Film > The Phantom of the Opera
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Autore: eliseCS    12/03/2020    0 recensioni
Cosa succede se Des si annoia, Amy e Una si impicciano un po’ troppo e Morty si fa prendere la mano?
Succede che un teatro prende fuoco, risponderebbe T. guardando tutti con disapprovazione.
Ma d’altronde, essendo il maggiore, scuotere la testa alle azioni dei suoi fratelli è quello che sa fare meglio.
È per questo che cerca di convincersi che se ancora sta aiutando Des è solo perché vuole evitare di far precipitare gli eventi un’altra volta – decisamente quel lampadario non avrebbe sopportato una seconda caduta.
E se stavolta Des sembra sicuro di quello che sta facendo, Amy è come sempre entusiasta e Morty sembra non interessato, dovrà ricordarsi che a Una non piace essere lasciata in disparte.
.
Perché forse la Musica della Notte non era ancora arrivata alle sue ultime battute e quella Christine era semplicemente quella sbagliata.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erik/The Phantom, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 stay by my side (angel)
 
 
 
Una era seduta sulla poltrona, le braccia incrociate e l'espressione annoiata mentre gli altri fratelli, in piedi davanti a lei, la guardavano con disapprovazione. Des in particolare sembrava proprio arrabbiato.
«Si può sapere cosa ti è saltato in mente? Quel poveretto non ne aveva già passate abbastanza? Come faccio a mettere le cose a posto se mi metti i bastoni tra le ruote?» camminava avanti e indietro cambiando direzione ogni tre passi gesticolando animatamente mentre parlava.
«Allora ti saresti potuto ricordare che di sorelle ne hai due, invece di tagliarmi fuori... sono dovuta venirlo a sapere da Morty!» si lamentò la donna dai capelli rossi.
Lo sguardo infuocato di Des a quel punto si abbatté su Amy: «Avevi detto che lui ne sarebbe rimasto fuori!» la accusò
«Infatti non interverrà» Una si affrettò a difendere i gemelli «Era solo incuriosito che io non avessi voluto partecipare visto che la prima volta mi ero divertita tanto, e a quel punto mi sono fatta dire tutto»
Il castano si lasciò cadere sul divano massaggiandosi le tempie con la punta delle dita: «Ed è proprio perché questa volta non si tratta di divertirsi ma di sistemare il guaio che ho combinato che non ti ho messa di mezzo, Una»
A quello la donna non rispose.
«Ma andrà tutto bene, vero?» si azzardò a domandare Amy dopo un istante tormentandosi le mani.
«Immagino che a questo punto non possiamo fare altro che aspettare. Ci siamo intromessi fin troppo. solo col
tempo potremo vedere» le rispose Des.
T sorrise. Una invece esibì un'espressione colpevole tirando fuori una vecchia chiave dalla tasca della giacca che aveva indosso: «Quindi suppongo che non possa andare a restituire questa...»
 
Des arrivò a tanto così dal buttarsi dalla finestra.

 
 
 
♫♪♫
 
 
 
«Dannazione, dove cavolo è finita?»
Il suo appartamento era quasi irriconoscibile dopo che Christine l'aveva rivoltato da cima a fondo, ma della chiave per l'ingresso di Rue Scribe non c'era neanche l'ombra. Non poteva averla persa! Eppure aveva guardato in tutti i posti dove sarebbe potuta finire, anche per sbaglio, dopo che non l'aveva trovata nel primo cassetto del comodino dove la metteva di solito.
Ributtò sul divano uno dei tre grandi cuscini che ne componevano la seduta lasciando andare un grido di frustrazione. Imprecando tra i denti recuperò la borsa e le chiavi dell'auto decisa a raggiungere il teatro il prima possibile.
Il fatto che Erik non avesse risposto alle chiamate e ai messaggi che aveva mandato mentre cercava quella maledetta chiave non aveva fatto altro che accrescere quella sensazione che ci fosse qualcosa che non andava. Nonostante le circostanze era sicura che l'uomo le avrebbe risposto, anche solo per urlarle contro.
 
A mali estremi...
 
Aprì la porta con foga e quasi andò a sbattere contro André.
«Christine! Volevo parlarti...»
«Non adesso Andrè, scusa ma sono di fretta»
«Ti rubo solo un minuto, promesso ma-»
«Non adesso! Erik non risponde e non è da lui, devo andare all'Opéra. Tanto è sempre li che gira a quest'ora, no?» domandò retoricamente senza rivolgersi davvero al ballerino.
«Di solito sì, ma è da una settimana che non lo si vede...» rispose lui ugualmente, e a quel punto Christine si bloccò.
«Cosa?» si girò verso di lui scuotendolo per un braccio. «Cosa vorrebbe dire?»
«Esattamente quello che ho detto. E siccome anche il direttore sta cominciando a preoccuparsi ha mandato me a chiedere a te se sai qualcosa. Apparentemente monsieur Destler non ha avvisato nessuno che sarebbe stato via o qualsiasi cosa stia facendo in questo momento» non aveva neanche finito la frase che Christine già lo stava trascinando via.
 
 
Alla fine André aveva insistito per guidare lui, tanto era venuto con la sua macchina, e parcheggiò a tempo da record mentre Christine scendeva dalla vettura che il motore era ancora acceso.
«Christine per la miseria, aspetta!»
La ragazza entrò quasi correndo senza curarsi minimamente dei turisti che la guardarono curiosi dirigendosi sicura verso l'ala dei vecchi Camerini.
«Dove stai andando? L'ufficio del direttore artistico è dalla parte opposta!» le fece notare Andrè venendo prontamente ignorato.
Arrivata al Camerino non riuscì però a lasciarlo fuori, e il ragazzo la trattenne costringendola a fermarsi.
«Adesso ti fermi un attimo e mi spieghi cosa sta succedendo. E perché siamo qui?»
Christine lo guardò rendendosi conto che probabilmente non l’avrebbe lasciata andare finché non avesse risposto. Senza contare che per come stavano andando le cose di sicuro era arrivato il momento che anche André venisse a conoscenza della botola.
Cercò quindi di calmarsi – non poteva dare di matto sapendo che in pochi istanti avrebbe sicuramente dovuto gestire il ragazzo – e prese un profondo respiro.
«Perché mi hai fatto vedere quelle foto, quelle vecchie che abbiamo trovato in soffitta?» gli domandò alla fine.
«Questo cosa c'entra adesso?» ribatté lui.
«Tu rispondi»
André apri la bocca ma non ne uscì un suono. Cosa avrebbe potuto dire? Che pur di farla lasciare con Monsieur Destler aveva cercato di convincerla che l’uomo fosse il "fantasma" che aveva causato la quasi distruzione del teatro più di un secolo prima? L'avrebbe preso per pazzo se già non lo pensava.
«Rispondo io per te: volevi convincermi che Erik fosse in qualche modo il famigerato Fantasma dell'Opera per spaventarmi e far sì che lo lasciassi, giusto?»
«Christine, questa cosa non ha senso»
«Giusto?» lo incalzò lei alzando appena la voce.
«Sì, ok, quella era l'idea, ma sai bene quanto me che è ma cosa impossibile...» rispose lui nello stesso momento in cui la ragazza diceva: «Mi dispiace dirti che però sei arrivato tardi: lo sapevo già»
 
Ad André ci vollero un paio di secondi per realizzare quello che Christine aveva appena detto.
«Cosa vuol dire che lo sapevi già?» esclamò, in viso un’espressione a metà tra lo scettico e il confuso.
«Non so neanche io come sia successo. Non gliel'ho mai chiesto in realtà, ma è così; lui è quel Fantasma dell'Opera, l'uomo nelle foto e dei ritratti che mi hai mostrato. E la festa di capodanno non era la prima volta che lo incontravo... quella è stata quando sono sparita quei quattro giorni quando avevo tredici anni. Ti ricorderai, no?»
«Christine stai delirando. Ti rendi conto di quello che stai dicendo... e quella a cosa dovrebbe servire adesso?»
Andrè la guardò sempre più preoccupato mentre lei nel frattempo aveva chiuso la porta del camerino e tirato fuori l'attrezzatura d'arrampicata dall'armadio dando a lui l'imbragatura.
«Mi aveva dato una chiave per raggiungere il lago dall’esterno, ma non riesco a trovarla. Questo è l'unico altro modo che conosco per andare giù» spiegò assicurando la corda all'armadio.
«Lago? Christine, secondo me ti sei fatta suggestionare un po’ troppo dal diario di tua nonna»
«No! Senti: c'è qualcosa che non va e devo andare a controllare. Ti ho portato con me perché immaginavo che non mi avresti lasciata andare da sola, ma se devi metterti a contestare ogni cosa che dico allora sei invitato ad andartene. Quando sono ricomparsa, quindici anni fa, mi hanno trovata in questo camerino, ricordi? C'era un motivo, perché è da qui che sono caduta...» e a quel punto si spostò davanti al quadro della ballerina eseguendo la sequenza di salti prima che l’altro avesse tempo di protestare ancora.
 
La botola si aprì e André lasciò cadere l'imbragatura spalancando la bocca e sbattendo più volte le palpebre.
«Come...?»
«Ero piena di lividi perché il pozzo era pieno di corde... Ma le ho tolte praticamente tutte cadendo quella volta, adesso non è più così complicato scendere»
«Corde» ripeté André. Sembrava sotto shock.
«Sì, corde. È stato Erik a liberarmi. Giusto in tempo prima che soffocassi. Adesso metti quell'imbragatura Andrè, abbiamo già perso abbastanza tempo»
Si ritrovarono così a scendere alla luce delle torce dei telefoni con Christine saldamente aggrappata alla schiena del ballerino che per fortuna alla fine sembrava essersi ripreso.
 
 
«Cosa diavolo è successo qui?»
Passato l'iniziale momento di sorpresa in cui André aveva dovuto ammettere che era tutto vero, c'era sul serio una dimora sul lago sotto il teatro, aveva giustamente notato lo stato di devastazione in cui versava il posto.
Christine si sentiva sull'orlo delle lacrime.
Erik le aveva spiegato che la distruzione in cui versava il rifugio la prima volta che ci era stata era principalmente dovuta alla folla inferocita che aveva cercato di stanarlo dopo la terribile notte del Don Giovanni, ma la ragazza sapeva bene che questa volta la folla non c'entrava niente.
Poteva immaginare benissimo Erik che rovesciava i candelabri e mandava a gambe all’aria la scrivania e tutto quello che gli capitava sotto mano in un impeto di rabbia – o disperazione? – dopo che lei lo aveva lasciato.
Era colpa sua.
«Pensi davvero che sia rimasto qui?» la domanda di André la riscosse.
Annuì in risposta tirando su col naso e cercando di ricacciare indietro le lacrime: «Sono passata all'altro appartamento e il portiere mi ha detto che è da quasi un mese che non lo vede. Non che ci andasse spesso, ha sempre preferito stare qui sotto, è stata casa sua per così tanto tempo...» si guardò intorno constatando che anche quella volta gli specchi erano andati distrutti. Forse anche all'epoca quelli non erano stati infranti dalle persone.
«Spero solo che non sia andato ad infilarsi in una delle sue gallerie. Se gli è davvero successo qualcosa rischieremo di non trovarlo più sul serio...» mormorò più a se stessa.
«Vieni: le camere, lo studio e la sala da pranzo sono da questa parte. E attento a dove metti i piedi» richiamò Andrè cominciando ad incamminarsi verso il corridoio principale che sbucava nell’angolo più lontano sulla destra.
Si affacciò brevemente nella sua camera da letto pur sapendo che Erik non avrebbe avuto nessun motivo di trovarsi là dentro, constatando per lo meno che la stanza era intatta. Evidentemente l'impeto distruttivo del Fantasma non si era esteso oltre l'ambiente principale.
La fortuna doveva essere dalla loro parte perché non dovettero cercare oltre la camera da letto personale dell'uomo.
Erik era lì, sul letto, sdraiato ancora completamente vestito sopra il copriletto, la maschera bianca al suo posto a coprirgli metà del viso.
Stava dormendo.
Christine si rese conto in fretta che però c'era qualcosa che non andava quando l'uomo non aprì gli occhi dopo che lei aveva esclamato il suo nome e le luci erano state accese.
 
«Erik? Erik, mi senti?» l’aveva raggiunto salendo sul letto al suo fianco.
Tremava impercettibilmente, la fonte scottava e il respiro era affannoso.
«Vai a cercare dell'acqua» ordinò ad André che saggiamente obbedì senza contestare.
Intanto Christine gli tolse la maschera dal viso, quasi fosse tutta colpa di quel maledetto oggetto, continuando a chiamarlo.
«Erik, ti prego...»
All'ennesimo richiamo gli occhi dell'uomo si mossero finalmente sotto le palpebre che si aprirono leggermente.
Christine sospirò dal sollievo abbracciandolo di getto incastrando la testa tra la sua spalla e il collo mentre inspirava per riprendere fiato e sforzarsi di non scoppiare a piangere. Almeno era tornato cosciente.
Si ritirò su notando che Erik stava muovendo le labbra come se stesse cercando di dire qualcosa... poteva immaginare cosa.
Non sapeva da quarto tempo era in quelle condizioni, ma con le luci accese a quel modo, la febbre alta e lo sguardo allucinato che le stava rivolgendo non ci voleva molta fantasia per intuire chi stesse vedendo in quel momento. Ma non le importava, l'unica cosa che contava davvero era che...
Si irrigidì all'istante al suono del nome che Erik era alla fine riuscito a pronunciare.
Non era Christine, era...
«Rose... la mia Rose...» pronunciò in un soffio riuscendo addirittura ad accennare un sorriso. A quel punto la ragazza non riuscì più a trattenere le lacrime che cominciarono a scendere copiose sulle sue guance.
«Rose...» l'aveva intanto chiamata di nuovo alzando una mano fino a sfiorarle il viso. «Sei davvero qui...»
La ragazza prese quella mano facendo sì di appoggiare il viso sul suo palmo «Sì, sono qui» rispose in un singhiozzo. «Certo che sono qui. Mi hai fatto prendere un colpo. Per un attimo ho pesato...» non concluse la frase, scossa dai singulti.
 
«... ho trovato dell'acqua!» in quella André ricomparve nella stanza brandendo una bottiglietta trovata miracolosamente vicino all'organo. «Ah, si è svegliato» fu il suo unico commento mentre apriva la bottiglia passandola poi a Christine. La ragazza la rifiutò però preoccupata nel vedere che Erik aveva di nuovo chiuso gli occhi.
«No... No! Erik!» lo richiamò scuotendolo.
L'uomo scosse la testa strizzando gli occhi proprio a voler evitare di aprirli di nuovo, e Christine si accorse che aveva cominciato a piangere anche lui.
«Erik per favore, apri gli occhi. sono io, Rose!» lo implorò ignorando l'occhiata di André quando usò il suo secondo nome.
André... era successo tutto quando il ballerino era tornato nella camera!
Senti Erik sussurrare un De Chagny, e in qualche modo sapeva che non si stava riferendo a lei. Che avesse...
«Erik, ti stai sbagliando. Per quanto forse non migliori la situazione questo è André, non Raul!» provò a richiamarlo.
Sembrò funzionare visto che l'uomo riapri gli occhi di scatto cercando poi di mettersi a sedere per potersi guardare meglio attorno.
«Aspetta... André dammi una mano» si fece aiutare a tirare su Erik sistemandogli i cuscini dietro la schiena per aiutarlo a sorreggersi.
«Visto? Sei ancora qui con noi... con me» ribadì dopo che Erik ebbe minuziosamente esaminato la stanza e loro due con gli occhi, sempre in religioso silenzio.
Solo quando lo reputò sicuro la ragazza gli avvicinò finalmente la bottiglietta alle labbra. L'acqua finì in pochi sorsi e seppure non disse nulla era evidente che l'uomo ne voleva ancora.
«Ce la fai ad alzarti? Solo per arrivare fuori e poi chiamiamo una ambulanza... hai bisogno di essere visto da un medico» domandò piano Christine, ma Erik scosse la testa.
«No»
«Ti diamo una mano noi» insistette lei, ringraziando il cielo per la presenza di André: da sola di certo non ce l'avrebbe mai fatta.
«No» ripeté però l'altro. «Niente medici» specificò brevemente.
«Erik, non fare l'ostinato adesso, ti prego. Hai bisogno di...»
«Tempo. sapevo che sarebbe successo, ero stato avvertito. Passerà devo solo aspettare» si vedeva quanto pronunciare tutta quella frase gli fosse costato, aveva di nuovo il respiro affannato.
Christine sospirò sconsolata: non sarebbero riusciti a smuoverlo neanche in due nonostante le sue condizioni se lui non avesse voluto.
«Hai altra acqua qui?» domandò alla fine. Aveva decisamente bisogno di bere ancora, e magari anche mangiare qualcosa.
«La piccola dispensa dopo la sala da pranzo... è piena» rispose genericamente lui richiudendo gli occhi.
«Andrè ti dispiace...? È sempre lungo questo corridoio...» domandò Christine a bassa voce supplicandolo con lo sguardo.
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo rassegnato, ma fece un cenno di assenso e li lasciò soli.
Christine sospirò di nuovo chiudendo a sua volta gli occhi dopo essersi appoggiata con la schiena alla testiera del letto: sarebbe stata una lunga serata.
   
 
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