Fumetti/Cartoni europei > Miraculous Ladybug
Ricorda la storia  |      
Autore: Talitha_    13/03/2020    3 recensioni
Sulle note della canzone “Ce mur qui nous sépare”. 🎵
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Plagg, Tikki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Elle est débout, juste derrière moi. 

Elle me sourit, et tourne les yeux.

Je crois comprendre son drôle de jeu. 

 

Lei è in piedi, giusto dietro di me. 

Mi sorride e distoglie lo sguardo. 

Credo di capire il suo gioco. 

 

“Ben fatto, micetto!” esclamò Ladybug, tendendo il pugno al suo partner, che, sfrontatamente ed inaspettatamente, le prese la mano guantata baciandola delicatamente. 

“Non ce l’avrei mai fatta senza di te, Milady”, mormorò fissandola, gli occhi color smeraldo carichi d’amore e la voce profonda vibrante di dolcezza. 

Ladybug, piuttosto confusa, arrossì leggermente, per poi ritrarre la mano e regalare un timido sorriso a Chat Noir. Ormai si era abituata alle sue avances,

 non le davano più fastidio. Anzi, doveva ammettere che a volte il suo gattino era proprio dolce, sensibile e pieno di premure. Un po’ come Adrien. 

Adrien. 

Basta, non doveva più pensarci. 

“Lo sai che con me non funziona, gattino!” disse sorniona, cercando di smorzare l’atmosfera, roteando gli occhi e lanciando in aria il suo yo-yo. “A presto, Chat Noir!” urlò al vento. 

“A presto, Ladybug” sussurrò Adrien, il vento che gli scompigliava leggermente i capelli, lo sguardo fisso sulla figura di lei che si andava mano a mano allontanando. 

Sotto di lui, una Parigi piena di vita, luci e colori. 

 

 

Quand je le vois, je ne suis plus moi. 

Je deviens rouge et parle tout bas. 

Le souffle court, j’ai le cœur qui bat. 

 

Quando lo vedo, non sono più in me. Divento rossa e parlo a bassa voce. Sono senza fiato, ho il cuore che batte. 

 

“Buongiorno, Marinette”. 

La perfezione personificata le aveva appena rivolto la parola. 

“B-buongiorno, Adrien” rispose lei, balbettando e arrossendo come una carota. 

Si trovavano sulla scalinata che conduceva al loro liceo, proprio nel punto in cui Marinette si era follemente innamorata di lui. 

Lei, come sempre, era arrivata a scuola in ritardo. Lui, per la prima volta, l’aveva aspettata per entrare insieme.

O forse doveva dirle qualcosa. Marinette non capiva. Forse perché, ormai, il cervello le era andato completamente in tilt. 

Rimasero per un attimo a fissarsi come due ebeti, e, proprio quando Adrien fece per parlare, la campanella che segnalava l’inizio delle lezioni risuonò imperterrita. 

“Forse dovremmo entrare” fu tutto quello che il ragazzo riuscì a dire. 

Marinette, invece, non ebbe il coraggio di fare neanche quello. Per cui si limitò ad annuire, ad arrossire, e a seguirlo silenziosamente, dandosi della deficiente per tutto il tragitto che li separava dalla loro classe. E anche dopo. 

 

 

M’eloigner, c’est la seule chose à faire. 

J’ai le cœur à l’envers, je sens comme un pouvoir qui me tire au delà du mur qui nous sépare. 

 

Allontanarmi, è l’unica cosa da fare. 

Ho il cuore in subbuglio, sento come un potere che mi tira al di là del muro che ci separa. 

 

“A-a-adrien, senti”. Marinette raccolse tutto il fiato che aveva nei polmoni e tutto il coraggio che non aveva per chiedergli finalmente di andare al cinema insieme. L’unica volta che ci erano andati lei indossava un asciugamano in testa e degli occhialini da piscina. Doveva assolutamente rimediare. 

D’altronde, Adrien non era affatto il tipo da declinare un invito da parte di un’amica, no? Era solamente un’innocente uscita al cinema. Da amici. 

“Sì, Marinette?” chiese lui, piuttosto confuso. Si era ritrovato la sua amica di fronte, mezza tremolante e tutta rossa in viso, che non riusciva a dire il suo nome senza balbettare e incespicarsi mentre parlava. La trovava così adorabile. Quasi da venirgli voglia di abbracciarla. Di tranquillizzarla. 

Ma cosa stava dicendo? Lui amava Ladybug, non poteva mica farsi trascinare da certi istinti!

“Ti andrebbe di andare al cinema insieme, uno di questi giorni?” 

Oddio, ce l’aveva fatta, gliel’aveva chies...

“Mi dispiace, Marinette, ma non credo che mio padre mi darà il permesso.” 

La voce di Adrien era ferma e sicura, ma lo sguardo attento di Marinette riuscì a carpire dispiacere e rimorso. 

E così, senza neanche darle il tempo di metabolizzare il suo rifiuto, Adrien si gira e se ne va, lasciando una tremolante Marinette sull’orlo del pianto lì ferma in mezzo alla strada. 

‘Mi dispiace, Marinette. Spero tu possa perdonarmi, ma io amo Ladybug. Non posso permettermi di fare un passo falso, se voglio davvero conquistare il suo cuore.’

Questi erano i pensieri che gremivano la mente di Adrien, mentre i suoi piedi mettevamo tanta più distanza possibile tra lui e Marinette. 

 

 

Mais pourquoi, je n’ose rien lui dire? Je le veux que pour moi, sa lumière, son sourire, traversant pour un soir ce mur qui nous sépare. 

 

Ma perché non oso dirgli niente? Lo voglio che per me, la sua luce, il suo sorriso, che attraversano per una sera il muro che ci separa. 

 

“Oh, Tikki! Sono davvero così pessima?!”

Marinette era appena tornata a casa dopo il ‘rifiuto’ di Adrien. Il suo kwami non l’aveva mai vista tanto disperata. 

Era in preda ad una crisi isterica, le lacrime che uscivano una dopo l’altra senza che lei potesse farci niente. 

Si buttò inerme sul letto, affogando le sue angosce nel suo povero cuscino. 

“Ehi Marinette, sta’ calma” cercò di rasserenarla Tikki. “Sono sicura che Adrien non avrebbe mai rifiutato il tuo invito se non fosse stato per un motivo serio. Più volte ti ha dimostrato di tenere moltissimo alla tua amicizia.” 

Il kwami si strinse al petto di Marinette, dopo averle offerto un fazzoletto che la sua padrona aveva abbondantemente riempito di muco. 

“Non è vero Tikki!” Riuscì a dire tra un singhiozzo e l’altro. “Non evitare di dire la verità per farmi stare meglio. Ugh. Hai visto benissimo la faccia che ha fatto Adrien quando l’ho invitato al cinema. Ugh. Lui non vuole andarci con me. PUNTO.”

Le lacrime continuavano a rigare imperterrite il volto di Marinette. Tikki si avvicinò dolcemente al suo viso per asciugarle con la sua piccola manina. Attese che i singhiozzi della sua padrona si fossero placati, per poi mormorarle :”Non preoccuparti, Marinette. Sono certa che tutto si risolverà nel migliore dei modi. Devi fidarti di me, e anche di Adrien. Sai meglio di chiunque altro che non avrebbe mai voluto ferirti di proposito. Magari sta vivendo un periodo difficile. Prova a dargli un po’ di tempo, vedrai che tutto si risolverà.”

Marinette tirò su col naso per l’ennesima volta. Gli occhi rossi e gonfi di pianto, il corpo scosso a tratti da tremolanti singulti. 

“Lo spero proprio, Tikki” mormorò, prima di cadere in un profondo sonno senza sogni. ‘Lo spero proprio.’

 

 

Mais pourtant, lorsque je pens à elle, je me sens infidèle, je veux fuir dans la nuit pour voir ma coccinelle. J’ai le cœur en duel. 

 

Eppure, quando penso a lei mi sento infedele, voglio fuggire nella notte per vedere la mia coccinella. Ho il cuore in battaglia. 

 

Adrien si lasciò cadere sul letto, in preda ad una battaglia interiore. Non riusciva a smettere di pensare a Marinette, nonostante fosse ancora follemente innamorato di Ladybug. Per molto tempo si era costretto a pensare a quel sentimento come ad una profonda amicizia. Ma ormai non poteva più negare l’evidenza, non poteva costringersi a rifiutare un sentimento più che evidente. Il suo cuore prendeva a battere selvaggiamente quando Marinette gli rivolgeva la parola (quelle rare volte), o era semplicemente nei paraggi. 

Adrien aveva voglia di abbracciarla, di stringerla tra le braccia, di andarle a parlare quando si richiudeva in se stessa, per capire cosa stesse pensando in quei momenti, se potesse aiutarla. Perché voleva aiutarla, perché ne era innamorato. 

Ma si poteva essere innamorato di due persone contemporaneamente? Erano allora davvero nobili i sentimenti che provava per Ladybug? E quelli per Marinette? 

“Smettila di tormentarti, e guarda in faccia alla realtà, Adrien.” 

Plagg gli ripeteva sempre le stesse cose: guardare in faccia alla realtà. Ma che diavolo significava?

“Spiegati meglio, Plagg” chiese svogliatamente il suo padrone. In quel momento non aveva voglia di parlare con nessuno, nemmeno col suo kwami. I cui unici problemi, tra l’altro, consistevano nel decidere quale tipo di formaggio mangiare prima la mattina. 

“Non c’è nulla da spiegare, Adrien. Guarda in faccia alla realtà. È semplice, no?” E, detto questo, trapassò l’anta del mobile in cui era custodito il suo amato camembert, iniziando a gongolare come un bambino. 

“Sì, sì. Come no, in faccia alla realtà. La realtà è che sono follemente innamorato di due ragazze. Ma come posso essere così stupido?!”

Istintivamente gli venne voglia di confidarsi con qualcuno. Magari con Lei. Ma sapeva perfettamente che non avrebbe mai potuto dirle niente.  

 

 

Toi et moi, si nous pouvions nous voir au delà du miroir, bas les masques pour un soir. Brisons de part en part ce mur qui nous sépare. 

 

Io e te, se potessimo vederci al di là dello specchio, abbassare le maschere, per una sera. Abbattiamo da parte a parte questo muro che ci separa. 

 

Marinette stava osservando le stelle dal terrazzino della sua camera. Con i gomiti poggiati sulla ringhiera, si chiedeva se anche Adrien le stesse guardando. 

Anche se, in realtà, non sapeva nemmeno se ad Adrien piacessero le stelle. Improvvisamente, si rese conto di non conoscerlo tanto quanto immaginava. Le sarebbe piaciuto poterlo vedere veramente per la persona che era. Possedeva anche lui un lato più sbruffone, come Chat Noir? 

Sicuramente Chat Noir aveva un lato dolce e sensibile come quello di Adrien. Si sorprese a pensare che le sarebbe piaciuto se Adrien avesse avuto una personalità simile a quella di Chat Noir. Ci si era abituata. E non riusciva a pensarlo più come ad un semplice amico. A Chat Noir, si intende. Se Adrien gli fosse assomigliato, tutto sarebbe stato più semplice. 

‘E a Chat Noir? A lui piacciono le stelle?’ 

Per la prima volta in vita sua, Marinette non poté impedirsi di sorridere ed arrossire al pensiero del suo partner. 

 

 

Je ne comprends pas ce que je veux. 

Je ne peux pas tomber amoureux. 

D'où vient ce sentiment mystérieux?

 

Non capisco quello che voglio. 

Non posso innamorarmi. 

Da dove viene questo sentimento misterioso?

 

“Mi dispiace, ma io passo.”

“Ma come, amico. Viene anche Marinette!”

“È proprio per questo che non vengo.”

“Ma perché, è successo qualcosa con lei? A me puoi, dirlo, sai.”

“Grazie lo stesso, Nino. Ma non ho voglia di parlarne.” 

“Va bene, amico. Ma, se vuoi, sai che io sarò sempre pronto ad ascoltarti.”

Adrien guardó dritto negli occhi Nino. Sussurrò semplicemente: “Non posso innamorarmi”. Sì voltò e se ne andò, accompagnato dal ticchettio della pioggia che si abbatteva dolcemente sull’asfalto. 

 

 

Un jour viendra, tu découvriras le bonheur d’être à deux toi et moi, lorsque on se serrera dans nos bras. 

 

Verrà il giorno in cui scoprirai la felicità di essere in due, io e te, fin quando non ci ritroveremo l’uno tra le braccia dell’altro. 

 

Chat Noir era lì, proprio di fronte a lei. Ladybug si ritrovò col respiro mozzato. Era una sensazione stranissima, le sembrava che il tempo si fosse fermato, così come il battito del suo cuore. Le mani le tremavano leggermente. Riusciva a sentire il respiro di Chat Noir sulla sua fronte, tanto le era vicino. 

Improvvisamente, sentì il bisogno di stringersi a lui, dimenticare tutti i suoi problemi, le sue paure, la sua stanchezza. Appoggiò la testa sul suo petto. Un gesto all’apparenza semplicissimo, ma che le costò uno sforzo immane. Sebbene al tempo stesso le sembrò la cosa più naturale al mondo. 

Chat Noir si irrigidì visibilmente quando lei si accostò a lui. Forse non si aspettava quel suo gesto. Impiegarono entrambi qualche secondo per rilassarsi e godersi quel momento. 

A quel punto Adrien fece scivolare sul fianco di Ladybug prima una mano, poi l’altra. 

Era la prima volta che Marinette veniva abbracciata in quel modo, la prima volta che provava quelle sensazioni. Si strinse ancora di più a Chat Noir, appoggiando la testa nell’incavo del suo collo, stringendolo a sé. Non voleva che quel momento finisse, si sentiva così bene. In pace. Amata. Protetta. 

Chat Noir iniziò a massaggiarle delicatamente la schiena, cercando di tranquillizzarla. Sentiva che Ladybug era tesa, che non stava bene. Già da qualche giorno si era accorto che i suoi occhi non brillavano più, che i suoi sorrisi non erano autentici. Voleva chiederle il motivo per cui stesse così male, ma pensò che probabilmente, se Ladybug lo avesse voluto, si sarebbe confidata con lui già da molto tempo. In fondo, lui era il suo partner e il suo migliore amico. Insieme avevamo condiviso tantissime avventure, e Chat Noir sentiva che con Ladybug poteva essere davvero ciò che nascondeva a tutti. E sapeva che anche per lei era lo stesso. 

Nonostante ciò, decise di non chiederle niente. Rimase abbracciato a lei per un periodo di tempo indefinito, cullato dal suono del suo respiro e dal battito del suo cuore. 

Dal canto suo, Marinette scoprì per la prima volta cosa si provava a non essere sola. Ad avere la certezza che qualcuno l’avrebbe sempre sorretta. E questo le dava serenità e forza. Era sicura di poter affrontare le avversità. 

Si aggrappò teneramente a lui, cullata dal suo calore e dalla pace che regnava in quella notte senza luna. 

 

 

Mais pourquoi si mon cœur est ailleurs, je sens dans mon âme une chaleur, un frisson qui me porte bonheur?

 

Ma perché se il mio cuore è altrove, sento un calore nella mia anima, un brivido che mi porta felicità?

 

“Mmm, no, secondo me è meglio se lo mettiamo a destra” osservò pensierosa Marinette, inconscia del fatto che Adrien la stesse fissando da quando avevano iniziato a lavorare sul compito di storia assegnato loro dalla signorina Bustier. 

“Ma davvero, Marinette?” chiese Alya, “secondo me è meglio a sinistra, tu che ne pensi Adrien?” 

Nessuna risposta. 

“Adrien?”

“Ah... sì, dimmi” gli occhi del ragazzo guizzarono da Marinette ad Alya con fare maldestro, mentre sul suo volto si dipinse uno sguardo interrogativo. Inutile dire che Alya notò ogni singolo dettaglio, giudicando parecchio strano il comportamento che Adrien aveva assunto negli ultimi tempi. Che fosse successo qualcosa tra lui e Marinette? Se così fosse, perché la sua migliore amica non gliene aveva mai parlato?

“Ti stavo chiedendo se preferissi impostare questo schema a destra o a sinistra del cartellone. Marinette insiste nel dire che a destra è meglio, ma...”

Adrien la interruppe, volgendo lo sguardo a Marinette. 

“Sì, anche secondo me è meglio a destra.”

Marinette arrossì come un pomodoro, attorcigliandosi e contorcendosi le mani in posizioni non umanamente possibili. 

Come spesso gli capitava da qualche tempo a questa parte, il cuore di Adrien si sciolse, il tempo si fermò, e uno stormo di farfalle gli iniziò a svolazzare nello stomaco. E solamente perché lei era arrossita al suo sguardo. Che stupido che era. 

Alya osservò attentamente tutta la scena. 

“Finalmente questo tonno si è accorto di Marinette, è solo questione di tempo prima che questi due si mettano insieme!” L’ombra di un sorriso le tinse il volto. 

 

 

Pourtant je le ressens ce tourbillon de sentiments qui nous emporte au firmament, dans le soleil et dans le vent, comme une chance unique, un tournoiement magique. 

 

Eppure io lo sento questo turbine di sentimenti che ci trasporta nel firmamento, nel sole e nel vento, come un’occasione unica, un movimento magico. 

 

Era una dolce e soleggiata giornata primaverile. Il freddo inverno aveva lasciato spazio ad un clima più mite, e la classe di Marinette ne aveva approfittato per fare un picnic, nello stesso giardino in cui Marinette aveva trovato per la prima volta il coraggio di farsi avanti con Adrien, anche se alla fine era inevitabilmente finita con in piedi su una torta. 

L’idea del picnic era stata di Adrien, con grande sorpresa di tutti. Adrien aveva pensato che se avesse passato il resto della sua vita a fuggire da Marinette, non sarebbe mai stato capace di far luce sui suoi veri sentimenti: quella sarebbe stata un’occasione perfetta per passare un po’ di tempo con lei, senza l’imbarazzo di essere da soli. Era certo che Nino e Alya avrebbero fatto di tutto pur di aiutarlo, se fosse stato necessario. Aveva deciso di approfittare dell’ennesimo viaggio all’estero di suo padre: in questo modo non avrebbe avuto alcun tipo di impedimento. 

Adesso si trovavano tutti lì riuniti, a ridere, scherzare e mangiare, i volti illuminati dai tenui raggi del sole di fine marzo. 

Ancora una volta, Alya non si fece scappare le occhiate languide che Adrien lanciava a Marinette. 

A dire la verità, era un po’ di tempo che li vedeva entrambi diversi dal solito. Più maturi, sicuramente, ma anche molto turbati. Marinette in particolar modo, era sempre molto distratta (più di quanto già non fosse, si intende) e sfuggente. Ogniqualvolta Alya cercava di trattare argomenti che non fossero i soliti dilemmi scolastici, Marinette diventava vaga e criptica. Non aveva mai visto la sua amica così... strana. E il peggio era che non capiva il motivo di tanta tristezza. Insomma, Adrien le stava finalmente dando retta!

Ma ciò che Alya non avrebbe mai potuto immaginare, era che proprio questo era il problema di Marinette! Da qualche tempo si era accorta che Adrien le stava dando più attenzioni, come se solo in quel momento si fosse svegliato da un sonno profondo e si fosse finalmente accorto della sua esistenza. O forse si era soltanto levato i prosciutti dagli occhi... dipende dai punti di vista. Fatto sta che gli sguardi e le premure di Adrien mettevano a disagio Marinette, che non sapeva proprio come comportarsi: da una parte c’era la sua innegabile attrazione verso Chat Noir, dall’altra il suo amore “corrisposto” per Adrien. 

“È occupato?” 

Marinette fu destata dai suoi pensieri da una voce terribilmente familiare. Alzando lo sguardo, la vista di Adrien la spiazzò. Nonostante tutto, era ancora perdutamente innamorata di lui. 

Senza volerlo, arrossì. La figura di Adrien si innalzava alta e luminosa sopra di lei; Marinette ne fu quasi accecata. 

“S-sì, voglio dire, no! Insomma, puoi sederti!” riuscì a farfugliare, battendo la mano sul posto libero accanto a lei. 

Adrien le rivolse uno sguardo di infinita dolcezza. 

Si sedette a gambe incrociate di fianco a lei. Per un po’ rimasero entrambi in silenzio, sforzandosi di trovare il più interessante possibile le dinamiche intorno a loro: Chloé che sbraitava contro Sabrina, Milène e Ivan appartati all’ombra di un grande albero a scambiarsi dolci frasi d’amore, Marc e Nathaniel intenti a insegnare a Rose la grande arte del disegno - senza successo - e Alix e Kim in atto di fare una delle loro famose scommesse. 

Fu Adrien il primo a rompere il silenzio. 

“Prima ho assaggiato la torta che hai preparato, quella alle noci. È davvero buonissima!”

Gli occhi verdi brillavano intensamente. 

Marinette volse lo sguardo verso di lui, aggrappandosi le ginocchia. Si sentiva stranamente calma. 

“Grazie” rispose sinceramente. 

E rimasero così, a scambiarsi battute innocenti, per il resto del pomeriggio, scoprendo lati dell’altro finora sconosciuti, ridendo e scherzando con una complicità che Marinette aveva sperimentato soltanto con un’altra persona prima. Ma cercò di non curarsene. 

In quel momento, l’unica cosa che voleva fare era godersi quegli istanti. I sorrisi dolci di Adrien, il suo sguardo su di lei, i raggi caldi e rilassanti del sole, la frescura dell’erba sotto di sé. 

Era uno dei momenti più romantici che Marinette avesse mai vissuto. 

 

 

 

C’est fort quand je le vois, je veux crier sur tous le toits notre amour qui nous tend les bras, mais je sais que je ne dois pas. 

Ce n’est pas le moment. Il faut être patient... être patient. 

 

È strano, quando lo vedo, vorrei gridare da ogni tetto il nostro amore che ci tende le braccia, ma so che non dovrei. 

Non è il momento. Bisogna essere pazienti... essere pazienti. 

 

“Milady, tutto bene?” le chiese Chat Noir, visibilmente preoccupato alla vista di una sconfortata e triste Ladybug. Ovviamente, già da tempo si era accorto che lei non stava bene, che c’era qualcosa che la turbava. Da quell’abbraccio, poche settimane prima, lui e Ladybug non avevano avuto molte occasioni per parlare. Ma adesso lo avrebbe fatto, gli si spezzava il cuore nel vederla in quello stato. D’altronde, non sarebbe mai stato in grado di immaginare la causa dell’irrequietezza che dominava l’animo di Marinette. Neanche lei, in realtà, sapeva bene perché si sentisse così confusa. Gli unici punti fermi della sua vita da circa due anni erano l’amore per Adrien e l’amicizia di Chat Noir. Ora tutto questo era stato messo in discussione. E non perché non amasse più Adrien o perché non potesse più contare sull’amicizia di Chat Noir. Al contrario. Questi sentimenti si erano talmente rafforzati da non farle più capire cosa fosse lecito e cosa no, cosa fosse vero amore e cosa soltanto affetto amichevole. Sicuramente non poteva essere innamorata di entrambi. 

“Sì, Chat Noir. Sto bene, tranquillo”. 

Eppure lui non le credeva: gli occhi non le brillavano e la voce non aveva la stessa vita di sempre. 

Avevano appena sconfitto l’ennesimo cattivo, e ora stavano cercando di sfuggire dall’orda di giornalisti che li circondava. 

Ladybug salutava cortesemente tutti quanti, ma rifiutò ogni proposta di intervista. Chat Noir capì che non se la sentiva di parlare in pubblico, che non riusciva a mostrarsi forte in quel momento. Cercò di proteggerla il più possibile dagli assalti dei giornalisti, parandosi davanti a lei e facendo le solite battutine che le sue fan amavano tantissimo. 

A quanto pare la folla fu soddisfatta, ed entrambi furono liberi di andarsene nel giro di poco tempo. 

Ladybug afferrò il suo yo-yo, pronta a lanciarlo tra i tetti della città: “Grazie mille, gattino. Ci ved...”

Chat Noir le afferrò delicatamente il polso. 

“Milady, potremmo parlare un minuto?” chiese preoccupato, il viso corrucciato in una smorfia di disappunto. 

“Ti ho detto che sto bene!” ripeté lei, cercando di apparire convincente. Lui continuava a non crederle. 

E siccome sapeva che di quel passo non sarebbe riuscito a cavarle nemmeno una parola, decise di provare con qualcos’altro. 

“Va bene, allora” disse sornione. Si avvicinò a lei, le avvolse una mano intorno alle spalle e l’altra sotto le ginocchia, la sollevò quasi fosse una principessa - per lui lo era per davvero - e, contro ogni tentativo di protesta, si lanciò con lei nel cielo. 

Ladybug, nonostante non avesse proprio voglia di stare ai giochetti di Chat Noir, decise di lasciarsi alle spalle almeno per qualche minuto i suoi problemi. Si aggrappò con forza al suo petto, aspirando il profumo dei suoi capelli. Dove aveva già sentito quel profumo? Ah, era quello della pubblicità di Adrien. Caspita, era proprio diventato famoso. Ma ora non le importava, alla fin fine era un buon profumo. 

Il vento la cullava dolcemente. Così come le forti braccia di Chat Noir. Sentiva il suo respiro sul volto, le sue mani sul corpo. A Ladybug venne quasi voglia di baciarlo, d’altronde le sue labbra erano così vicine e...

“Eccoci arrivati” la distrasse Chat Noir, atterrando su un tetto conosciuto. Eh sì, era proprio lì che Marinette si era accorta per la prima volta dell‘intensità e della forza dei sentimenti di Chat Noir. Proprio lì la volta in cui Ladybug aveva confessato di essere già innamorata di un altro. A quel pensiero, lo sguardo di Chat Noir si adombrò impercettibilmente. Ciononostante, gli piaceva pensare che un giorno sarebbe potuto essere lui l’oggetto dell’amore di Ladybug. Forse. 

Questa volta Chat Noir non aveva preparato un luogo romantico costernato di candele e petali di rose, eppure a Ladybug parve perfetto. Si sedettero entrambi vicini, osservando il sole che spariva dietro l’orizzonte e lasciava spazio ad un cielo senza stelle. 

“A cosa devo questo onore?” chiese dopo qualche secondo Ladybug, aggrappandosi le ginocchia con le mani. 

“Voglio aiutarti” rispose lui, come se quella fosse la cosa più scontata al mondo. Ladybug amava questo lato del suo carattere. 

“E non dirmi che stai bene, perché sappiamo entrambi che non è così” la prevenne lui, che si girò leggermente verso di lei, incrociando le gambe come fanno i bambini curiosi quando sono pronti per sentire una nuova storia. Lei lo guardò intensamente, incapace di proferire parola. Non ne aveva coraggio, e, anche se ne avesse avuto, non avrebbe saputo da dove cominciare. 

“Bene, allora. Non vedo altra soluzione” affermò risoluto lui, con un tono talmente solenne che Ladybug si preoccupò. 

Non fece in tempo a farfugliare un confuso: “Cosa?”, che subito le mani di lui le furono addosso e... - cosa credevate? Non era certo in quel senso, ma che vi salta in mente? - iniziarono a muoversi freneticamente in una danza del solletico che fece subito scoppiare Ladybug in una risata sfrenata. Da tempo non rideva così, da tempo non si sentiva libera di darsi alla felicità. E Marinette si stupì nel constatare che con Chat Noir era tutto diverso, perché lui la capiva e la amava sinceramente e completamente. E si sentì come se anche lei sarebbe stata capace di amarlo, soltanto se lo avesse permesso al suo cuore. 

Nel frattempo, Chat Noir si era rivelato davvero un abile solleticatore - soprattutto dopo aver scoperto che il collo era il suo punto debole - e continuò a farla ridere ancora per pochi interminabili secondi, fino a che Ladybug lo implorò senza fiato: “Ok, ok. Hai vinto. Ahahah. Ora basta, però!” Le mancava il fiato. Non si ricordava nemmeno se almeno una volta in vita sua avesse mai riso in quel modo. 

Chat Noir, dal canto suo, sentì il cuore colmarsi di felicità. Finalmente era riuscito a farla ridere, per davvero stavolta, e a farle dimenticare per qualche istante i suoi problemi. Gli occhi di Ladybug, quei bellissimi occhi azzurri, finalmente erano di nuovo splendenti. 

Marinette cercava ancora di riprendere fiato, mentre si rimise a sedere. Non se ne era neanche accorta, ma Chat Noir le era scivolato addosso in una maniera che chiunque dall’esterno avrebbe potuto fraintendere. Cercò di ricomporsi, anche se sentiva un leggero calore pervaderle le guance e diradarsi in tutto il corpo. Era quasi buio, ormai, eppure in quel momento ogni cosa per Ladybug brillava di luce propria. Si sentiva molto meglio, adesso. 

“Grazie” mormorò sincera, guardando Chat Noir dritto negli occhi. Il cuore di lui mancò un battito alla vista dello sguardo che Ladybug gli rivolse. 

“Non c’è di niente, Milady” rispose lui galantemente, mentre si alzava e le porgeva la mano per aiutare anche lei. Per una seconda volta, quando Ladybug entrò in contatto con le mani forti di Chat Noir, si sentì pervadere da un senso di pace e sicurezza. Cercò di ignorarlo, anche se non riuscì a negargli il suo aiuto. Una volta in piedi, Chat Noir le si parò davanti, parlandole con un tono dolce e rilassante: “Ladybug, ricordati sempre che, di qualsiasi cosa tu abbia bisogno, io ci sarò sempre per te. E non perché ti amo” - a quelle parole Marinette ebbe un tuffo al cuore - “ma perché sei una delle persone più importanti della mia vita. E non sopporto di vederti infelice”. 

Marinette lo guardava con un misto di confusione e gratitudine. Solo pochi centimetri li separavano. Sentì l’improvviso bisogno di stringerlo in un abbraccio. E fu ciò che fece. Gettò le braccia al collo di Chat Noir, affondando il viso nell’incavo del suo collo, e aspirando il suo profumo, che tanto gli ricordava Adrien. Sentì subito Chat Noir irrigidirsi, sicuramente non si aspettava un gesto del genere. Per di più era la seconda volta nel giro di neanche un mese. Eppure Ladybug in quel momento non se ne curò, aveva soltanto bisogno di sentire il suo calore e la sua forza circondarla e proteggerla. 

Chat Noir ricambiò l’abbraccio, spostando con delicatezza le sue grandi mani sulla schiena di Ladybug, carezzandola dolcemente. 

Marinette si sorprese nel riconstatare che Chat Noir era proprio bravo a dare abbracci. E magari era bravo anche a fare qualcos’altro. Si sbarazzò di quel pensiero. 

“Grazie, gattino” ripetè nuovamente, nascondendo il volto nel suo petto. 

“Non c’è di che, Milady” le mormorò lui tra i capelli, stringendola ancora di più. 

Fu soltanto dopo qualche secondo che Marinette si scostò. Si asciugò subito con la mano guantata le lacrime che le rigavano il volto, cercando di ricomporsi. Eppure sentiva che c’era ancora qualcosa che mancava. Un desiderio sopito a lungo e mai lasciato emergere. Ladybug puntò il suo sguardo sul volto di Chat Noir: sui suoi occhi verdi, sulle sue labbra morbide. Aveva voglia di toccarle, di baciarle. Di dirgli che lo amava, che era pronta per stare con lui. Tuttavia il nodo che aveva in gola le impediva di dar voce ai suoi pensieri. Allora si avvicinò spudoratamente, i loro volti a pochi millimetri di distanza. Chat Noir era confuso, non capiva cosa stesse cercando di fare Ladybug. Perché dargli false speranze quando ormai era chiaro a tutti che lei amava un altro? Un abbraccio era un conto, ma quello. Stava forse cercando di baciarlo? Si scostò di qualche centimetro. “Ladybug, ma cosa?” farfugliò confuso. 

Negli occhi di Marinette si manifestarono nel giro di un secondo mille emozioni diverse. Stupore, vergogna, dispiacere, rimorso. 

“Chat Noir, scusami! Io... non...”. Non riusciva più a dire niente. Era come se in un solo istante tutti i suoi dubbi e le sue paure fossero tornate a tormentarla. E prima che Chat Noir potesse formulare anche un solo pensiero, Ladybug scappò via nelle tenebre della notte. Non era ancora arrivato il momento giusto. 

 

 

Je sais qu’un jour on s’envolera, car mon amour un jour tu verras, qu’auprès de moi tu deviendras toi. 

 

So che un giorno spiccheremo il volo, perché quel giorno vedrai il mio amore, e vicino a me diventerai te stesso. 

 

Marinette era stesa supina sul letto, contorcendo il suo corpo al ritmo in cui i pensieri le galoppavano nella mente. 

“Stai calma, Marinette. Non c’è bisogno di agitarsi così tanto!” 

La voce dolce di Tikki le risuonò lontana nelle orecchie. 

“Oh Tikki, ma tu non puoi assolutamente capire!” gemette lei con voce disperata. 

“Invece capisco perfettamente, e i miei millenni di esperienza mi suggeriscono di dirti che in questo modo non arriverai certo ad una soluzione...”

Venne interrotta. 

“E perché, esiste forse una soluzione?” chiese disperata Marinette, affondando la testa nel cuscino. 

“Ma certo che esiste, a tutto c’è una soluzione” sussurrò Tikki dolcemente, carezzando con la sua piccola manina la guancia morbida di Marinette. 

“Ascoltami Marinette, per uscire da questo stato di ehm... disperazione cerca prima di analizzare razionalmente la situazione, come faresti nel caso di un attacco nemico”. 

“Intendi come farebbe Ladybug” biascicò Marinette, per nulla confortata. 

“Intendo come faresti TU, Marinette. TU sei Ladybug, l’eroina che tutti i giorni salva Parigi, e sei Marinette, una ragazza in gamba, che forse si fa dominare un po’ troppo dalle emozioni, ma che ha una dolcezza, uno spirito di inventiva, un’originalità e una prontezza necessaria a stroncare qualsiasi problema. TU sei TU, e nessun altro, e smettila di far finta che Ladybug sia un’estranea, perché non è affatto così. Ladybug è una parte di te che affiora nei momenti di necessità, e questo ne è uno. Tira fuori i tuoi artigli, Marinette, e lotta contro qualunque cosa si frapponga tra te e la tua felicità. Senti che Adrien sarà capace di renderti felice? Và subito a parlargli, a dirgli cosa provi per lui, e a chiarire questa situazione.”

Gli occhi di Tikki erano accesi da uno spirito che poche volte Marinette le aveva visto possedere. 

Senza rendersene conto, si alzò dal letto, colta da un’improvvisa determinazione. Si diresse alla sua toeletta, si pettinò velocemente i capelli, che decise di lasciare sciolti sulle spalle. Fuori il cielo era tempestato da grossi nuvoloni grigi, ma a lei non importava. Prese l’ombrello nero che Adrien le aveva prestato quel giorno di tanto tempo prima - il giorno in cui tutto era iniziato - e che custodiva gelosamente nel suo armadio. Non aveva mai avuto il coraggio di ridarglielo. D’altronde, lui non glielo aveva mai chiesto, magari se ne era anche scordato. 

Mentre si preparava a scendere le scale dalla botola della sua camera, un pensiero le offuscò la mente. 

“E Chat Noir?” chiese a fior di labbra. Il ricordo di quel bacio mancato le bruciava ancora il petto. Non sarebbe più stata capace di guardarlo in faccia, questo era sicuro. Come aveva potuto prendersi gioco dei suoi sentimenti in quel modo?

Tikki la guardò dolcemente. 

“Ogni cosa a suo tempo, Marinette”. 

E fu lì, in quel momento, che una lampadina si accese nel cervello di Marinette. Una lampadina che avrebbe cambiato totalmente il corso della sua storia. Della loro storia. 

Guardò Tikki dapprima disorientata, poi rilassata. Si sentiva finalmente come se un grande peso le fosse scivolato via dalle spalle. Finalmente era tutto chiaro quello che il cuore aveva cercato di comunicarle da tempo immemore. Tikki aveva decisamente ragione. Ogni cosa a suo tempo. 

Prima di scendere le scale, Marinette chiese: “Posso farcela, vero Tikki?”.

“Certo che puoi, Marinette. Io credo in te”. E, detto questo, si rifugiò nell’angolino della borsetta che occupava tutti i giorni da quasi due anni. Il suo compito era finito. Ora toccava a Marinette prendere in mano le redini della sua vita. 

 

 

 

Je ne comprend pas ce que je veux,

Je ne peux pas tomber amoureux,

D’où vient ce sentiment mystérieux. 

 

Non capisco quello che voglio. 

Non posso innamorarmi. 

Da dove viene questo sentimento misterioso?

 

Con Marinette, Adrien si sentiva libero di esprimersi. Di ridere, di fare battute, di non pensare a niente. Un po’ come quando era con Ladybug. La differenza era che Marinette non era Ladybug. E questo rendeva ogni cosa più difficile. 

Adrien aveva spesso pensato all’eventualità che Marinette e Ladybug fossero la stessa persona, ma Plagg lo aveva sempre desistito, e, d’altronde, le aveva addirittura viste insieme, una volta. 

Ciononostante, più il tempo passava, più il suo cuore gli suggeriva il contrario. Adrien cercava in tutti i modi di contrastare quel pensiero, di tenersi occupato. Gare, allenamenti, studio, gare, sfilata, allenamenti. 

Tuttavia, ogniqualvolta si ritrovava a mangiare nella solitudine di quell’enorme sala da pranzo, il suo pensiero andava inevitabilmente a Marinette. E a Ladybug. In realtà, Adrien non sarebbe stato in grado di dire a quale delle due pensasse per prima. Ormai il suo cuore non le distingueva neanche più. Era il suo cervello che gli faceva notare sempre più spesso l’assurdità di quella situazione. 

“Segui il cervello!” Avrebbe detto Ladybug. 

Eppure la ragione gli intimava di lasciar perdere Ladybug, di voltare pagina e dedicarsi completamente al suo amore per Marinette. Aspetta un attimo? Amore per Marinette? Da quando in qua aveva ammesso di essere innamorato di MarinetteCerto, era impossibile negare che Adrien provasse nei suoi confronti una forte attrazione, ma questa era la prima volta che si ritrovava a definire amore il suo sentimento. Allo stesso tempo, però, non se la sentì di negare il suo... smisurato affetto. Un affetto che gli faceva rammollire le gambe quando la intravedeva nei corridoi della scuola, che gli faceva galoppare il cuore ogni volta che i loro occhi si incrociavano, che gli faceva sentire le farfalle nello stomaco quando inavvertitamente le loro dita si sfioravano. Questo sì, era innegabilmente amore. 

“Plagg, cosa ne pensi di Marinette?” si ritrovò a chiedere, mentre scostava svogliatamente con un preziosissimo cucchiaio i fagioli dalla pasta. Non perché non gli piacessero i fagioli; semplicemente, non aveva fame. 

“Mmh... dico solo che i croissant non stanno bene col camembert” rispose pragmaticamente Plagg, continuando ad abbuffarsi da un piattino colmo di formaggio puzzolente non meglio identificato. Adrien si infastidì. 

“Questo vuol dire che non ti piace?”

“Io ho detto solo che il sapore del croissant non si sposa assolutamente con quello del camembert”. 

“Non hai risposto alla mia domanda” Adrien posò il cucchiaio sul tavolo, la fame gli era passata del tutto. 

“Adrien, ma non vedi che quella ragazza non riesce neanche a rivolgerti la parola senza balbettare? Non fa decisamente per te. Certo che in fatto di donne sei proprio una schiappa! Lascia perdere sia Ladybug che Marinette, nessuna delle due è alla tua portata.” Ingurgitò un altro boccone. 

Adrien non capiva, perché Plagg era così duro con lui? Non lo aveva mai incoraggiato con Ladybug, ma era comprensibile. Se lei gli avesse dato corda, la loro relazione avrebbe potuto comportare la fine di “Ladybug e Chat Noir”. 

Ma non vedeva quale fosse il problema con Marinette. Insomma, Plagg avrebbe dovuto esserne contento, finalmente si era levato Ladybug dalla testa - ovviamente non era vero, si fa così per dire. 

Adrien si portò le dita alle tempie, muovendole con piccoli gesti circolatori. Tutto era così complesso, non riusciva più a capire quale fosse la cosa giusta da fare. Forse aveva ragione Plagg, doveva lasciar perdere e ricominciare daccapo. D’altronde, Parigi era piena di ragazze pazze di lui, sarebbe di sicuro riuscito a trovarne una adatta. 

Sconfortato più che mai, spinse il piatto ancora pieno di fagioli verso il centro del tavolo, si alzò e si diresse verso la sua camera. Dalle vetrate del corridoio di intravedeva un cielo scuro e carico di pioggia. Preso da un istinto sconosciuto, si diresse verso la porta d’ingresso, prese uno degli ombrelli neri e grandi che di solito usava Nathalie per portare in giro suo padre (o meglio, il tablet con la sua faccia sopra), e uscì battendosi la porta alle spalle, addentrandosi nella massa scura di quel cielo minaccioso. 

 

 

Nous serons réunis dans la nuit, comme dans le jour où tout ce qui brille sera notre amour à l’infini. 

 

Saremo riuniti nella notte, come nel giorno in cui tutto ciò che brilla sarà il nostro amore infinito. 

 

La pioggia cadeva scrosciante sull’asfalto. In quella dolce serata di fine settembre, quel temporale aveva un non so che di romantico. Marinette correva a perdi fiato tra le vie caotiche di Parigi, cercando di evitare le grandi pozzanghere che allagavano la strada. Tutto intorno a lei le infondeva una strana calma. È come se improvvisamente ogni cosa fosse diventata più chiara e limpida, ad andarsi ad incastrare in un disegno perfetto. 

Adrien et Chat Noir. Adrien est Chat Noir. 

Adrien e Chat Noir. Adrien è Chat Noir. 

Era incredibile come una sola lettera cambiasse la prospettiva. 

Marinette trovava rilassante il suono dei suoi piedi che si infrangevano sull’acqua, ad una velocità che non aveva mai creduto fosse in grado di raggiungere, perlomeno non senza i suoi superpoteri. Soltanto dopo cinque minuti buoni di corsa si rese conto dell’alta probabilità che aveva di scivolare e cadere, soprattutto data la sua goffaggine, e si decise a rallentare. 

Una calma mai provata prima le pervase il corpo. Per qualche secondo si fermò, in mezzo alla strada, con gli occhi chiusi ad ascoltare il cadere ritmico e rilassante della pioggia. Decisamente poteva farcela. 

 

Adrien svoltò l’angolo, in preda ad una frenetica agitazione. In quel momento, soltanto il cuore lo guidava, e il cervello da solo non poteva certo fermarlo. Ci aveva provato Plagg per qualche secondo, ma aveva fallito miseramente di fronte allo sguardo determinato e sicuro di Adrien. Uno sguardo che poche volte gli aveva visto prima. 

Dal suo posticino all’interno della giacca, sentì improvvisamente Adrien irrigidirsi. Sporse la testolina nera per vedere cosa fosse successo - era impossibile che fosse già arrivato a casa di Marinette - e la vide proprio lì, in fondo alla strada, intenta ad ascoltare il ticchettio irregolare della pioggia. 

Adrien pensò subito che quella fosse una cosa molto dolce e romantica. D’un tratto, tornò col pensiero al giorno in cui, sotto quella stessa pioggia, aveva trovato in Marinette una grande amica. Forse quel giorno avrebbe trovato qualcos’altro. 

 

Marinette fu disturbata da un rumore di passi. Aprì istintivamente gli occhi, e il suo cuore prese a moltiplicare il numero di battiti. Arrossì impercettibilmente, ormai decisa a fare quello che il suo cuore da troppo le chiedeva. Era quello il momento a cui tutti quegli istanti di incertezza, dolore, indecisione, sofferenza avevano portato. Quello il momento a cui i loro cuori erano destinati, e in cui finalmente tutto sarebbe venuto a galla. E, sorprendentemente, non aveva paura. Beh, forse un po’ di paura ce l’aveva, ma Marinette cercò di relegarla negli angoli più remoti di sé. Non aveva tempo e forze per starci a combattere.  

Preso coraggio e un bel respiro, Marinette avanzò di qualche passo, così come Adrien. In pochi istanti, furono l’uno di fronte all’altra, e Marinette fu costretta a chiudere il suo ombrello e a rifugiarsi sotto quello grande e rassicurante di lui. 

Si sentì di essere a corto di parole. Effettivamente non aveva proprio pensato a quello che avrebbe dovuto dire.  

“Ciao, volevo... riportarti l’ombrello”. Fu l’unica cosa che riuscì a farfugliare. Se ne pentì subito. D’altronde, era pur sempre Marinette. 

Adrien, dal canto suo, fece un sorrisino sornione e dolce al tempo stesso. Marinette si chiese come fosse possibile. Si sentì di amare quel ragazzo ancora di più. 

“Ciao” mormorò Adrien, con una voce limpida e vellutata. Anche un po’ sexy, forse. 

In realtà, Marinette si rese subito conto che non c’era bisogno di parole, in quel momento.

Dalla luminosità dei suoi occhi, dal suo respiro irregolare, Marinette capì che lui aveva capito, e che lui aveva capito che lei aveva capito che lui lo aveva capito. Insomma, avevano capito. 

Ci sarebbe stato tempo per parlare, poi. 

Una calma irrequieta dominava tutto intorno a loro, costellata dal rumore delle goccioline di pioggia che si infrangevano sulla strada. 

Adrien prese un profondo respiro. Negli occhi azzurri di Marinette lesse lo stesso sentimento che animava il suo cuore. 

Si avvicinò di qualche centimetro, fino a sentire il profumo al gelsomino dei suoi capelli lasciati liberi di volare al vento. Aveva sentito quel profumo talmente tante volte, eppure non se ne era mai accorto. 

“Siamo stati proprio due stupidi, vero?” chiese Adrien, guardandola intensamente. Le labbra di Marinette si piegarono in un dolce e leggero sorriso. E lì, proprio in quel momento, Adrien non seppe più trattenersi. Le prese il volto dalle mani - lasciando cadere a terra l’ombrello ormai inutile - e semplicemente la baciò, mentre fredde goccioline di pioggia si insinuavano tra i suoi capelli, il suo corpo, tra le sua dita, tra di loro. La baciò in un modo che Adrien non avrebbe mai creduto di essere capace di fare. Sembrava quasi che le sue labbra avessero acquisito esperienza senza che lui se ne fosse accorto. La baciò appassionatamente e delicatamente, cercando di infondere in quel bacio tutto l’amore che provava per lei, per la sua Lady. Per Marinette. 

Marinette, dal canto suo, non capiva più niente. Dapprima, quando le labbra di Adrien si erano poggiate inavvertitamente sulle sue, si era sentita disorientata. Ma subito prese coscienza di quel momento, chiuse gli occhi e decise che l’unica cosa che avrebbe fatto sarebbe stato godersi quel bacio. Immerse delicatamente le sue dita nei capelli umidi e perfetti di Adrien, mentre lui spostò una mano dal suo viso alla sua vita. Marinette sentì un numero considerevole di scosse elettriche pervaderle il corpo, eppure non aveva assolutamente voglia di smettere. Tutto in quel momento era pervaso da magia, amore e pioggia. Era perfetto, in un modo che neanche la mente malata di Marinette avrebbe mai potuto immaginare.  

Dopo un tempo indefinibile, le loro labbra si separarono, con grande disappunto di entrambi. Adrien poggiò la sua fronte su quella di Marinette, accarezzando dolcemente la sua schiena. Marinette era spiazzata da tanta vicinanza. Per lei era tutto nuovo, con Adrien poi. Il battito del suo cuore si fece sempre più irregolare, sconvolto dallo sguardo indescrivibilmente meraviglioso di Adrien. Chiuse gli occhi, concentrandosi solo sul suo respiro, che le infondeva una nuova sicurezza. 

“Mi dispiace, Milady, io...”. Venne interrotto da un altro bacio. 

 

 

 

Malgré ce grand mur qui nous sépare, l’amour traverse de part en part. 

Nous sommes ensemble une force rare. 

 

Nonostante questo grande muro che ci separa, l’amore lo attraversa da una parte all’altra. 

Insieme siamo una forza rara. 

 

Se qualche mese prima avessero detto a Marinette che Adrien e Chat Noir erano la stessa persona, lei gli avrebbe riso in faccia. Adrien e Chat Noir non avrebbero potuto essere due persone più diverse. All’epoca, in realtà, Marinette non conosceva davvero nessuna delle “due”. Altrimenti si sarebbe senz’altro accorta quello che all’evidenza è innegabile. 

Ora, a qualche mese di distanza, non riusciva a capire come avesse anche solo potuto pensare che Adrien e Chat Noir non fossero la stessa persona. 

Lo so, lo so. L’unica cosa che suppongo vi interessi in questo momento è sapere come sia andata a finire la scena di poco fa. Ad essere sincera, molto banalmente; e al tempo stesso un un modo terribilmente romantico. 

Insomma, Papillon aveva scelto proprio quello come il momento perfetto per diffondere il suo odio in tutta Parigi, causando l’entrata in scena di Ladybug e Chat Noir - ebbene, non possiamo fargliene una colpa, per tutto questo tempo se ne è stato relegato nel suo covo a inventare frasi a effetto, diamogli pure la possibilità di sfoggiarle! - . In realtà, Adrien era molto contento di poter finalmente combattere con la sua partner, ora tale in tutti i sensi. 

Si era sorpreso nel constatare l’armonia e la sincronia dei loro attacchi, la velocità con cui ognuno comprendeva e condivideva i pensieri dell’altro. Quel combattimento era servito ad Adrien per scaricarsi, per pensare, per capire. 

Ora erano seduti su una sporgenza della Torre Eiffel, lontani da ogni sguardo indiscreto. 

Erano ancora trasformati; d’altronde, ormai non faceva alcuna differenza. Il sole era tramontato da tempo, eppure qualche striscia arancione tingeva ancora il cielo; le nuvole si erano quasi completamente diradate, lasciando dietro di loro un pungente e piacevole odore di pioggia. Parigi scorreva frenetica sotto di loro. Eppure si sentivano estraniati da tutto e da tutti, in una bolla in cui c’era spazio solo per loro. Marinette sorrise al pensiero di tutte le avventure passate insieme; quando, ad esempio, erano davvero rinchiusi in una bolla sopra la Torre Eiffel, all’inizio della loro “carriera da supereroi”. All’epoca, Ladybug non riusciva proprio a soffrire le battutine di Chat Noir e le sue provocazioni. Solo perché, pensò ora Marinette, le guardava da un’angolazione sbagliata. Ora tutto era diverso, ogni tessera andava dritta al suo posto: tutti quei ritardi ingiustificati, le coincidenze, la descrizione di Adrien della ragazza che amava, e addirittura la sua riluttanza nell’indossare la maschera del suo costume per le prove del musical di Clara Nightingale. Ora tutto aveva un senso. Già, che stupidi erano stati!

Con le gambe penzoloni, Ladybug e Chat Noir erano seduti uno vicino all’altro. Lui con una mano intorno alla sua vita - Marinette si era subito  innamorata del modo in cui Adrien la stringeva in quel punto, dove la mano incontrava l’incavo dell’anca - e lei con la testa sulla sua spalla. In quel momento di pace e silenzio, nessuno dei due riusciva a dar voce ai propri pensieri. E forse non ce n’era neanche bisogno. Tuttavia, senza alcun preavviso Adrien mormorò dolcemente: ”Pour toi je patienterais toute une vie, Marinette, car, oui, je t’aime à la folie. Et je t’aimerai à l’infini.”

Una lacrima di sollievo e felicità traversò il volto di Marinette. 

“Ehi, tutto bene?” Chat Noir si girò verso di lei, cercando di scorgere il suo volto. Non appena scostò la sua mano dalla vita di Ladybug, lei sentì un freddo vuoto. 

“Scusami, non volevo...” il suo volto era mortificato, forse l’aveva spaventata con le sue parole, insomma, non stavano neanche insieme, tecnicamente. 

“Queste” mormorò Ladybug alzando il suo sguardo verso Adrien “sono le parole più belle che io abbia mai sentito”. 

Un’altra dolce lacrima iniziò la sua discesa, mentre le labbra si aprirono in un sorriso di pura felicità. 

Chat Noir allungò una mano verso il suo viso, stando attento a non graffiarla con i suoi artigli. 

Marinette alzò sicura i suoi occhi, che subito incrociarono quelli verdi di lui. 

Moi aussi, je t’aime, Adrien”. 

E lo baciò. 

 

   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni europei > Miraculous Ladybug / Vai alla pagina dell'autore: Talitha_