Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Rosmary    12/03/2020    7 recensioni
{Missing Moments della long Paradiso perduto | Spoiler Alert se non si è arrivati al Capitolo Tredici della longfic}
Una giornata come tante altre di un agosto diverso da tutti gli altri.
“Possiamo continuare a non parlarne?”
“Ti dà così fastidio?”
“Vuoi la verità?” ribatte retorico. “Sì.”
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred Weasley Jr, Louis Weasley, Nuovo personaggio, Roxanne Weasley
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
- Questa storia fa parte della serie 'Paradiso perduto'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Spoiler Alert: il racconto contiene spoiler per chi non ha letto sino al Capitolo Tredici di Paradiso perduto.
 


I N   E Q U I L I B R I O   S U L   V U O T O

Agosto 2022

Il paesaggio montuoso della contea di Northumberland strizza Roxanne in una morsa claustrofobica, mentre la temperatura dalle tinte più autunnali che estive le rizza la sottile peluria delle braccia. Eppure non potrebbe essere più grata al fratello per averla convinta a cogliere al balzo l’occasione di assistere a uno dei rari allenamenti a porte aperte del Puddlemere United, perché i pensieri sono volati tutti altrove nell’istante in cui ha raggiunto la gradinata degli spalti.
Gli occhi scuri della diciassettenne osservano interessati il modesto campo di Quidditch adibito a sede d’eccezione per l’allenamento della squadra più competitiva del campionato – ha sempre trovato strambo il fatto che il Puddlemere tenesse così tanto ai segreti professionali da non rivelare a nessuno la reale ubicazione delle proprie strutture sportive, sa però che in molti credono si trovino anch’esse nel Northumberland, territorio vasto dove mimetizzarsi senza troppe difficoltà.
“Cazzo, quella sì che è una presa.”
Roxanne sorride alla spontanea ammirazione di Brandon Stuart, che seduto dietro di lei, a un solo gradino di distanza, non ha smesso per un solo minuto di toccarle i ricci bruni e seguire le mosse dei quattordici giocatori in campo.
“Mai come quelle della nostra Amanda.”
Parole ironiche, quelle di Dean MacFarland, che cascano nel vuoto: Amanda Baston, le sopracciglia già inarcate, non si cura di ribattere e seguita a guardare i professionisti sfrecciare da un lato all’altro del campo – è quando un sospiro abbandona le sue labbra vermiglie che Roxanne, sedutale accanto, le dà una gomitata per richiamarne l’attenzione.
“Che hai?”
Amanda le risponde con un disinteressato cenno di diniego, ma Roxanne non fatica a coglierne il malumore celato.
Louis.
Nessuno di loro ha pronunciato il suo nome, ma l’assenza ha un peso specifico impossibile da ignorare.
Quando Fred l’ha invitata a distrarsi, a tirarsi via dalle ombre del processo ancora in corso, ha accettato a patto di non essere sola su quegli spalti, così ha invitato Amanda, che a sua volta ha informato Dean, che ha chiamato Brandon con quello strano aggeggio babbano che gli ha regalato: il telefono. Quando però hanno osato sperare che il Capitano potesse unirsi a loro, hanno dovuto scontrarsi con il no categorico dei genitori di Louis, preoccupati all’idea che il figlio ancora convalescente possa incappare in qualche incidente con i mezzi di trasporto magico.
“Dopo potremmo andare da lui,” tenta Roxanne. “Gli farà piacere.”
“Non saremmo dovuti venire,” replica Amanda. “Non senza di lui.”
È Dean a sospirare ora, sorseggia poi la burrobirra stretta nella bottiglia di vetro e osserva uno a uno i tre compagni di Casa e squadra.
“Possiamo continuare a non parlarne?” chiede infine.
“Ti dà così fastidio?” provoca Amanda.
“Vuoi la verità?” ribatte retorico. “Sì.”
Brandon e Roxanne si scambiano uno sguardo preoccupato, al punto che il primo corre a circondare le spalle dell’amico per intimargli calma. Ma Dean scuote la testa, beve di nuovo e orienta gli occhi scuri sulla figura atletica di Fred Weasley junior, che malgrado la giovane età riesce a far impallidire gli altri battitori in campo.
“Lysander deve pagare,” ringhia Dean. “O Lorcan, o chi cazzo è stato.”
“Louis è sicuro sia stato Lysander,” afferma Roxanne. “Ma credo sia stato ingannato.”
“Certo che è stato ingannato,” concorda Amanda. “Ma è ancora troppo scosso per capirlo.”
“Non è possibile che Lorcan abbia incastrato il gemello,” s’inserisce Brandon. “Sappiamo tutti cosa succede a chi pesta i piedi a Lysander, per Lorcan è intoccabile.”
“Ma non ha senso che sia stato Lysander,” insiste Amanda. “Louis lo avrebbe disarmato a occhi chiusi.”
“Forse l’ha sottovalutato,” rilancia Brandon. “Io l’avrei fatto, insomma… Lysander è…”
“Un coglione,” completa incolore Dean. “Se non lo spediscono ad Azkaban, alla prima partita gli rompo qualcosa, parola di battitore.”
“Falla finita,” rimprovera severa Roxanne. “Louis non vuole questo.”
“Louis deve avere giustizia,” insiste Dean. “E se non ci pensa il Wizengamot, ci pensiamo noi, la sua squadra.”
Amanda incrocia gli occhi sperduti di Roxanne, che dal canto suo scuote il capo in disaccordo – sa bene quanto ribolla in loro la voglia di vendicare il torto subito da Louis, ribolle anche in lei, ma non possono cedere a istinti così meschini.
“Non faremo niente,” insiste a sua volta Brandon. “O meglio, faremo quello che vuole Louis.”
Dean sbuffa contrariato, dà un ultimo sorso alla burrobirra e impugna la bacchetta, rigirandosela incupito tra le mani. È amico di Louis dal loro primo anno, è stato lui a dargli fiducia e ad ammetterlo in squadra, lui a esserci ogni volta che ha avuto una debolezza – l’idea di non esserci stato a propria volta, di non poter fare niente, è fonte di vivo nervosismo.
“Anche perché finiresti in Infermeria,” riprende rude Amanda. “Tu rompi le ossa a Lysander e Lorcan le rompe a te.”
“Potresti sempre sfidarlo di nuovo al Fight Club,” insinua ironica Roxanne. “Almeno scegli quando finirci, in Infermeria.”
Brandon reprime una risata, battendo incoraggiante la mano sulla spalla di Dean, dal canto suo tristemente memore di quando, a metà del quinto anno, ha sfidato Lorcan a salire in pedana. È un ricordo che sa di fiele e umiliazione, Lorcan in quel frangente non l’ha degnato neanche di un incantesimo offensivo, si è limitato a disarmarlo sghignazzando assieme a James – James.
“James,” ripete a voce alta. “Lui che dice? Da che parte sta?” chiede a Roxanne.
La ragazza avverte tre paia d’occhi su di sé e abbozza un sorriso mesto.
“James difende Lorcan che difende Lysander,” risponde. “Lui e Louis non si parlano più.”
“Ma come cazzo fa a non stare dalla parte di Louis,” sbotta Dean.
“Louis ci starà di merda,” mormora Brandon.
“Lui dice che va tutto bene,” replica Roxanne.
“Perché è forte,” afferma Amanda. “James non merita neanche gli insulti, invece.”
“Ma se fino a qualche mese fa ci scopavi.”
Lo sguardo di Amanda si aguzza e sfiora rovente il viso di Dean.
“Sei informato male,” ribatte. “A stento ci siamo baciati, ed è stato solo per...”
“Attirare l’attenzione di Louis,” completa indelicato Brandon. “Tentativo disperato.”
“E inutile,” aggiunge Roxanne. “Te l’avevo detto.”
Amanda reprime l’imbarazzo e il fastidio, conscia di aver agito come la più patetica delle ragazzine infatuate, ma ha davvero creduto che Louis potesse guardarla con altri occhi se avesse visto James interessarsi a lei.
“Avrebbe potuto funzionare,” si difende. “Ma a James non piace nessuna.”
“O sei tu a non piacergli,” insinua Dean.
“Può darsi,” concede. “Ma prova a parlare con altre ragazze che lo hanno frequentato, ti diranno tutte la stessa cosa.”
“Che non gli funziona?” ghigna Brandon.
“Che ha Rose,” risponde. “È riuscito a darmi buca tre volte su tre pur di non togliere tempo a lei. O scopano o… o non lo so.”
Roxanne si spiaccica una mano sul viso, ma un istante dopo si abbandonano tutti a risate divertite – se siano sfogo di tensione o reale ilarità, non sembra avere importanza.
Louis li scorge così da lontano, allegri, e un sorriso curva anche le sue labbra. Avanza senza annunciarsi, le mani infilate mollemente nelle tasche dei pantaloni e i passi eleganti che sfiorano leggeri le gradinate. I quattro non devono aguzzare troppo la vista per intravedere una polo color fango in avvicinamento e riconoscere gli occhi splendenti dell’anglo-francese.
Amanda è la prima a balzare in piedi e abbracciarlo, toccando apprensiva quel corpo smagrito dalla degenza in ospedale e dalle ferite inferte dalla tortura. Eppure, riflette, neanche un dolore tanto alieno è riuscito a scalfirne l’appariscente bellezza e la sicurezza di ogni singolo gesto.
“Come hai convinto gli zii?”
Louis sogghigna in direzione della cugina, spiegando rapido di aver optato per un compromesso: loro gli avrebbero concesso di vivere e lui avrebbe acconsentito a spostarsi a bordo della macchina del nonno scortato dalle sorelle.
“Niente smaterializzazioni,” conclude. “O mi sequestrano la bacchetta.”
“Mi sembra ragionevole,” approva Amanda.
“A me paranoico,” ribatte Louis. “Ma immagino debba accondiscendere, per ora.”
“Il tempo di tornare a Hogwarts,” concorda Dean. “Poi potrai fare come vuoi.”
Louis gli rivolge uno sguardo complice e il battitore sorride compiaciuto, prendendo posto accanto al Capitano non appena decide di sedersi e rivolgere lo sguardo chiaro ai giocatori in volo.
“Potete continuare a parlare di me,” riprende Louis. “Non mi offendo.”
“E chi ti dice che parlavamo di te?” si difende Amanda.
“Il fatto che non esista argomento migliore di me,” risponde, le labbra piegate all’insù. “Allora, che dice la mia squadra?”
“Dean vuole vendicarti, Amanda vuole piangere al tuo capezzale...”
“Ehi!”
“…James è fuori di testa,” snocciola Brandon. “Oh, e Roxi vuole uscire con me!”
“Nei tuoi sogni, forse,” interviene atona Roxanne.
Louis non commenta, si limita a rivolgere un occhiolino furbo alla cugina, riprendendo a seguire l’allenamento. Non che gli interessi particolarmente, non è neanche un tifoso del Puddlemere United, ma ha un disperato bisogno di svagarsi e per farlo le persone che ora lo circondano sono la compagnia ideale. Molly e Leonard, cui ha confidato di aver duellato con Lorcan e non con Lysander, alternano momenti di soffocante apprensione a tentativi di persuasione per indurlo a denunciare il reale colpevole – no continua a essere la sua categorica risposta, il processo andrà come deve andare. Lysander, lo ripete a oltranza a se stesso, è una responsabilità di Lorcan Scamander, non propria – non muoverà neanche un muscolo per capovolgere la situazione, che lo faccia quel pezzo di merda del fratello seguita a pensare.
E poi c’è James.
Ha quasi pianto di frustrazione a causa sua. È successo quando è stato dimesso dal San Mungo e ha fatto ritorno a casa, dove ad attenderlo per festeggiarne la guarigione ha scorto zii, cugini, amici di famiglia, ma non lui. Avrebbe voluto chiudersi in camera, vomitare la delusione, smaterializzarsi ovunque si fosse rintanato per prenderlo a pugni, invece ha incassato stoico la delusione, tinto gli occhi di indifferenza e finto di apprezzare la compagnia di quei nessuno. È crollato nell’istante in cui, calata la notte, è annegato nelle ombre della propria stanza solitaria – una debolezza che ha odiato.
Incoraggiandosi a tirarsi via da quei pensieri, applaude assieme agli altri a un colpo a effetto di Fred, tuttavia è costretto a rivolgere l’attenzione a Dean, che sembra più interessato al proprio profilo che all’allenamento.
“Parla,” lo sprona.
Dean si inumidisce le labbra, le dita serrano la presa attorno alla bacchetta e una ruga di tensione gli percorre verticale la fronte sino al naso.
“Cosa vuoi che facciamo?”
“Che intendi?”
“Con Lysander, Lorcan o chi ti ha torturato,” chiarisce duro. “Deve pagare.”
Louis accenna un sorriso sghembo e gli dà una pacca sulla spalla.
“Sta’ calmo, MacFarland,” celia. “Voglio che non facciate niente.”
“Sei sicuro?”
Louis annuisce e scruta quel viso amico tendersi ancora di più, irrigidito da un’imposizione che a quanto pare trova scomoda. Tuttavia non elargisce altre spiegazioni, si limita a incrociarne lo sguardo per rinsaldare il niente ordinato.
Dean, dal canto suo, si ritrova a ingoiare a vuoto dinanzi a quegli occhi vivi di determinazione, mentre lo stomaco si contrae in una morsa dolorosa, si convince così a fuggirli, sfiorando il viso di Louis con un’ultima occhiata prima di fingere interesse per i giocatori in volo. Si premura però di rinfoderare la bacchetta, godendo del lampo di approvazione che curva la bocca del Capitano verso l’alto.
“Hai finito di annoiarlo?” chiede Amanda. “Sì, ho origliato,” aggiunge.
Brandon e Roxanne reprimono una risata, ma Louis si siede un gradino più in basso per averla a solo un livello di distanza, chiuderla tra le proprie gambe e poggiare il mento sulla sua spalla.
“Sei nervosa oggi?” mormora al suo orecchio.
Amanda, le palpebre che si strizzano per reprimere la sensazione troppo piacevole che l’ha assalita, si concede il lusso di baciargli la guancia e sfiorargli i capelli.
“Non più del solito,” ironizza lei.
Louis le sorride e d’istinto guarda verso il campo di allenamento, individuando senza fatica Oliver Baston in sella al suo manico di scopa, impegnato a imporre direttive su direttive.
“Ti ha vista?”
“Certo,” risponde con ovvietà. “Sapeva che sarei venuta, ho dovuto avvisarlo. Dormo da lui,” aggiunge mesta. “Il che significa che domattina mamma avrà un’occasione per sparlare di lui e della sua ossessione da lavoro.”
Louis tace, è così estranea alla propria esperienza familiare quella di Amanda che dubita di riuscire a capirla sino in fondo. Oliver Baston, campione di Quidditch prima e allenatore d’eccellenza dopo, sembra aver dedicato più tempo alla crescita professionale che alla famiglia, con la conseguenza che la madre di Amanda ha imboccato la strada della separazione non appena la figlia è approdata a Hogwarts.
“Hai finito di fare la gatta morta?” interviene improvviso Dean. “Sì, ho origliato,” le fa il verso.
Louis ride, ma Amanda per nulla divertita rifila un’occhiataccia al compagno di squadra.
“Dovreste farvi una scopata,” ironizza Louis. “Avverto una tensione sessuale irrisolta tra voi.”
“Capitano, sei sempre un passo avanti,” soggiunge sarcastico Brandon, ridendo assieme all’anglo-francese delle espressioni contrariate degli altri due.
“Lo so, sono eccezionale,” prosegue scherzoso Louis. “Che inseguimento patetico,” aggiunge poi, intercettando i due cercatori in volo. “Non hanno classe.”
“Sono giocatori di Quidditch, non modelli,” borbotta Roxanne.
“Né re,” scherza Brandon.
Louis alza gli occhi al cielo fintamente infastidito, sorridendo un istante dopo nell’intravedere Fred avvicinarsi profittando della pausa concessa.
“Sei tutto sudato,” si lamenta Amanda non appena Fred, messo via il manico di scopa, tenta di salutarla con un sonoro bacio sulla guancia.
Il diciannovenne in risposta le scompiglia i capelli, ridendo degli improperi che la cacciatrice biascica tra i denti. Roxanne osserva il fratello rassegnata, spera che prima o poi capisca che le attenzioni di Amanda sono radicate altrove.
“Sei scappato dalla prigionia?” chiede Fred a Louis.
“Più o meno,” scherza. “Non posso guardarti con quest’orribile divisa addosso.”
“Ragazzino, ti ricordo che i tuoi Falcons della Cornovaglia sono arrivati secondi dopo di noi,” ribatte orgoglioso. “Dov’è quell’altro traditore della patria?”
“Qui sono tutti traditori della patria,” interviene lesta Roxanne, evitando che il discorso viri su James, cresciuto a pane e Falmouth Falcons insieme a Louis. “Solo Brandon tifa per voi,” aggiunge battendo una mano sulla schiena dell’amico.
“Ma solo perché è un babbano,” ironizza Dean. “Non credo ci siamo mai presentati,” continua poi diretto a Fred. “Sono Dean MacFarland, ti ho sostituito nei Grifondoro.”
Fred accetta di buon grado la mano, stringendola amichevole.
“Sarai stato un ottimo acquisto, mio cugino è un Capitano esigente,” dice. “Ma MacFarland come quel MacFarland?”
“Mio nonno,” conferma con un gran sorriso. “Era Capitano dei Montrose Magpies.”
“Voi scozzesi ci date sempre filo da torcere,” concede Fred. “Non come i Cannoni,” provoca guardando la sorella.
“Ma come le Holyhead,” si intromette Amanda. “Due partite perse su due.”
“Perché siamo facili prede del fascino irresistibile delle giocatrici,” replica malizioso Fred. “E tu dovresti saperlo,” completa ammiccandole.
Amanda assottiglia lo sguardo, ma Fred anziché cogliere il pericolo scoppia a ridere.
“Ti offro da bere, dopo.”
“Dopo devo tornare a casa con mio padre.”
“Gli ho già detto che bevi qualcosa con me e Roxanne.”
“Cosa?”
Fred le rivolge un sorriso furbo e pensa bene di fuggire per fare una doccia rapida prima di riprendere l’allenamento – e per evitare la sfuriata.
“È un idiota,” commenta infatti Amanda.
“Puoi dirlo forte,” concorda Roxanne.
“Dovresti dargli una possibilità, invece,” interviene Louis, le gambe distese in avanti e la schiena comodamente poggiata al gradino alle proprie spalle.
Brandon tossicchia, mentre Dean si riaccomoda accanto al Capitano e indirizza uno sguardo schernitore alla compagna di squadra.
“Non mi piacciono i battitori,” replica altera Amanda. “Sono banali,” aggiunge guardando Dean.
“Soprattutto quelli Grifondoro del nostro anno,” si accoda pungente Roxanne, indirizzando un sorriso lezioso a Brandon.
“Afferrato,” dice Brandon. “Che ne dite di un aperitivo?” chiede ai due ragazzi. “Troppi complimenti mi emozionano,” ironizza.
Dean cerca il consenso in Louis e si alza in piedi quando lo vede acconsentire con un cenno del capo.
“Domani vieni dai nonni?” chiede Roxanne prima che il cugino vada via.
“Forse,” risponde. “Nel caso io non ci sia e tuo cugino sì, digli che lo saluto,” aggiunge sprezzante.
“È solo condizionato da Lorcan,” tenta Roxanne. “E Rose da James, vedrai che capiranno da che parte stare prima che finisca il processo.”
Louis in risposta storce le labbra in un’espressione di disappunto, s’allontana poi assieme ai due amici, agitando la mano in segno di saluto verso Fred.
“Dovrei dare una possibilità a Fred,” esordisce stizzita Amanda non appena restano sole.
Roxanne poggia la testa sulla spalla dell’amica e la incoraggia con un sorriso, ma l’altra strizza le labbra nervosa e fissa gli occhi sulle proprie scarpe.
“Non lo capisco,” continua. “Un attimo prima mi chiede di mio padre e l’attimo dopo fa lo stronzo.”
“Ma lui è stronzo,” dice con semplicità Roxanne. “Solo che vi incanta con due moine,” aggiunge divertita. “È la sua natura, credo, non lo fa di proposito.”
“Parli del fatto che sia… sì, un po’ Veela,” sussurra come se fosse un segreto.
Roxanne solleva la testa e scoppia a ridere.
“No, parlo del fatto che è nato stronzo,” chiarisce. “Non farti imbambolare troppo dalla storia di zia Fleur, lui ci gioca molto.”
Amanda storce le labbra, ma non aggiunge altro, convinta che Roxanne – per sua fortuna – non abbia la più pallida idea di cosa significhi condividere le giornate con Louis senza potersi rintanare nel rassicurante legame familiare e scacciare ogni speranza a suon di siamo cugini.
Trascorrono così alcuni minuti di totale silenzio, disturbati solo dagli schiamazzi di altri gruppetti di spettatori e dai suoni provenienti dai giocatori in volo.
A Roxanne sembra di avere l’udito pieno del fischio sordo della pluffa che sferza l’aria – è piacevole –, ma gli occhi, quelli sono catturati da un’immagine che non ha niente in comune con i professionisti e i loro costosi manici di scopa, forse solo l’entusiasmo con cui li osserva sfrecciare nel cielo. Se ne accorge quando Amanda le ticchetta il ginocchio, di avere la testa voltata in direzione delle gradinate, lo sguardo fisso su un ragazzo dai capelli castani e dal sorriso gentile.
Niente.
Liquida così l’amica sospettosa, accavallando le gambe e drizzando la schiena, mentre le mani carezzano lente i capelli ricci e le iridi seguitano a dedicare attenzione a quello sconosciuto. Non sa bene cosa stia facendo, sa solo che vorrebbe essere notata, vorrebbe incrociarne lo sguardo per un solo istante, accennare un sorriso distratto e sperare che lui muova un passo in sua direzione.
A dispetto delle speranze, però, il ragazzo è concentrato sull’allenamento, e le uniche occhiate negate ai giocatori sono quelle indirizzate ai tre che lo circondano.
Senza stupore, Roxanne s’accorge però di attrarre tanti occhi – compresi i suoi – nel momento in cui Fred, terminato l’allenamento, plana verso lei e l’amica per dare appuntamento a entrambe all’esterno dello stadio.
E se Amanda sbuffa e incrocia le braccia al petto, lei ne approfitta per rivolgere quel piccolo sorriso allo sconosciuto, esultando dentro di sé nel vederlo sussultare e chinare il capo imbarazzato.

Quando, una ventina di minuti dopo, cammina assieme a Fred e Amanda, rigorosamente tra l’uno e l’altra come imposto dall’amica, i suoi pensieri scartano sia le provocazioni del fratello che la stoica resistenza della corteggiata, concentrata com’è su pochi ma a suo avviso importanti dati di fatto: il villaggio dove s’aggirano, il più vicino al campo di allenamento, è piccolo ed è sicura di aver captato parole come bevuta e locale tra le varie dette dagli amici di quel ragazzo, il che la porta a una conclusione entusiasmante, ossia che lui debba essere nei paraggi – perché le interessi così tanto, decide di non chiederselo affatto.
“C’è un solo pub gestito da maghi in questa zona,” spiega Fred. “Ci fermiamo lì o vuoi provare qualche alcolico babbano?”
Roxanne, pur nel suo viaggio mentale, coglie la curva maliziosa nelle parole che il fratello rivolge ad Amanda ed è quasi tentata di offendersi – insomma, va bene essere il terzo incomodo, ma un po’ di tatto!
“Non voglio provare proprio niente,” ribatte Amanda, guardandolo di sbieco. “E di certo non con te.”
“Mi piace la tua ostinazione,” ghigna Fred. “Vada per un’Acquaviola, allora,” dice. “So cosa ti piace,” aggiunge malizioso quando lei si concede un’espressione sorpresa.
“Beh, bravo,” borbotta. “Roxi, per te va bene?”
Roxanne è sul punto di ringraziarla retorica per essersi ricordata di lei, ma a schiudere le sue labbra silenziose in un moto di stupore è un’immagine filtrata da una vetrata che mostra l’interno di uno strambo locale babbano, dove scorge dei tavoli da tè, delle pareti colme di librerie e degli sgabelli colorati vicini al bancone.
“No, io vado qui,” risponde d’istinto, puntando l’indice contro la vetrata.
Amanda e Fred inarcano le sopracciglia all’unisono, e se la prima le chiede perché, il secondo scoppia in una risata poco lusinghiera.
“Andiamo, vedo libri lì dentro,” commenta Fred. “Che devi farci in una libreria?”
“Leggere,” risponde con semplicità. “Sul serio,” insiste. “A me piace leggere.”
“Certo, e a me piace lui,” nota sarcastica Amanda, godendo del fastidio che sporca i lineamenti del ragazzo.
Roxanne sbuffa, ma non è costretta a insistere troppo, perché il fratello interpreta quella palese messinscena come un modo per lasciarlo solo con Amanda. Così, dopo una manciata di minuti, li vede finalmente allontanarsi – l’uno allegro e l’altra contrariata, l’uno raccomandandole aspettami qui, però, torno a prenderti e andiamo via insieme, l’altra indirizzandole insulti biascicati tra i denti.
Sfregando le mani tra loro e tingendo la bocca di un sorriso malizioso, Roxanne oltrepassa trepidante l’uscio di quello che, dice l’insegna, è un caffè letterario – come sono strani i babbani pensa confusa, incapace di capire che senso abbia questo strano posto dai colori sgargianti e un pubblico che le appare in qualche modo selezionato, le persone che lo abitano o sono impegnate in letture solitarie o sembrano immerse in fitte conversazioni.
Tuttavia accantona svelta gli inutili dubbi e focalizza lo sguardo sull’unico motivo che l’ha convinta ad attardarsi in questo posto: lo sconosciuto dello stadio.
È seduto dove l’ha intravisto attraverso la vetrata: al bancone – ed è solo riflette allegra. Ignorando i graziosi tavolini presenti, si dirige senza indugi a quello stesso bancone, sorride cortese al barista e prende posto sullo sgabello rosso posizionato accanto a quello giallo occupato dal ragazzo.
Lo osserva di sottecchi sorseggiare un boccale di qualcosa dai colori simili alla burrobirra e sfogliare assorto un grosso libro – non sembra essersi accorto di lei.
“Cosa ti porto?”
“Ehm, un gelato.”
“Gusto?”
“Oh, ehm… Panna?”
Storce le labbra in una smorfia tesa, ma si rilassa quando il barista annuisce, dandole conferma di non aver detto una sciocchezza – così impari a non frequentare Babbanologia si rimprovera.
Seguono alcuni minuti di nulla, nei quali non riesce a fare altro che ticchettare con le unghie sul ripiano metallico e mordicchiarsi le labbra carnose, mentre finge di guardare dritta dinanzi a sé per seguire con nonchalance i movimenti del proprio vicino di sgabello – peccato che non abbia sollevato neanche per un istante gli occhi da quel dannato libro.
Libro.
Ecco la chiave, esulta dentro di sé. Se solo riuscisse a sfruttare qualche movimento distratto per sbirciarne la copertina e capire di che accidenti si tratti... Ma il ragazzo seguita a non dare cenni di vita, i suoi unici movimenti sono dediti a portare il boccale alle labbra e a voltare le pagine.
Roxanne inizia a chiedersi se sia un’idea così pessima dirgli ciao, eri a vedere i Puddlemere?, ma conviene svelta che , lo è decisamente, perché porgli questa domanda vorrebbe dire ammettere di averlo notato… Potrebbe addirittura credere che l’abbia seguito, e lei non l’ha seguito – no, non l’ho seguito, l’ho visto precisa a se stessa, l’ho visto e l’ho… oh, al diavolo, sono qui perché mi piace il caffè let… caffè… il caffè babbano.
“Non ci credo, è davvero quel libro?”
Non ci credo, l’ho detto sul serio? chiede imprecando a se stessa, ma a giudicare dallo sguardo perplesso che le rivolge lo sconosciuto la realtà è una e tragica: l’ha detto.
Si costringe a non ingoiare a vuoto, anzi coglie al volo l’arrivo dell’ordinazione per affogare l’imbarazzo nella prima cucchiaiata di gelato. Spera che sia lui a tirarla via dall’imbarazzo, ma lo sconosciuto pensa bene di non risponderle e limitarsi a un sorriso accennato.
Per tutti i Folletti puzzoni sbotta silenziosa, di’ qualcosa.
A corto di alternative, cerca di capire in fretta come debba interpretare quel sorriso accennato così accennato che con molte probabilità Louis avrebbe giudicato patetico, Amanda ebete e Brandon sfigato. Nel dubbio, decide di interpretarlo come un incoraggiamento – avrebbe potuto ignorarla del tutto, giusto?
“Insomma,” tenta allora – di nuovo. “È proprio quello?”
“Ehm, quale?”
Parla! esulta, non è muto!
Quello,” ripete più decisa, concedendosi persino un piccolo, piccolissimo, sorriso accattivante. “Quello… quello. Sì, quello che leggi.”
Il ragazzo s’acciglia, ma anziché andare via irritato o rifilarle una rispostaccia replica il sorriso di poco prima – che a Roxanne inizia a sembrare timido più che accennato così accennato – e si premura di mostrare a se stesso e a lei la copertina: Perché un Expelliarmus è meglio di un Anatema, questo il titolo, Harry J. Potter, questo l’autore – la giovane Weasley è costretta a reprimere una risata isterica pensando a quanto quel peccato d’ingenuità giovanile, come usano chiamarlo in famiglia, sia fonte di imbarazzo e scherno per lo zio.
“Oh, questo,” dice allora il ragazzo, come colto da una tarda illuminazione – forse è solo un po’ tonto ipotizza lei. “Ti piace?”
“Tantissimo,” mente impunita Roxanne. “Sono una grande appassionata di z… Harry Potter. Anche tu?”
“Come tutti,” risponde ovvio. “Vuoi… vuoi leggerlo con me?”
“No, lo conosco anche troppo,” dice istintiva. “Il libro,” aggiunge frettolosa. “Sei solo qui?”
“I miei amici hanno preferito un altro posto,” risponde. “E tu?”
“Anche i miei.”
Lui le concede un sorriso più sicuro dei precedenti, e Roxanne lo guarda mentre chiude il tomo, stringe il boccale tra le dita e si volta verso di lei – vorrebbe tanto conoscerne i pensieri, capire se stia pensando quanto è bella oppure che fastidio, ma deve accontentarsi di studiarne lo sguardo vivace, le labbra piegate all’insù e il corpo un po’ proteso in avanti.
“Eri allo stadio,” dice a sorpresa lui. “Credo di averti vista.”
Roxanne ci prova, ma proprio non riesce a reprimere il sorrisetto malizioso che le curva la bocca, incassando più che volentieri il lampo di imbarazzo che sporca lo sguardo altrui. Sono maghi, se non fosse stato certo di averla riconosciuta, non avrebbe potuto azzardare un approccio così diretto in un luogo babbano – e se fosse stata una babbana?
“Ti ho visto anche io,” ammette rilassata. “O non ti avrei parlato,” continua. “I babbani mi mettono un po’ di agitazione!”
“E poi hai riconosciuto il libro,” concede lui.
Ridono insieme senza un perché, e Roxanne s’accorge che ormai anche lei è protesa verso di lui, le gambe accavallate e le mani impegnate a districarsi con la coppa gelato.
“Mi chiamo Sebastian.”
“Roxanne.”
“È un bel nome.”
“Sei di queste parti?”
Ridono di nuovo, forse della goffaggine nel parlare all’unisono, forse per nessun motivo.
“No, sono qui in vacanza,” risponde Sebastian, l’ilarità ancora in viso. “Io e dei miei amici abbiamo pensato di non farci sfuggire le due settimane di allenamenti a porte aperte del Puddlemere, così abbiamo preso un appartamento in affitto qui vicino. E tu, abiti qui?”
Roxanne è sicura di non volergli dire sono qui con mio fratello, mi aspettano mamma e papà a casa, anche perché Sebastian sembra avere l’età di Fred e lei non vuole essere etichettata né piccola né poco interessante, sceglie così di affidarsi all’istinto – sebbene la coscienza le ricordi che l’istinto è maestro nel procurarle guai su guai.
“No,” inizia. “Sono ospite di… un mio ex. Sì, un mio ex che gioca col Puddlemere, per questo ero all’allenamento,” seguita spedita, certa di aver scelto la giusta fandonia. “Sai, io seguo i Cannoni, ma per lui ho fatto un’eccezione. Però ci siamo lasciati-lasciati, è storia vecchissima, ormai! Siamo quasi fratello e sorella, io e Fred Weasley.”
Il boccale di birra a mezz’aria e l’aria intontita, ecco come appare Sebastian nei trenta secondi a seguire. Il dubbio di aver esagerato assale Roxanne all’istante – ora che ci pensa, potrebbe addirittura averla vista ritratta in qualche stupida rivista in qualità di sorella del campione di Quidditch – nega anche l’evidenza, Roxi s’incoraggia.
“Sul serio?”
Sul serio? ripete tra sé e sé lei, mi hai fatta tremare per un ‘sul serio?’
“Già,” mente Roxanne. “Siamo rimasti in ottimi rapporti, è lui che mi ospita qui,” completa – brava, di’ qualche altra stupidaggine già che ci sei.
“Non mi stupisce,” decreta lui dopo un po’, sorseggiando di nuovo la bibita. “L’ho capito ai tempi di Hogwarts, che le belle ragazze subiscono il fascino della puzza di sudore.”
Scherza, Roxanne lo capisce dal sorriso sghembo che gli illumina il viso e dall’intonazione ironica della voce. Forse è un modo per tirarla via da un discorso che crede essere imbarazzante, o forse è un modo per farle un complimento camuffato – in fondo, ha detto belle ragazze, vorrà pur dire qualcosa.
“Quindi, frequenti anche tu Hogwarts?” riprende lei.
“Frequentavo, sì. Ho ventuno anni, l’ho lasciata da un po’ quella vita,” risponde. “Tu la frequenti ancora?”
Roxanne capta una sorta di tensione in quella domanda, nota persino le sue labbra stirarsi in un’espressione più seria. Lungi dall’immaginare che il ragazzo dinanzi a sé ha da poco fatto domanda per ricoprire il ruolo di insegnante proprio a Hogwarts, interpreta quella tensione come il timore o il fastidio di intrattenersi con una ragazzina.
“No, certo che no,” risponde allora. “Sono due anni ormai che non vedo più quei corridoi,” mente. “Ero nei Grifondoro.”
“Ecco perché non ci siamo mai conosciuti,” commenta lui rinfrancato. “Anni diversi, Case diverse. Ero nei Corvonero, e voi rosso-oro ci avete battuti più volte di quante mi piaccia ricordare,” ironizza. “È lì che hai conosciuto Weasley? Eravamo a scuola insieme, mi sembra di ricordare che abbia più o meno la tua età.”
“Già, proprio lì. Storia vecchia,” ripete. “Te l’ho detto.”
Sebastian mette via il boccale ormai vuoto e dà uno sguardo in giro, accorgendosi del barista impegnato a occhieggiare di tanto in tanto in loro direzione.
“Forse dovremmo abbassare la voce,” sussurra allora. “Quidditch, Hogwarts… qui sono tutti babbani.”
Roxanne gli sorride furba e coglie al volo l’occasione per tendersi in avanti e sfiorargli l’orecchio con le labbra, mimando un atteggiamento fintamente cospiratorio.
“Mal che vada, possiamo sempre confonderlo,” scherza.
Sebastian, la schiena in tensione e dei piccoli brividi lungo il corpo, si concede il lusso di voltarsi verso di lei, incrociarne gli occhi scuri vicinissimi e concederle un’espressione complice che provoca in Roxanne una risata e in lui una piacevole morsa allo stomaco.
“Cos’è che fai ora che non studi più?” chiede lei, ritraendosi. “Io non ho ancora trovato la mia strada.”
“Neanch’io,” ammette. “Avevo tutte le referenze per iniziare una carriera diplomatica, ma ho capito in fretta che non fa per me.”
“Perché? Sembri un tipo affidabile.”
“Grazie,” risponde mesto. “È che mi piace comunicare qualcosa, confrontarmi con le persone… La politica non lo fa più da tempo.”
Roxanne reprime la seconda risata isterica della giornata al pensiero che zia Hermione avrebbe rimbeccato la supponenza del giovane ex Corvonero con un sequela di spiegazioni sull’arte e la difficoltà del far politica, riducendo in cenere quelle che avrebbe giudicato sbagliate convinzioni sulla carriera diplomatica.
“È difficile comunicare qualcosa,” concede. “Cerchi risposte nel libro di Harry Potter?” chiede insinuante.
Touché,” replica scherzoso, colpito dall’acume sarcastico di Roxanne. “Più che altro mi piace la sua storia.”
“Piace a tutti.”
“Ma a me non piace per quello che ha fatto,” corre a spiegare, quasi irritato all’idea che lei possa giudicarlo banale. “Ma per quello che non ha fatto. Avrebbe potuto sfruttare la fama, il potere, invece è stato più forte dell’ambizione,” spiega. “Trovo questa cosa grandiosa, quasi emozionante.”
Non le capita spesso di incrociare persone in grado di stupirla, mostrarle nuovi aspetti del reale, eppure avverte un inedito subbuglio all’eco di queste parole. È come guardare con occhi nuovi qualcosa che si guarda da una vita intera, e notarne una sfumatura mai vista in precedenza.
Le piace ascoltarlo – è un pensiero che l’attraversa improvviso –, non solo scrutarne i lineamenti attraenti e udirne la risata cristallina.
“Sono noioso.”
Il sorriso di nuovo timido ad accompagnare quelle due parole mormorate avvisa Roxanne di essersi ammutolita, rapita da pensieri ingarbugliati. Gli sorride spontanea, scuotendo il capo con forza, vogliosa di scacciare via la sua assurda affermazione.
“Sei positivo,” rilancia, godendo dei suoi occhi sorpresi e rasserenati. “Mi piacciono le persone positive.”
Sebastian china il capo in segno di ringraziamento e tace assieme a lei per alcuni istanti. Vorrebbe dirle di averla notata su quelle gradinate non appena è arrivata assieme ai suoi amici, di aver distolto lo sguardo a disagio, di essersi spronato a non indugiare troppo sulla sua immagine, di aver avvertito una spiacevole sensazione di inadeguatezza quando Fred Weasley è volato da loro – da lei – e di essere l’ultima persona al mondo capace di avvicinare ragazze sconosciute per provarci.
“Anche tu sei positiva,” dice invece.
“Perché non sono a dieta?” scherza alludendo alla coppa di gelato ormai vuota.
Sebastian si concede un mezzo sorriso, mentre s’affaccia in lui la certezza di avere dinanzi una persona in grado di farlo ammattire.
“Non lo so,” ammette allora, “ma mi sembrava una cosa carina da dire.”
Roxanne sgrana gli occhi fintamente offesa e scoppia a ridere assieme a lui di quella catasta insensata di parole – ancora non capisce cosa, ma c’è qualcosa in quel ragazzo che l’attrae tanto.
Sono ancora intenti a parlare e scherzare quando Fred fa tintinnare l’ingresso del locale. Roxanne si accorge dell’arrivo del fratello solo quando le pizzica dispettoso la guancia e rivolge un sorriso cortese allo sconosciuto che si intrattiene con lei.
“Sei già tornato,” nota seccata.
“Scusa tanto,” celia lui, tendendo poi la mano verso Sebastian. “Fred...”
“Weasley,” completa lui, saldando la stretta. “È un onore, sono Sebastian Martin.”
“Uno dei nostri,” concede Fred, alludendo all’identità magica del ragazzo.
“Uno dei tuoi, soprattutto,” aggiunge Roxanne. “Segue i Puddlemere.”
“Eri agli allenamenti, allora.”
“La tua fama ti precede,” conferma a disagio Sebastian, che fatica a non notare la complicità tra i due.
“Mai come la sua,” scherza Fred indicando la sorella. “Dovresti essere onorato di aver conosciuto quella piaga di Roxanne...”
Johnson,” completa frettolosa lei. “E non sono una piaga,” aggiunge. “Sebastian, ti va di fare colazione insieme, domani?”
Fred alza d’impulso gli occhi al cielo, gesto che Sebastian non riesce a decifrare – da un lato gli suggerisce fastidio, dall’altro rassegnazione. Nell’incertezza, e un po’ a disagio, si limita ad annuire e a offrirle il gelato appena consumato.
Roxanne gli regala un sorriso pieno, e balzata giù dallo sgabello lo saluta con un bacio fugace sulla guancia, attenta a sfiorare l’angolo delle labbra e arricciare il naso divertita nel vedere il suo volto tingersi di un rosa più intenso. Fred, magnanimo, ingoia una battuta e agita la mano verso Sebastian.
“Ti lascio due minuti e ti metti a rimorchiare,” commenta lui non appena sbucano in strada. “E cos’è questa storia del cognome della mamma?”
“Potrei avergli detto che sei il mio ex.”
Fred si volta di scatto verso di lei con le sopracciglia inarcate, Roxanne dal canto suo si limita a stringersi nelle spalle e a rivolgergli un sorriso pestifero.
“Poveraccio.”
“Perché mi piace?”
“Perché crede di doversi confrontare con me,” ghigna in risposta. “E io sono fantastico!”
“Davvero? E sentiamo un po’, signor fantastico, com’è andata con Amanda?”
Fred storce le labbra e Roxanne ride indelicata.
“Nel pub dove siamo andati c’erano tutti, alla fine si è fatta accompagnare a casa da Louis,” dice. “A proposito, come fai a tornare qui domattina?”
Roxanne sbatacchia le ciglia e lo prende sottobraccio, Fred scuote la testa e ride prima ancora che lei schiuda la bocca per parlare.
“No, scordatelo, il mio appartamento è piccolo e queste due settimane ospito Albus, che è nel turno di allenamento mattutino.”
“Mi accontento di un sacco a pelo,” ribatte Roxanne. “Non vi darò fastidio, te l’assicuro.”
Fred sospira, chiedendosi se le abbia mai rifilato un no come si deve.
“E va bene,” acconsente arreso. “Ma dormi sul serio nel sacco a pelo, non ti cedo il mio letto.”
Roxanne sogghigna, ma decide di rimandare la questione letto a quando sarà l’ora di andare a dormire, per adesso, nota, è appena ora di cena.
“Albus è da te, allora? Non cucinerà lui, spero!”
“Cucina Domi, che è peggio,” replica affranto. “O ordiniamo qualcosa o moriremo avvelenati. Giusto, non te l’ho detto,” aggiunge. “Le ragazze e Louis restano per cena, quindi se tenti di rubare il mio letto ti rispedisco a casa con loro.”
Roxanne vorrebbe fingere di imbronciarsi, ma le due figure che a sorpresa sostano all’esterno del palazzo dove abita Fred la ammutoliscono e la obbligano a scambiare uno sguardo teso con il fratello, che dal canto suo camuffa abilmente il sibilo di agitazione e curva le labbra in un sorriso.
“James, Rose,” saluta Fred. “Che sorpresa.”
“Siamo di passaggio,” precisa lesto James, mentre Rose al suo fianco si limita a un cenno del capo. “Ho portato le cose di Al,” dice tendendogli un borsone. “Salutamelo.”
“Fallo tu stesso,” replica il cugino. “Dai, ordiniamo qualcosa e ceniamo tutti insieme.”
James si irrigidisce, ma anziché rispondere cerca un appiglio in Rose, che gli sfila il borsone dalle mani e lo porge a Roxanne in un muto invito a non complicare le cose e permettere loro di andare via. La ragazza, che più del fratello vive lo strato di acredine ispessito tra Louis e James, afferra il borsone e indirizza un cenno di diniego a Fred.
“Sul serio?” chiede attonito il più grande.
“Sappiamo che c’è Louis,” chiarisce spiccia Rose. “L’abbiamo intravisto alla finestra, e lui ha visto noi. Non è il caso.”
“Invece è l’occasione perfetta per chiarire tutto,” insiste Fred. “Dai, James, non fare il coglione e resta, ci sediamo a tavola e ne parliamo.”
James si lascia sfuggire un sorriso sprezzante – parlare, e di cosa? vorrebbe chiedergli rabbioso, ma le dita di Rose che stringono le proprie sono più rapide delle parole e riescono a quietarlo.
Fred temporeggia alcuni istanti, incapace di capire per quale assurdo motivo James tratti alla stregua di un colpevole l’unica vera vittima di quella vergognosa situazione. Né capisce perché Rose abbia scelto di sguazzare negli errori assieme a lui – proprio lei, lei che potrebbe farlo ragionare.
“Non ha voglia di chiarire, anche se a Louis dico il contrario,” interviene improvvisa Roxanne, cogliendo nella titubanza del fratello il desiderio di insistere. “La sua unica preoccupazione è difendere quell’assassino dell’amico,” accusa. “Invece di assecondarlo, dovresti fargli capire che sta sbagliando,” aggiunge guardando Rose.
Prima che James riesca a rimbeccare seccato la cugina, a palesarsi a sorpresa e interrompere la sterile discussione è proprio Louis, le iridi sporche di tensione e i muscoli irrigiditi, che non ha necessità di insistere affinché Fred e Roxanne acconsentano a lasciarli soli, ma è costretto a serrare la mascella quando James rivolge a Rose un cenno al sapore di andiamo via.
“Non sei stanco di questa recita?”
La voce di Louis è dura, una vena tradita a sporcarla, ma gli occhi blu di James non paiono esserne scalfiti, si limitano anzi a sorvolare il viso del cugino per orientarsi su quello di Rose e replicare il cenno.
“Posso metterti tutti contro, se voglio,” continua Louis. “Neanche questo ti interessa?”
“Dovrebbe?” interviene retorica Rose. “Provaci, poi ne riparliamo.”
James piega le labbra in un’espressione sghemba, ma a imbrattare la bocca di Louis è un sorriso sardonico – è da giorni che si chiede se lei sappia tutto, ma per qualche ragione è portato a credere che James le abbia negato la verità pur di proteggerla, il che potrebbe renderla un’inaspettata alleata, se solo riuscisse a convincerla.
“Resta tu, allora,” tenta, reprimendo un ghigno quando gli occhi di James tradiscono irritazione. “Non devi seguirlo sempre.”
Rose si concede una manciata di secondi in eccesso per scrutare la convinzione impressa sul viso del cugino – a quanto pare, riflette, è convinto che lo creda vittima come chiunque altro.
“Fatti un favore, Louis,” replica infine, “accontentati di quei tutti di cui parli.”
Tutti ossia nessuno, un messaggio che il Capitano recepisce forte e chiaro, che lo induce a serrare le labbra e ingoiare il nervosismo nel vederli dargli le spalle e incamminarsi altrove.
Di nuovo, idee meschine tentano di sedurlo, suggerendogli che un modo c’è, c’è, per riprendersi quello che gli è stato strappato via, ristabilire l’ordine naturale di eventi e legami, smetterla di fingere che non gli importi.
Quando percorre le scale sino al terzo piano e rientra nell’appartamento di Fred, la sensazione che lo assale è di totale smarrimento – vede tutti, non c’è nessuno.





 

Brandon Stuart: battitore della squadra Grifondoro, Nato Babbano. Personaggio di mia invenzione.
Dean MacFarland: battitore della squadra Grifondoro, nipote di Hamish MacFarland, che sui vari portali a tema risulta essere ex giocatore dei Montrose Magpies ed ex Capo del Dipartimento dei Giochi e degli Sport Magici. Personaggio di mia invenzione.


Note dell’autrice: sono tornata con un nuovo missing moments, che spero possa allietare un pochino questi giorni complicati per tutti noi. L’idea di base di questa storia la devo a blackjessamine, che nel contesto del gioco Obbligo, verità o salvataggio organizzato dal gruppo facebook Il Giardino di Efp mi ha chiesto di scrivere un missing moments su Roxanne e Sebastian – l’idea iniziale era quella di dedicare l’intero racconto a loro, lo assicuro!, ma Louis mi ha prima costretta a modificare la parte iniziale, poi quella centrale e poi si è appropriato anche della conclusione (comanda lui!). Il titolo è un riferimento alla condizione in cui versano i personaggi, tutti in equilibrio su un vuoto in cui precipiteranno. Ho sfruttato questo episodio per approfondire un po’ di più anche i due battitori Grifondoro. A beneficio di chi non ha letto Di caos, luci e ombre, aggiungo che Albus si allena con i professionisti per due settimane perché Fred gli ha regalato una sorta di tirocinio estivo con la squadra. In ultimo, preciso che sia l’ambientazione dove ho collocato gli impianti sportivi che il libro scritto da Harry (!) sono una mia invenzione, idem per il futuro professionale e personale di Oliver Baston.
Concludo qui le note, spero che la storia vi sia piaciuta e abbia meritato il vostro tempo (ho già letto le recensioni al Capitolo Ventidue e vi anticipo il mio grazie!). Un grande abbraccio!

 
   
 
Leggi le 7 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Rosmary