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Autore: Naco    13/03/2020    2 recensioni
Quando la sua professoressa di tesi propone a Lucia - seria e coscienziosa laureanda in Lettere - di dare ripetizioni di francese al proprio figlio, la ragazza capisce subito che, accettando, rischia di cacciarsi in un mare di guai: Giulio Molinari è il classico figlio di papà che pensa solo alle ragazze e assolutamente disinteressato a costruirsi un futuro Insomma, il tipo di persona che lei detesta.
Ma è davvero così impossibile che due persone così diverse possano avvicinarsi? In una girandola di battibecchi, scontri e incomprensioni, tra parenti ficcanaso e fedeli amici, tesi da preparare e lezioni di francese da seguire, Lucia e Giulio si renderanno presto conto che non sempre l’altro è poi così diverso da noi e che, forse, la nostra anima nasconde un ritratto molto più bello di quello che noi preferiamo mostrare agli altri.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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Epilogo


La sala conferenze era gremita di persone di ogni età. Nonostante la presentazione durasse da oltre un'ora, tutti seguivano con attenzione le parole della persona al centro della scena, mentre sulla parete alle sue spalle venivano proiettate immagini strazianti di bambini affamati che vivevano in condizioni disperate.
Quando l'uomo smise di parlare un applauso fortissimo si levò dagli astanti, ma lui non parve né gongolarsi né rimanere impressionato da quel momento di gloria perché, pratico, si allontanò dal microfono per parlare con un ragazzo che indovinai essere il suo assistente.
La maggior parte della gente aveva ormai iniziato a defluire verso l'esterno, mentre qualcuno si avvicinava all’uomo per complimentarsi con lui; io, invece, rimasi ancora per qualche attimo seduta al mio posto a fissare l'individuo di fronte a me; poi, quando finalmente anche l’ultima persona si allontanò, mi alzai anche io e, invece di dirigermi verso l'uscita, andai verso il punto in cui si trovava il relatore di quella conferenza.
«Sei sicura che non vuoi che venga con te?» insisté Giulio per l'ennesima volta.
Scossi la testa. «No, sta' tranquillo. Questa questione devo affrontarla da sola. Tu aspettami pure fuori.» e gli strinsi la mano che mi tendeva per dimostrargli che era tutto a posto e per infondermi un po' di coraggio.
Era stato Giulio a uscirsene fuori con quella storia. Davvero non sei curiosa di scoprire che fine ha fatto l'uomo per cui tua sorella ha perso la vita? Mi aveva domandato un giorno di tanti anni prima, mentre tornavamo a Bari con la sua auto dal mio paese natio, e in seguito ci riprovò quando, l'anno dopo, l'avevo portato sulla tomba di mia sorella per farglielo conoscere. Io avevo sempre detto che no, non mi interessava, che la sola idea che quell'essere continuasse indisturbato a vivere la propria vita, dimentico di quello che era accaduto a mia sorella, mi era insopportabile. Giulio non aveva più insistito, ma un giorno mi aveva raggiunta all'università dopo la mia lezione e mi aveva portata a prendere una brioche in un cafè nelle vicinanze.
Gli avevo lanciato una lunga occhiata penetrante: stavamo insieme da sette anni e convivevamo da più di uno, quindi non aveva senso andare a prenderci una brioche come due fidanzatini.
«Devo confessarti una cosa. Ma promettimi che non ti arrabbierai» se ne era uscito una volta che il cameriere ebbe preso le nostre ordinazioni.
Adesso sì che mi stavo agitando: quando una persona iniziava una conversazione con quella frase, nel 99% dei casi significava che avrei ascoltato qualcosa che non mi sarebbe piaciuto per niente.
«Hai di nuovo rifiutato la proposta di Christine di esporre i tuoi quadri nella sua galleria?» avevo tentato. Erano mesi che sua cugina provava a convincerlo, ma secondo lui non era ancora pronto; inoltre, il lavoro alla casa editrice lo assorbiva totalmente e non aveva tempo per pensare ad altro.
«No, ma tanto rifiuterò di nuovo.»
«Hai dimenticato di prenotare il volo per il matrimonio di Claudia e Massimo?»
«No, l’ho fatto giusto stamattina. A dire il vero, me ne stavo dimenticando, ma Andrea mi ha mandato un messaggio chiedendomi se mi andava di partecipare allo scherzo che vuole organizzare durante l’addio al celibato e…»
Avevo scosso la testa. «No, grazie non voglio sapere che cosa combinate vuoi maschietti in quelle occasioni: già Antonio mi ha quasi implorato di parlare con Andrea perché secondo lui sta esagerando con le sorprese per la sposa. Allora, spara: cosa mi devi dire?»
Invece di rispondermi Giulio mi aveva passato una brochure su una mostra di un certo Stefano Antonini, un fotografo freelance che aveva creato un'associazione no profit per aiutare i bambini dei Paesi più poveri del mondo e che con il suo camper girava il mondo per sensibilizzare l'opinione pubblica attraverso gli scatti che aveva realizzato lui stesso.
Avevo rigirato il dépliant tra le mani: «Sembra molto interessante, ma non capisco cosa...»
«Il nome del fotografo non ti dice nulla?»
L’avevo fissato per qualche secondo, incredula: ero sicura di essere impallidita.
No. No. No. No.
«Dimmi che non l’hai fatto.»
«E invece sì. Lo so che avevi detto che non ti interessava, ma secondo me l'unico modo che hai di far pace con il tuo passato è affrontarlo a viso aperto».
Qualche mese prima avevo avuto un altro incubo che mi aveva lasciato spossata per tutto il giorno successivo; Giulio si era così agitato che aveva lasciato perdere il lavoro, pur di starmi accanto.
«Perciò, ho pregato tuo padre di rivelarmi il cognome del famoso Stefano e lui me l'ha detto. Gli avevo promesso che, prima di parlartene, ne avrei discusso con lui e insieme avremmo deciso se era giusto informarti oppure no. Ho fatto una breve ricerca ed è stato facile arrivare a lui: è abbastanza famoso nel suo ambiente. Ha girato parecchio e il prossimo mese sarà qui a Parigi con la sua mostra itinerante. Pare che, poco più che ventenne, senza una ragione apparente, abbia lasciato il suo lavoro nell'azienda di famiglia per dedicarsi alla fotografia.»
Avevo dato un'altra occhiata alla brochure, indecisa.
«Certo, non sei costretta ad andarci, ma sappi che io sarò lì accanto a te, se vorrai farlo.» mi aveva sorriso incoraggiante.
Ci avevo pensato molto, prima di varcare quella soglia, mano nella mano con Giulio, ma in fondo ero del parere che lui avesse ragione e che fosse arrivata l'ora di andare avanti anche da quel punto di vista.
Mentre scendevo le scale per raggiungerlo, mi resi conto di quanto in lui poco restasse del ragazzo che mia sorella aveva amato. Ormai i suoi capelli scuri erano spruzzati di bianco e aveva la pelle bruciata dal sole delle zone che aveva visitato; la barba incolta gli conferiva un'aria un po' selvaggia.
«Buon giorno, posso fare qualcosa per lei?» mi chiese con garbo in francese. Anche la sua voce era diversa da come la ricordavo, forse a causa delle varie lingue che aveva imparato e che gli avevano lasciato un'inflessione strana.
«Salve. Volevo complimentarmi con lei per il suo lavoro. Immagino che non dev'essere facile trovarsi davanti simili realtà.»
«Grazie. No, ha ragione. Ma io e Giovanna ci sacrifichiamo volentieri per questi bambini. Se da queste giornate riusciamo a guadagnare qualcosa per loro, vuol dire che i nostri sforzi non sono stati vani. Ed è questa la ricompensa più bella» mi sorrise.
«Giovanna?» Lo guardai stupita.
«Oh» si toccò la testa imbarazzato «Mi scusi, è il nome che ho dato al mio camper. Sa, per me è come un'amica di lunga data. Oltre che il simbolo della mia colpa.» Il suo sguardo per qualche secondo si perse lontano e io ebbi la certezza che stesse pensando a mia sorella.
Gli occhi mi si riempirono di lacrime. Dunque, non l'aveva dimenticata. Giulio non mi aveva forse detto che non era chiaro il motivo per cui avesse lasciato l’azienda di famiglia? E se fosse stato l’incidente di mia sorella a smuovere qualcosa in lui, a trasformarlo nella persona che era ora e a spingerlo a voler donare a quei bambini un futuro migliore?
La morte di mia sorella non era stata vana, dunque. Anzi, il suo ricordo sopravviveva nel sorriso di quei bambini e negli scatti di quell’uomo che, ormai, del vecchio Stefano non aveva più nulla. Certo, lei non c’era più. Non avrei mai più potuto parlarle né vederla sorridere né confidarmi con lei; ma avrei potuto guardare le foto di quei bambini e pensare che lei era ancora lì, con loro e con me. E non era forse quello il modo più bello in cui mia sorella avrebbe potuto continuare a vivere?
«Vuole fare una donazione?» s’informò il nuovo Stefano riscuotendomi dai miei pensieri.
«Sì, certo.»
Il ragazzo gli portò un modulo e lui iniziò a compilarlo. «Il suo nome?»
Lo guardai a lungo; lui aspettò con pazienza che parlassi, ma poi scossi la testa: «È possibile fare una donazione anonima?»
Lui parve sorpreso, ma mi sorrise comunque: «Certo, come desidera.»
Compilò il resto del foglio in silenzio, anche se ogni tanto mi lanciava strane occhiate di soppiatto. «Scusi se mi permetto,» si decise «ci siamo già incontrati da qualche parte? Non so perché, ma ha un'aria familiare.»
Feci finta di pensarci un attimo, ma scrollai le spalle. «No, mi spiace. O, almeno, non che io ricordi.»
«Ah,» fu il suo unico commento e tornò a concentrarsi su quello che stava scrivendo.
Quando uscii dalla sala, Giulio era al telefono e mi dava le spalle: non riuscivo a sentire cosa stesse dicendo, ma dai suoi movimenti era chiaro che fosse parecchio arrabbiato.
«Che succede?» mi avvicinai una volta che pose fine alla conversazione.
Lui si voltò verso di me con una smorfia. «Ci crederesti? L'editore vuole che gli consegni le tavole una settimana prima rispetto agli accordi! E le vuole anche colorate! Ma è impazzito? Non ce la farò mai!»
Lo baciai sulla bocca. «Lo dicesti anche l'altra volta. E invece...»
Giulio sospirò. «Già. Ed è per questo che adesso se ne approfitta. A te come è andata? Tutto bene?» mi domandò apprensivo.
Gli sorrisi prendendolo per mano. «Sì. Adesso va davvero tutto bene.»



Fine

Note dell'autrice
E siamo giunti al termine anche di questa storia! T___T Giulio e Lucia mi mancheranno tantissimo! T_T Quando misi la parola fine a questa storia, sentii un groppo in gola, proprio non volevo lasciarli andare. Ma, purtroppo, dovevo, un po' come Lucia che ha finalmente lasciato andare i fantasmi del suo passato. A questo proposito, spero che l'epilogo vi sia piaciuto. Immagino che qualcuno sperasse in un matrimonio, ma no, Lucia mi ha guardato malissimo appena gliel'ho proposto XD E poi ci tenevo a rispondere a tutte le domande che un lettore avrebbe potuto porsi (Davvero pensavate che quella domanda di Giulio, sulla sorte di Massimo, fosse solo un caso? Che ingenui! XD).
Che dire? Grazie a tutti coloro che hanno seguito questa storia; grazie a chi l'ha letta e/o inserita nelle preferite/seguite/quelchevolete; grazie a Ladyathena, che ogni settimana mi ha lasciato un commento e a chi, anche solo occasionalmente, mi ha dato la propria opinione. Grazie davvero a tutti!
A presto!
   
 
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