté con espressione scettica.

Ma perché ogni cosa che proferiva doveva sempre ritorcerglisi contro?!

“Non ho detto questo” squittì Tobio con le guance lievemente purpuree.

Hinata ridacchiò divertito.

“Quindi ti piace?” rincarò la dose con un ghigno malevolo che a Kageyama ricordò vagamente una delle smorfie di compiacimento tipiche di Oikawa.

Si maledisse immediatamente anche solo per aver ipotizzato una cosa del genere.
Perché quell’uomo sembrava avere residenza fissa nei suoi pensieri, cazzo?!

Assottigliando gli occhi con espressione infastidita, si decise a ribattere.

“Sì, ti trovo carino, e allora?”

Hinata fu colto alla sprovvista dall’inaspettata ammissione e quella volta fu il suo turno di avvampare.

Kageyama ridacchiò compiaciuto.

“N-non mi hai ancora detto come hai davvero fatto a convincere Kenma”  tentò di sviare il discorso, chinando gli occhi e simulando nonchalance mentre terminava il quarto nikuman.

Tobio roteò gli occhi e incrociò le braccia al petto, stanco di quell’inutile temporeggiamento.

“Gli ho detto che avrei cercato di spiegarti il mio comportamento e quello che provo quando sono con te”

Hinata si bloccò con il nikuman a mezz’aria e la bocca spalancata, gli occhi quasi fuori dalle orbite.

Dopo qualche istante di assoluta immobilità, in cui prevalsero soltanto il rumore di sottofondo della cronaca della partita in tv, il cinguettio degli uccelli fuori dalla finestra e i garriti sommessi di Ai-chan, Shoyo si azzardò a girare di qualche centimetro la testa.

“E cosa proveresti quando sei con me?” sussurrò in modo a malapena udibile.

Tobio addentò il proprio labbro inferiore, studiando attentamente la mimica facciale del rosso.

“Mi sento… strano”
“Penso a cose che non avevo mai considerato prima. Mi metto quasi in discussione” continuò con voce fioca mentre Shoyo perseverava a non batter ciglio.

“Mi chiedo se il modo in cui abbia sempre affrontato la realtà sia… davvero giusto” mormorò lentamente.

Le spalle del medico sussultarono appena.

“Ma forse mi sto facendo troppo influenzare da un medico idiota con i capelli rossi” concluse con un sorriso dolceamaro.

Il respiro di Shoyo era tremolante.
Il cuore gli batteva all’impazzata contro la cassa toracica.
Le mani che reggevano il nikuman tremavano appena.
Aprì la bocca per dire qualcosa, qualsiasi cosa…

Quando un acuto garrito stridente risuonò per le pareti della casa, seguito a ruota da molti altri.

Shoyo parve riscuotersi mentre Kageyama non riuscì a impedire l’imprecazione a denti stretti per la frustata ai timpani.

“Ai-chan, stai buono” tentò di richiamarlo il medico, ma la cocorita appariva impegnata nel bel mezzo di un’accesa discussione con un paio di passeri al di là della finestra.

“Come fai a vivere con questo pennuto, si può sapere?!” sbottò nervosamente il corvino, massaggiandosi le tempie per tentare di non sopprimere il volatile nel giro di pochi minuti.

“Te l’ho detto, il rumore mi piace” spiegò Hinata facendo spallucce, alzatosi per accarezzare la testa del pappagallo appoggiato sul davanzale della finestra.
“Mi ricorda casa mia a Miyagi, la mia famiglia è davvero rumorosa” spiegò con un sorriso.

Kageyama corrugò appena la fronte.

“Ho una sorella più piccola che è vivace e movimentata come me, a mia mamma piace cantare e mio padre ha la passione per gli animali, quindi abbiamo sempre avuto cani, gatti, criceti… insomma, a casa mia non ci si annoia mai”

Kageyama non faticò a immaginare il medico in quel frizzante contesto familiare.
Da quella descrizione, sembrava creato appositamente per lui.

“E avete tutti i capelli rossi?” domandò lievemente incuriosito, nonostante cercasse di sopprimere  quell’istinto al meglio delle sue capacità.

Gli occhi nocciola di Shoyo si illuminarono.

“Certo, è una caratteristica di famiglia!” esclamò vivacemente, trottando verso la parete attrezzata della tv per cercare qualcosa tra gli scaffali.

“Accomodati pure sul divano!” lo istruì mentre aveva la testa praticamente all’interno di una delle mensole a scomparti della libreria.

Kageyama obbedì senza ribattere, affondando sui morbidi cuscini del divano bianco e gettando un’altra fugace occhiata intorno a sé.

Era davvero un piccolo open-space, però estremamente confortevole.
Tutto sembrava a portata di mano, dalla modesta cucina al semplice e funzionale soggiorno.
Ciò che però rendeva speciale l’appartamento, era proprio la grande finestra a vetri che inondava gli interni di una meravigliosa luce e specchiava il panorama circostante.
Spostò lo sguardo all’estrema destra del soggiorno che affacciava su un piccolo corridoio, dove presupponeva si trovasse la camera da letto e un piccolo bagno.

Era sempre stato completamente disinteressato alla vita altrui, eppure, in quel momento, provava un irrazionale desiderio di andare a esplorare il rifugio dello scricciolo.
 
“Trovata! Ecco, questi siamo noi qualche anno fa. Natsu, mia sorella, aveva più o meno tredici anni”

Hinata porse a Kageyama una cornice variopinta con all’interno una foto raffigurante quattro volti sorridenti, sullo sfondo di uno sconfinato prato verde puntellato da fiorellini bianchi.

Il primo dettaglio che Tobio notò immediatamente furono i loro sorrisi, praticamente identici, per poi scorrere con maggior attenzione i lineamenti dell’allegra famiglia.

Il padre, un uomo robusto probabilmente sulla cinquantina, aveva un principio di calvizie che gli lasciava scoperta una rilevante zona della fronte pallida, ma i capelli erano ancora di un bel rosso brillante.
La madre, più giovane e decisamente minuta, aveva una cascata di ricci rossi, due grandi occhi nocciola, il volto coperto di lentiggini e le braccia avvolte attorno a un piccolo Spitz bianco con la lingua di fuori.
Accanto c’era Hinata con un sorriso radioso sul volto mentre reggeva un paffuto gatto tigrato e al suo fianco c’era un’esile ragazzina con due lunghe trecce rosse ai lati del viso e lentiggini sul naso proprio come la madre.

“Vi somigliate molto” commentò con voce sommessa mentre continuava ad osservare la fotografia.
“Soprattutto con vostra madre”

Shoyo stentava a credere che Kageyama stesse osservando la sua famiglia con un tenue sorriso stampato sul volto.

“Sì, abbiamo preso entrambi da lei sia la corporatura sia la statura, ma anche gran parte dei lineamenti” concordò, trattenendo la sua palpabile euforia.
“E adesso che Natsu è più grande le somiglia ancora di più”

“Sì, ho notato” osservò distrattamente Tobio con lo sguardo ancora fisso sull’atmosfera felice che aleggiava intorno a quella bella famigliola.

“Hai notato?” chiese perplessamente il medico, inclinando la testa a destra.

Kageyama sollevò il viso verso di lui, non comprendendo la domanda.

“Come hai fatto a notare che le somiglia, se non l’hai mai vista?” ripetè incuriosito.

“E’ la ragazza che è accanto a te in una tua vecchia foto di Line, no?”

Shoyo sbatté le palpebre più volte, ma poi il suo volto si illuminò.

“Oh, è vero! E’ stata la mia foto profilo qualche mese fa, l'avevo dimenticata… ma come fai tu a ricordarla?” domandò con un sopracciglio inarcato e un’espressione maliziosa.

“Era la foto che avevi quando mi hai dato il tuo numero, non è normale ricordarla?” ribatté Tobio come se fosse una cosa assolutamente normale.

Hinata aggrottò la fronte.

“Beh, di solito si rammentano le cose che ci importano di più…” commentò con tono flebile e uno sguardo a metà tra l’aspettativa e la sorpresa.

“Ho una memoria fotografica” si difese il legale abbassando gli occhi e auspicando che i capelli gli coprissero a sufficienza le punte arrossate delle orecchie.

Shoyo trattenne una risatina felice.

Sapeva che quello era il massimo che poteva sperava di ottenere da Kageyama… o almeno, per il momento.

“E tu invece? Com’ è la tua famiglia?” chiese spezzando il disagio del legale, sedendosi sul tatami dinanzi al corvino.

Ancora con la cornice tra le mani, Tobio scrollò le spalle.

“Nella norma, penso. Sono figlio unico”

“Quindi i tuoi genitori si sono dedicati completamente a te” dedusse il medico con sguardo intrigato.
 
“Immagino di sì” mugugnò il legale.

“Non essere timido, deve pur esserci qualcosa di interessante!” saltò su il rosso con il consueto entusiasmo, mentre sulla sua spalla si posava Ai-chan che, a quanto sembrava, aveva smesso di battibeccare con gli uccelli al di là della finestra.

“Sono persone… normali”

Shoyo roteò gli occhi.

“Sei noiosooooo” sbuffò sonoramente, nonostante non vi fosse traccia di fastidio nella sua voce.

“Mia mamma è una maestra d’asilo, le piacciono tantissimo i bambini, giocare con loro e prendersene cura… è una caratteristica che mi ha trasmesso senza nemmeno accorgersene. Avrebbe voluto avere altri figli, però con mio papà non sono mai riusciti… ah, mio papà invece è un biologo, ed è per questo che abbiamo una casa in campagna. A prescindere dal suo lavoro ha sempre amato stare a contatto con la natura… e in effetti è un’altra peculiarità che mi rispecchia. Ho preso tantissimo dai miei genitori” rifletté con espressione pensierosa e il mento fra le dita.

Kageyama non riusciva a raccapezzarsi di quanto speditamente parlasse il medico, con una disinvoltura che lui, nonostante la dialettica fosse uno dei requisiti indispensabili per la sua professione, non possedeva minimamente.

“Sei parecchio legato a loro” fu solo capace di constatare, travolto da quel fiume di indomite parole.

Hinata annuì con vigore.

“Moltissimo! Si sono sempre preoccupati per me e a modo loro hanno sempre cercato di darmi una mano, anche se… beh, qualche volta hanno provato a dissuadermi da ciò che volevo fare”

Kageyama arcuò un sopracciglio, confuso dall’inatteso cambio di tono di Hinata.

“In che senso?”

“Ecco… mi hanno consigliato di valutare altre alternative, oltre quella della medicina” spiegò con voce flebile, pentendosi immediatamente d’aver trascinato la conversazione a quel tedioso punto.

“Perché? E’ una buona professione, dà abbastanza rilievo sociale” ragionò il legale.
“O forse anche loro erano convinti che fossi ridicolo con addosso un camice il triplo della tua statura?” ironizzò con la solita vena indisponente.

Hinata abbozzò un sorriso, memore della loro seconda conversazione in ospedale quando il legale gli aveva spiattellato in faccia senza mezzi termini che non sembrasse assolutamente un medico.
Il ricordo tuttavia non riuscì a strappare il velo di inquietudine che si era adagiato malignamente sul suo cuore.

“Erano preoccupati che, ecco, non facesse per me” pronunciò cercando di rimanere il più vago possibile, carezzando la testa di Ai-chan che gli si era accucciato in grembo.

Nonostante non lo stesse guardando, poteva chiaramente avvertire gli occhi blu di Kageyama trapassarlo in due come una fetta di burro.

“Perché… sono troppo sensibile”

Il suo fu un mormorio talmente fievole da udirsi a malapena, eppure Kageyama lo colse con una nota di familiarità.
Aveva già sentito il rosso parlare con quella sfumatura di tristezza e insicurezza così innaturale, considerata la sua esuberante personalità, e anche allora si era sorpreso.
Era stato…


“Anche se ciò appartiene al passato”
“Ma io spesso non ho la forza di mettere un punto”



Alla festa di Bokuto-san.
Ma a cosa si stava riferendo…?

“Ma la storia più interessante dei miei genitori è il modo in cui si sono conosciuti!”
Shoyo cambiò agilmente discorso, recuperando in un baleno l’abituale verve.

Tobio però aggrottò le sopracciglia, ancora parecchio dubbioso.

Perché quell’atteggiamento restio?
Perché Hinata Shoyo, che avrebbe potuto tranquillamente intraprendere qualsiasi conversazione senza il minimo indugio, aveva specificatamente sviato su un argomento del genere?
C’era qualcosa che non sapeva?
Qualcosa…
Che il medico intendeva fermamente mantenere celata?

“E’ stato davvero un incontro casuale, mio padre stava per finire l’università mentre mia madre, che stava per diplomarsi a scuola, lavorava come baby sitter per arrotondare. Beh, il caso ha voluto che il fratello di mio padre e sua moglie siano dovuti partire per lavoro e abbiano lasciato loro figlio a mio papà per qualche giorno. Il problema però era che mio padre stava studiando come un matto per uno degli ultimi esami prima della laurea e non poteva mica occuparsi di un bimbetto di due anni giorno e notte! Così ha deciso, senza dire nulla a mio zio per non farlo preoccupare, di chiamare una baby sitter e farla lavorare per quei giorni a casa sua, cosicché potesse darle un occhio senza doversi occupare del suo nipotino ininterrottamente” spiegò con euforia e una luce affettuosa negli occhi che incantò Tobio come se si fosse trovato sotto ipnosi.
“Vide il numero di una tata su un giornale e la chiamò subito, aspettandosi di ricevere una donna imponente e autoritaria con parecchia esperienza alle spalle, ma quando aprì la porta di casa… si ritrovò di fronte la mia mamma, che all’epoca aveva appena diciotto anni e la stessa corporatura esile che vedi in quella foto” ridacchiò con un sorriso tenerissimo, che fece letteralmente mancare un battito al cuore del legale.
“Ovviamente non se l’aspettava mica! Però, più che essere colpito per quanto carina fosse mia madre, papà era preoccupato che non fosse in grado di tenere testa a mio cugino, che era un vero e proprio terremoto. Era poi stressato dallo studio e non andò subito d’accordo con mia mamma che invece, nonostante fosse gentile e premurosa, era un peperino! Insomma, non andarono subito d’accordo, mio papà era un tipo un po’ più serio… però mamma si mostrò subito all’altezza delle aspettative e fece vedere che con i bambini ci sapeva proprio fare” puntualizzò con aria orgogliosa.
“Così alla fine tutto filò liscio come l’olio. Mio cugino aveva subito legato con mia mamma e si vedeva che era felice di rimanere con lei e mio papà, nonostante fosse davvero impegnato a studiare e fosse piuttosto scettico… beh, alla fine ha dovuto ricredersi. Mi ha raccontato che l’ha iniziata ad osservare di nascosto mentre giocava con mio cugino e si prendeva cura di lui e si è anche fatto contagiare dal suo buonumore… insomma, quei giorni hanno fatto scattare una scintilla tra loro due” sintetizzò, mettendosi le mani sotto il mento e contemplando il divano con aria sognante.

Razionalmente parlando, a Kageyama non avrebbe dovuto importargliene nulla di quella storia.
In fin dei conti si trattava di persone che non conosceva e che sicuramente non avrebbe mai visto.
Che gliene fregava di come si fossero conosciuti i genitori di Hinata?
Eppure…

“E poi?”  non riuscì a trattenersi dal chiedere con una sfumatura di curiosità.

Ma perché, cazzo?!

Gli occhi di Shoyo guizzarono verso il viso di Tobio, guardandolo dal basso verso l’alto e apparendo ancor più grandi e brillanti.
Un ghigno felice gli adornò le guance.

“Dopo aver dato l’esame mio papà la chiamò di nuovo, dicendole che gli sarebbe servita una mano con mio cugino. Quella volta però rimase con loro e giocarono tutti assieme. Mi ha raccontato che non riusciva a smettere di guardare mia mamma e che era rimasto incantato dal suo sorriso” ricordò con affetto.

Se è come quello del figlio, lo capisco fin troppo” meditò vergognosamente Tobio.

“Fece così per altre tre volte, finché non fu proprio mia mamma ad invitarlo a uscire. Mi dice sempre che non ce la faceva più ad aspettare che mio padre si decidesse a prendersi di coraggio” spiegò ridendo.

“Somigli molto a tua mamma”

Tobio si rese conto troppo tardi d’aver effettivamente dato voce ai suoi pensieri e avvampò dalla testa ai piedi.

Shoyo lo osservò per qualche secondo prima di ridacchiare compiaciuto.

“In realtà… la loro storia sembra familiare, non trovi?” domandò con quell’espressione furba che provocava sempre sentimenti contrastanti nel cuore del legale, che si morse il labbro senza aprir bocca, distogliendo imbarazzato lo sguardo.

“Anche se io ho avuto un po’ più di pazienza” sussurrò il medico tra un falso colpo di tosse e un altro.

Sgranando gli occhi e quasi soffocando nel calore che gli divorava le guance, Tobio abbaiò con irruenza  “Io non sono venuto in ospedale fingendo di aver bisogno di un controllo!”

Shoyo cercò di sopprimere in ogni modo la risata che premeva per sgorgargli dalle labbra.

“Non ti ho minimamente costretto a richiedere espressamente di me, però” gli fece notare astutamente.

Tobio dischiuse la bocca per controbattere con una buona giustificazione, una scusa o qualsiasi cosa, cazzo era la sua fottuta professione se non inventava una salda difesa che avvocato era?!, senza tuttavia riuscire a scovarne neppure l’ombra.

“Non c’è bisogno che ti discolpi” lo risparmiò infine Hinata, impietosito.
“Non mi sono mica dispiaciuto” bisbigliò poi in maniera sfuggente, chinando appena lo sguardo.

Tobio percepì la respirazione perdere il proprio ritmo regolare.

Dio, tra loro due era un continuo tira e mola, un perenne mordi e fuggi.
Come si sarebbe concluso…?

“Quindi? Adesso ti è venuto in mente qualcos'altro sulla tua famiglia? Su, sono curioso, chissà come sono i genitori di un musone cone te” cinguettò Hinata, raddrizzando la schiena e abbracciandosi le ginocchia con le braccia, in una posizione molto simile a quella di un bimbo in attesa di una favola.

Beh, non che Hinata non assomigliasse a un bambino anche per ulteriori aspetti…

“Te l’ho detto, nulla di speciale… mio padre lavora in banca e mia madre nell’amministrazione comunale”

Shoyo emise un verso di assenso.

“Lavorano tutti e due in un ufficio, quindi sarà stato naturale seguire questo modello lavorativo” rifletté.
“E sono persone così serie? Non si spiega altrimenti il motivo per cui tu sia venuto fuori così” lo prese bonariamente in giro, ignorando la rispostaccia infuriata di Kageyama.

“Mio padre probabilmente lo è” sbuffò scocciato.
“Mia madre… è una persona abbastanza dolce, immagino”

Shoyo assunse una smorfia perplessa.

“Ma che significa ‘immagino’ scusa? Non sai capire se una persona è dolce o austera?”

Il silenzio perpetrato da Tobio quella volta non rifletteva né imbarazzo né nervosismo.

Si agitò sul divano, a disagio.

Ripensò alla conversazione della notte precedente con quel ragazzino e alla sua presa di coscienza su certi ostici argomenti.
Forse, se davvero desiderava rispettare la promessa garantita a Kozume, il modo migliore per illustrare le sue ragioni sarebbe stato…

“Faccio fatica a… comprendere i sentimenti delle persone”

Hinata parve pietrificarsi sul posto.

L’intero ambiente della casa sembrava essersi ridotto al silenzio più tombale, come se annullasse persino i vivaci garriti di Ai-chan e il chiasso di sottofondo del televisore.

“Spesso non riesco a intendere le loro reazioni, né interpretare i loro gesti e sguardi”
“E’ come se fossero tutti uguali” mormorò mestamente.
“A volte, quando apro bocca, non capisco davvero perché la gente mi detesti. Cioè, ho afferrato che mi evita la quasi totalità della gente che mi sta intorno, ma spesso non ne capisco il motivo”
“Mi sembra di non dire nulla di male” bofonchiò abbattuto.

Merda.

Shoyo avvertì che un’enorme e oscura area ignota, che costituiva la persona di Kageyama, finalmente prendesse una forma e si costellasse di minuscole luci.

Kageyama non era soltanto uno stronzo patentato che non dava considerazione ai sentimenti ma…
In realtà si comportava in quel modo perché semplicemente non li capiva?!

“Quindi ignori completamente tutta la prossemica” commentò con voce inaspettatamente roca, come se in realtà fosse rimasto in silenzio per molto più tempo di appena qualche minuto.

Tobio corrugò la fronte.

“Pross… cosa?”

Hinata roteò gli occhi.

“Prossemica, Kageyama. Lo studio dei gesti e della distanza delle persone durante un tipo di comunicazione. Non ve la insegnano nelle vostre strambe scuole? Eppure dovrebbe essere una caratteristica importante per un avvocato, no?”

“Perché dovrebbe essere importante capire come gesticola la gente?!”

Shoyo sospirò esasperato.

“Perché da questo si deduce un’enorme componente delle persone, di come si sentono o reagiscono, mi pare ovvio. E da quanto poco tu ne sappia si capisce il motivo della tua ignoranza” scattò con più irruenza di quanto intendesse.

“E perché le persone non parlarono invece di tutte queste cazzate complicate?” reagì con altrettanta veemenza il corvino, affondando le unghie della mano sinistra sul palmo.

“Perché le persone non sono macchine, Kageyama! Sono esseri umani e in quanto tali si comportano! Non tutti riescono a esprimere i loro sentimenti e i loro stati d’animo con le parole e le parole stesse non hanno poi tutto questo gran significato se non riescono ad esprimere come si deve una sensazione, il nostro corpo è molto più onesto!”

Con l’alzarsi dei toni, Ai-chan iniziò a schiamazzare con rinnovata energia, svolazzando sopra le teste dei due uomini quasi atteggiandosi a giudice della loro discussione.

“E’ esattamente per questa ragione che certe volte ho pensato di avere davanti a me una specie di robot piuttosto che una persona in carne e ossa!”

Tobio sentì d’aver ricevuto una sferzata in pieno viso.

Il suo corpo si paralizzò, incapace di muovere un singolo muscolo.
Persino il suo cuore pareva aver cessato di pompare sangue nelle arterie.
Cuore che, però…


“Un cuore che sembri non avere, però”


Era naturale che Hinata non volesse aver più a che fare con lui, no?
V’era abituato, del resto.
Andava bene così.
Esattamente come aveva riferito a Kozume.
Ci aveva provato.
Quel risultato non condizionava minimamente la sua essenza.
Quella minuscola sconfitta non intaccava la sua brillante e immacolata sfilza di vittorie.
Nulla sarebbe cambiato, sebbene avesse ormai ammesso apertamente di provare qualcosa, nei confronti dello scricciolo.
Un risultato calcolato, in effetti.
Andava bene così.
Andava bene così…
No?!

“Però… adesso che conosco la ragione, penso di riuscire a comprenderti un po’ meglio, Kageyama”

Andava bene…
Un momento.
Cosa?
Non…
Non lo stava…
Allontanando?

Percependo lo stato di shock del legale, Hinata ammorbidì l’espressione seria con un sorriso sghembo.

“Cosa, pensavi che non avrei sentito ragioni? Per tua fortuna sono molto più accomodante di te” commentò ironicamente.
“Se avessi voluto troncare i rapporti… non credi che l’avrei già fatto settimane fa al Rikugi-en?”

La voce di Shoyo si era inaspettatamente ridotta a un mero sussurro pregno di differenti sfumature di significato.

Kageyama inglobò quella nuova informazione con sentimenti contrastanti.

Da un lato, v’era la cognizione d’aver ferito oltremodo il medico con qualche suo commento inopportuno sulla futilità dei rapporti umani, schierata accanto alla concreta possibilità d’aver ormai perso ogni diritto di vederlo.
Tuttavia, dall’altro lato della bilancia, si aggiungeva la forza con cui Hinata non lo aveva solo banalmente perdonato, ma aveva incominciato a comprenderlo…
E non aveva intenzione di tagliare i ponti con lui?

“Sei venuto qui perché credevi che non avrei più voluto rivederti?”

Alla domanda del rosso, Tobio riuscì solo ad abbozzare un cenno d’assenso.

Hinata sospirò rassegnato.

“Ne abbiamo ancora di strada da fare, eh…”

Tobio non realizzò subito il motivo, eppure l’udire quella frase fece scattare nel suo cervello qualche assurdo meccanismo.
Forse era colpa della promessa di una sorta di futuro insieme?
Di quella comprensione apparentemente immotivata?
Della fiducia…?

“Sei un enigma, Kageyama Tobio”

“E a me non sono mai piaciuti i puzzle. Si raggiunge la soluzione dopo tanto tempo e pazienza, mentre io preferisco i giochi dinamici. Però…”

Sorrise, un ghigno un po’ inquietante sul suo viso dolce.

“Ho sempre voluto superare i miei limiti”

Senza nemmeno riflettervi, Tobio restituì al medico un sogghigno scaltro.

“Qualcosa in comune allora l’abbiamo”

L’atmosfera di reciproca sfida creatasi attorno ai due venne bruscamente spezzata dalla cocorita che svolazzò proprio davanti il viso del medico garrendo energicamente…  

“Cibo! Cibo!”

“Ai-chan, hai di nuovo fame?”

Shoyo balzò su per prendere il mangime per l’animaletto, ma quando aprì la credenza la desolante vista dei ripiani vuoti lo riportò al dilemma del pranzo.

“Devo sbrigarmi a comprare qualcosa da mettere sotto i denti per questi giorni…” meditò sconsolato ad alta voce, spostando lo sguardo all’enorme finestra che si affacciava sul parco.

I raggi del sole si apprestavano a tramontare all’orizzonte, tingendo il cielo di un meraviglioso arancione rosato.

“Hai altri impegni oggi?” chiese all’improvviso Tobio, alzandosi dal divano.

Shoyo flesse la testa verso destra.

“No, ieri ho fatto il turno di notte quindi rimango a casa fino a domani a pranzo, salvo emergenze impreviste” spiegò mentre imboccava Ai-chan.

“Se vuoi… posso accompagnarti nelle tue commissioni” propose il corvino, grattandosi nervosamente il collo.

Dopo un istante di spaesamento, il viso di Hinata si aprì in un ampio sorriso.

“Certo, se sei disposto a esser trascinato su e giù per il quartiere per riempire come si deve questa casa!”

“Non mi tiro indietro davanti a una sfida”

Shoyo ghignò compiaciuto.

“Dammi qualche minuto” asserì, accennando al suo abbigliamento che, sebbene in un primo momento gli avesse provocato uno smisurato moto d’imbarazzo, per l’intero pomeriggio non gli aveva più arrecato alcun fastidio.  

Dopo essersi cambiato in un paio di jeans stretti e un pullover colorato e aver accompagnato la cocorita all’interno della voliera, il medico si girò verso Kageyama e, con un sorrisetto degno di un bimbetto furbo, propose…

“Facciamo a gara a chi arriva prima al pianterreno?”

Inutile sottolineare che Kageyama, un metro e ottantotto di uomo con una delle reputazioni più spaventose degli studi legali giapponesi, si precipitò fuori dall’appartamento per battere sul tempo quella molla impazzita dai capelli rossi.



 
***



“Fammi capire”

Kuroo allungò le mani in avanti, come se cercasse di aggrapparsi fisicamente a qualcosa.

“Kageyama, il Kageyama che tutti noi conosciamo, ti ha praticamente implorato per ottenere l’indirizzo di Hinata?”

“Esattamente” commentò staticamente Kenma, mangiucchiando una fetta di torta di mele.

“Roba da pazzi” borbottò incredulo, grattandosi i capelli scuri.

“Allora sarà sicuramente successo qualcosa sabato notte!” esclamò con enfasi Bokuto, sbattendo energicamente il pugno contro il tavolo e facendo conseguentemente schizzare come una molla il gatto nero accucciato nello spazio sottostante.

“Koutaro…” sospirò Akaashi, massaggiandosi le tempie con aria stanca.
“Perché ti lamenti che Kaida e Kiku ti graffiano sempre quando ti avvicini a loro se li spaventi ogniqualvolta veniamo qui?”

Bokuto assunse all’istante un’aria contrita e cercò subito di scusarsi con Kaida, saltata nel frattempo in braccio a Kuroo, stendendo la mano per accarezzarla, ma la gattina reagì soffiandogli aggressivamente.

“Quello che non capisco” continuò Tetsurou, ignorando l’interazione fra l’amico e la gatta accovacciata sul suo grembo “è il tempismo. Cosa è cambiato adesso rispetto a una settimana fa?”

“Come dice Koutaro, il suo comportamento dev’essere legato agli avvenimenti di sabato notte, quando eravamo al Rainbow” spiegò Keiji sorseggiando il suo tè verde.
“Era… come dire, abbastanza agitato” osservò soprappensiero.

“In che senso agitato?”

Keiji roteò gli occhi.

“Nervoso, confuso. Quasi non mi sembrava lui… le rare volte in cui mostra uno stato simile all’agitazione sono sempre legate al coinvolgimento di Oikawa-san, quindi stavolta mi sono sorpreso”

“Sembrava non vedesse l’ora di andarsene” aggiunse distrattamente Bokuto, alternando una parola e l’altra a vigorosi morsi su paste dolci ricoperte di panna e fragole.

“Andarsene da noi, più che altro” considerò nuovamente Akaashi, solleticandosi il mento con i polpastrelli.

“Beh, non è che sia stato mai molto socievole quel tipo” puntualizzò Kuroo, sfregando amorevolmente il mento di Kaida che iniziò pigramente a fare le fusa.

“Non per questo, genio. Una delle ultime cose che mi ha detto, mentre discutevamo della situazione con Hinata… era che, probabilmente, la soluzione alla sua cotta sarebbe stata quella di andare a letto con qualcuno”

Kenma si irrigidì, bloccandosi con la fetta di torta tra le labbra.

Kuroo strabuzzò gli occhi, cessando bruscamente di coccolare Kaida, che parve protestare vivamente mordicchiandogli la mano.

“Cosa?! Ma che faccia tosta” proruppe, incredulo.

Keiji inarcò un sopracciglio.

“Che c’è, adesso hai un qualche tipo di moralità, Kuroo-san?” chiese sardonico, giocherellando con la tazza del tè.

“Per chi mi hai preso? Okay, non sono proprio un perfetto esempio da seguire, ma non mi comporterei mai così” ribatté vagamente offeso.

“Perfetto esempio da seguire” sbuffò ilare Bokuto, leccandosi le labbra coperte di panna mentre si apprestava a divorare un’altro pasticcino.

“Che hai da dire eh, scimmione?” lo provocò Tetsurou con un’occhiataccia.

“Quello che voleva dire Kageyama” Akaashi interruppe sul nascere l’infantile lite “era che, secondo lui, la ragione della sua strana attrazione nei confronti di Hinata fosse la mancanza di attività sessuale”

“Ma allora per quale razza di motivo ha voluto l’indirizzo di Hinata nel cuore della notte?” tornò alla carica Kuroo, scoccando un’occhiata laterale a Kenma, ancora serrato nel suo silenzio.

“Per questo credo sia successo qualcosa che gli abbia fatto cambiare idea, dopo che se n’è andato via per i fatti suoi”

“Cioè si è fatto qualcuno, ha constatato che non lo soddisfaceva ed è tornato sui suoi passi sulla nostra little ball of sunshine?” ironizzò Kuroo, bevendo un sorso del suo caffè nero.

“Sulla nostra che?” stridette Koutaro con sguardo interrogativo e la testa inclinata di lato.

“Su Shoyo, Kou” spiegò pazientemente Keiji, passando l’indice sul naso del fidanzato per rimuovere un batuffolo di panna dalla punta cartilaginea.

“Ma poi, perché deve per forza esserci un motivo esterno? Mai sentito parlare di attrazione fine a se stessa?”

“Perché secondo lui, Hinata non dovrebbe nemmeno piacergli”

Kuroo sbatté le palpebre, interdetto, mentre Kenma persistette nel suo stato di inerzia, muovendosi appena solo per accogliere tra le braccia Kiku, geloso delle attenzioni riservate alla sorellina.

Bokuto assunse un’espressione parecchio perplessa.

“Ma perché mai Shoyo non dovrebbe piacergli? E’ la persona più carina e allegra che abbia mai conosciuto, tralasciando il sottoscritto!” esclamò con convinzione.

“Quanta modestia” ridacchiò Tetsurou.

“Kageyama è più complesso di così, Kou” cercò di delucidare Keiji “non riesce ad ammettere facilmente qualcosa che va contro i suoi principi”

“E Shoyo andrebbe contro i suoi principi?” scattò inaspettatamente Kenma, il busto rigido come un fusto a e uno sguardo a dir poco glaciale.

“Uuh, Kenma, fai paura” commentò Kuroo con un sogghigno.

Per la prima volta in quell’assolato pomeriggio, Akaashi chinò lo sguardo, a disagio.

“Kageyama non è cattivo, Kenma. Però… è estremamente convinto che Hinata sia una persona che non combaci con il suo canone”

“E quale sarebbe il suo canone?” chiocciò esilarato Kuroo, sgranocchiando un mochi al cocco.

Keiji si morse il labbro.

“Le persone come lui”

Tetsurou non trattenne una risata sbeffeggiante.

“Non è che esistano così tante persone come lui, eh. Senza offesa”

“Veramente di persone antipatiche ce ne sono parecchie, bro. Vedi un po’ Tsukki… che però non odi mica, anzi” sghignazzò Bokuto.

“In effetti…”

“E poi, scusa Akaashi, ma secondo me Tsukki e Kageyama non andrebbero per niente d’accordo” fece notare Koutaro.

“Già me li immagino fare scintille” ghignò malevolo Kuroo.

“Non intendo ‘persone come lui’ solo nell’antipatia” snocciolò Keiji, non provando minimamente a smentire la constatazione sul caratteraccio dei due amici, anzi semmai sottintendendola.
“Ma con la sua stessa impostazione mentale. Tsukishima, anche se è acido e scostante, non ha poi tutta questa gran voglia di sforzarsi nella vita” chiarì con calma.
“Mentre Kageyama possiede un’ambizione spaventosa”

“Quindi vuoi dire che lui va d’accordo con te perché siete entrambi ambiziosi?” domandò Bokuto, sinceramente spaesato.
“Probabilmente. Ma anche tu sei ambizioso e hai una grande forza di volontà, Kou, per questo gli piaci”

Il viso di Bokuto s’illuminò come un albero di Natale.

“Io piaccio a Kageyama?” squittì come un cucciolo felice.

“Bo versione cagnolino domestico scodinzolante” gracchiò Kuroo, affondandogli l’indice nella guancia, che Koutaro addentò girando rapidamente la testa.

“Perché sento che ci siamo allontanati terribilmente dall’argomento principale?” pensò sconsolato Keiji, cogliendo l’espressione insofferente di Kenma.

“Insomma, quindi a Kageyama potenzialmente piacete solo tu e Bo? Mi sento offeso” proclamò teatrale Tetsurou.

“Ma se l’hai offeso tu fino a un secondo fa” ribatté scettico Bokuto.

“Ho specificatamente detto ‘senza offesa’ quindi la mia non era un’offesa”

“Ma era come se lo fosse”

“Veramente n-”

“Volete far parlare Keiji?!” irruppe finalmente Kenma, strizzando pericolosamente la tazza che reggeva fra le mani.

Come colpiti da un fulmine, Kuroo e Bokuto si pietrificarono all’istante.

“Sei suscettibile oggi, kitten”

“Fai più paura di Akaashi” concordò Koutaro, ostentando un brivido.

“Siete due idioti” sbuffò il corvino, massaggiandosi le tempie per l’ennesima volta.
“Quello che sto cercando di dire, è che Kageyama pensa siano meritevoli di stima, o comunque sopportabili, le persone che come lui abbiano un impianto mentale ben definito. Ambiziosi magari, carismatici, intelligenti…”

“Quindi di sicuro non gli piaci, bro”

Prima che Bokuto potesse accoratamente protestare, Kenma aveva violentemente affondato due dita nel fianco di Kuroo, strappandogli un lamento dolorante.

“Non dico quindi che non debbano essere simpatici, ma in teoria sistematici e razionali esattamente come lui” concluse sfibrato, percependo che quel discorso gli fosse costato un notevole sforzo fisico.

“Mmh” fu l’unico suono emanato da Kenma.

“Tutto questo non ha senso” sentenziò Kuroo, spaparanzandosi sulla sedia e appoggiando la testa sullo schienale, mentre Kaida si accomodava meglio sulla sua pancia.

“Anche perché è stato proprio lui a volere qualche dritta sul come portarlo fuori, no? Perché cambiare idea così all’improvviso?” aggiunse Bokuto, non rassegnatosi a comprendere quell’apparentemente assurda storia.

“Non ha semplicemente cambiato idea… è come se la parte più inconscia e priva di freni della sua mente desiderasse conoscere meglio Hinata, mentre il lato razionale e inflessibile lo rigetta completamente” ipotizzò il corvino.

“E’ contraddittorio”

“Non ho mai detto il contrario. Lo si può capire anche dal suo rapporto con Oikawa-san” esalò  rassegnato.

“Oikawa? Che c’entra il pretty boy?” s’introdusse Kuroo con un rinnovato barlume d’interesse negli occhi ambrati.

“La smetti di parlare in inglese a sproposito?” sibilò innervosito Kenma.

“Ma perché Kenma, oggi mi spezzi il cuore” piagnucolò Kuroo, abbandonando la testa sulla sua esile spalla.

“C’entra perché è una vera e propria ossessione per Kageyama. Lo è sempre stata, fin da quando eravamo all’università”

“Beh, non lo biasimo, Oikawa è un gran bel pezzo di…”

“Non ossessionato da lui in senso estetico, idiota”

“Mi hai sempre detto che Oikawa è un tuo senpai bravissimo, no? Uno che riesce a spaccare in tutto quello che fa” rammentò Bokuto.

“Esattamente. Credo di non aver mai conosciuto una persona tanto brillante… anche se è fastidioso da morire” sospirò Keiji.

“Non che ci voglia molto a infastidirti, Akaashi-kun” cantilenò Kuroo con un ghigno.

“Sì, ma lui è particolarmente irritabile. Comunque, secondo me Oikawa-san rappresenta la persona perfetta per comprendere la contraddizione che è Kageyama. All’inizio ho persino creduto che provasse… una sorta di sentimento, per quanto morboso, nei suoi confronti, ma con il tempo ho capito che non fosse esattamente così. Oikawa è un po’ come la massima aspirazione per Kageyama, eppure non è assolutamente il prototipo dell’uomo freddo e senza scrupoli. Certo, ha una mente calcolatrice come poche, però possiede anche una personalità estremamente capricciosa e infantile. Per certi versi… mi ricorda un po’ Hinata”

“Scusa se ti interrompo, Keiji, ma dove vuoi arrivare con questo discorso?” interferì Kenma, la cui impazienza era ormai parecchio visibile dall’espressione tirata.

“Scusami, sto un po’ divagando… ma penso sia essenziale per riuscire a interpretare le sue azioni. Non mi sento di attaccare Kageyama, lo conosco da tanti anni e ho cercato fin dall’inizio di comprendere i meccanismi che governano la sua mente. Il caso di Hinata è… unico, se così possiamo dire. Nonostante sia palese che provi un interesse nei suoi confronti, si ostina e si è sempre ostinato, fin da quando ha iniziato a parlarmi di lui in maniera indiretta… a negare con forza ogni possibile coinvolgimento nei suoi confronti. Un mese fa, alla festa di Koutaro, credevo che il motivo fosse da ricondursi al suo essere estremamente orgoglioso… ieri, invece, mi ha dato una riposta ben diversa”

“Ovvero?’ pressò Kenma, stanco di quell’estenuante attesa.

Akaashi temporeggiò per qualche attimo, scorrendo i polpastrelli sull’orlo della tazza blu e rimuginando sulle parole pronunciate da Kageyama la sera precedente.


“Eppure, nonostante questo… lui ti piace”
“Non dovrebbe”
“Perché mai non dovrebbe…”
“Perché è un essere debole. Un idiota dalla testa vuota convinto di cose ridicole e fuori luogo”



“E’convinto che Hinata sia una persona debole e… dalle convinzioni ridicole” ammise alla fine.

Vi fu appena un attimo di spaesamento generale prima che Kuroo e Bokuto boccheggiassero all’unisono uno sconcertato “Cosa?!”
 
“E’ esattamente quello he ho pensato anch’io” ribatté Akaashi allargando le braccia.

“Si possono dire davvero tante cose sul piccoletto, però…”

“Questa è proprio da escludere” terminò la frase Bokuto.
“E’ una delle persone più testarde che abbia mai conosciuto!” rimarcò con vigore.

“Non si arrende mai di fronte a un ostacolo” corroborò Kuroo.

“Fino a sbatterci così forte la testa da crollare sfinito” concluse Bokuto annuendo gravemente.

Keiji rifletté attentamente sull’affermazione del fidanzato.

“In effetti… vedendola da questa prospettiva, Hinata è davvero tanto simile a Oikawa”

Kuroo arcuò un sopracciglio.

“Ed è una cosa positiva?”

Akaashi parve ponderare a fondo quell’implicazione.

“E’… curiosa. Anzi, in realtà… potrebbe far luce su molti degli aspetti nascosti di Kageyama. Su molto di quello che non ammette nemmeno a se stesso… un po’ come se ci trovassimo di fronte a due chiavi necessarie per schiuderne il contenuto”

“Per far… cosa?”
Bokuto sembrava aver smarrito il filo del discorso.

“Ammetto di aver difficoltà a seguirti anche io” confessò Tetsurou, giochicchiando con la crestina scura.

“Forse, il motivo per cui è talmente dilaniato… è che nemmeno lui conosce davvero il vero volto né di Hinata… né di Oikawa-san” sussurrò Akaashi, perso tra i suoi complicati ragionamenti.
“E’ solo convinto di conoscerle perché la sua razionalità vede solo ciò che vuole vedere, eliminando tutto quello che non corrisponde alla pretesa del suo ideale”

La voce di Keiji era ormai ridotta a un mero mormorio, gli occhi cobalto immersi nel liquido verde come se potesse immergervisi.

Kuroo e Bokuto lo osservavano sinceramente frastornati… mentre Kenma, al contrario, aveva un’espressione stranamente angosciata.

“Non dovevo dargli il suo indirizzò” bisbigliò, chinando lentamente il capo.

“Non potevi saperlo, Kenma” cercò di consolarlo Kuroo, tuttavia il ragazzo scosse la testa.

“Pensavo che potesse essere una cosa positiva per Shoyo, ma adesso…”

“So che desideri che Hinata non soffra, però è una situazione che prima o poi dovrà affrontare. Shoyo non è un bambino, saprà fronteggiare la situazione di petto”

“Non voglio che si faccia del male”

I tre ragazzi rimasero in silenzio, scrutando con apprensione il volto inquieto di Kenma.

“Non voglio che tutto questo si aggiunga al carico di dolore che già si porta sulle spalle. Un fardello troppo pesante per lui, che… ”

Sospirò sconsolato, appoggiando la fronte pallida sul morbido pelo tigrato di Kiku, che alzò la testolina e miagolò felice.

“Non riesce minimamente a gestire”

 


***



“Gwaah, che azione pazzesca!!!! Peccato però, per riuscire a far punto avrebbe potuto saltare più in alto!”

“Non c’entra nulla saltare in alto, idiota, è la tecnica che gli manca!”

“Non tutto può essere risolto con la tecnica, Bakayama, a volte si deve seguire solo il proprio istinto!”

“Se sei senza cervello allora certo, idiota d’un Hinata!”

Ai-chan schiamazzava beatamente in giro per la casa, come se desiderasse partecipare attivamente al dibattito tra i due uomini semi sdraiati sul tatami ed estremamente concentrati sullo schermo tv, unica fonte di luce, oltre a una piccola lampada gialla, dell’appartamento, altrimenti inondato dal fitto buio della sera.

“Pocché schei schempre coshì fholgare” mugugnò il medico con la bocca piena, afferrando distrattamente una lattina di chuhai al limone sul tavolino dinanzi a sé.

Kageyama non trattene un’espressione schifata.

“Sei disgustoso quando mangi, idiota”

Shoyo gli lanciò un’occhiataccia, sebbene non potesse davvero esser considerata tale con le guance piene fino a scoppiare.

“Palla pe teh” ingurgitò a fatica per bere avidamente la bevanda gassata.

“E tu saresti un medico? Non hai nemmeno l’accortezza di star attento a non soffocare” polemizzò Tobio, sorseggiando la sua birra con nonchalance.

“Pensavo avessimo ormai sorvolato su questo discorso” ribatté vivacemente il rosso, rifocalizzando la propria attenzione sulla partita, mentre avvicinava nuovamente a sé la ciotola di ramen e ne prendeva un’abbondante boccata.

“Non mangiavo così bene da un sacco!” esclamò con un sorriso estasiato, leccandosi avidamente le labbra.

Kageyama arcuò un sopracciglio, ma Shoyo scrollò le spalle.

“Quando sono in ospedale spesso devo arrangiarmi con cose pronte. Non ho il tempo di cucinare nulla di saporito durante le pause… anche se nemmeno tu sei da meno, Kageyama! Ricordo perfettamente di averti dovuto prescrivere delle vitamine extra perché mangiavi sempre cibi precotti” sciorinò con una linguaccia.

“A cena sì, però a pranzo sono abituato a mangiare pasti tradizionali che mi porta la mia…”

S’interruppe repentinamente, percorso da un imprevisto ricordo intenso come una scossa di terremoto.


“Non riuscirei a lavorare per lui un singolo giorno di più. Ho raggiunto il mio limite, mi dispiace”


Ah, già.

Nakamura…
Non era più la sua segretaria.

Shoyo dovette intuire il blocco del legale, poiché lo scrutò in maniera piuttosto interrogativa.

“La mia segretaria mi portava il pranzo” troncò bruscamente Tobio, ingurgitando un lungo sorso di birra.

“E te lo preparava lei?? I privilegi di un un lavoro di lusso, eh” ridacchiò Hinata scuotendo lievemente la testa.
“Ma perché ti portava? Si è stancata adesso?” scherzò bonariamente.

Tobio reclinò gli occhi sul tatami verdognolo, concentrandovi improvvisamente il proprio interesse.

“Si è… licenziata”

Rammentare quell’avvenimento… non era affatto semplice.

Benché logicamente non dovesse fregargliene proprio nulla, avrebbe sicuramente trovato un’altra assistente magari anche più competente di quella lì, c’era qualcosa in tutta quella vicenda che lo aveva turbato profondamente.
L’associazione mentale che aveva inconsciamente compiuto fra quella ragazza e lo stesso Hinata, le parole che gli erano state rivolte da Kunimi e Kindaichi, che in teoria non avrebbero nemmeno dovuto scalfirlo, eppure…

Shoyo aggrottò le sopracciglia color carota.

“Come mai? Ha trovato un lavoro migliore?” domandò ingenuamente.

Tobio gli scoccò un’occhiata in tralice.

Lo stava chiedendo per valutarlo?
Per capire se in realtà fosse stata corretta l’opinione ‘dell’uomo senza cuore’?
Lo avrebbe detestato se avesse confessato la verità?
Ma poi, che gliene importava se lo avrebbe odiato?
Lui era fatto così, no?!

“Non si trovava bene con me” cercò di essere il più conciso e approssimativo possibile.

Qualunque persona avrebbe riso sonoramente a quell’attenuazione e lo avrebbe sicuramente sbeffeggiato.
Beh, sarebbe stato naturale, no?
Lui era insopportabile a tutti.


“Insomma, chi reggerebbe anche un solo mese con un despota del genere?”
“Dovevi dimetterti molto prima, Nakamura-kun”
“Chi te l’ha fatto fare a rimanere con quel tiranno per così tanto tempo”
“Ti trattava male, vero? Ti urlava contro spesso?”



Era ovvio che la gente lo evitasse e non desiderasse aver nulla a che fare con lui.
Sebbene si fosse sempre proclamato indifferente al loro parere, i volti terrorizzati e ripugnati dei membri del suo studio legale, dei colleghi universitari, addirittura dei compagni di scuola… erano piuttosto ardui da dimenticare.
Ma andava bene così.
Aveva scelto consapevolmente il modo in cui vivere la propria vita…
No?

“Mi dispiace che non siate riusciti a capirvi”

Tobio compresse talmente tanto la lattina di birra stretta nel palmo sinistro da temere che potesse fragorosamente esplodere su tutto il tatami del soggiorno.
Il suo cervello pareva non essere assolutamente in grado di metabolizzare ciò che i timpani avevano appena udito.

A Hinata…
Dispiaceva che loro non si fossero capiti???
Loro??
Aveva incluso lui in quel rapporto di incomprensione??!

“Ricordi quando alla festa di Bokuto-san ti ho paragonato a un bambino?”

Kageyama dovette esercitare tutta la propria forza di volontà per scuotere i neuroni da quello stato di shock.
Riportò faticosamente alla mente la lunga conversazione avvenuta nel giardino dell’agriturismo il mese precedente.

“Non era la prima volta che ti raffiguravo come un bimbo troppo cresciuto, incapace di riuscire a comprendere situazioni che, per un adulto, sarebbero banalissime”

Il corvino non potè fare a meno di accigliarsi e Hinata non contenne una risatina.

“Anche quella volta hai fatto quella faccia. Beh, però lo penso sul serio. Proprio come un bambino, ci sono cose che… devi semplicemente imparare. Che non capisci, forse, perché nessuno te le mai ha insegnate”


“E’ come se non capisse l’importanza delle persone”
“Forse nessuno gliel’ha mai dimostrata”



Rievocare quella lontana conversazione con Yachi, quando ancora tutti gli ingranaggi della loro storia dovevano mettersi in moto…
Nonostante fossero passati solo due mesi, gli provocava una nostalgica sensazione all’interno del petto.
E, beh, confermava che Yachi aveva avuto ragione sin dall’inizio, quando le sue idee su quel collerico legale erano irrimediabilmente confuse.

Tobio abbandonò l’espressione risentita in favore di una decisamente scandalizzata.

“C-cosa?”

“Non sto dicendo ovviamente che la tua mamma non ti abbia insegnato a essere carino con gli altri, o almeno non ci abbia provato, ma penso che il tuo atteggiamento scostante abbia sempre scoraggiato le persone ad avere una relazione più profonda con te, no? Ovviamente qualche amico dovrai averlo pure tu, ma magari ha un carattere simile al tuo, quindi alla fine sei punto a capo” ipotizzò Hinata, grattandosi soprappensiero il mento.
“Naturalmente non sto dicendo che tu non abbia colpa, dovresti lavorare seriamente sulla prossemica e fare uno sforzo per comprendere gli altri…”

Si arrestò, riesumando tutte le occasioni in cui il corvino non si fosse comportato soltanto in maniera scorbutica con lui, altrimenti sarebbe stato piuttosto semplice da tollerare, ma avesse scoperchiato quell’atteggiamento gelido che tanto lo intimoriva, mostrando la sua totale mancanza di considerazione ed empatia verso…
I sentimenti umani.

Forse, adesso, aveva una sorta di spiegazione.

“Non è una giustificazione, però adesso credo di riuscire a comprendere meglio alcune delle cose che hai fatto”

Kageyama ebbe l’impressione che il viso di Hinata nascondesse molto più di quello che stesse effettivamente dicendo.
Era come se si fosse adombrato, un velo di tristezza ad avvolgergli i lineamenti delicati.
Chissà su cosa stava rimuginando…?

“Anche se è strano pensare che tu sia amico di Bokuto-san e non ti sia fatto influenzare dal suo carattere estroverso”

“Bokuto-san non è un mio amico”

Accorgendosi dell’espressione sbalordita di Hinata, Kageyama cercò di riformulare la frase che, si accorse, suonava abbastanza male.

“Cioè, sono… più in confidenza con Akaashi-san. Bokuto-san l’ho conosciuto solo di conseguenza” spiegò lapidario, volendo evitare di ripercorrere il discorso intrapreso con Jun anche con il medico.
In realtà sarebbe stato decisamente meglio vuotare il sacco anche con Hinata, invece di concedergli solo mezze verità che non avrebbero potuto fargli comprendere la situazione nella sua interezza, tuttavia il suo orgoglio aveva già ricevuto un duro colpo la sera precedente, quindi, almeno per il momento, decide di soprassedere.

“Mmmh, in effetti… altrimenti ci saremmo incontrati di sicuro altre volte”

Hinata prese un sorso di chuhai.

“Che strana coincidenza però, non credi? Non avrei mai immaginato di trovarti a quella festa” ridacchiò, mordicchiandosi il labbro inferiore.

Non ne avevano mai discusso prima d’ora, sebbene fossero trascorse ben quattro settimane.

Kageyama poteva ancora concretamente percepire lo sconvolgimento che il suo corpo e la sua mente avevano provato quando si era ritrovato davanti l’allegro sorriso del pel di carota.
Sbigottimento che si era acuito, fino a tramutarsi in senso omicida, quando quel disgustoso essere dal nome che avrebbe desiderato dimenticare gli si era avvicinato e…

“Ti sei incontrato con Terushima alla fine?!” scattò prima ancora di poter presupporre di frenare la propria lingua.

Hinata sbatté le palpebre, colto alla sprovvista da quella turbolenta domanda.
Poi, però, un sorrisetto mefistofelico germogliò astutamente sulle sue guance rosate.

“Con Teru? Come mai quest’improvviso interesse?” chiocciò scoccandogli un’occhiatina in tralice.

“Sei stato tu a dire che avresti voluto vederti con lui, no?!” ribatté con aggressività il legale, nonostante l’evidente rossore del viso.

Shoyo finse di meditare accuratamente su quell’affermazione.

“Ah sì, l’ho detto?”

Il tono ostentatamente sbadato del medico provocò in Tobio il desiderio di sbattergli la testa contro il muro.

“Sì, l’hai detto la scorsa settima, quando ci siamo incontrati per caso a cena” sputò fuori ogni parola come se volesse inchiodarla a terra.

Per caso, ovvio, non è mica stato tutto organizzato da Bokuto e Kuroo, no no” pensò Shoyo, tentando di non ridere per l’ingenuità del legale, che mal collimava con l’atteggiamento iracondo.

“Se ne sei così sicuro” insistette a prenderlo in giro mentre sorseggiava con disinvoltura il chuhai.
“Però, Kageyama, ho notato che tendi a nominare Teru quasi ogni volta che ci vediamo. Fai intendere che ti piaccia parecchio, non credi?” cantilenò con la voce più soave che riuscì a esalare.

La lattina, ormai probabilmente vuota, nel palmo di Kageyama fu inaspettatamente accartocciata su se stessa.
“Da morire” sibilò a denti talmente stretti da render difficoltosa la fuoriuscita del suono.

Shoyo non fu più capace di trattenere la propria ilarità.

“Ma come Kageyama, per caso non ti va a genio?” trillò simulando sconcerto.

Tobio poteva essere estremamente ottuso, ma non fino al punto da rasentare la stupidità.

“Ti diverti?” mugugnò stizzito.

“Moltissimo” rise il medico, scombinandosi i capelli rossi.
“Puoi dirlo, sai? Non c’è nulla di male”

“Dire cosa” sbottò Kageyama, ancorando ostinatamente lo sguardo sullo schermo della tv, simulando un improvviso interesse per l’azione del capitano della squadra di pallavolo della Corea.

“Che sei geloso di Teru, ovviamente” cinguettò Hinata con un ghigno soddisfatto.

Il viso di Tobio avvampò tanto velocemente da fargli rischiare una combustione interna.

“Io non sono geloso di quello schifo ambulante!!” strillò istericamente, raddrizzando la schiena per imporsi, a modo suo, con la stazza.

“Ahi ahi, povero Teru”

“Non sono geloso di nessuno io! Non ne ho mica bisogno!”

“Si passa dall’innocenza alla superbia in un attimo, eh” commentò Hinata, continuando a sbellicarsi reggendosi la pancia con le mani.

“Quindi smettila di ridere, idiota!!”

“Noooo, non sei assolutamente geloso di nessuno, la tua reazione ne è proprio la prova, sì sì”

Asciugandosi una lacrimuccia con il pollice, il medico provò a domare l’ondata di risa.

“Ma anche se fosse davvero così, che ci sarebbe di male ad ammetterlo? Io sono stato geloso di un sacco di persone in passato, e lo sono tuttora! Quando andavo a scuola ero invidioso di tutti i miei compagni alti, ad esempio” spiegò scrollando le spalle.

Tobio aggrottò le sopracciglia fino a formare un’unica linea dritta sulla fronte pallida.

“Io non sono geloso di nessuno, perché ciò presupporrebbe che siano persone migliori di me” stridette tagliente e Shoyo sospirò rassegnato.

Le vecchie abitudini erano difficili a morire, eh…

“Per questo c’è… solo una persona di cui… sono… geloso”

Il tono del legale si assottigliò tanto fino a disperdersi nell’aria circostante.
Non sapeva neppure perché avesse pronunciato quelle parole ad alta voce.

L’attenzione di Hinata fu prontamente risvegliata.

“Cooooooosa? Esiste qualcuno che abbia questo onore?! E chi sarebbe??” indagò con gli occhi spalancati.

Il volto di Tobio si era colorato di scarlatto.

Perché gli stava concedendo quella preziosa informazione?
Stava deliberatamente ammettendo che ci fosse qualcuno migliore di lui?
Qualcuno che, nonostante tutti i suoi sforzi, ancora risiedeva su un gradino più alto.
Ciò significava ammettere la sua…
Debolezza?
No, non si trattava di debolezza.
Semplicemente, quello là era troppo brillante per gli standard dei comuni mortali.

“Un mio senpai dell’università” mugugnò con sguardo basso.

“Ed è così bravo?” indagò curiosissimo il medico, gattonando fino a sedersi a pochi centimetri dalla faccia del legale.

Kageyama emise uno sbuffo tra l’ironico e l’infastidito.

Bravo è un eufemismo. E’ la persona più talentuosa che esista nel nostro settore. E’ una spanna sopra tutti gli altri, non si può nemmeno competere con lui”

Gli occhi nocciola di Shoyo scintillarono.

“E’ fottutamente… perfetto” guaì insofferente, infilando le dita della mano sinistra fra i capelli.

Shoyo spalancò la bocca, incredulo.

Tu che dai del perfetto a un altro essere umano?”

“Non è un essere umano, ti ho detto che è su un altro livello” irruppe sulla difensiva.

Le labbra del medico si arricciarono in una risatina.

“E allora cosa sarebbe, un alieno?”

“Forse” sputò con veemenza Kageyama, sollevando la testa con supponenza.
“Deve esserlo, se gli sono ancora secondo”

Il medico roteò gli occhi, irritato.

“Sei davvero saccente, non c’è che dire”

“Beh, lui lo è molto di più!”

Shoyo scosse la testa, sconfitto.

“Va bene, va bene. Hai una foto? Sono curioso di vedere con i miei occhi la persona capace di far ammettere all’orgoglioso Kageyama Tobio la sua inferiorità”

“Ancora per poco!” abbaiò il corvino, pescando dalla testa dei jeans il cellulare e scorrendo freneticamente sui social.

“Ma oltre a essere un bravo avvocato, che ha di così speciale? Insomma, perché dici che è così bravo? Vince molte cause?” ipotizzò il pel di carota.

“Non vince solo molte cause, ma è come le vince che importa!” puntualizzò fomentato.
“Riesce sempre a carpire il punto debole del suo avversario, a sfruttarlo a suo vantaggio e alla fine ritorcerglielo contro! Costruisce accusa o difesa in maniera perfetta, non tralascia nulla al caso ma al tempo stesso è in grado di improvvisare anche nei momenti più difficili. Ha un carisma innato, tutta l’aula non riesce a staccargli gli occhi di dosso quando parla, come se fosse sotto ipnosi!”

Hinata percepì un bizzarro senso d’inquietudine a sentir Kageyama elogiare in quel modo una persona che non fosse sé stesso.
Se non l’avesse udito con le proprie orecchie, non l’avrebbe assolutamente ritenuto concepibile.

“Ha una mente calcolatrice, è in grado di manipolare a suo piacimento gli interrogatori dei testimoni e degli accusati, riuscendo a tirargli fuori ciò che vuole”
“Non ho mai conosciuto nessuno come lui” sussurrò alla fine.

Shoyo inghiottì un grumo di saliva, avvertendo le guance accalorarsi.

Possibile che Kageyama fosse infatuato di quella persona?
Non lo aveva mai visto comportarsi in quel modo…

“E’ questo” borbottò Tobio.

Il medico afferrò il cellulare del corvino e percepì i muscoli della mascella allentarsi, fin quasi a sciogliersi.

“E’… questo?” squittì con voce terribilmente acuta.

“Sì. Lo odio”

Hinata per il momento sorvolò sulla contraddittorietà di Kageyama, impegnato a squadrare la foto profilo dell’uomo che rispondeva al nome di ‘Oikawa Tooru’.

“Ovvio che tutta la sala non riesce a staccargli gli occhi di dosso” bisbigliò con una punta di veleno nella voce.

Kageyama corrugò la fronte.
“Cosa?”

Hinata non rispose, perdendosi ad osservare il volto delicato di quell’Oikawa Tooru, il naso all’insù, i grandi occhi bruni, i capelli mossi e perfettamente acconciati color cioccolata, il lungo collo e la pelle priva di imperfezioni… il tutto abbinato a un completo scuro accuratamente stirato che gli sagomava il corpo come una seconda pelle, slanciandone le lunghe gambe e il torso snello.

“Non mi avevi detto che il Grande Re fosse anche un super modello”

Il viso di Tobio assunse un’espressione sconcertata.
“Grande… che!?”

Shoyo sbatté le palpebre, tentando di ridestarsi da quella molesta trance che gli aveva aggrovigliato spiacevolmente le budella.

“Mi è venuto spontaneo” si giustificò sulla difensiva.
“Ti ho sempre immaginato come una specie di Re degli avvocati, però, se c’è qualcuno ancor più bravo di te… allora Oikawa Tooru diventa il Grande Re”

Inutile fu il tentativo del corvino di ignorare le penetranti voci di Kunimi e Kindaichi che gli pungevano le sinapsi.


“E, sempre secondo il suo modesto parere, tutti noi qui dentro siamo degli idioti. Non è forse così, Re?”

“Saprai affrontare una vita di solitudine, Re?”

“Mi domandavo… un Re, un Re tirannico… può continuare a esserlo se privo di sudditi?”



“Ora capisco perché ne sei talmente ossessionato. E’ uno dei ragazzi più belli che abbia mai visto” esalò scoraggiato il medico.

Tobio sentì che una secchiata d’acqua gelida gli fosse stata scaraventata addosso.

“Che?!”

“Non c’è bisogno di nasconderlo, Kageyama. Lo riconosco pienamente”

“No no, frena un attimo” quasi urlò, strappando il telefonino dalle mani del medico e sollevandolo in alto sopra la propria testa.

“Non sono mica ossessionato da Oikawa-san perché è bello! E poi, non ne sono affatto ossessionato, idiota!!”

Hinata assunse una smorfia scettica.

“Non credo a entrambe le cose”

Il legale si abbandonò a un sonoro grugnito.

“Okay, forse Oikawa-san è una mia fissazione, ma non lo è perché è bello! Non… non ci avevo nemmeno fatto caso” sputò con le guance rosse.

Il rosso sfoderò un sorriso sornione.

“Sì, come no, non avevi notato il suo bel faccino”

“Okay, forse ci ho fatto caso, però non è per quello che lo ammiro! Cioè volevo dire, non è per quello che lo odio e lo voglio superare!”

La testa di Shoyo stava per esplodere a furia di inseguire e acchiappare i contorti e discordanti ragionamenti del corvino.

“Non è il mio tipo, non lo rispetto perché mi piace esteticamente!”

“E chi sarebbe il tuo tipo allora?” lo schernì il medico.

“Tu, per esempio”

Il cuore di Shoyo si paralizzò.
Percepiva i polmoni in iperventilazione, mentre le guance gli andavano letteralmente a fuoco.

Nemmeno la faccia di Tobio però si trovava in condizioni migliori, considerato che il rossore aveva assunto una pericolosa sfumatura violacea.

“C-c-c-cioè v-v-volevo dire ch-che mi p-piaci più tu c-che O-oikawa-san, e-ecco” balbettò con gli occhi fermamente saldi sul tatami.

Il cervello di Shoyo aveva la medesima consistenza di una pappetta gelatinosa.

Accantonò momentaneamente tutte le congetture riguardanti il Grande Re, quale potesse essere il suo vero rapporto con Kageyama e la strana contraddittorietà del corvino nei suoi confronti.
I suoi circuiti mentali erano completamente fusi, come se vi si fosse abbattuto un fulmine a ciel sereno.

Il suo stato comatoso avrebbe persistito se non fosse stato per Ai-chan che, forse presagendo il deceduto stato mentale di Hinata, volò in suo soccorso, appoggiandosi sulla sua spalla e garrendo premurosamente.

“Anche tu sei il mio tipo, Kageyama” riuscì alla fine a mormorare con sguardo smarrito.

Per la prima volta dopo tanto, tanto tempo, Tobio avvertì il vuoto dentro il suo petto…affievolirsi.
Come se un calore sconosciuto si facesse spazio tra le voragini cave e le riempisse tiepidamente.

Era una sensazione…
Piacevole.

“Come… come va, il… il braccio? Scusa, non te l’ho nemmeno chiesto nonostante in teoria sia il tuo medico…”

Tobio abbassò lo sguardo sul gesso avvolto all’avambraccio destro che, praticamente con volontà autonoma, si era accostato fino a sfiorare la gamba di Hinata, come se avesse anelato toccarlo.

“Meglio, non mi dà particolarmente fastidio” replicò quietamente.

“Allora posso dedurre che hai seguito la cura” scherzò sommessamente Hinata, avvicinando di qualche centimetro il viso a quello di Kageyama.

“Ci rivedremo presto in ospedale allora?” dedusse il legale con una strana accelerazione cardiaca nel petto, similmente a un’ansia immotivata.

“Sì, sono già passate… sette settimane all’incirca, è arrivato il momento di toglierti il gesso” ribatté Hinata con tono fioco, come se stesse sussurrando e non ne capisse il motivo, cercando di travalicare il suono dei suoi battiti impazziti.

“Ricordi le settimane precise di ogni paziente?” domandò ironicamente il corvino, appoggiando i polpastrelli sulla caviglia scoperta del medico e percependone l’epidermide calda.

“Ricordo ogni cosa dei miei pazienti, non l’hai già imparato?”

“Pensavo che solo alcuni godessero di un trattamento di favore”

“E perché mai dovrebbero? I miei pazienti sono tutti uguali”

“Sei solito invitarli tutti a casa tua, allora?”

“Non tutti i miei pazienti si presentano alla mia porta con in mano il mio cibo preferito”

“Pensi che il paziente abbia scavalcato la linea della privacy?”

Hinata inalò tremante, sentendo il ritmo del cuore direttamente in gola.
“L’ha scavalcata già quando mi ha invitato a uscire”

“Ma il medico non l’ha oltrepassata per primo, elargendo al paziente il suo numero personale?” sussurrò Tobio, sollevando le dita fino ad accarezzare la guancia bollente del rosso.

“Era solo un modo per… essere carino con un paziente problematico” ribatté Shoyo con i polmoni in iperventilazione.
Il contatto tra la sua pelle e i polpastrelli di Kageyama era simile a elettricità, che gli attraversava prepotentemente la spina dorsale.

“Ah, il paziente sarebbe problematico?” sbuffò ironico il legale, avvicinando la punta del naso a quella del medico.

“Mmh mmh, un pericolo pubblico per l’ospedale, si diverte a spaventare gli altri pazienti”

“Il medico se l’è legata al dito, eh” soffiò sulle labbra di Hinata.

“Il medico ricorda sempre tutto” bisbigliò Shoyo con gli occhi nocciola completamente immersi in quelli blu come il mare.

“Il medico è un idiota” mormorò Tobio, la bocca a pochi centimetri da quella del rosso.

“Il paziente è insopportabile” esalò quasi in un sospiro, muovendo appena il capo per chiudere la distanza tra sé e Kageyama, quando…

“Driiiin, driiiin, driiiin”

La magia creatasi tra i due venne improvvisamente spezzata da un rumoroso e fastidioso trillo acuto.

Kageyama parve rendersi conto solo allora della sua posizione, scostandosi dallo spazio personale del medico come se si fosse ustionato.

“E’ la mia sveglia” spiegò Hinata in un sussurro, acchiappando il cellulare poggiato sul tavolino e silenziandolo con uno scatto nervoso del pollice.
“Mi ricorda che devo andare a dormire per essere in grado di svegliarmi in tempo per il turno di domani” aggiunse in tono mesto, cogliendo l’improvvisa distanza che Kageyama aveva nuovamente interposto fra loro.

“Oh, io, mi… mi dispiace, non pensavo si fosse fatto così tardi” balbettò Tobio, alzandosi bruscamente e scoccando un’occhiata fuori dalla finestra a parete, osservando il cielo scuro e le distanti luci della città.

“No, no, non preoccuparti! Non hai… nessuna colpa” mormorò Shoyo, balzando in piedi anche lui e richiamando così l’attenzione della cocorita, che svolazzò agilmente sopra le loro teste.

“Non è un bene trascurare il sonno, soprattuto dopo un turno notturno”

Le labbra di Shoyo si arricciarono all’insù.

“Adesso sei tu il medico?”

Kageyama abbozzò un sorriso che tuttavia fu di breve durata, poiché voltò subito le spalle al pel di carota e si accinse a raggiungere l’ingresso dell’abitazione.

“Grazie per essere passato oggi e avermi accompagnato nelle mie commissioni. Sono stato proprio… bene” pronunciò sommessamente Shoyo mentre guardava il legale infilarsi le scarpe e indossare goffamente il cappotto, aiutandosi solo con la mano sinistra.
“E grazie anche per i nikuman. Erano squisiti” sottolineò con un timido sorriso, aprendo la porta per far spazio al corvino.

Giunto sulla soglia, Tobio si girò, squadrando il medico dal basso verso l’alto.

“Puoi… passare qualche altra volta, sai. Non c’è bisogno di vedersi solo in ospedale” azzardò Hinata mordendosi l’interno della guancia, cercando di non badare al rossore che gli decorava graziosamente le gote.
“Se te lo stai chiedendo, non ce l’ho più con te, quindi puoi smettere di arrovellarti il cervello. Sarai anche grande e grosso, ma hai la testa più ottusa di quella di un mulo” proferì senza riuscire a frenarsi, imperniato da un isterico nervosismo, corroborato dall’anomalo silenzio del corvino.
“Nonostante il caratteraccio però sei riuscito a non farti beccare da Ai-chan. Di solito è gentile con gli ospiti, ma sa riconoscere subito un antipatico quando ne vede u-”

L’agitato sproloquio di Hinata fu bruscamente interrotto da una grande mano che gli avvolse la guancia e uno strano calore che gli inondò le labbra.

Sgranò gli occhi e alla fine, dopo tanto penare, il cuore si riappacificò con i suoi processi cognitivi.

La bocca di Kageyama…

Era posata sulla sua.

Non capì esattamente per quanto tempo rimase tanto esterrefatto da non riuscir a muovere un singolo muscolo.
A un certo punto però, seppe di essere stato in grado di chiudere gli occhi ed alzarsi leggermente sulle punte, raggiungendo Kageyama Tobio con la sua bocca.

Il contatto era… leggero.

Come se il corvino si vergognasse ad approfondirlo.

Le labbra si toccavano e si esploravano a malapena, senza valicare mai i propri confini.

Fu un bacio casto, quasi…
Infantile.

Kageyama fu il primo a distaccarsi, raddrizzando la schiena e osservando il viso di Hinata, il cui colore rassomigliava quello dei suoi capelli, mentre gli occhi nocciola erano tanto grandi da potervisi specchiare senza fatica.

“Buonanotte, Hinata”

Furono le ultime parole che udì prima che il corvino voltasse le spalle e… semplicemente, se ne andasse.

Shoyo sbatté le palpebre più e più volte, frastornato.

“Bacio! Shoyo, bacio!” garrì entusiasta Ai-chan, svolazzando per la soglia come a voler festeggiare il grande e atteso evento.

Shoyo sollevò lentamente le dita e si sfiorò le labbra, calde e appena umide.

Kageyama Tobio, l’iracondo legale dal cuore di pietra, gli aveva appena regalato il bacio più innocente e candido che avesse mai ricevuto.

“Chi sei davvero, Kageyama?” parlò ad alta voce, fissando un punto imprecisato dinanzi a sé, permettendo al proprio corpo di abbandonarsi alle miriadi di sensazioni che lo stavano divorando.

“Vuoi vivere come una macchina disumana, sprezzante di chi sta intorno… ma poi baci come un bambino, ingenuo e senza malizia. Chi sei, tra i due?”

Scandagliò l’angolo in cui era sparito nella tromba delle scale, come se potesse ancora vederlo e potesse rivolgerla a lui, quella fatidica domanda.

“Ma soprattutto… chi, tra i due… vuoi essere?”











Note finali: signore e signori, sono vivaaaaaa (nonostante l’attuale situazione mondiale faccia intendere il contrario).
Paradossalmente è stata proprio questa emergenza a consentirmi di dedicarmi finalmente alla storia o.o
Spero che tutti voi stiate bene!
Era da una vita che non scrivevo, mi mancava da morire T.T
Questo capitolo è praticamente venuto giù da solo, ho iniziato a battere al computer le prime righe e le mie dita non si sono più fermate per 48 ore o.o
Certe volte sento la mancanza della scuola per tutto il tempo a disposizione che mi concedeva il pomeriggio. Potevo scrivere liberamente senza nessuno che mi ricordasse “hai cinquanta esami in un mese quindi muovi il culo e studia”.
Ah, bei tempi.
Arrivando alla storia, non potevo più procrastinare e alla fine siamo arrivati alla parte fluff che molti di voi stavano aspettando (non cantate vittoria troppo presto però, la strada è ancora in salita).
Non siamo troppo lontani dalla fine, a seconda di come organizzerò il tutto penso ci saranno ancora due o tre capitoli, più magari una sorta di epilogo.
Alcuni di voi me l’hanno chiesto, quindi preciso anche qui che il bell’Oikawa arriverà e avrà la sua parte (che anch’io non vedo l’ora di scrivere) :D
Non so sinceramente che altro aggiungere, quindi se avete dubbi/domande/minacce da rivolgermi sentitevi liberi di farlo, così come di farmi presente se notate qualche errore/refuso, please. Vorrei che non mi sfuggisse mai nulla, però purtroppo sono umana e non riesco a correggere sempre tutto ciò che vorrei c.c
Non smetterò mai di ripeterlo, ma sentire la vostra opinione per me è oro, ve ne sono sempre molto grata<3
(Anche se forse non me lo merito, dopo tutta questa attesa).
Mille milioni di bacini a tutti coloro che mi hanno lasciato delle stupende recensioni fino a ora<3
Pregate per me e per la mia capacità di non aggiornare di nuovo fra altri sei mesi.
Ci vediamo ;)
   
 
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